Il
principe nello sgabuzzino – una “fiaba moderna”-.
01
C’era
una volta, tanto o pochissimo tempo fa, in un paese lontano lontano
o forse in Molise, un giovane Principe.
Questo
Principe era conosciuto in tutto il Paese come “il Principe dello Sgabuzzino”
per la sua curiosa quanto fastidiosa abitudine di rinchiudersi dentro un
polveroso sgabuzzino per le scope, dove passava la maggior parte del suo tempo
a pettinare il mocio e chiacchierare con gli scopettoni, dando di tanto in
tanto un paio di biscotti alla famigliola di conigli di polvere che viveva
sotto l’armadietto dei detersivi.
Quel
–poco- tempo che il Principe passava fuori dello sgabuzzino era dedicato
ai suoi amati cavalli, ai quali riservava le dolci attenzioni che in genere si
dedicano a un’amante, e alle discussioni con sua madre.
Discussioni
che erano spesso, anzi sempre, completamente unilaterali: ergo sua madre (la
Nobile e Splendida Regina) gli sbraitava contro per ore, ignorando ogni suo
minuscolo e timidissimo tentativo di ribattere. In genere il Principe riusciva
a sgusciare nel suo sgabuzzino a metà della discussione. Sua madre si
accorgeva che era sparito circa venti minuti dopo.
Queste
discussioni finivano con la donna che sbatteva furiosamente il pugno sulla
porta dello sgabuzzino, ordinando
al figlio di uscire immediatamenteotifacciomurarevivodentroquestodannatissimostanzino!
Era
allora che il Principe apriva un filino la porta, consolato dal tifo sfegatato
dei suoi conigli di polvere e riusciva a balbettare un debole – Ma io non
voglio fare un gran ballo, nobile madre.
- Ah
sì?- sua madre incrociava le braccia sbuffando – Allora hai
qualche metodo alternativo per trovare una sposa? Appuntamenti al buio? Tramite
amici? Usando Facebook?
- Ma
madre- pigolò il Principe – io non mi voglio trovare una sposa.
Solitamente
bastavano quelle poche parole per mandare in ebollizione il sangue già
caldo di sua madre, facendola eruttare in un flusso interrotto di urla, minacce
e altre simpaticherie varie, facendo scappare il figlio fino all’angolino
più nascosto dello sgabuzzino.
- Altra
giornata difficile, eh?- lo Stalliere gli sorrise divertito, trascinando una
balla di fieno sotto il muso di uno dei cavalli.
- Non
puoi capire. - guaì il Principe lasciandosi cadere su un mucchietto di
biada – Sono a pezzi.
Lo
Stalliere si spostò i capelli dal viso con una mano, allargando il
sorriso – Oh, beh, credo che stare chiusi in uno sgabuzzino dal mattino
alla sera sia massacrante.
Il
Principe lo guardò storto – Tu non puoi capire.
Lo
Stalliere si lasciò cadere sulla biada accanto a lui – Non posso,
ovvio. Chi può capire i pensieri di un Principe che non parla mai con
nessuno?- gli allungò un buffetto sulla spalla – Cosa vi angustia,
allora? Potete parlarne con me, lo sapete.
Il
Principe lo guardò, perdendosi negli occhi neri dello Stalliere come uno
che segue una via di granelli di sabbia in un deserto. Si alzò poi di
scatto, sistemandosi gli stopposi capelli biondo paglia con un gesto nervoso
– Niente, niente- bofonchiò – è pronto il mio
cavallo?
Lo
Stalliere si alzò, spolverandosi i pantaloni con le mani – Subito,
Principe.
- Ma che
vogliono tutti da me?- domandò il Principe gettando pezzi di biscotto
alla famigliola di coniglietti polverosi e batuffolosi – Che
c’è di male se non voglio prendere moglie e mi piace stare qui
nello sgabuzzino? Voglio vivere tutta la mia vita qua dentro, uscendo solo per
andare a trovare lo St- tossicchiò sotto lo sguardo perplesso dei
coniglietti – fare un giro a cavallo.
I
conigli si voltarono verso la porta, tendendo le lunghe orecchie grigie per
captare un debole rumore. Rumore che divenne sempre più forte fino a
rendersi perfettamente identificabile: era sicuramente un elefante con i tacchi
a spillo.
Una mano
bussò alla sua porta – Tesoro, apri questa porta, suvvia!
- Sei tu
mamma?- domandò il Principe avvicinandosi alla porta con fare sospettoso
– Ti ho già detto che non verrò con te al corso di
Etichetta dei Cupcake. È noioso ed anche inutile, giacché ho
fatto voto di pucciarli nel the fino all’ultimo dei miei giorni.
Una
risata attraversò la porta – Ma no angioletto mio, sono la tua
Fatina Madrina!
- Io ho
una fatina madrina?
- Certo
stellina, è la Dotazione Standard di ogni Principesso delle favole che si rispetti.
