2- Schnee und Stahl- Neve e acciaio
Questa storia si è classificata prima al
contest “L'immagine parla di... viali innevati” di
AudreyConnell, con mia grande gioia! ^^
Immaginate questa storia ambientata
qui.
Schnee
und Stahl- Neve e acciaio
"Andiamo, Al!"
(Edward Elric, episodio
5)
Una ragazzina pallida dai capelli biondi raccolti in una treccia si
stagliava nel bianco immacolato come la sagoma di un fantasma. Il suo
unico occhio, scuro e sottile, stava guardando un albero caduto al
limitare del bosco, ormai ricoperto dalla neve che sembrava proteggerlo
come una coperta.
- Andiamo, Al! -.
La ragazzina distolse lo sguardo dall'albero, raggiungendo un uomo
sulla trentina la cui treccia bionda era appena più scura
della
sua.
- Zio Ed, un cerchio alchemico potrebbe farlo tornare com'era prima? -
chiese.
Edward Elric alzò lo sguardo verso quell'albero spezzato, il
cui
tronco scuro contrastava col bianco della neve che quasi feriva gli
occhi.
- Non lo so – ammise. In teoria un albero era un essere
vivente,
tuttavia non era sicuro che guarirlo con l'alchimia fosse proibito come
con gli esseri umani. Ma tanto in quel mondo l'alchimia non esisteva,
quindi ormai che importava? – Non lo so. Ma è
meglio che
andiamo -.
La ragazzina annuì, seguendolo nella neve. Erano ormai
abbastanza lontani dal villaggio che avevano lasciato quella mattina, e
stavano per inoltrarsi nel bosco di cui quell'albero caduto sembrava
quasi un cancello aperto.
Al momento non nevicava, ma non si capiva se il cielo fosse coperto
oppure no: era di un bianco sporco più scuro della coltre di
neve sulla terra, come se quest'ultima si stesse specchiando in una
pozzanghera.
Comunque Ed aveva già cominciato ad andare avanti, e lei lo
seguì senza perdere altro tempo.
Lui e Al se n'erano andati presto dalla casa in cui erano stati
ospitati per alcuni mesi dalle controparti in quel mondo di Winry, del
colonnello Mustang e del tenente Hawkeye. Si erano trovati un alloggio
per conto loro qualche mese prima della nascita del bambino della
signora Eliza (fisicamente identica alla Riza che avevano conosciuto
nel loro mondo), in modo da lasciare alla famiglia il tempo di
organizzarsi per accogliere il nascituro.
Ed ricordava perfettamente quella dolce sera di settembre, dopo il
crepuscolo, in cui Win era venuta ad informarli che era nata la figlia
dei suoi zii Roderich ed Eliza- in pratica sua cugina, nonostante la
forte differenza d'età. E aveva saputo che, malgrado la
piccola
fosse nata esattamente al tramonto, l'avevano chiamata Alba.
Anche se lui, poi, non l'aveva mai chiamata così. Non
mancavano
mai una cena settimanale a casa di coloro che per primi li avevano
accolti a Berlino, e fin da subito Ed l'aveva chiamata "Al".
In realtà scherzava, ma la piccola aveva dimostrato presto
di
apprezzare molto il diminutivo: già dopo qualche mese si
voltava
subito non appena udiva quell'unica sillaba. Poi, quando
imparò
a camminare, nel momento in cui Ed chiamava il fratello per tornare a
casa era ormai tradizione che la piccola Alba si presentasse
all'ingresso con la berretta in testa e la sciarpa al collo, pronta a
seguirlo.
Ora Ed si chiedeva se in qualche modo non l'avesse già
intuito,
che un giorno avrebbe davvero dovuto andarsene con lui, lasciando per
sempre la sua casa.
Stavano avanzando nella neve, tra alberi alti e scuri come pali che a
un occhio inesperto potevano sembrare tutti uguali, e lanciò
un'occhiata ad Alba per accertarsi che non stesse faticando troppo.
Ma la ragazzina gli teneva dietro senza problemi, e con l'occhio sano
guardava ogni tanto in su, fra le cime degli alberi, che si infilavano
nel cielo grigio come le loro radici fossero state lassù,
invece
che quaggiù.
Ed sorrise brevemente, scoprendosi ancora una volta orgoglioso di
quella caparbietà che la caratterizzava. Malgrado avesse
conosciuto bene entrambi i suoi genitori- in questo mondo e nell'altro-
gli capitava spesso di pensare che sarebbe anche potuta essere figlia
sua. Non solo per l'età- in fondo quando era nata lui aveva
già diciannove anni- ma anche perché gli sembrava
di
rivedersi in lei. Se a undici anni, quando era morta sua madre, non
avesse avuto Al, sarebbe diventato esattamente così.
Edward Elric, che a trent'anni passati non si riteneva affatto vecchio,
si sorprendeva a volte a pensare che gli sarebbe piaciuto insegnarle
l'alchimia.
- Zio Ed – Alba lo chiamò, riscuotendolo dai suoi
pensieri.
