Disclaimer: i
personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è
stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia,
romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur -
Gwen - Merlin - Lancillotto
Capitolo
18
Camelot,
quindici anni dopo.
La porta della
sala del trono si aprì nuovamente e sulla soglia comparve
Lancelot.
L’uomo
si avvicinò a Merlin e lo abbracciò, felice di
rivederlo dopo tanto tempo, poi afferrò la mano che Arthur
gli stava porgendo e gliela strinse con forza. «È
bello rivedervi sire».
Arthur
sorrise, nonostante fossero trascorsi quindici anni dal giorno in cui
le vite di tutti loro erano cambiate radicalmente, Lancelot non aveva
smesso di rivolgersi a lui con il suo titolo nobiliare, un titolo che non gli
apparteneva più da tre lustri, ma Lancelot non
poteva impedirselo. Anche lui, come Merlin e Gwen, vedeva Arthur con il
suo vero aspetto e lo considerava l'unico
sovrano di Camelot, e neppure se avesse governato cento anni in sua vece sarebbe
mai riuscito a eguagliarne il valore e si sentì ancora
più grato perché Arthur aveva riposto in lui
tanta fiducia da cedergli la
sua vita e il suo regno.
Un leggero
sbattere di ali richiamò l’attenzione dei
presenti.
Dalla
finestra, lasciata volutamente aperta, entrarono due splendidi corvi
neri che si posarono sul pavimento. In pochi istanti i due uccelli
presero le sembianze di Morgana e Morgause.
Senza parlare
la strega bionda fece un cenno ad Arthur e Lancelot, e insieme si
accostarono al trono dove Arthur si accomodò mentre Lancelot
rimase in piedi al suo fianco.
L’incantesimo,
finalmente, poteva essere pronunciato.
Presente.
Morgana si
avvicinò a Gwen per sciogliere la malia che la teneva
imprigionata in un sonno magico. Quando la futura regina
aprì gli occhi, vedendo la donna china su di sé
si scostò, visibilmente spaventata.
Immediatamente
si guardò attorno, alla ricerca di qualcosa da usare per
difendersi, e vide Merlin vicino a Lancelot. Il cavaliere si stava
massaggiando la testa, poi spostò lo sguardo poco
più in là e vide Arthur.
Con enorme
sollievo notò che stavano bene.
Confusa
afferrò la mano che Morgana le stava tendendo e
lasciò che l’aiutasse ad alzarsi.
Disorientata,
osservò la giovane donna che le sorrise dolcemente.
«È tutto a posto», la
rassicurò Morgana. «Arthur sta bene, e anche
Merlin e Lancelot stanno bene. Non c’è molto tempo
per le spiegazioni quindi cercherò di essere
concisa».
La strega fece
un cenno a Lancelot che si avvicinò in modo che potesse
sentire le sue parole e spiegò brevemente quanto successo
nella radura e quanto sarebbe successo in futuro.
«Per
il momento questo è tutto», concluse Morgana
esortandoli a muoversi. «Il resto lo saprete quando
arriveremo a destinazione. E adesso andiamo, dobbiamo riprendere il
viaggio».
Durante il
tragitto Gwen, in sella al proprio destriero, osservò i
membri del gruppo. Non riusciva a credere che sarebbe stata capace di
uccidere Arthur per vendicare la morte dell'uomo che amava.
Scacciata
l'immagine di Lancelot steso a terra morente, si concentrò
su Arthur. Il giovane sovrano guidava la comitiva e Merlin era al suo
fianco.
Un sorriso
triste le tese le labbra e sospirò. Era lui la persona che
Arthur amava, la persona che avrebbe dovuto rimpiazzare in quel
matrimonio privo d’amore e la cosa non la stupì.
Li aveva visti insieme tante volte, aveva visto come si divertivano,
era palese che si amassero, com’era palese che avessero
sofferto ogni giorno perché consapevoli che il loro era un
amore proibito destinato a rimanere solo un sogno.