- Princiche?
-
Stellina mia, ultimamente il mondo si modifica molto in fretta e anche le
differenze tra principi e principesse sono molto diminuite, quindi noi Fatine
Madrine abbiamo deciso di adottare un gergo meno specifico.
- Ottima
idea. - concordò il Principe.
-
Comunque: forza stellina, apri la porta, così potrò riservarti
tutto l’amore che una Fatina Madrina prova per il proprio Figlioccio!
Aprì
la porta.
In
precario equilibrio su quindici centimetri di stacco a spillo ricoperto di
pelle di pitone troneggiavano circa due metri di uomo di colore avvolto in un
tubino di paillettes argentate luccicanti modello Lady Gaga agli albori, dotato
di parrucca cotonata biondo platino, vezzose aluccie luccicanti rosa e
bacchetta con la stellina in cima.
Chiuse
la porta.
-
Stellina che ti prende?! Apri la porta!
- No!-
latrò il principe schiacciando la schiena contro la porta – A te
non apro!
- Ma
cocchino mio, devi aprirmi, altrimenti come faccio ad espletare le mie funzioni
di Fatina Madrina?
- Le
espleterai a porta chiusa!
- Ma
paperottolo mio, non è possibile!
Stava
già per ribattere quando la porta mandò un rumore sospetto.
Sospettosissimo.
Abbassò
il viso e vide il pugno chiuso della Fatina spuntare di cinque o sei centimetri
da dietro la sua porta. Dentro il suo sgabuzzino.
“Oh,
Beata Birkin, questa cosa ha appena
fracassato la porta!” pensò sbiancando come un famoso gatto di un
famoso cartone animato che ancora non esisteva ma esisterà e
rovinerà la nostra vita (o anche no.) “Chefacciochefacciochefaccio?!” mentre il suo cuore, il suo
cervello e le sue viscere erano in pieno tumulto, la Fatina scardinò
elegantemente la porta, scagliandola venti metri più in là con
insospettabile grazia.
-
Dunque, paperottolo mio, piantiamola di cincischiare e passiamo al tuo
desiderio.
- Essere
lasciato solo nel mio sgabuzzino per il resto della mia vita?
La
Fatina lo guardò sbattendo le lunghissime ciglia finte brillantinate
– Cosa caro? Sai, soffro di sordità momentanea, e alle volte non
riesco proprio ad afferrare le boiate che la gente dice.
Il
Principe comprese che qualsiasi forma di protesta non sarebbe servita a nulla.
L’idea di prendere a calci negli zebedei (sempre che li avesse) la
Fatina, arraffare il coniglio di polvere preferito, due monete d’oro e un
paio di mutande di ricambio per poi darsi alla macchia nell’Innominabile Et Oscura Et Terribile Foresta Fantasy Numero 34 gli carezzò la
mente per qualche secondo. Ma a giudicare da come l’abitino tirava da
tutte le parti la Fatina doveva essere decisamente ben piazzata e sicuramente
sotto quei guantini di lamé fucsia c’erano due manone da manovale
pronte a sbriciolarlo come un biscotto sotto uno schiacciassi. Rinunciò
immediatamente.
- Dunque
paperottolo, abbiamo appurato che il tuo più grande desiderio è
uscire da questo sgabuzzino!
- Ma se
ho appena detto l’esatto contrario!- guaì il principe con le
lacrime agli occhi.
-
Quisquilie, paperottolo, quisquilie. Quello di cui hai bisogno è di
vedere un po’ di sole, d’erba, di gente…
- Ho la
nausea al solo pensiero.
-e anche
qualche bel maschione, tanto che ci sei!- completò la Fatina ignorando
lo sguardo disgustato del Principe, il quale generalmente avvertiva una
dolorosa contrazione delle budella ogni qual volta qualcuno pronunciava la
parola “uscire”. Il Principe alzò lentamente lo sguardo –
Prego?
- Prego cosa,
paperottolo?
- Cosa
dovrei fare?
-
Uscire!
- Dopo.
- Vedere
l’erba e il cielo!
- Dopo.
- La
gente…?
- Dopo
ancora.
- I bei
maschioni?
Al
Principe cadde la mascella circa a livello delle ginocchia. Ci mise cinque
minuti abbondanti per rimetterla in asse – Bei… Cosa?
-
Maschioni.
- Ma
perché dovrei vedere dei maschi?! Sono un Principe, no? Devo trovarmi
una Principessa, sposarla e produrre una prole sana e felice che non
verrà mostrata nella favola perché i dolori del travaglio
potrebbero traumatizzare le bambine togliendo loro la voglia di fare figli!
La
Fatina annuì – Come se non avessimo già un calo demografico
da far paura! Di questo passo il nostro Felice
e Incontaminato Regno Pieno Di
Gente Canterina e Danzante andrà in rovina!