- Cosa c'è? -.
- Te la ricordi la storia di Frau Holle? (¹) -.
Ancora?, si
ritrovò a
chiedersi Ed, incredulo. Alba aveva compiuto quindici anni da circa tre
mesi, eppure non era passato giorno che non se ne fosse venuta fuori
con una delle fiabe della sua raccolta preferita. Ricordava ancora che
era stato Al a regalarle quel libro grosso come un tomo d'enciclopedia,
per il suo settimo compleanno. "Da
Al per Al" aveva scritto sulla prima pagina quello
sciagurato, dedicandole forse la più grande ossessione della
sua vita.
Alba quel libro l'aveva divorato,
anche se aveva imparato a leggere soltanto da un anno; poi aveva
continuato a rileggerlo saltando qua e là fra le pagine; e
quando aveva perduto l'occhio sinistro, dato che i primi tempi la vista
le si appannava spesso, tediava chiunque le capitasse a tiro per farsi
leggere un paio di favole.
"Fiabe del focolare", s'intitolava quel libro. Beh, dopo otto anni Ed
nel focolare ce l'avrebbe buttato per davvero, magari maledicendo quei
malaugurati fratelli Grimm.
Poi Alba non gli avrebbe mai più rivolto la parola, e quella
era
un'eventualità a cui preferiva non pensare, ma almeno si
sarebbe
liberato di...
- Se non te la ricordi te la racconto, vuoi? - si offrì la
ragazzina, affiancandolo in un paio di salti. Ed gemette
silenziosamente: da quando quel libro non l'aveva più, Alba
si
ripeteva due o tre fiabe al giorno, dato che ormai le aveva imparate a
memoria e non voleva assolutamente dimenticarle. Ed erano più di
seicento.
- Me la ricordo benissimo, non ti preoccupare. Ti è venuta
in mente vedendo tutta questa neve? -.
Alba sorrise, con le labbra e con l'unico occhio che le rimaneva,
soddisfatta che lo zio Ed capisse sempre le cose al volo.
- Già. È bello pensare che i fiocchi di neve
siano in
realtà piume fuoriuscite da un cuscino sprimacciato, non
credi?
Perché dà un senso di calore, e la neve
così
compatta sembra quasi una coperta – Alba liberò
una nuvola
di vapore nell'aria – Naturalmente è solo
un'analogia, ma
è... confortante -.
Ed annuì. Eppure da quelle fiabe Alba era sempre riuscita a
ricavare delle riflessioni che stupivano tutti quelli che le stavano
attorno, lui compreso, che inizialmente non riusciva a capire come
delle favolette per bambini potessero celare simili significati. Poi si
era documentato, e aveva scoperto che alcuni studiosi ritenevano che le
fiabe potessero derivare da miti più antichi, iniziatici ed
esoterici, di cui i racconti magici per bambini erano i discendenti.
Cose che nel suo mondo si perdevano nelle pieghe dell'alchimia, ma che
lì affascinavano e attraevano, anche se pochi riuscivano a
leggervi attraverso come faceva Alba.
Aveva pianto solo una volta, silenziosamente e contro i palmi delle
mani, quando avevano cominciato quel viaggio.
Era accaduto tutto talmente in fretta che Ed aveva dovuto pensarci a
lungo, per ricostruire i fatti, sezionando e ritagliando ogni singolo
momento. E dire che era sempre stato convinto di riuscire a capire
tutto. Ma la sua solita perspicacia, quell'intuizione che lo portava a
svelare i meccanismi più nascosti delle cose, stavolta non
era
servita a niente.
Quel giorno Alba aveva passato l'intera giornata con lui: erano andati
fuori città, in una specie di mercatino che alla ragazza
interessava molto e a cui Ed si era offerto di accompagnarla.
Stava appunto riportandola a casa, quando già all'entrata
del
quartiere in cui Alba abitava avevano visto diverse camionette e gruppi
interi di soldati aggirarsi per le vie.
Alba era impallidita, ma non aveva detto una parola. Era solamente
diventata bianca come un cencio quando erano giunti presso casa sua e
aveva visto la porta desolatamente aperta.
Ed stava per fare prontamente marcia indietro, attanagliato da un
dubbio viscido come una serpe, quando una voce aveva ordinato loro di
fermarsi. Erano scesi dall'auto, e in men che non si dica si erano
ritrovati circondati da un gruppo di SS.
- Documenti! - aveva intimato il comandante, e Ed glieli aveva
consegnati senza dire una parola.
Quando l'uomo aveva letto che Ed era un legittimo cittadino tedesco, i
suoi toni si erano leggermente ammorbiditi nel chiedere:
- Che cosa ci fa nel quartiere ebreo? -.
Stava per dire qualunque cosa che non fosse la verità,
quando una voce familiare lo anticipò:
- Quest'uomo stava in casa di ebrei, signore -.
A parlare era stato un giovanotto dal fisico asciutto ma leggermente
muscoloso, perfettamente fasciato dalla divisa. Un giovanotto che
tuttavia conservava ancora, nei profondi occhi blu scuro, qualcosa del
ragazzino sparuto che era stato quando era ancora identico a Wrath.
