Luce nella Notte

di Sselene
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Io sono la Luce.

  Il Calore.  

Invece voi.

  Voi che divorate la Notte  

Voi che inseguite il Mistero.

  Voi che celebrate l’Ambiguo.      

Voi che vi fate sedurre dalle Passioni.

 Tentare dai Sensi. 

Non vi siete mai chiesti se io abbia un Desiderio?

Vorrei vivere una Notte.

Anche Una Sola.

 
 
 
La folla lo spintonava da ogni parte, ignorando la sua presenza quasi come se non esistesse. Lui fece altrettanto, cercando solo di risalire la corrente per raggiungere la ragazza dinnanzi a lui, che con estrema leggiadria oltrepassava i corpi sudati che si strusciavano l’uno contro l’altro a prescindere dall’età, dal sesso o da qualsiasi altra cosa.
Corpi contro corpi.
Carni contro carni.
-spesso e volentieri-
Bocche contro bocche.
Lingue contro lingue.
Sospiri contro sospiri.
Ansimi contro ansimi.
Gemiti contro gemiti.
Ma a lui non interessavano. Non in quel momento. Doveva raggiungere la ragazza dai lunghi capelli color della notte e quel candore pallido, quasi cadaverico, che non la rendeva certo bella, ma che lo attirava come una luce con le falene.
Sensualmente.
Continuamente.
Incessantemente.
Dolcemente.
Mortalmente.
Aveva incrociato il suo sguardo solo una volta. E si erano ritrovati a scambiarsi le proprie anime e il proprio amore in uno squallido bagno da discoteca. Ma, insieme, l’avevano dimenticato presto. Lei, poi, si era rivestita. L’aveva guardato. Era subito stato uno sguardo d’addio.  Di rimpianto, quasi, per qualcosa che avrebbe potuto esserci. Se solo lui non fosse stato lui e lei non fosse stata lei. Qualcosa che avrebbe potuto essere, ma che non sarebbe mai stato. Uno sguardo di totale abbandono. Al Destino. A uno strano volere.
Superiore.
Vittorioso.
Invincibile.
Impiegabile.
Irrompibile.
Vincente.
Perennemente.
Ma lui, al Destino, non ci aveva mai creduto. Per questo l’aveva inseguita lungo la discoteca, spintonando la gente con possenti spallate e violente gomitate. Ma l’aveva persa. Era arrivato alla porta e la sua bella non c’era più.
Luna?
L’aveva chiamata.
Luna…
L’aveva cercata.
Luna!
Aveva urlato il suo nome tra il silenzio esterno e il caos interno. Aveva cercato di superare i decibel spaccatimpani sputati con furore dalle casse poste troppo vicine l’una all’altra per essere ignorate, nonostante il fumo soffocante le nascondesse parecchio bene e le luci psichedeliche impedissero davvero di pensarci, alle casse. L’aveva cercata con lo sguardo nel buio della notte. Poi la sua voce leggera l’aveva raggiunto.
_Zon…
Si era voltato. L’aveva vista, poggiata al muro del locale. Il vestito bianco, ma mai bianco quanto la sua pelle, si gonfiava per il vento che soffiava dolcemente.
_Luna…
Si era avvicinato alle sue labbra, ma lei si era ritratta.
_Zon… non possiamo… sono le 5, tra poco tempo dovrai andare…
Aveva sussurrato con la sua voce perennemente flebile, passandogli una mano nella massa infuocata dei capelli. Sorridendo dolcemente a vedere il suoi occhi gialli colmi di sconforto.
_Non è Destino, Zon… tu non puoi lasciarli senza Giorno… e io non posso lasciarli senza Notte…
Rise, allontanandosi da lui, mentre lacrime ceree le scivolavano sulle gote.
_Ti ho amato a lungo, Zon e ti amerò ancora… ma sai bene che mai più potremmo far incontrare le nostre anime…
Sussurrò, salendo con i piedi nudi sul muretto che dava sul mare.
_Vaarwell, Zon.
Bisbigliò ancora, prima di lasciarsi cadere nel vuoto.




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