Il Principe raccolse fra le braccia il
Coniglio Preferito (che d’ora in poi sarà chiamato Rodolfo per
comodità) e si apprestò alla fuga mentre la Fatina snocciolava le
atroci cifre del crollo delle nascite nel loro Felice e Incontaminato eccetera eccetera.
Una mano
forte come una tenaglia si piantò poco delicatamente sulla sua
spalla – Comunque, paperottolo. Tu hai un debole per lo stalliere, non
è vero?
Il
Principe sbiancò e strinse eccessivamente forte Rodolfo fra le braccia,
causando le proteste della polverosa bestiola – No!- strillò con la voce più alta di un paio di
ottave – Certo che no! Insomma, perché dovrei provare una
qualsivoglia attrazione per lo Stalliere? Solo per i suoi occhi nerissimi e
fantastici che sembrano sondarti l’anima? Per i ricci perfettissimi che sembrano
usciti da uno spot Pantenè quando la pubblicità ingannevole non
era ancora stata bandita dal Regno? Per quella schiena abbronzatissima e
muscolosa? Per quelle gambe lunghissime e muscolosissime e bellissime che al
confronto Beckham è da buttare nel cesso tirando violentemente lo
sciacquone? Per quel sedere meraviglioso che al solo guardarlo senti il mondo
diventare rosa e la vita farsi più leggera? Perché poi è
un ragazzo dolcissimo, adorabile, comprensivo, disponibile, responsabile e
persino intelligente, cosa che non guasta mai? Per quale motivo dovrei provare attrazione per lui?!
- Wow
paperottolo, la situazione è peggiore di quanto mi fossi immaginata. -
disse la Fatina grattandosi una guancia con la punta della bacchetta, prima di
allungare una delicata pacca sulla spalla del ragazzo – Sei innamorato
perso di quel ragazzo, eh?
Il
principe guardò Rodolfo negli occhi (rendendosi poi conto che Rodolfo
era un coniglio di polvere e come tale era privo d’occhi. Chissà
come faceva a vedere. Bah, misteri delle Favole) e poi pigolò un
debolissimo – Sì.
La
Fatina sorrise – Bene. Il mio dovere, dunque, è far sì che
tu possa dichiararti al tuo bel Stalliere.
- Ma non
dovevi farmi uscire dallo sgabuzzino?
- Prima
dichiarati, paperottolo, il resto verrà da se, fidati.
Il
Principe guardò Rodolfo e, ricacciando indietro le lacrime, pensò
che doveva assolutamente sapere chi era l’idiota che gli aveva appioppato
quella Fatina squilibrata. Avrebbe preso a calci negli zebedei quella persona,
chiunque fosse!
- Comunque,
credo che dovremmo fare qualcosa per il tuo aspetto.
-
Cos’ha che non va il mio aspetto?- berciò il Principe brandendo il
povero Rodolfo contro la Fatina – Niente paperottolo - rispose la Fatina
sorridendo come un pescecane affamato – sei perfetto, se vuoi passare per
un sopravvissuto a Katrina.
Il
Principe la guardò malissimo, stringendo Rodolfo al petto con fare
offeso – Simpatica.
- Suvvia
paperottolo - la Fatina gli poggiò una graziosissima quanto enorme mano
sulla testa, scompigliando amabilmente quel ciuffo di pagliericcio secco che
tecnicamente costituiva i suoi capelli – tipo, guarda questi poveri
capelli! Quand’è stata l’ultima volta che hai usato una
maschera per capelli o anche solo un balsamo?
-
Rodolfo, tu te lo ricordi?- il coniglio scosse energicamente la testa –
Sono sicuro che fosse stato almeno il mese scorso. Era sicuramente il mese scorso! È stato quando sono caduto nel
fango perché per guardare lo Stalliere mi sono sporto troppo e sono
cascato da cavallo come una pera cotta!
Rodolfo
cercò di coprirsi il muso al ricordo di quella scena patetica, ma
dovette rendersi presto conto d’avere le zampe troppo corte per un simile
gesto. Si limitò a sospirare tutta la sua polverosa tristezza.
Il
colorito ebano della Fatina virò verso il verdastro a una
velocità allucinante – Fila a farti un bagno, paperottolo.
Il
Principe la guardò, ritrovandosi d’un tratto sopraffatto dalla
potentissima aura omicida che la Fatina sprizzava da ogni singolo poro e
glitter – Ora.
A.Corner___
Buonasera.
Benvenuti nel mio magico mondo di allegria e felicità e battute random. Perché
sì.
No, sul
serio.
Ho troppo
sonno per scrivere delle note decenti, dannazione xD
Comunque,
il titolo prende spunto dall’espressione “stay in the closet”,
ergo “stare nello sgabuzzino” ed è usata per indicare una
persona gay che non si è ancora dichiarata.
Sì,
questa storia ha persino una morale.
O forse
no.