Ed riconobbe Wilhelm, e si sentì gelare. Non l'aveva
più
visto da quando Al se n'era andato dalla Germania, ma sapeva che sua
madre era morta da parecchio tempo, e in effetti si era chiesto
più volte che fine avesse fatto. Avrebbe dovuto immaginarlo
che
un orfano come lui, senza una famiglia o qualcuno a cui appoggiarsi,
sarebbe finito dritto nelle nuove squadre speciali, soprattutto ora che
non aveva più Al su cui fare affidamento. Forse ce l'aveva
addirittura con lui, per essersene andato via così.
Ma in quel momento l'unica cosa che contava era che Wilhelm lo
conosceva fin da quando era arrivato a Berlino, sapeva in casa di chi
aveva vissuto e soprattutto conosceva Alba. Erano spacciati; Ed avrebbe
dato il braccio e la gamba sani per poter usare ancora l'alchimia, solo
una volta. Ma era inutile anche pregare: gliel'avrebbero portata via.
- Ma se n'è andato non appena sono state emanate le leggi
sulla
razza. Lui e sua nipote – accennò ad Alba
– hanno
tagliato i ponti con quegli sporchi giudei da tempo -.
L'ufficiale annuì, guardando Ed con una certa aria di
approvazione, mentre quest'ultimo cercava in tutti i modi di richiamare
l'attore che era in lui: non poteva
fare una faccia allibita, non in
quel momento. Si atteggiò come se Wilhelm gli avesse
legittimamente reso giustizia.
… che razza di verme, era diventato.
In quei lunghi anni aveva imparato una cosa che nel mondo da cui veniva
non avrebbe mai appreso: se laggiù la sua intelligenza, la
sua
forza e soprattutto la sua alchimia avevano davvero potuto fare
qualcosa, in quel mondo aveva scoperto, per la prima volta in vita sua,
di poter essere completamente impotente.
Ed era la sensazione più terribile che avesse mai provato,
un
pozzo nero e senza fondo in cui si sentiva inesorabilmente cadere:
nell'altro mondo, persino quando era morta sua madre aveva potuto
provare a fare qualcosa.
Qualcosa che aveva portato alle conseguenze
più nefaste, ma non ricordava di essersi mai sentito
impotente
come in quel momento, specialmente perché aveva qualcuno da
proteggere e non poteva rischiare.
Quando il comandante aveva permesso loro di andare, Ed aveva annuito e
aveva guardato Wilhelm negli occhi per un istante, mettendo poi un
braccio sulle spalle di Alba e portandola via con sé.
La ragazzina si era fatta trascinare come una marionetta senza vita,
l'unico occhio completamente vuoto. Quando furono usciti dal quartiere,
diretti a casa di Ed, mormorò con una voce che non riconobbe
come sua:
- Li hanno portati via? -.
- Credo di sì -.
Ed sapeva anche che quel giorno Win aveva in programma di andare a
trovare i suoi zii: quando lui e Alba fossero tornati dalla loro gita,
avrebbero dovuto cenare tutti insieme. Pensò che
più
tardi avrebbe fatto un salto nel suo laboratorio, per sicurezza, ma era
praticamente certo che fosse stata presa anche lei.
- Al – disse Ed, così piano che quella sillaba
sembrò
un sospiro – Domani ce ne andremo da Berlino; dobbiamo
raggiungere il confine con l'Olanda, poi decideremo sul da farsi. E
dovremo anche dare nell'occhio il meno possibile: è come se
tu
non avessi documenti, perciò dovremo viaggiare parecchio a
piedi
-.
Alba annuì impercettibilmente, poi nascose il viso tra le
mani e
pianse. Anni prima, quando aveva perduto l'occhio sinistro, si era
chiesta se sarebbe ancora riuscita a piangere da quel lato. Beh, ora
non sapeva più da dove le stavano scendendo le lacrime, e
nemmeno le importava: sapeva soltanto che non aveva più una
famiglia, che era una clandestina nel suo stesso Paese e che l'unico
che le restava non era nemmeno un suo parente.
Dal canto suo, mentre guidava e osservava la strada senza vederla, Ed
stava pensando che quando era successo a lui, almeno un fratello gli
era rimasto.
Così si era rimesso in viaggio, con un'Al che non era suo
fratello ma una ragazza, tra l'altro figlia di un Mustang che in
realtà non era Mustang. A voler fare il punto della
situazione,
le cose si erano complicate di parecchio.
Pensava che, una volta arrivati in Olanda, avrebbero potuto in qualche
modo andare in Inghilterra e magari raggiungere Al in Irlanda: era da
quando aveva lasciato Berlino che non aveva più sue notizie,
anche se in fondo sentiva che doveva stare bene. Avrebbe anche potuto
scrivergli, ma non aveva più un indirizzo a cui ricevere una
risposta, e non sarebbe servito. Sapeva che aveva avuto dei figli,
rendendolo finalmente zio
sul serio, anche se non aveva nemmeno idea di
che faccia avessero.
