Quando non ero ancora un fiore.

di Umbreon
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Quando non ero ancora un fiore.


Capitolo 2 – Come una foglia

Dopo qualche secondo di silenzio, la corazza dentro di me cominciò a rigenerarsi eliminando tutti i pochi ma presenti sentimenti che erano nati dentro me.
- E tu chi saresti, di grazia? – gli risposi con un tono forse un po’ troppo brusco.
- Mh, simpatica come al solito vedo – disse lui sorridendo di rimando.
- Scusa prego? COME AL SOLITO? Non credo di averti mai visto prima! E ora scusami ma vorrei trovare un posto che non sia vicino a nessun essere umano presente in quest’aula. – Con fare altezzoso – ero insopportabile, ne sono consapevole – mi diressi verso il primo banco libero che trovavo, proprio in fondo alla classe, rendendomi conto di avere appena offeso la gentile Sara che si era offerta di illuminare anche solo un pochino la mia buia solitudine.
Ma, prima che potessi anche muovere un solo muscolo per andarmi a scusare, la campanella suonò e il mio primo giorno di scuola iniziò ufficialmente.
 
Mentre camminavo nel viale alberato che ospitava la mia abitazione pensavo.
Le foglie dai caldi colori mi svolazzavano attorno contribuendo al fluire dei miei pensieri.
Pensavo alla mia prima giornata di Liceo, che nonostante le mie preoccupazioni era volata in un attimo, come una foglia secca che si stacca da un albero e comincia a fluttuare in aria, trovando poi il suo posto sul duro selciato.
Pensavo alla diffidenza e alla cattiveria dei miei nuovi compagni; mille foglie ora si allontanavano da quella appena caduta, che cercava solo un po’ di calore.
Pensavo alla mia, di diffidenza: ero sempre fredda e scorbutica e non avrei mai aperto il mio cuore ad un estraneo. La foglia sola, unica macchia colorata in un metro quadro di grigio, affondava ancor di più nella sua solitudine, assumendo quasi il colore della mattonella di marciapiede.
 
Arrivata a casa, non vidi luci accese né sentii passi o voci umane. Come al solito ero sola anche a casa, abbandonata persino dai genitori. D’altronde era meglio così.
Rimpiansi di non aver niente da studiare; dopotutto era solo il primo giorno di scuola. Anche i libri, mia unica compagnia,  avevano deciso di scioperare.
Affranta, mi buttai sul letto.
 
Era ormai tardo pomeriggio quando mi svegliai di soprassalto. Dei passi. Di un’unica persona.
Avevo paura, forse per la prima volta nella mia vita. I miei lavoravano insieme; mia madre era la segretaria di mio padre, imprenditore sempre in giro per l’Italia.
Spaventata, mi alzai frettolosamente, prendendo la scopa dall’armadio e uscendo silenziosamente dalla camera per tentare di scoprire l’identità dell’aggressore o del ladro.
Un rumore dalla camera. Mi girai. Una mano mi spinse all’interno della stanza.
Mi voltai, e quello che vidi mi tranquillizzò ma allo stesso tempo suscitò in me nuove preoccupazioni.

Fine Capitolo 2

 




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