"Dannato
Novizio!"
Disse Malik, in un impeto di rabbia. Raccolse quelle poche carte che
aveva sul tavolo con l'unica mano e lì posizionò
vicino ad Altair, che lo guardava con un aria piuttosto irritata.
La giornata non era delle migliori. Il cielo minacciava di una pioggia
così spaventosa che poteva allagare tutta Masyaf.
Ciò non fece altro che innervosire Malik e combinata alla
presenza di Altair, pareva ci fosse l'uragano nel bureau. Ma in
realtà l'uragano era solo nella sua testa. Attese che Altair
si rendesse conto del suo compito realizzato a metà, invece
si giustificò inutilmente.
"Dov'è che ho sbagliato stavolta? Ho ucciso il mercenario,
senza farmi vedere."
"Leggi bene le carte e guarda cosa dovevi fare dopo." Sbottò
Malik. Odiava ripetere le stesse cose. Specie ad Altair, che
disprezzava ogni giorno di più. Una vita non sarebbe bastata
per perdonarlo. Non c'era cellula del suo corpo che non
dicesse la stessa medesima cosa.
-Ti ha tolto chi ti è caro, ti ha fatto perdere un braccio.
Bastardo, bastardo.- E via, con altre imprecazioni più
colorite.
Altair fissò le carte per un altro minuto, fino a che non
parlò.
"Mi stai prendendo in giro forse?"
"Quelli erano gli ordini e tu come al solito non li hai seguiti." Malik
poggiò il mento alla mano.
"E secondo te salvare un gatto è una missione?"
Il silenzio piombò nel bureau. Malik si pinzò il
naso con le dita, guardando altrove. Altair capì che l'uomo
lo stava leteralmente prendendo in giro.
"Fratello questo è un colpo basso."
"Si, ma mi è d'intrattenimento." Disse Malik, con voce
totalmente apatica.
"Ti è d'intrattenimento il fatto che mi affidi stupidi
compiti, o non sai più come mi devi far perdere tempo, eh
Malik?"
Altair strinse le carte, buttandole sopra il banco, ridotte ormai a
carta straccia.
Malik non fece una piega. La sua espressione era sempre più
disinteressata. Altair se ne sentiva in colpa. Ogni maledetto giorno si
malediceva per ciò che aveva fatto. Però cosa
poteva fare ormai, guardare Malik diventare sempre più
sofferente? Guardarlo scurirsi sia nell'animo che nel cuore? Non era
suo dovere come fratello, come amico, riportarlo un pò alla
vita?
"Malik guardami." Disse all'improvviso Altair. I suoi occhi dorati
bruciavano.
Malik non si voltò.
"Perchè non te ne vai? Averti tra i piedi è
alquanto seccante."
"Guardami."
Malik rise amaramente. "Non è la risposta che mi aspettavo.
Guardarti mi da il voltastomaco, come te lo devo dire?"
Strinse l'unica mano, così forte che gli si sbiancarono le
nocche.
"Vattene via..." Gli disse, con un filo di voce.
"No, prima degnami di uno sguardo. Se sei un uomo, se sei mio
fratell..."
"TU NON SEI MIO FRATELLO! NON SEI NESSUNO! SEI SOLO FECCIA! SEI
DIVENTATO UN ESTRANEO DA QUANDO HAI DECISO DI NON AIUTARE ME E KADAR
QUEL GIORNO!" Urlò Malik, con tutto il fiato che aveva in
corpo.
Ecco, aveva riversato tutta la sua rabbia su di lui. Ma non si sentiva
affatto meglio. Un dolore sordo cominciò a pulsargli
là dove mancava l'arto, le lacrime scorrevano copiose sul
suo viso. La gola bruciava e per l'impeto della confessione il suo
cuore pareva volesse uscire dalla gabbia toracica.
Perchè gli provocava tutto questo?
Altair abbassò la testa. L'ombra del cappuccio gli
celò totalmente il viso.
La pioggia aveva cominciato a cadere fittamente. Quando cadde un
fulmine, la sua luce illuminò il bureau. Malik
alzò la testa. Altair se n'era già andato.
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