Si erano ormai addentrati fra gli alberi, e avevano camminato per un
bel tratto quando Alba si fermò, guardando fisso davanti a
sé. Per quanto le rimanesse soltanto un occhio, aveva una
vista
acuta quanto quella di un falco.
- È... un cimitero? Nel bel mezzo del bosco? -
domandò.
Ed guardò a sua volta, e in effetti dovette constatare che
quelle lapidi sprofondate nella neve, unite fra loro da gradini
scivolosi scavati nel terreno e lastricati di pietre ghiacciate, non
potevano essere altro che un cimitero. L'aria stessa sembrava
cristallizzata, quasi visibile nella nebbiolina candida che si alzava
dalla neve.
- Probabilmente è quello del villaggio che abbiamo lasciato
stamattina – ipotizzò Ed. Non era raro che,
soprattutto
nelle campagne, i camposanti sorgessero nei posti più
impensabili – Devono essere lontani dai posti abitati per una
questione d'igiene, lo sai -.
- Questo lo si sa da poco, zio Ed – lo contraddisse lei
– In
origine era principalmente una questione culturale: i morti dovevano
stare ben separati dai vivi, ricordi? -.
- Già – lui l'aveva imparato magari un po' tardi,
ma ormai gli era ben chiaro.
- A proposito – continuò Alba, mentre si
avvicinavano al
cimitero innevato, immerso in un silenzio reso ancor più
profondo dalla neve – Perché stamattina al
villaggio ci
hanno detto di... "non farci troppo caso"? Fare caso a cosa? -.
- Non lo so – in effetti più di una persona aveva
rivolto
loro quell'ermetico consiglio, ma nessuno si era spiegato in proposito
– Niente di pericoloso, immagino, altrimenti ci avrebbero
avvertito -.
Alba annuì, mentre si inoltravano in quel luogo sospeso nel
tempo. Stavano per salire i pochi gradini, facendo bene attenzione a
dove mettevano i piedi, quando la ragazza notò qualcosa con
la
coda dell'occhio. Il destro, ovviamente.
- Zio Ed – chiamò piano – C'è
qualcuno laggiù. Sembra una donna -.
I lunghi anni trascorsi in quel mondo avevano insegnato a Ed a non
stupirsi davvero più di nulla: aveva incontrato altre
persone
con la stessa faccia di coloro che c'erano al di là del
portale-
a volte amiche, a volte nemiche- e gli ultimi avvenimenti gli avevano
ormai ampiamente dimostrato che non c'era nulla che l'uomo non potesse
arrivare a fare- nel bene e nel male.
Oltre a tutto ciò, un'altra cosa che aveva comunque imparato
era
che ci sarebbe sempre stato qualcosa
in grado di sconvolgerlo e farlo
ricredere sulle proprie posizioni.
E vedere la maestra Izumi rannicchiata nella neve, in un cimitero nel
cuore di un bosco innevato, davanti a quattro monticelli di neve che
sembravano le tombe di quattro bambini... beh, rientrava decisamente in
quest'ultima categoria.
Le si era avvicinato come in sogno, senza dire una parola ad Alba che
era rimasta ferma dov'era.
- Anche lei qui, allora? - mormorò Ed quando le fu accanto,
aspettando una risposta che non venne. Certo, lo sapeva benissimo che
non era la vera maestra Izumi: innanzitutto perché lei era
morta, e poi perché lì erano nel mondo al di
là
del portale. Ma aveva sperato di incontrarla, soprattutto dopo aver
rivisto anche la controparte di sua madre.
- La maternità è il dono più bello che
la vita possa
fare ad una donna, sapete? - esordì lei senza nemmeno
guardarlo,
con voce quasi assente.
- Co... come? - domandò Ed. Si rese conto che non si era
rivolta
solo a lui: Alba era proprio lì dietro, comodamente seduta
su
una lapide che aveva ripulito dalla neve, intenta ad osservare quella
strana donna. Ed stava per dirle qualcosa sulla sacralità
dei
cimiteri, quando la ragazza chiese, accennando alle quattro piccole
tombe:
- Sono i suoi figli? -.
La donna non rispose, allungandosi a tracciare qualcosa nella neve.
Aveva i capelli talmente sporchi che le ciocche se ne stavano ormai
distinte le une dalle altre, in una selva intricata quanto poteva
esserlo la testa della Medusa coperta di serpenti. Avvolta in uno
scialle consunto, scrisse nella neve quattro nomi che tuttavia Ed non
riuscì a leggere.
- Wolfgang, Rudolph, Anna e Tobias – lesse invece
tranquillamente Alba – Tre maschi e una femmina? -.
- Sapete, dicono che ci siano donne maledette che non possono diventare
madri. Magari per un malocchio fatto quand'erano piccole, o
perché troppo deboli. Ma io non sono debole – si
raddrizzò un po', e sia Ed che Alba poterono vedere un
ingrossamento all'altezza del ventre, chiaro segno di gravidanza
avanzata – Pensavo di chiamarlo Hermann. O Helga, se
è una
femminuccia -.
