CAPITOLO
26 – NOTIZIE O AVALON
La sua treccia bionda, con qualche striatura di bianco, danzò nel
vento della brughiera mentre l’uomo osservava la verde collina coperta di
erica. C’era solo un'altra presenza nella distesa sconfinata di rilievi verdi e
grigi di sassi. Lui e un cavaliere che correva su per il dolce declivio in
groppa al suo cavallo. Galoppava così sciolto e libero da sembrare più un
centauro che un cavaliere.
Anche da quella distanza, l’uomo sapeva riconoscere la sua bella
presenza. La sua affascinante bellezza.
Alzò un braccio e agitò una mano in segno di saluto.
Come attratto da un incantesimo, il cavaliere declinò il suo percorso
e corse verso la sua figura. A quella piccola casupola di sassi, ricoperta di
edera ed erica, circondata dallo steccato con i cavalli che loro avevano
sistemato.
«Artois!» gridò il cavaliere in
abito celta, tirando le redini del cavallo, a qualche centimetro da lui, e
scendendo con un agile balzo. Quasi gli volò tra le braccia.
L’uomo gli strinse la vita, frenando il suo slancio col proprio corpo.
«Artois» ripetè il più giovane
trentottenne stringendolo. Era vestito con una tunica semplice e brache larghe
in stile gallico.
Il quarantenne ancora non si era abituato al suono strano del suo nome
pronunciato alla francese; ma qualsiasi cosa era dolce sulle sue labbra.
«Come va il cavallo?»
«Una vera bellezza. Ancora qualche esercizio e sarà il miglior cavallo
da torneo mai visto» ammise il bel cavaliere, tenendo l’animale per le briglie.
I due si avviarono verso il recinto stando allacciati con le braccia
attorno alla vita.
Artois attese qualche secondo prima di fare la domanda che gli rodeva
dentro: «Ci sono novità dalla corte? Hai sentito qualcosa in paese?»
Il francese gli lanciò un’occhiata sorniona. Sapeva che non avrebbe
resistito dal chiedere; tuttavia si fece serio quando parlò: «Dicono che
Morgause sia andata ad Avalon»
Artois, meglio noto a corte come Artù, si bloccò davanti al recinto
per i cavalli.
Alcuni puledrini trotterellarono insicuri verso le sue mani per farsi
dare da mangiare, mordicchiandogli la tunica verde per farsi notare.
«Ad Avalon? Morgause? Non ci sarebbe andata manco morta. Non avrebbe
mai lasciato il trono. Il potere…» un pensiero lo colpì: «A meno che non sia
morta davvero»
Il suo compagno dai lunghi capelli castano chiaro, lo scrutò: «Qualche
notte fa ti sei svegliato urlando nel sonno il suo nome»
Artois scosse una mano nell’aria. Una mano grande e forte, con qualche
callo in più per via del lavoro manuale (oltre a quella per l’esercizio con le
armi) ma, aveva ancora l’eleganza e la grazia regale.
«Ho sentito come qualcosa nell’aria»
Con uno sguardo solo il compagno comprese che era pensieroso.
«Se è morta è un bene. Se è
stato mio figlio però… Si sa qualcosa dei reggenti, Galan?»
Galan sorrise appena prima di parlare. Galan, quello era il suo nome
ora. Un intreccio tra il suo vero nome (che condivideva con il figlio) e quello
con cui era diventato famoso, Lancillotto del lago.
«Lan?» insisté il biondo
allevatore di cavalli.
L’altro si decise a parlare: «Dicono che Gawain sia stato fatto re da
Mordred e mio figlio»
Artù sgranò gli occhi azzurri: «Re? Gawain?»
«Delle Orcadi»
«Allora sua madre è morta davvero» concluse l’atletico Artois fissando
le nubi basse che si rincorrevano nel cielo, come pecore nella brughiera.
Presto avrebbe piovuto.