Distolto lo
sguardo dagli amici, Gwen lo indirizzò verso Morgana. La
strega aveva detto che Arthur avrebbe compiuto un sacrificio per il
bene di tutti loro, ma a cosa avrebbe rinunciato?
Diversi
interrogativi le passarono per la mente e avrebbe voluto una risposta
immediata, ma decise di attendere finché Morgana non fosse
stata pronta a parlare e così continuò a seguire
il gruppo e, posato lo sguardo su Merlin, sorrise tristemente.
Il suo caro
amico, il giovane goffo che tutti credevano un servo idiota, e per il
quale nutriva un profondo affetto, era
un mago, un potente stregone che si era esposto
innumerevoli volte solo per aiutare lei e le persone che amava e
pensò al futuro, ma non riuscì a odiarlo per
averle taciuto i suoi sentimenti per il re; anche Merlin, come lei,
amava una persona che il destino gli aveva negato e non lo
biasimò per essersi lasciato andare e per aver accettato di
vivere un attimo di felicità, anche se, a causa di
quell'unica debolezza, tutti loro avrebbero pagato con la vita.
*****
Al calare
delle tenebre i cinque viandanti si rifugiarono all'interno di una
grotta.
Accesero un
fuoco e, dopo un frugale pasto, si sedettero attorno al falò
per ripararsi dal freddo.
Merlin
ravvivò la fiamma e Arthur si sedette accanto a lui pronto a
svelare agli amici ciò che ancora non era stato detto.
Mancava poco alla meta e ciascuno di loro doveva sapere quale fosse il
proprio compito.
Guardò
la sorella che annuì. Morgana voleva fosse lui a parlare e,
stretta la mano di Merlin nella propria, Arthur osservò Gwen
e Lancelot, pronto a informarli su come il destino di tutti loro stava
per cambiare. «Morgana vi ha parlato del futuro e di quanto
accadrà a causa dei sentimenti che provo per Merlin e dei
quali non mi vergogno», esordì stringendo con
più forza la mano dell'uomo che amava. «Purtroppo,
come re di Camelot non posso amare un uomo e dovrò sposare
Gwen, una persona che stimo ma che non amo, e che a sua volta non mi
ama poiché il suo cuore è già
impegnato, e questo ci porterà alla rovina. Morgana mi ha
spiegato come fare per impedire che ciò avvenga ed io ho
deciso di accettare la sua proposta. Merlin è
d’accordo, manca solo il vostro consenso. Se ve la sentirete,
da domani le nostre vite cambieranno e non sarà possibile
tornare indietro».
Arthur prese
fiato, ciò che stava per dire gli sembrava pazzesco, e sotto
alcuni aspetti anche ridicolo, ma era l’unico modo per
evitare una tragedia annunciata.
Sempre
stringendo la mano del giovane amante, come a voler sottolineare che
non si curava del giudizio altrui e non avrebbe mai rinnegato il suo
amore, riprese il discorso osservando con interesse le varie
espressioni dei presenti che ascoltavano increduli e confusi.
«Domattina Morgause si unirà a noi e insieme
raggiungeremo Gilead. Il giorno successivo coincide con il mio
ventiduesimo compleanno. Se non giurerò dinanzi allo
stregone dell’isola che io e i miei eredi rispetteremo la
magia, allora morirò tra mille tormenti e il popolo di
Camelot sarà distrutto, ma io non ho intenzione di fare quel
giuramento. Sarà
Lancelot a giurare al mio posto».
«Io?»
chiese Lancelot perplesso, incapace di comprendere per quale motivo il
giuramento dovesse farlo lui.
«Non
essere stupito», gli disse Arthur e sorrise. «Non
per così poco. Aspetta di sentire il resto e nulla
più ti stupirà!» Rivolta un'occhiata
complice alla sorellastra, Arthur riprese il discorso.