- Ma allora che ci fa qui al freddo? Avanti, la riaccompagniamo noi al
villaggio – Ed fece per aiutarla a rialzarsi, ma lei
sollevò leggermente una mano. Bastò a fermarlo,
perché anche se non era la maestra Izumi aveva comunque un
che
di autoritario.
- Non mi illudo. Morirà anche lui prima di nascere, e
dormirà qui assieme ai suoi fratelli –
mormorò,
quasi in una cantilena – Che senso ha fare dei bambini che
non
sono ancora nemmeno dei bambini? -.
Ed non disse nulla: si era accorto che gli occhi di quella donna,
seppur scuri e allungati come quelli della sua insegnante, erano molto
diversi. Quasi velati, persi in un dolore senza più tempo o
dimensione: chissà da quanto tempo si trovava in quel bosco,
al
freddo, a vegliare i suoi bambini. Senza dubbio doveva essere
considerata la pazza del villaggio o qualcosa del genere, per questo
gli avevano detto di non farle caso.
- Dov'è il padre di questi bambini? - domandò.
- Non sono bambini. Non per lui e non per gli altri. Solo per me. Anche
se non hanno mai parlato né camminato né pianto -.
- Ma dov'é?
- insistette Ed. Era certo che non dovesse trattarsi
del signor Curtis conosciuto nell'altro mondo: lui non avrebbe mai
abbandonato sua moglie.
- Forse è andato in guerra: al villaggio non ci hanno detto
che
hanno già chiamato alle armi parecchi uomini? –
ipotizzò Alba, per poi fare cenno a Ed di avvicinarsi, senza
dar
segno di volersi spostare dalla lapide su cui era ancora appollaiata.
Gli sussurrò piano, per non farsi sentire dalla donna: - Zio
Ed,
la conosci? -.
Ed non rispose, ma Alba capì comunque. Il suo occhio corse
alla
donna, per poi tornare su di lui: - È la madre di Wrath, non
è vero? -.
- Tu... - balbettò Ed, preso alla sprovvista, chiedendosi
come
diavolo facesse a saperlo. D'accordo che era la cugina di Win;
d'accordo che il suo mondo e la storia di quella famiglia si erano
già intrecciati più volte, ma addirittura... -
…
tu come lo sai? -.
- I nomi dei bambini – spiegò semplicemente Alba
– Le
loro iniziali formano il nome "Wrath", se aggiungi anche quello che
deve ancora nascere -.
Ed dovette strabuzzare gli occhi, perché la ragazza sorrise
piano: d'accordo, non era vecchio ma stava decisamente iniziando a
perdere colpi. Tuttavia Alba viveva
per quei giochi di parole, per cui
non se la prese più di tanto.
- Zio Ed – continuò Alba, sottovoce –
Voglio che
tracci per lei il cerchio che serve per la trasmutazione umana -.
No, doveva aver sentito male. Stava invecchiando per davvero, accidenti.
- Zio Ed, respira. Tanto lo sai che non succederebbe niente. Prendilo
come un regalo per me -.
… l'aveva detto sul serio.
- Lo so che il mio compleanno è stato ormai tre mesi fa...
ma
siamo vicini ad Hanukkah, ricordi? E anche se io non sono
più
una bambina... -.
"Dopo tutto quello che ho passato ho diritto ad un regalo, no?". Non lo
disse, ma Ed lo sentì lo stesso e sospirò.
- A parte il fatto che è proibito, lo sai... - ma che stava
dicendo? Lì l'alchimia neanche esisteva - … non
servirebbe a niente, l'hai detto anche tu -.
- Magari le darebbe un po' di pace -.
Per quanto a volte si illudesse che Alba gli somigliasse almeno un po',
ogni tanto se ne saltava fuori con delle cose che solo Al avrebbe
potuto dire.
- Al, non so se sia una buona... -.
- Signora, sa che esiste un modo per riportare in vita gli esseri
umani?
- fece lei a voce più alta, per farsi sentire dalla donna
che
alzò impercettibilmente la testa – Ma è
il ricorso
estremo: dopo quello, non c'è più nulla -.
Ed la fulminò con lo sguardo, chiedendosi se quella potesse
rientrare nella categoria "ribellione adolescenziale", anche se
decisamente poco usuale.
- È... è davvero possibile? - domandò
esitante la donna, stringendo le braccia sul proprio ventre.
- Si chiama "trasmutazione umana" – continuò Alba,
mentre
nuvole di vapore accompagnavano ogni sua parola – Con un
cerchio
alchemico, si può tentare di riportare in vita un corpo
umano,
richiamandone l'anima. Ma se non funziona nemmeno questo, non rimane
altro che rassegnarsi -.
La donna si voltò verso di loro, vedendoli forse per la
prima volta.
- Al... chimia? - ripeté – Che cos'è? -.
