Capitolo III
SARASVATI
-Signorina
Utti… Utti… eh, mi
scusi, non riesco bene a leggere il suo cognome… come si
chiama lei?- esordirono
l’anziana e grassoccia docente, l’elenco dei nomi
alla mano.
-Uttishtha Sarasvati- rispose
lei, annoiata quanto mai. Sempre la solita storia, dopo tutto; mai che
qualcuno
riuscisse bene a pronunziare il suo cognome… eppure aveva a
che fare con gente
che leggeva l’Iliade in greco con la stessa
facilità con cui si potrebbe
leggere la favola di Cappuccetto Rosso.
–I miei genitori venivano
dall’India- precisò.
-Oh... beh, sì, immaginavo-
disse la professoressa, cercando di dissimulare l’evidente
imbarazzo con una
bella risata. –Sarò breve, l’ora
è tarda e credo che entrambe dovremmo
rincasare…-.
Sara concordò, almeno mentalmente,
con la donna. Pregò Vishnu perché accelerasse la
lingua della docente più del
solito e non la facesse perdere in loquele inutili e dissanguanti.
-Dunque, signorina, devo
innanzitutto congratularmi con lei per gli ottimi risultati ottenuti
durante
l’ultimo test. Ne sono rimasta assai sbalordita e
compiaciuta. Lei ha i voti
più alti di tutta la classe al momento, almeno nella mia
materia. Per questo
motivo ho deciso di selezionarla per uno studio
sul campo-.
-Studio sul campo?- chiesto la
ragazza perplessa. Sperava non le stesse per proporre un ampliamento
del suo
già gonfio curriculum universitario con qualche altra
materia
d’approfondimento. Le mancavano ancora parecchie materie alla
laurea, troppe
per la verità, e se a questo si fosse aggiunto che meno di
un ventotto non
accettava, era presto deducibile che avrebbe impiegato
un’eternità per
laurearsi.
-Si signorina, uno studio sul
campo. Lei lavorerà come stagista per due mesi presso
un’area archeologica di
recente scoperta. Il responsabile dell’area (un mio carissimo
amico), sta cercando
giovani e volenterosi laureandi, e mi ha chiesto un piccolo
aiuto… stia
tranquilla, le gioverà molto quest’esperienza,
inoltre peserà notevolmente sul
voto di laurea…- si affretto ad aggiungere.
-E dove si terrà questo
“stage”?- chiese allora Sarasvati, più
preoccupata che altro… nell’osservare il
sorriso stirato in quella faccia tonda e malamente truccata, provava
uno
strano, forte timore. -Oh beh, in Grecia, naturalmente!-.
***
Quando Sarasvati
rientrò in
casa erano da poco passate le tre pomeridiane. Con uno sbuffo richiuse
dietro
di se la porta, appese le chiavi al gancio e si diresse spedita in
camera sua. Si
sentiva stanca, distrutta. Le rimbombavano ancora nella mente le parole
della
prof di archeologia classica.
Era fregata. Letteralmente,
irrimediabilmente, inopinabilmente fregata. Il suo sesto senso non
sbagliava
mai. L’uomo ragno era una sega al confronto suo.
Aprì la porta della sua stanza
facendo sbattere violentemente la porta. Nel bel terrario in rete,
adagiato su
di un ramo, Socrate il camaleonte sobbalzò un secondo,
gettò un rapido guardo
alla sua padrona (particolarmente nervosa) per poi rivolgere tutta la
propria
attenzione alla pianta che gli stava innanzi, trovandola, a quanto
pare, assai
più interessante.
Senza perdere altro tempo, la
giovane ragazza si gettò pesantemente sul letto,
scaraventando la borsa carica
di libri e appunti da qualche parte nella stanza.
Non poteva ancora credere di
aver detti di si, alla professoressa. Come aveva potuto farlo? Insomma,
lei
aveva un sacco di cose ancora da fare: doveva darsi delle materie a
breve,
aveva le lezioni di karate (e di certo il maestro Sakamoto non avrebbe
accolto
di buon grado un’assenza prolungata di due mesi), aveva
Socrate di cui
occuparsi e… e tante altre ragioni. No, non poteva partire,
non poteva lasciare
tutto così, all’improvviso.
Estrasse dalla tasca la
lettera consegnatale dalla docente. La fissò allungo, senza
leggerla.
-Krisna, aiutami tu!- esclamò
al fine, esausta.
