Disclaimer e credits: i
personaggi citati non mi appartengono e la storia non è
scritta
a scopo di lucro. La canzone citata, anche nel titolo perché
la mia fantasia è pari a zero, è "Falling in love
at a
coffee shop" by Landon Pigg.
Ambientata dopo la fine della serie, quindi SPOILER della
puntata 2x22
Grazie tesoro per la prima betatura di 'sta cosa ._. Prometto
solennemente di mettere da parte la pigrizia per il futuro ed evitare
di farti leggere schifezze orride piene di ripetizioni XD
Fallen quite hard over you
I
never knew just what it was
About
this old coffee shop I love so much
All
of the while, I never knew…
L’interno
dell’auto di Blaine non era il posto ideale, lo sapeva bene.
I
sedili erano scomodi, il volante impediva di avvicinarsi troppo e non
c’era spazio per le gambe, ma fu quando inavvertitamente posò il braccio sul clacson, facendo riecheggiare per almeno
due
isolati quel rumore – più fastidioso del solito
–
che Kurt si decise a staccare le braccia dal collo dell’altro
ragazzo
e a tornare seduto composto. Controllò la situazione dei
suoi
capelli guardandosi nello specchietto davanti a lui, riprendendo fiato.
Non era il posto ideale.
Blaine
cercò la sua
mano, stringendogliela forte, e rimasero qualche secondo in perfetto
silenzio, per poi scoppiare a ridere.
“È
meglio se
vado a casa” sospirò Kurt, mentre
l’altro annuiva;
ma poi si avvicinò di nuovo al suo viso, fino a baciarlo
appena,
stavolta in modo meno irruento rispetto a qualche minuto prima. Blaine
gli sfiorò con le dita la pelle così delicata
della
guancia, mentre rispondeva inclinando leggermente la testa. Amava
– e mai una parola gli era sembrata tanto perfetta
– le
labbra di Kurt, così sottili e morbide, amava la loro forma,
il
modo in cui premevano contro le sue, il loro sapore di burro di cacao
che gli rimaneva sempre sulla bocca. Probabilmente, amava Kurt e basta.
“Ok,
devo davvero
andare a casa ora” mormorò ancora, anche se non
osava allontanarsi più di qualche centimetro.
“Già...”
acconsentì Blaine, mentre la sua mano, quella che non era
intrecciata saldamente alle dita dell’altro, si spostava sul
suo
collo, accarezzando piano i capelli, lasciandogli intanto piccoli baci
sulla guancia.
Kurt, per tutta
risposta,
chiuse gli occhi e afferrò la sua spalla, tenendolo ancora
più vicino. “Scusa per prima” ammise
sorridendo,
strofinando il naso contro lo zigomo del suo ragazzo.
“Sappi
che non ho
nulla in contrario se intendi saltarmi addosso di nuovo” rise
Blaine, continuando a prestargli tutte le sue attenzioni.
“Anche
se questo non è il posto ideale” aggiunse,
guardando
vagamente l’interno della sua auto; quella voce
così
vicina al suo orecchio provocò un brivido a Kurt, che
strinse
ancora più a sé l’altro.
“Non
ti sono mai...
uhm” provò, cercando le parole senza arrossire
più
di quanto già non avesse fatto alla sola idea di
quell’improvviso slancio di affetto che aveva avuto.
“Era
solo per ringraziarti. Per prima, intendo. Per avermi detto
che-”
ma si bloccò, cercando di salvarsi da quel discorso che
aveva
preso una piega decisamente imbarazzante. Per avermi detto che mi ami.
No, ok, suonava decisamente male. “Be’, per aver
condiviso con me il caffè”.
Che poi fosse
un
caffè nel senso letterale del termine o un sentimento tanto
intenso da non vederne la fine non era così importante, si
disse.
Blaine sorrise
contro la
pelle del suo collo, lasciandogli un tenero bacio prima di tornare a
guardarlo in viso. E non aveva dubbi sul fatto che il suo sguardo fosse
speculare a quello di Kurt: pieno di fiducia, con una vena di speranza
e con un velo di imbarazzo. Sembrava impossibile provare tutto
quell’amore per una sola persona, ma quando incrociava quegli
occhi di un azzurro così profondo da tenerlo sveglio la
notte
capiva in un attimo che Kurt rispondeva a quella stessa, identica
emozione.
Amore.
“Grazie
a te”
gli rispose dolcemente, contro le sue labbra. “Per avermi
detto
che anche tu... be’, che condividi il mio
caffè”
concluse con quello che era più un ghigno che un sorriso,
tanto
da meritarsi una non tanto leggera pacca sulla spalla che lo fece
allontanare appena.
Quante cose
avevano vissuto
davanti a un caffè? Il loro primo incontro, la loro prima
litigata, la loro prima pace, il loro primo appuntamento, anche se
Blaine sosteneva che quello fosse stato il pranzo che gli aveva
comprato la prima volta che era andato per lui al liceo McKinley,
mentre Kurt non si schiodava dall’idea che fosse stato vedere
Rent
insieme. E ora c’era anche questo, la loro dichiarazione
d’amore.