Ed sapeva che, se avesse avuto ancora diciotto anni, quella domanda
innocente gli avrebbe fatto più male di quanto sarebbe stato
disposto ad ammettere. Ma era diventato adulto da tanto tempo,
perciò le rispose:
- Significa che "uno è tutto e tutto è uno". Che
tutte le
cose sono indissolubilmente legate fra loro da un flusso, e l'alchimia
può controllare lo scorrere di tale energia, incanalandola
in un
cerchio – non avrebbe mai pensato che un giorno avrebbe
dovuto
spiegarlo a lei,
che per prima gliene aveva parlato.
La donna tacque un momento, osservandolo assorta.
- Qualcuno potrebbe dire che anche la morte fa parte di questo flusso
– mormorò poi, facendo sussultare Ed, che rivide
per un
momento gli occhi ferini della sua insegnante – …
ma non
io. Voglio che provi -.
Somigliava più a un ordine che a un desiderio, ma a lei Ed
avrebbe obbedito più che volentieri.
Si arrese e sospirò di nuovo, sentendo gli arti d'acciaio
più ghiacciati che mai, per poi iniziare a tracciare il
cerchio.
A distanza di tanti anni lo ricordava ancora alla perfezione, e in tale
frangente non aveva nemmeno bisogno di un gesso: bastò
raccogliere un ramo caduto e affondarlo nella neve. Ma quella era la
parte più semplice.
Mentre tracciava il cerchio esterno attorno alle quattro piccole tombe,
continuava a ripetersi che l'alchimia in quel mondo non esisteva. Che
comunque non aveva nemmeno raccolto i materiali necessari a comporre un
corpo umano, perché di sicuro quei quattro corpicini
dovevano
essere già decomposti. Quindi a rigor di logica non sarebbe
successo niente. Niente.
Ed cominciava a sentirsi un idiota irrazionale, ma rifare quei segni e
ripercorrere quei passaggi, pur a tanti anni di distanza, lo fece
tremare.
Che cosa ne sapeva che non sarebbe finito tutto come l'ultima volta?
- C'è qualcosa di cui hai paura? - domandò Alba
senza tanti
giri di parole, osservandolo da quella che era diventata ormai sua
lapide personale.
- Sembra stupido, lo so – ammise Ed.
- La paura non è stupida – ribatté la
ragazza – C'è sempre un motivo -.
- Sai, Al, è un po' come... - Ed tacque un momento,
chiedendosi se
rivangare uno degli episodi peggiori che Alba si era trovata ad
affrontare - … se qualcuno ti chiedesse di entrare di nuovo
in
un certo negozio di caramelle. Capisci cosa intendo? -.
Era sicuro che avesse compreso, e che non si fosse irrigidita un attimo
solo per il freddo.
Quando Ed ebbe concluso, nell'assoluto silenzio di quel cimitero
innevato, si tirò su ad ammirare il suo cerchio alchemico.
Non
ne tracciava uno da tanto di quel tempo che stava per cadere vittima di
un attacco di nostalgia, ma si riscosse.
- Va bene – mormorò – Va bene... -.
Si inginocchiò nella neve, allungando le braccia verso il
cerchio. Si concentrò sul pensiero di quando avrebbe rivisto
Al,
e di quanto ne avrebbe riso con lui. Sì, perché
sarebbe
andato tutto bene.
… ma perché diavolo si era lasciato convincere?
Che
assurdità era mai quella? E se avesse rivisto il portale? E
se
fosse successo qualcosa ad Alba e alla controparte della maestra Izumi?
E se... se fossero
comparsi quattro Homunculus?
Ed scosse violentemente la testa. Diamine, aveva più di
trent'anni eppure la paura gli stava attanagliando le viscere. Stava
per poggiare i palmi sul cerchio, quando...
"Ehi, un momento!" pensò "Manca il sangue."
Alzò gli occhi verso la donna, che stava osservando le
quattro
tombe con espressione indecifrabile. Senza il suo sangue la
trasmutazione umana non avrebbe funzionato nemmeno nel suo mondo,
quindi... Ed si sentì un verme, un'altra volta. Stava
prendendo
in giro quella che era stata la sua maestra, la cosa più
simile
ad una madre
che lui e Al avessero avuto dopo la morte di Trisha Elric.
Ma non poteva rischiare, neanche in quel mondo dove l'alchimia non
funzionava.
Poggiò i palmi delle mani sul cerchio, con un movimento che
sembrò rimbombare nell'intera foresta.
Malgrado tutto, Alba era rimasta tutto il tempo con il fiato sospeso.
Sapeva fin da subito che non avrebbe funzionato, che comunque era
qualcosa di proibito e che lo zio Ed aveva ancora una paura tremenda
dall'ultima volta che ci aveva provato. Lo aveva visto esitare
all'ultimo momento, ma alla fine si era deciso, e aveva anche sospirato
di sollievo quando alla fine non era successo niente.
Anche se, nel momento in cui Ed aveva poggiato le mani sulla neve, lei
si era sentita improvvisamente strana.
- Mi dispiace – mormorò Ed – Non ha
funzionato -.