«Morgause, aiutata da Merlin e Morgana, farà un
incantesimo; il futuro verrà stravolto e anche le nostre
esistenze». Schiarita la voce Arthur osservò
Lancelot. «Grazie all'incantesimo tu assumerai le mie
sembianze e accompagnerai Gwen nella cappella, berrai dall'ampolla e
farai il giuramento. In seguito la vostra unione verrà
benedetta dallo stregone e tutti noi saremo liberi di tornare a casa.
Rientrati in patria, il vostro matrimonio verrà celebrato
davanti al popolo. Da quel momento diventerete Re e Regina di
Camelot».
Di nuovo
Arthur si interruppe per osservare gli amici che erano rimasti a bocca
aperta per lo stupore e, concessi loro alcuni secondi, riprese il
discorso per concluderlo. «Ovviamente Lancelot
apparirà agli occhi di tutti, fatta eccezione per i presenti,
con il mio aspetto e ciò comporta che anch’io
assuma altre sembianze che mi permettano di continuare a vivere alla
luce del sole senza dovermi nascondere per paura di essere
riconosciuto; due Arthur Pendragon non potrebbero coesistere. E questa
è la parte dell’incantesimo che mi disgusta e che
vorrei cambiare». Arthur rivolse a Morgana un'occhiata
supplice, ma sul bel viso della sorella apparve un sorriso divertito
che non gli sfuggì. «La cosa ti diverte,
vero?» chiese sbuffando.
«Non
sai quanto», rispose Morgana.
«Sei
davvero una strega», masticò a denti stretti
Arthur. «Mi vuoi ripetere perché dovrò
assumere le sembianze di una donna?»
Morgana
allargò le braccia e fece spallucce. «Vuoi o non
vuoi stare con il tuo bel maghetto?» chiese con tono ovvio.
«Con le sembianze di una donna tu e Merlin potrete vivere il
vostro amore proibito alla luce del sole».
Arthur
annuì. «Grazie sorella, avevo bisogno di
riascoltare la motivazione per cui sto accettando di diventare Morgause».
L’idea
di essere visto da tutti come una donna non lo rendeva felice,
però era anche vero che le sembianze della strega gli
permettevano di stare con Merlin alla luce del sole, inoltre la donna
non era una fanciulla indifesa e assumendo il suo aspetto avrebbe
potuto partecipare ai tornei e farsi beffa di molti cavalieri.
Pensando a
Morgause, Arthur si sentì in difetto. L'aveva mal giudicata.
Di tutti era l'unica a non guadagnarci nulla eppure aveva accettato di
rinunciare alle sue sembianze per permettergli di vivere al fianco di
Merlin.
«E
sia», disse finalmente mettendo da parte lo stupido orgoglio
poi fissò Merlin, guardandolo con gli occhietti ridotti a
due piccole fessure e un’espressione maliziosa che non
sfuggì ai presenti. «Non farti venire strane idee.
Donzella o no, continuerò
a essere io l’uomo di casa!»
Merlin
sentì su di sé gli occhi dei presenti, e il suo
viso, solitamente pallido, assunse un bel colorito rosso porpora.
«Sire, siete un somaro», sussurrò e una
sonora risata accolse le sue parole.
Qualche
secondo più tardi, ricevuta da Merlin una gomitata nel
costato, Arthur finalmente smise di sghignazzare e si
concentrò su quanto ancora doveva essere detto.
«Ogni anno, nel giorno del mio compleanno, il mio spirito e
quello di Morgause si scambieranno. Io entrerò in lei e per
quell’unico giorno assumerò il controllo del suo
corpo. Così come lei farà con il mio
perché in quel giorno l’incantesimo
dovrà essere replicato per mantenere viva la malia che ci
permetterà di nascondere le nostre sembianze agli occhi di
tutti».
Terminata la
parte di sua competenza, Arthur lasciò la parola a Morgana
affinché spiegasse il ruolo della sorella.