Certo, era necessario confessare
che, almeno una parte di lei, una piccola piccolissima parte molto in
profondità, gioiva della cosa. Lavorare sul campo, presso
uno scavo di recente
scoperta, accanto ad esperti archeologi era assai allettante. Chiunque
ne sarebbe
rimasto elettrizzato. Solo uno stupido (e lei si dava il caso non lo
fosse)
avrebbe mancato volontariamente una simile occasione. In oltre, doveva
ammettere che una “vacanza” le giovava proprio.
Sarasvati, alla veneranda età
di ventidue anni, non aveva una briciola di vita sociale. Da quando era
stata
ammessa all’università, aveva dedicato corpo e
mente allo studio, incessante,
senza sosta. Il karate era il suo unico sfogo, la sua sola distrazione.
Tutto il
resto era composto di libri. Certo, le occasioni non le erano di certo
mancate;
ai primi tempi, molti erano stati gli inviti e le proposte ricevute, ma
lei
aveva sempre declinato, e dopo le prime insistenze, i suoi colleghi in
facoltà
o in palestra, avevano lasciato stare. Solo Monica, la sua sicuramente
poco
studiosa coinquilina insisteva ancora. La sua tenacia era pari soltanto
alla
sua immensa, smisurata vanità.
Era bella Monica, fisico
sensuale, capelli lunghi e sempre ben pettinati, occhi azzurri. La
classica
Barbie insomma, e della succitata bambola possedeva anche le
facoltà
intellettive. Civettuola, vanesia, pettegola, esperta in makeup e ogni
sorta di
griffe, sembrava essersi diplomata alla Luis Vuitton High School,
perfettamente
capace di giudicare una persona guardando più le scarpe che
indossava piuttosto
che il carattere. Sara continuava ancora a chiedersi come fosse
possibile che,
una ragazza del genere, le fosse diventata amica… anzi,
ironia della sorte, la
sua unica amica. Erano
così diverse, dopotutto. Monica era
bella ed affascinante, oltre che popolare. Lei, invece, era ordinaria o
anche
meno. Non era bella e affascinante, non era simpatica, non era popolare
e
faticava nel costruire rapporti umani che andassero oltre il mero
“buongiorno”.
Con gesto lento, si passò la
mano fra i lunghi capelli scuri, così ricci e intricati da
costringerla a
tenerli legati saldamente in una treccia. La pelle era liscia ma scura
e il
volto possedeva gli inconfondibili tratti della sua razza,
caratteristiche che
lei per prima definiva “brutte”.
Sarasvati, era sempre stata (o
almeno cercava di esserlo nei limiti umani del possibile) onesta e
neutrale. Amava
dire le cose come stavano e basta, per quando difficili da ammettere.
Non faceva
nulla eccezione, soprattutto la sua persona e il suo lavoro, verso il
quale era
molto critica.
Un forte tonfo sordo
proveniente dall’ingresso le annunciò il rientro
della coinquilina. Entro pochissimi
minuti l’avrebbe vista piombare in stanza con fracasso,
strillando come un’ossessa
per la sua ennesima conquista (Sara amava definirli più
realisticamente “vittime”),
sciorinando per filo e per segno ogni dettaglio, dal più
inutile al più
piccante senza staccare un secondo, nemmeno per riprendere fiato (e,
Sara ne
era certa, passando dalla respirazione polmonare a quella dermica come
gli
anfibi).
Chissà, si chiese un secondo
prima che le sue previsioni si avverassero, come avrebbe preso Monica
la notizia
della sua imminente partenza…
Free
Talk:
Chiedo scusa per il
ritardo,
ma forze a me superiori mi hanno impedito la pubblicazione del presente
capitolo nei tempi previsti.
Dunque, questo è il l’ultimo
capitolo di “introduzione personaggi”. Quelli che
verranno poi, saranno presentati
durante lo svolgimento della storia. Con il prossimo, dunque, ha inizio
il vero
e proprio racconto.
Ring razione piccolalettrice e Haruakira per aver letto e commentato la
storia. Spero di non
deludere le vostre aspettative né col presente,
né con i prossimi capitoli.
Un grazie anche a coloro che,
pur restando in silenzio, hanno letto e continuano a leggere il
racconto. Spero
di emozionarvi nelle pagine che da qui in poi seguono.
Grazie ancora.
Silencio
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