Guardò la donna, che stava ancora osservando le quattro
piccole
tombe dei suoi figli, e pensò che in ogni caso doveva
assolutamente riportarla al villaggio: non poteva lasciarla
lì,
nel bel mezzo di un bosco straripante di neve.
- Signora, venga con noi – disse, alzandosi e avvicinandosi a
lei,
per poi mormorare: - Ormai questi quattro bambini sono un tutt'uno con
questa foresta -.
- Lo so – si stupì quando la sentì
rispondere con una
voce che non era quella lenta e cantilenante sentita finora. La
guardò in viso, e vide che gli occhi non erano
più opachi
e appannati, ma lucidi e perfettamente consapevoli, come lo erano stati
quelli della sua maestra – Ma oramai lo sono anch'io -.
Il dolore tornò a velarle lo sguardo, che lei
riportò di nuovo sui quattro monticelli di neve.
E Ed si rese conto, per l'ennesima volta, quanto i due mondi separati
dal portale fossero in realtà legati l'uno all'altro,
esattamente come i loro abitanti: anche se non lo sapeva, quando da
bambino aveva incontrato la maestra Izumi lei stava già
morendo;
e lo stesso valeva per la donna china nella neve davanti a lui. Non
poteva fare niente; in quel mondo assurdo non poteva mai fare niente.
- Io non posso lasciarla qui – mormorò ancora,
completamente impotente.
- Ma io posso rimanerci – ribatté lei, carezzando
delicatamente il nome del suo primo figlio tracciato nella neve
–
Resto con i miei bambini -.
- Così condanna a morte certa anche il figlio che sta
aspettando! -.
- Morirà comunque – fece lei, modulando di nuovo
la voce in una specie di cantilena – Morirà con me
-.
- No, lei... - Ed sentì qualcosa tirargli la manica, e
quando si
voltò vide Alba accanto a sé, finalmente scesa
dal suo
sgabello di pietra.
- Forse dovremmo andare – gli disse, guardandolo con
quell'unico
occhio che risaltava sul volto pallido, simile a un corvo nella neve
– Mi dispiace, non avrei dovuto insistere -.
Già, lui doveva portare Alba oltre il confine. In salvo,
lontano
da quella follia da cui non era riuscito a salvare la sua famiglia.
Non aveva potuto fare niente per la maestra Izumi, e non avrebbe potuto
fare ugualmente nulla per la sua controparte in quel mondo. Win aveva
perfettamente ragione: il tempo gira in tondo, e nemmeno con un cerchio
alchemico avrebbe potuto controllarne il flusso.
Stavano ormai uscendo da quel bosco surreale, trovando la strada in
quell'intrico di legno nero e neve candida. Ed era ancora immerso negli
avvenimenti di nemmeno un'ora prima, e andava avanti quasi per inerzia.
Alba si sentiva un po' in colpa, anche se non sapeva bene per cosa, ed
era da un po' che sentiva un certo fastidio che ormai non riusciva
più ad ignorare.
- Zio Ed, devo fare pipì – e così
dicendo andò a nascondersi dietro un albero.
Ed, che aveva annuito distrattamente, rimase un po' sorpreso nel
ritrovarsela accanto neanche cinque secondi dopo. Un'Alba perfino
più pallida del solito lo informò, con voce
grave, di
avere le mutande sporche di sangue.
Dire che Ed rimase a bocca aperta per lo stupore è ancora
poco,
ma gli bastò guardare in faccia la sua compagna di viaggio
per
capire quello che stava pensando.
Non si diede nemmeno il tempo di imprecare mentalmente contro il
meccanismo biologico femminile e il suo eccezionale tempismo,
perché scoppiò in una forte risata che
tranquillizzò immediatamente la ragazza.
- Cielo, Al, no! - esclamò Ed – Non è
stata la
trasmutazione, anche perché una trasmutazione non
è
nemmeno avvenuta! -.
- Ah... - fece lei, riprendendo colore – Quindi... non mi
mancano degli organi, vero? -.
- No, certo che no! È una cosa... beh, del tutto naturale! -.
- Da-davvero? - naturale? Il sangue sulle mutande? E lei che pensava
che
quella fosse la sua punizione di peccatrice per aver voluto tentare una
trasmutazione umana. Non che l'avesse davvero pensato,
ovviamente,
però... si era un po' spaventata. Non le sembrava una cosa
proprio normale.
- Andiamo, credo che dovrò spiegarti... beh, un po' di cose
– in effetti non gli era mai venuto in mente. A quindici anni
compiuti, Alba era ancora secca e diritta come il giunco di una palude,
perciò non aveva affatto pensato che... accidenti. E adesso
toccava a lui?
Stava cominciando a pensare di buttare all'aria anni di studi alchemici
e chimici e iniziare un discorso infarcito di fiori e apine, quando
guardò Alba e si rese conto che non c'era nulla di cui
vergognarsi. Era semplice biologia umana, in fondo.
- Zio Ed, e... qui
come faccio? -.
