01 - Prologo
E come promesso, eccomi con una nuova Dramione.
Come già
anticipato in “Slitherin Airlines” o almeno quel poco che
ho detto, questa storia sarà una super long-fic. È
decisamente molto più complessa rispetto alla precedente in
quanto ho cercato di mantenere i personaggi il più fedele
all’originale, all’inizio, ma poi le cose mi sono sfuggite
di mano e sono caduta nell’orrenda trappola dell’OOC.
Spero vogliate perdonarmi.
La storia
tratterà un argomento di attualità e da questo prologo
credo, si capirà chi è il protagonista, anzi. Credo sia
ovvio, visto il pairing.
Dicevo, è un argomento di attualità e spero possa piacervi come è stato scritto e sviluppato.
Spero gradiate questa mia nuova composizione.
Vi auguro una buona lettura con il prologo.
Callistas.
VERITA’ NASCOSTE
PROLOGO
“E’ una settimana che se ne sta trincerata in quella camera. Inizio seriamente a preoccuparmi Myra.”
La donna guardò verso le scale, che conducevano verso le camere.
Sospirò.
Sapeva che
sarebbe stata dura, ma quel silenzio stava iniziando a preoccupare pure
lei. Avrebbe di gran lunga preferito urla, strepiti, calci!, ma non
quel silenzio assordante.
“Sapevamo che sarebbe stata dura, Elthon. Vediamo come si sviluppano le cose.”
“Mamma, è arrivato il gufo di Hermione?”
Ginny scese in
cucina, facendo gli scalini due a due, rischiando più volte di
spezzarsi l’osso del collo. Molly si girò e le sorrise
mestamente segno che no, il gufo non era arrivato.
La rossa
sbuffò, afflosciando le spalle. Ma dove diavolo si era cacciata
quella benedetta ragazza? Era tutta l’estate che non si faceva
sentire nemmeno con un gufo spelacchiato! Tornò di sopra per
avvisare Harry e Ron, in pensiero tanto quanto lei. Quelle scale, ora,
le sembravano infinite.
Fu come se il
suo corpo si rifiutasse di collaborare, quasi non volesse partecipare a
quell’ennesima delusione. Aprì la porta ed entrò a
testa bassa.
“Allora?
È arrivato?” – chiese Harry, alzandosi di scatto dal
letto dove prima stava dando una lucidata alla sua scopa. Tutto, pur di
mantenere occupata mente e mani per quei pochi minuti in cui Ginny
scese per controllare se era arrivata posta.
La ragazza
chiuse la porta alle spalle e quando si girò scosse la testa,
anche se la risposta era già arrivata tramite il suo
atteggiamento da funerale. Il moro si risedette con un tonfo sul letto,
molleggiando per un paio di secondi.
“Ma che
fine ha fatto?” – chiese Harry. – “Sono due
mesi che non si fa sentire! Dove hai detto che andava?”
Ginny lo ripeté per l’ennesima volta, con un bel sospiro prima di iniziare.
“Ha detto
che tornava dai suoi genitori, perché voleva stare un po’
con loro. Siccome tutte le estati le passa qui da noi, quest’anno
ha voluto trascorrere qualche tempo in più con i suoi. Altro non
so. Tanto vale aspettare il ritorno a scuola e ce lo faremo dire
direttamente da lei.”
All’inizio
della scuola mancava ancora un mese abbondante. Era la prima estate che
passavano in un modo così insolito, quasi apatico. Solitamente,
anche se divisi, i quattro riuscivano a mantenersi sempre in contatto,
ma quella volta doveva essere successo qualcosa di veramente grave per
far sì che Hermione Granger non inviasse nemmeno una misera
lettera in cui comunicava sue notizie.
L’unica cosa possibile da fare era aspettare.
Scagionato da
ogni accusa e, soprattutto, sinceramente pentito degli errori commessi,
Lucius Malfoy era seduto sulla poltrona di pelle del suo studio con un
buon bicchiere di Whisky Incendiario invecchiato in mano. Lo faceva
ruotare lentamente, a pochi centimetri dagli occhi.
Non vi aveva mai fatto caso, prima.
Il Whisky, se a
contatto per lungo tempo con calore di una mano, cambia di consistenza.
Il calore da essa sprigionato ha la capacità di far addensare
quel liquido ambrato, modificandone la struttura.