«Gawain è troppo impetuoso per essere un bravo re. E i suoi vicini (i
giganti vichinghi), sono esseri troppo infiammabili per non essere ottimi
diplomatici»
Galan tolse dalla braca celtica dei pezzi di carotine e le porse ai
puledrini che ancora masticavano la stoffa dell’abito del compagno per farsi
notare. Quindi si arrampicò sull’alto recinto, sedendovisi sopra: «Non è
finita! Dicono che è anche partito per giungere al luogo dove si incontrano i
capi dei giganti delle isole perdute di Galehaut»
«I thing? Re Galehaut? Con Gawain?» si sorprese sempre più Artù,
appoggiando allo steccato proprio accanto alla coscia dell’amico.
«Su questo ne so qualcosa…»
sorrise Lancillotto malizioso.
Il re storse la bocca: «Non dirmi nulla. Non voglio sapere nulla di
quello che mio nipote fa in privato…»
Galan rise, allungando una mano a insinuando le dita tra i capelli dorati del compagno. L’altro lo
lasciò fare, sempre incupito: «E non voglio neanche sapere di te e di Galehaut»
«Etait un ami cher…»
«Se amico» borbottò Artù, distogliendo il viso.
Galan rise ancora, dondolandosi sul recinto: «Sei geloso! E vuoi
sapere la cosa più incredibile? Mi ricordi Mordred con quell’espressione di
altero fastidio»
L’altero fastidio del re peggiorò quando afferrò Galan per l’azzurra
tunica grezza, piegandolo verso di lui: «Ti insegno io a offendere un re!» e
detto ciò lo costrinse a baciarlo.
Le loro bocche si unirono in un bacio appassionato.
Così Galan finì per scivolare tra le braccia del compagno.
Artois ansimò sul suo viso, lasciandolo la sua bocca: «Inoltre Mordred
è mio figlio. Per forza mi somiglia»
«Lo ammetti solo quando siamo
soli» ribatté il principe celta, sfiorandogli la mascella ruvida con la sua
guancia.
Rimasero così, allacciati, continuando a parlare: «E tuo figlio Galahad
riesce a sopravvivere con mio figlio, a corte?»
Galan stavolta scoppiò a ridere, sfiorandogli tutta la schiena: «La
cosa più assurda è cioè che si sente dire al villaggio! Non ci crederesti mai
ma… Sembra che vadano d’amore e d’accordo»
Artois sgranò gli occhi, sbalordito: «Galahad, con Mordred? Stiamo
parlando degli stessi mio e tuo figlio? Te lo ricordi Mordred? Quel ragazzino
intelligente ma acido e tenebroso?»
Lancillotto annuì ridendo: «E tu ricordi Galahad, così gentile e
religioso? Beh sembra che la corte li adori. Non so come Kay, Bedivere e
Morgana hanno convinto i vecchi cavalieri della tavola rotonda ad appoggiarli,
e il popolo li adora perché stanno facendo molte migliorie nel regno»
Artù si grattò il mento, dove stava crescendo una leggera barba
bionda. «Davvero non l’avrei mai creduto…»
«Ma non è tutto! Sai che tuo
figlio è riuscito a strappare un trattato di pace con i sassoni?»
«E come diavolo ha fatto a convincere Childric a cedere?!» esclamò il
re, temendo già qualche incantesimo.
Galan gli serrò la vita con le sue forti braccia: «Nessuno lo sa ma,
dicono che abbia mandato Bors alla corte dei sassoni»
I due si guardarono dritti negli occhi, e poi si guardarono ancora;
infine scoppiarono a ridere.
«Bors con Childric??! Non l’avrei mai creduto possibile!» rise forte
Artù.
Galan annuì, osservandolo rovesciare indietro il capo e ridere
serenamente.
Dio quanto era felice.
Artois notò il suo sguardo e si piegò ad accarezzargli una guancia
ruvida: «Se avessi saputo che tutto sarebbe andato così bene, mon chevalier,
avremmo potuto andarcene molto prima senza perdere così tanto tempo, non trovi?»
Il bel Lancillotto del lago assentì, posando la guancia contro la mano
dell’amante. «Va bene anche così, Artù. Abbiamo ancora tanto tempo davanti per
goderci, la nostra Avalon»
Artù sorrise dolcemente e si chinò a baciare le sue labbra. «Si. La
nostra Avalon»
***