- Ah... sì! Sì, ecco... - Ed frugò
nello zaino,
tirando fuori delle pezze di stoffa pulite – Puoi usare
queste.
Al prossimo villaggio vedremo di trovare di meglio -.
Alba annuì, prendendole e tornando dietro all'albero.
Nei minuti in cui rimase solo nella neve, un dubbio sorse dalle
conoscenze alchemiche di Ed, come la nebbia che si alza fra l'erba: una
vocina che gli diceva che forse la prima mestruazione di Alba e
ciò che avevano appena vissuto nel bosco fossero davvero
collegati. Un dubbio assurdo, in effetti, che tuttavia non
riuscì più a togliersi dalla testa.
Quando Alba tornò e si rimisero in cammino, fece per
cominciare il suo discorso, ma la ragazza lo precedette:
- Stavo pensando... hai presente Rosaspina? Sai quando si punge un dito
col fuso, si addormenta... eccetera eccetera? - Ed tacque, sicuro che
fosse una domanda retorica – Il sangue che esce dal dito, che
sia
una metafora di questa... questa cosa? In fondo anche lei ha quindici
anni, quando succede -.
- Può essere – ammise Ed, grato che da dietro
quell'albero fosse tornata la Al di sempre.
- Comunque sia, zio Ed – continuò lei,
improvvisamente seria
– Non per offenderti, ma preferisco i regali di zio Al -.
Ed non si offese, ma neanche rispose.
- Anzi, la prossima volta che provo a chiedertene uno... –
continuò, guardandolo severamente con quell'unico,
penetrante
occhio – … per favore, minacciami con un automail
-.
(¹) Frau:
significa “signora” in tedesco
Nel contest, oltre ad ispirarci all'immagine data, dovevamo scegliere
un particolare “set” con un certo elemento. Avendo
scelto
il set “Inverno”, l'elemento che dovevo inserire io
è il regalo.
Ci sono vari riferimenti a questo concetto: il regalo convenzionale,
ossia il libro di fiabe nominato all'inizio, il regalo inteso come
favore personale e... la maternità negata, intesa come dono
non
ricevuto.
I riferimenti alle favole li ho presi un po' da dei libri e un po' da
Wikipedia: “Rosaspina” è, come avrete
capito, la
versione dei Grimm de “La bella addormentata nel
bosco”.
Il punto in cui si dice che le fiabe potrebbero derivare da miti
più antichi, è un riferimento alle teorie di
Vladimir
Propp.
Fra un po' potrei
pubblicare
qualcos'altro (sì, lo so che dovrei darmi dei limiti), una
storia incentrata su Al e su altri personaggi. Nel caso, si
intitolerà “Roots-
Radici”.
Rispondendo alle recensioni:
piwy: sono contenta che tu sia arrivata a leggere fin qui,
e mi fa
piacere che i personaggi siano ancora riconoscibili. Rispondendo alle
tue domande: sì, quelli su cui il padre di Eliza ha condotto
le
ultime ricerche erano cerchi alchemici, anche se vi ho solo accennato.
E non credo che Ed lo verrà mai a sapere, dato che le prove
sono
state bruciate.
Sì, Al è in Irlanda con chi pensi, e sto anche
pensando di scrivere qualcosa al riguardo...
Shatzy: a dire il vero era la prima volta che scrivevo una
fic del
genere, perciò è stata soprattutto un
esperimento. L'idea
mi è venuta dai prompt del contest a cui la storia aveva in
origine partecipato: l'avvertimento “Non per stomaci
delicati”, appunto, il negozio di caramelle, il coltello e la
frase “Tutto questo è disgustoso.”
Praticamente
l'idea è venuta fuori da sola, mettendo insieme tutti questi
elementi, e volevo proprio cimentarmi in qualcosa di diverso dal mio
solito. Però ti assicuro che era unica nel suo genere, non
ce ne
saranno altre così esplicite.
Anch'io, quando ho fatto un conto delle età, mi sono resa
conto
che Ed avrebbe avuto ormai trent'anni, ma in fondo dobbiamo abituarci
all'idea: se non può più tornare indietro, in
questo
mondo rimarrà fino alla fine. Perciò, anche in
questo
capitolo, ho cercato di renderlo un po' più adulto, pur
facendo
di tutto perché rimanesse sempre lui.
Guarda, la faccenda della moglie e dei coltelli è del tutto
casuale, non ci avevo minimamente pensato. Però, cavolo,
potrebbe anche starci! O_O
Per quanto riguarda Al, tutto quello che puoi immaginare e sospettare
è esatto. XD Cavolo, avrei una voglia di iniziare un'altra
storia su di lui, ma dovrei infilarci un sacco di OC e non so se
è il caso... boh, vedremo.
Grazie per l'informazione sul RoyAi Day, ma sinceramente su di loro
(quelli di Amestris) non so proprio scrivere. Ho letto qualche fic
davvero bella, ma dubito fortemente che riuscirei a tirare fuori
qualcosa, ormai sono troppo abituata a... Rod e Liza. XD
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