Cascina delle Langhe, 28 Aprile
Alessia aveva finito di preparare
le valigie ed ora era distesa sul divano del suo salotto a guardare il
soffitto. Dalla camera dei suoi genitori
la mamma le disse ad alta voce per farsi
sentire: “Ale per favore spegni il gas…e dai una mano a papà a portare le valigie in macchina!”.
“Già fatto mamma, tranquilla”, rispose la ragazza. Era abituata a sentirsi dire
le stesse cose da una vita ormai. Tutte le volte che dovevano partire per
andare in vacanza era sempre la solita storia. “Devo imparare a svegliarmi alle
nove. Non ci fossero questi maledetti grilli! Almeno ora avrei qualcosa da
fare, non restare qui a “vegetare”. Incomincerò a cercare le chiavi della
macchina dai…visto che, come ogni anno, spariranno
misteriosamente e la mamma mi chiederà tra poco di prenderle”. Il problema di trovare quel maledetto mazzo
di chiavi era un’ossessione ricorrente in casa sua. Alessia non era per niente
ordinata, ma almeno nel suo disordine si orientava e, alla fine, trovava sempre
tutto. Ma quando era sua mamma a mettere a posto, allora era una vera sfida. Un
braccialetto appoggiato sul comodino poteva essere riposto in un portagioie
creato apposta, di cui nessuno conoscesse l’esistenza. Come Alessia aveva
previsto, Veronica dopo poco le chiese di cercare le chiavi e la ragazza, con più
costanza di un’indagine di Sherlock Holmes o Poirot,
si mise sulle loro tracce e finì per trovarle in una scatolina minuscola,
collocata sul tavolino vicino all’ingresso. “Ecco perché compra questi
contenitori inutili”, pensò. Le afferrò con fare orgoglioso e trionfante, prese
le ultime valigie, aspettò la mamma e salirono in macchina.
Milano, appartamento sul Naviglio grande, 28 aprile
Giacomo stava aspettando i suoi
genitori, Ale, Veronica e Luca. Si erano dati
appuntamento a casa sua. Avevano deciso di andare a Menaggio
con due macchine. I genitori di Alessia e i suoi avrebbero utilizzato un’automobile,
mentre Ale
sarebbe andata con Momo sulla sua nuova Lamborghini, anche se il papà della
ragazza non era d’accordo perché considerava Giacomo un ragazzo poco
affidabile. Ogni mossa era stata calcolata dai due giovani con la massima cura
e attenzione. Sapevano che si sarebbero annoiati o che ci sarebbero potuti essere
scontri familiari alla “Beautiful” e
quindi avevano preparato un efficace piano di fuga: avere la macchina di Momo
sarebbe stato molto utile. In più i nonni paterni di Alessia avevano un’ossessione
maniacale per le marche, per le alte cariche…e la
ragazza aveva detto scherzando al cugino: “Forse è meglio che vieni con il
gioiellino(così avevano soprannominato la macchina), potresti evitare l’avvelenamento!”.
Dlin Dlon
Il campanello di Giacomo suonò
una volta. I suoi genitori erano arrivati. Li fece accomodare, salutò con un
bacio sulla guancia la madre e con un affettuoso abbraccio il padre, prese il
cellulare e inviò un messaggio: “Sperando che tu abbia trovato le chiavi;) dove
sei?:)”. Dopo un attimo la risposta: “ Ricerca più facile del previsto;) mezz’oretta
e arriviamoJ”.
Eurostar, 28 Aprile
Terza fermata. Lo strano
personaggio scese con una velocità paragonabile a quella di un fuggiasco
braccato dalla polizia. I muscoli di Giancarlo diventarono tesi per un ultimo,
interminabile attimo, quando l’uomo gli passò accanto. Basta, era tutto finito.
Ora poteva rilassarsi, anche se un senso di inquietudine gli rimaneva, piantato
come un seme nello stomaco. Era rimasto muto per tutto il periodo del viaggio,
soffermandosi a guardare quella bizzarra figura, che non si era mossa, era
rimasta lì, con gli occhi persi nel vuoto. “E’ sicuramente un drogato”, aveva
pensato Giancarlo e, temendo per la moglie e i bambini, aveva cercato più volte
lo sguardo della donna, per infonderle un senso di protezione, e allo stesso
tempo per perdersi in quegli occhi azzurro profondo, capaci di donargli un senso
di tranquillità e sicurezza, che lo avevano fatto innamorare fin dalla prima
volta che li aveva visti. Carolina cercava di rispondere alle occhiate del
marito; lo vedeva pallido e agitato, non voleva che si preoccupasse, ma sapeva
che era impossibile. Quando l’uomo scese dal treno sorrise al marito, come per
dirgli: “Siamo salvi”, ma notò in lui che qualcosa non andava.
“Tesoro , ti senti bene?” .
“Sì, cara, stai tranquilla…solo…il suo sguardo…”.
“Il suo sguardo? Cosa vuoi dire?”.
“Quell’uomo…prima
di scendere dal treno…mi ha guardato in modo strano…è stato un attimo, uno sguardo sfuggente…ma
i suoi occhi erano gelidi….ho avuto paura”.
“Stai tranquillo adesso. Se n’è
andato. E poi sono sicura che è stata un’allucinazione. Eri talmente
preoccupato”, gli disse infine Carolina con una voce così gentile, che
Giancarlo abbandonò ogni pensiero ngativo e si lasciò
convincere. “Sì, hai ragione tu. E’ stata solo la mia immaginazione”. Si
sistemò comodamente sul sedile e si godette il resto del viaggio.
Milano, appartamento sul Naviglio grande, 28 Aprile
Dlin Dlon, Dlin Dlon
Il campanello della casa di Momo
suonò due volte. Era passato un quarto d’ora da quando la sua cuginetta gli aveva
risposto. Possibile che fosse già arrivata? Guardò fuori dalla finestra e vide
Alberto. Era un amico di famiglia,abitava a Milano, molto legato ad Edoardo,
padre di Giacomo, ma ammirava moltissimo anche Momo, dal momento che aveva
intrapreso la carriera di giurisprudenza, che suo figlio aveva rinnegato.
Giacomo si voltò verso il padre: “C’è Alberto”, gli disse. Il padre lo guardò
stupito, anche la madre accennò uno sguardo interrogativo. Il ragazzo, rivolto
ai suoi genitori, espresse il pensiero, che affollava la mente di tutti in quel
preciso istante: “Cosa può volere Alberto di così urgente da piombare qui?”. Ma
Alberto un motivo l’aveva, ed era un buonissimo e validissimo motivo.