“Devo
andare a
casa” ripeté ancora una volta, sempre meno
convinto,
mentre Blaine lo lasciava spostarsi, tenendo tuttavia ancora le loro
mani intrecciate. “Ci vediamo domani dopo la tua audizione al
Six
Flags”.
“Domani,
sì”.
Amore.
Era stato semplice dare finalmente voce a quel sentimento; in quel
momento al Lima Bean erano sparite le altre persone, la confusione, le
occhiate, perfino l’odore del loro caffè:
c’era
stato solo Kurt, così semplice e maturo e felice,
tanto che le parole gli erano uscite spontanee.
“Kurt!”
Blaine lo richiamò un attimo dopo, prima che potesse
allontanarsi più del dovuto. Già, le parole
continuavano
ad uscirgli sempre spontanee. “Ti a-” ma non
riuscì
a finire, perché l’altro gli mise un dito sulle
labbra,
chiudendogliele.
“Non
voglio sentire
quelle due parole fino a domani, Blaine” lo
ammonì.
“Ne abbiamo già discusso. Quella di oggi era la
prova
generale, domani avremo la prima, e in un posto con
l’atmosfera
romantica, una musica delicata in sottofondo e soprattutto un
abbigliamento adeguato per l’occasione, magari con un
cappello
secondo lo stile della nobiltà inglese che richiami il
colore
dell’anello di fidanzamento di Kate Middleton”
chiarì, pensieroso. “Credi sia il caso di
abbinare i
colori dei nostri vestiti?”
Blaine sorrise,
scuotendo
piano la testa. “Decidi tu” concesse, sapendo bene
quanto
il suo ragazzo tenesse a questi particolari, e a fare le cose in grande
stile. Ma almeno avrebbero avuto qualcosa da raccontare ai loro figli,
avrebbe voluto dirgli, qualcosa molto simile a una di quelle scene
delle commedie sentimentali che amavano vedere insieme, e da cui Finn
di solito si teneva alla larga, soprattutto se era presente anche Puck,
lasciando loro il divano per tutto il pomeriggio.
“Passo a
prenderti domani alle sette e mezza, tavolo riservato da
Breadstix”.
“Perfetto”
annuì l’altro. “Per quell’ora
avrò
tutti i dettagli della storia tra Mercedes e Sam. Come se potessero
nascondere una relazione segreta di fronte a due gay!”
ridacchiò, prendendo la borsa e apprestandosi ad
uscire.
Blaine lo
fermò,
stringendo la mano che ancora teneva nella sua. Prima non
c’era
stato tempo, prima le parole erano uscite all’improvviso ed
erano
solo andate a confermare ciò a cui entrambi avevano dato un
nome
da settimane. Gli si avvicinò piano, con sguardo sincero.
“Lo sai che amo questo caffè che condividiamo,
vero?” gli disse, baciandolo di nuovo.
Kurt
lasciò andare la
borsa tra le gambe, andando ad abbracciare forte l’altro,
approfondendo il contatto. Se continuavano così sarebbero
stati
in grado di rimanere in quell’auto fino al loro prossimo
appuntamento, pensò, o magari per tutta la vita, ma non che
la
cosa lo facesse desistere dallo stringere la felpa rossa di Blaine o
dal mordere le sue labbra.
“Lo
amo anche
io” gli sussurrò dolcemente, guardandolo per un
attimo con
tutto l’affetto di cui era capace, prima di chiudere di nuovo
gli
occhi e spostarsi con più impeto verso di lui, lasciando la
presa sulla mano di Blaine e portando entrambe le braccia sulle sue
spalle, mentre l’altro lo spingeva contro il sedile, cercando
un
sostegno e aumentando il contatto tra i loro corpi, e gli cingeva forte
la schiena, gli sfiorava con delicatezza una guancia, indugiava
più a lungo contro un fianco e gli accarezzava gentilmente i
capelli, e davvero, davvero,
Kurt non sapeva come tutto ciò fosse possibile, ma
l’unica
cosa che riusciva a fare era stringerlo forte, stringerlo sempre
più forte, e respirare contro la sua pelle come se
l’odore
di Blaine fosse l’unico ossigeno di cui avesse bisogno.
E i sedili
erano di nuovo
scomodi, e il volante impediva di nuovo di avvicinarsi troppo, e
proprio non c’era spazio per le gambe in quell’auto
stretta, ma stavolta almeno Kurt era ben lontano dal clacson.
Non era stato
necessario
approfondire l’argomento, al Lima Bean, tanta era chiara la
chimica tra loro due. Cos’altro si poteva aggiungere, in
fondo,
ad un momento già perfetto di suo?
Ma una volta
soli le cose erano cambiate, e quei sentimenti erano riaffiorati con
prepotenza.
