Pagliaccio

di eos75
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01 Pagliaccio

Le dita si aprono, le corde sibilano nell'aria mentre il trapezio s'allontana veloce, per poi tornare ubbidiente alla mano del padrone.
Rullo di tamburi, poi il silenzio.
L'aria accarezza le membra tese, le avvolge come una ragnatela invisibile, fragile, che nessuna caduta attutirà.
Corpi dipinti di bianco baluginano nel buio del tendone: ad ogni presa un sospiro del pubblico; ad ogni balzo un gridolino strozzato.
Le corde sibilano nell'aria, i muscoli si tendono per un'ultima volta e poi... uno... due... tre... quattro... cinque...

Le braccia forti del porteur come un'ancora di salvezza prima del tuffo nel buio. Il silenzio e il boato del pubblico, la musica che risuona allegra mentre le luci si riaccendono, abbaglianti.
Là in pista, un pagliaccio dalla chioma arancione rotola e cade, mimando e indicando su in alto. Eco di risa raggiunge gli artisti che, piano, abbandonano il loro Mondo.
“Pagliaccio! Pagliaccio!” Una manina paffuta si tende a sfiorare un ricciolo arancio. Labbra sorridono da sotto la bocca dipinta all'ingiù. Un inchino e una capriola; un fiore che spunta da non si sa dove. La risata cristallina del bimbo sovrasta la musica mentre il pagliaccio s'avvicina col volto, offrendo un sorriso e il naso di pezza dipinto di rosso.

La musica tace, le luci son spente. La parrucca è gettata in un angolo, il cotone scorre sulla pelle.
“Avresti dovuto esserci tu, lassù”.
Un sospiro e quel che resta del clown scuote il capo, i capelli scuri ancora raccolti sotto la retina, la matita sbavata intorno agli occhi.
“Sei il migliore, è uno spreco che tu resti quaggiù a fare...”
“Il pagliaccio?” Un sorriso spunta sotto il trucco sfatto, la mano è sospesa a mezz'aria con un batuffolo sporco tra le dita.
“Il pagliaccio...” Un sospiro accompagna l'afflosciarsi del corpo muscoloso su un ammasso di cuscini buttati in terra alla rifusa. Mani forti si chiudono attorno al mento ancora imbrattato di cerone e brillantini, mentre gli sguardi s'incrociano nello specchio inclinato.“Sei guarito, non hai nulla che non va! E non dirmi che hai paura perché hai fatto cadute ben peggiori...”
Un ultimo gesto e quel che restava della bocca rossa dipinta all'ingiù svanisce del tutto “Amavo stare lassù. Amavo giocare con l'aria, sfidarla. Dominarla. C'eravate solo lei, voi e il trapezio. Ed era bellissimo essere un tutt'uno. Il pubblico non esisteva...”

“Cos'è successo, fratellino? Perché parli al passato?”

Lo sgabello ruota piano; il clown s'alza lentamente, le bretelle penzolanti ed i piedi scalzi. S'avvicina adagio al trapezista, inginocchiandosi di fronte, le braccia incrociate sulle sue ginocchia “Credevo di essere felice. Ma mi mancava qualcosa...”
“Eri il migliore tra noi. L'orgoglio di nostro padre... E adesso... Perché, fratello mio? Cosa ti possono dare questi stracci da pagliaccio che non ti dava la gloria dell'aria?”
“Da lassù potevo stupire, meravigliare, dominare. E' vero: ero il migliore tra voi. Dal trapezio udivo il sospiro del pubblico troncarsi per la paura e poi l'applauso esplodere, ma...”
“Ma?”
“Non potevo vedere la gioia nel sorriso dei bimbi”.





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