XX
Giugno
Il sole
brilla impietoso sopra le teste dei presenti, riflettendosi sulle gocce di
sudore sul viso del sindaco. È quasi ammirabile come prosegua cocciuto con il
suo discorso nonostante la voce che si arrochisce sempre di più per la mancanza
di saliva.
Ai piedi
della statua ci sono le corone d’alloro (così sfacciatamente verdi e fresche da
far sembrare avvizziti i presenti) avvolte nel tricolore. Anche Alberto porta
il tricolore, ma al collo. Dondolandosi da un piede all’altro stacca la mente
dalla litania del sindaco e si perde nei vecchi ricordi di partigiano, quando
salì sul Colle Del Sole e l’accolsero i cittadini. Ma non è il solo ad aver
lasciato navigare la mente nei ricordi: dietro di lui la vecchia Rosa si
stringe ai braccioli della sedia a rotelle tremando forte. Magari è il parkinson,
o il ricordo di quei cinque figli che ormai sono diventati medaglie dorate sul
suo petto. Solo Ludovico è sopravvissuto, a costo del braccio sinistro (ma
forse era meglio che fosse diventato una medaglia anche lui) e adesso le chiede
se vuole andarsene. No, non vuole andarsene: quella è anche la festa delle sue
cinque medaglie, no?
Dietro
di loro c’è Federico, un ragazzo capitato lì quasi per caso, attratto dalla
massa di gente. Borbotta fra se e se per la noia e Giulio al suo fianco lo
imbecca di stare zitto. Federico vorrebbe rispondere, ma prendersela con un
rugbista di due metri e cinque non è la cosa più furba che si può fare. Giulio
ascolta in silenzio quello che dice il sindaco, rigirandosi fra le dita la
vecchia collana col crocefisso che gli ha dato sua nonna: apparteneva a sua
madre che l’ebbe a sua volta da sua madre. Ricorda la nonna che si rigirava
quella collana fra le dita nodose, parlandogli di tutti i soldati che avevano
marciato sulla città, mostrando il sorriso sdentato che compariva tra le
lacrime al ricordo del passaggio di quei “ciancica gomme” degli
americani.
Agli
americani pensa anche Lara che aveva cinque anni quando sono entrati in città.
Ascolta il sindaco parlare e intanto nella sua mente si fanno largo le urla
della signora Caprabianca. Stringe più forte la mano del nipotino, ricevendo
uno sguardo interrogativo. Sorride un po’ timida la vecchina, tornando poi ai
suoi ricordi: ai ragazzi biondi che sfilavano e agli uomini di colore sempre
cinque passi indietro, alle donne silenziose e agli uomini in divisa nera che
osservavano dalle finestre con l’astio malcelato negli occhi.
E con
astio li aveva guardati anche il padre di Vincenzo, il ragazzo poggiato ad un
palo poco più in là, in camicia nera nonostante il caldo, che adesso guarda con
astio un gruppo di stranieri che fotografano il monumento e le corone. Si sente
come se stessero fotografando una messa in memoria di suo nonno (anche se suo
nonno aveva lasciato scritto di non volere mai messe in sua memoria, perché i
preti erano dei fetenti e coi soldi che gli davano per ricordarlo sicuramente
ci avrebbero comprato del vino o delle troie o tutt’e due.) e questo gli dà
semplicemente e puramente fastidio.
Giusto
tre passi a destra di Vincenzo ci sono Antonio, Ludovica e Francesco. Parlano a
voce bassa e Francesco si lamenta del fatto che anche quest’anno si è fatta una
donazione alla chiesa, Ludovica ribatte che non ne è sicura, Antonio consiglia
loro di controllare sul sito del Comune e dell’UAAR e magari di stare zitti.
Da sotto
le mura, una ragazzina corre dietro ad un uomo, chiamandolo ad alta voce.
Quando questi finalmente si volta lei gli porge un rosario bianco – Le è caduto
questo, signore.- dice col fiato corto. Lui sorride – Ti ringrazio- dice
prendendo il rosario e facendoselo scivolare in tasca – ma ti consiglio di
andare via, ragazza, adesso è pericoloso stare qui.
-
Perché?- domanda lei curiosa, chiedendosi cosa possa accedere di pericoloso in
una strada assolata e vuota, scaldata dal sole acceso di un Giugno particolarmente
torrido.
-
Arrivano gli svizzeri.- dice lui guardandosi attorno con fare circospetto. Gli
uomini che lo accompagnano annuiscono, bofonchiando che è meglio che torni a casa, che è pericoloso, che gli
svizzeri sono bestie e cose così.
- Forza,
per l’Italia unita e per il Re!- grida il ragazzo alzano il moschetto al cielo.
Per un attimo la luce viene riflessa dalle parti in metallo colpendo la ragazza
negli occhi e costringendola a serrare le palpebre.
E solo
un attimo e non c’è più nessuno.
Solo il
rosario, lasciato a terra. La ragazzina lo raccoglie, passando le dita sulle
macchie marroncino scuro che si sono attaccate alle perle colorate.
Note: è possibile trovare un
riferimento alla signora Caprabianca nel volume “Perugia. Passeggiando la stella”.
Il 20
Giugno per Perugia è un doppio anniversario: si ricordano le Stragi di Perugia del
1859 e al contempo si festeggia la liberazione dal nazi-fascismo del 1944.