Quando qualcosa
urtò
il cofano, però, producendo un rumore sordo che li fece
sobbalzare, vennero entrambi distratti da quel bacio che stava
diventando ben più di un semplice saluto tra due fidanzati.
Fu allora che
Kurt
notò suo padre mentre allargava le braccia e alzava le
spalle in
un vago gesto di scuse, anche se sul suo viso non c’era la
minima
traccia di pentimento nell’aver casualmente urtato
l’auto
di Blaine. E notò soprattutto che non aveva intenzione di
muoversi da lì, nella chiara attesa di suo figlio.
Sbuffò,
quindi, rimettendosi seduto composto e recuperando la borsa, mentre
Blaine sorrideva leggermente imbarazzato.
“Ti
chiamo stasera,
così mi fai ascoltare di nuovo la canzone che abbiamo scelto
per
la tua audizione di domani” gli disse Kurt, portando la mano
sulla maniglia.
L’altro
lo guardò in quel modo che lo faceva sciogliere ogni volta,
senza il bisogno di aggiungere parole.
New York era
stata davvero
magnifica, ma Blaine gli era terribilmente mancato. Kurt
sospirò, ancora, lanciando un'occhiata di sottecchi a suo
padre,
immobile sul cancello di casa, e un'altra all’interno
dell’auto, ai sedili, al volante, e al suo magnifico ragazzo,
mordendosi il labbro inferiore. No, decisamente non era il posto
ideale, quello.
Poi scosse la
testa per
scacciare il pensiero e aprì lo sportello, prima di
rispondere
con la stessa intensità allo sguardo di Blaine,
stringendogli la
mano per l’ultima volta in quel pomeriggio.
Lasciarono la
stretta nello
stesso istante, permettendo alle loro dita di sfiorarsi a lungo
mentre scivolavano via. Era così che ci si
dimostrava il
vero amore nei musical di Broadway, no?
La loro estate
sarebbe stata
grandiosa, l’avevano già organizzata nei minimi
dettagli e
non avevano previsto di lasciar passare un solo giorno senza dire ti amo
all’altro, o senza dimostrarselo.
Probabilmente
avrebbero
discusso ancora a lungo sul musical che Kurt voleva scrivere,
“Pip Pip Hooray”, ma solo perché Blaine
si sarebbe
rifiutato di cantare nel ruolo del principe Harry quando trovava di
gran lunga più affascinante il principe William, o
perché
Kurt, che non gli avrebbe perdonato i gusti esattamente opposti ai suoi
sui fratelli reali, avrebbe insistito nel voler indossare una gonna in
scena, solo per ripicca, visto che Pippa Middleton, il suo personaggio,
era ormai considerata una vera bellezza e non nascondeva di esserlo.
Comunque
fossero andate le
cose, alla fine non sarebbe cambiato molto, Blaine lo avrebbe baciato
all’improvviso e Kurt avrebbe lasciato cadere a terra gli
spartiti mentre lo abbracciava.
Comunque
fossero andate le cose, si sarebbero sempre ritrovati in quel bar, nel loro bar, davanti
ad un caffè e a un biscotto da dividere in due.
All
of the while, All of the while it was you
Ed anche la seconda stagione
si è conclusa... Non ricordo un granché della
puntata, se
non una certa scena in un bar in Ohio. Kurt mi ha fatto sorridere come
sempre, perché è stato più adorabile
del solito.
Dopo tutto quello che ha passato quest’anno (il bullismo,
l’infarto del padre, il primo bacio rubato contro la sua
volontà da un tizio che gli ha reso la vita un inferno, la
minaccia di morte, il dover lasciare la sua scuola e i suoi amici e
ricominciare da capo in Warblerland, la sconfitta alle Regionali, la
sconfitta alle Nazionali - senza nemmeno aver cantato mezza strofa,
vorrei far notare –, la morte improvvisa di Pavarotti, sentire da Rachel di aver visto Patti
LuPone,
indossare la stessa uniforme per mesi, ecc ecc), dopo TUTTO questo, se
ne esce con una frase del genere: Kurt Hummel's had a pretty good year.
No, scusa,
cosa? E davvero, davvero,
sarei rimasta sconvolta e avrei riso dell’incoerenza degli
autori
se non fosse che ero totalmente sciolta all’idea che Blaine,
SOLO
Blaine, gli abbia fatto dimenticare tutto, perché stare con
lui
è l’unica cosa che conta, perché amare
ed essere
amato è la cosa più bella del mondo (tanto per
citare
Moulin Rouge) e cosa ci importa del resto, di New York, dei vestiti
orrendi delle Nazionali, dei drammi della Finchel, della Brittana
mancata, della Samcedes che oh-mio-dio se approfondivano un attimo non
ci faceva schifo visto che sono adorabilmente carini, dei grandi piani
di Quinn tagliati all’improvviso come i suoi capelli... Cosa
ci
importa?
È
in Ohio che Blaine ha detto “Ti amo” e Kurt ha
detto “Ti amo anche io”.
One hand in the
air for my Klaine, dearies <3
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