Lo
appoggiò sulla scrivania di mogano lucido e prese le lettere che
gli erano arrivate in quei giorni. Tra riunioni al Ministero, prelievi
giornalieri di ricordi – e intenzioni, nel caso intendesse
tornare sulla cattiva strada – Lucius Malfoy aveva avuto poco
tempo da dedicare all’ordinaria amministrazione del suo
patrimonio e della sua vita e pensò che fosse giunto il momento
di riprendere in mano ciò che aveva lasciato in sospeso.
C’erano
lettere pubblicitarie che accantonò in un angolo, richieste di
donazioni a enti in parte benefici che accantonò in un altro, e
richieste di matrimonio.
In tutto, quelle, erano una decina.
Compiaciuto che
il nome della famiglia non fosse andato definitivamente in rovina,
iniziò ad aprirle una per una. Si appoggiò allo schienale
della sua poltrona e iniziò a sfogliarle. La prima che gli
balzò all’occhio, fu quella del suo
“ex-collega” Jonathan Parkinson, il padre di Pansy.
Staccò con un colpo deciso la ceralacca rossa, sulla quale era
impresso lo stemma della casata e srotolò la pergamena.
Lucius,
ho sentito che sei stato scagionato da tutte le accuse. Me ne compiaccio.
Ho sempre saputo che eri un esperto manipolatore di menti e che grazie a qualche
moina, saresti riuscito a convincere quegli stolti del Ministero che eri innocente.
Lucius
sollevò un sopracciglio e sentì un brivido corrergli
lungo la spina dorsale. Saltò la parte in cui Jonathan si
congratulava con lui e cercò la parola chiave.
… e visto che tutto si è risolto per il meglio, ho ritenuto necessario spedirti questa
lettera. Sappiamo perfettamente quali sono i nostri obiettivi, il primo tra tutti,
mantenere intatta la purezza del nostro sangue.
E quale cosa migliore di un matrimonio tra i nostri due giovani eredi?
Sarebbe anche facile, poiché frequentano insieme Hogwarts e sono già amici.
Vorrei discutere con te dei dettagli in un momento in cui sei libero dai tuoi,
come si possono chiamare?, impegni con il Ministero?
Immaginava benissimo Johnatan: un ghigno compiaciuto e divertito stampato sul volto mentre gli scriveva quella missiva.
Non volle leggere altro. Prese la lettera e la buttò dritta nel cestino, dopo averla appallottolata per bene.
Parkinson non
era cambiato per niente, pensò il biondo uomo; ma era certo che
se al momento della cattura gli avessero fatto passare ciò che
aveva passato lui, allora avrebbe decisamente cambiato rotta, corrente
di pensiero e soprattutto, tono di voce.
Stava per aprire la seconda, quando un elfo domestico apparve per avvisarlo che la cena era pronta.
“Padrone? La signora aspetta per la cena.”
Lucius
levò gli occhi sull’essere e annuì. Aveva perfino
perso la voglia di insultare gli elfi. Non che avesse compreso
d’un tratto che anche loro, in quanto esseri viventi, avevano
diritto a una dignità personale, ma perché urlare per la
loro inettitudine era, alla fine, sfiancante e una perdita di energie.
E lui di energie ne aveva perse fin troppe.
“Dille che arrivo subito.”
L’elfo,
che aveva tirato le orecchie fino a terra per il timore di essere
sgridato, le mollò di colpo, stupito. Per il contraccolpo, le
orecchie tornarono al loro posto, non senza essersele schiaffate prima
sugli occhi.
“Subito! Harkell va subito!”
Lucius
sospirò. In effetti, gli elfi non erano propriamente inutili.
Quelle orecchie che si era schiaffato sugli occhi lo avevano fatto
ghignare. Ovviamente dopo che si fu smaterializzato.
Rimise le lettere sulla scrivania e si avviò verso la sala da pranzo.
Note di me:
Allora, questo è solo il prologo come avrete potuto capire.
Non è
niente di che, ma riassume alla bell’è meglio i tre gruppi
di persone principali attorno alle quali ruoterà la storia.
Al momento, preferisco non lasciarvi spoiler, decidendo di lasciarli per i momenti più intrigosi.
Non credo di aver null’altro da aggiungere, se non una buona lettura.
P.S.: nel caso
non aveste niente da fare, potete tranquillamente aumentare la mia
autostima con qualche commentino che tanto male non mi farebbe. ^__^
Grazie e al prossimo capitolo, che sarà a breve!
Callistas.
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