«Perché l’incantesimo produca gli
effetti desiderati, serve che sia recitato da tre stregoni e uno dei
tre dovrà fare da tramite tra Arthur e Lancelot. Morgause sarà il
tramite. L’incantesimo durerà pochi
minuti, ma lo spirito di mia sorella dovrà restare nel corpo
di Arthur per tutto il giorno perché è
l’unico modo per permettere alle sue spoglie mortali di
resistere alla potenza della malia durante l’incantesimo. Se
Morgause non si curasse del suo corpo, Arthur non riuscirebbe a
resistere alla forza che lo attraverserà e
morirebbe».
Informati i
presenti dell'ultimo tassello, Morgana e Arthur rimasero in silenzio e
osservarono Gwen e Lancelot; affinché l'incantesimo potesse
avere effetto mancava la loro approvazione.
Il primo a
parlare fu Lancelot, ancora incredulo che Arthur volesse rinunciare al
trono offrendo a lui e a Gwen, oltre alla possibilità di
vivere insieme, un futuro da leader. Un futuro per il quale non credeva
di essere pronto. «Voi non potete dire sul serio»,
esordì sconvolto. «Io non potrei mai governare
Camelot al vostro posto. Non sono nemmeno un nobile, non sono niente, e
non ho le capacità per fare ciò che mi
chiedete».
Arthur
sorrise, in fondo lui era stato allevato sapendo che un giorno il regno
sarebbe stato suo, era stato preparato sin dalla culla ad assumersi la
responsabilità del popolo e poteva capire che Lancelot fosse
terrorizzato all'idea che tutto sarebbe ricaduto sulle sue spalle entro
pochi giorni. Chi non lo sarebbe stato?
Se Lancelot
avesse accettato senza fiatare, significava che non aveva capito
l’importanza di quanto stava capitando e, una volta ancora,
Arthur si convinse di aver fatto la giusta scelta. Lancelot sarebbe
stato un sovrano buono e pronto a sacrificarsi per il bene del regno.
«È
vero», annuì Arthur. «Tu non sei nobile,
ma sei un uomo onesto. Sei valoroso e sai cosa è giusto e
cosa non lo è. Inoltre avrai Gwen al tuo fianco e lei ti
aiuterà. Se dovessi avere bisogno di me, ti
basterà chiamare ed io verrò. Sono sicuro che
sarai un ottimo sovrano. Se non lo pensassi, non avrei mai accettato di
consegnarti il mio popolo».
Lancelot
ascoltò ogni parola senza emettere un fiato. Aveva il viso
di un pallore incredibile, come se stesse per sentirsi male. Aveva
paura, una paura folle di non riuscire a essere ciò che
tutti si aspettavano da lui.
«Se
io posso fingere di essere una donzella per i giorni a venire, allora
tu puoi fare il re», lo spronò Arthur per cercare
di infondergli coraggio e finalmente sul volto di Lancelot comparve un
tenue sorriso.
«Accetto»,
dichiarò il giovane cavaliere con un filo di voce e,
sigillato l'accordo con una stretta di mano, il discorso venne chiuso e
tutti loro si stesero accanto al fuoco per cercare di dormire. La
giornata era stata lunga e ricca di emozioni e avevano bisogno di
riposo prima di affrontare l'ultima prova.
Camelot, 15
anni dopo.
Morgause
fissò Arthur per un breve istante poi allungò una
mano e l’uomo gliela strinse. Il rituale che li avrebbe uniti
stava per iniziare per il quindicesimo anno consecutivo.
Gli occhi
della donna divennero color oro e nella stanza scese
l’oscurità.
Merlin, a
pochi passi da loro, levò le braccia al cielo e Morgana lo
affiancò. Non c'era tempo per i convenevoli, dovevano agire
in fretta.
Il mago
pronunciò alcune parole in una lingua sconosciuta e, mentre
i suoi occhi mutavano diventando color oro, una luce accecante lo
avvolse.
Merlin
risplendeva nell’oscurità creata da Morgause, e
Arthur guardò ammaliato la sua esile figura, incantato dalla
sua bellezza eterea che lo faceva sembrare una divinità.
Parecchie
volte lo aveva visto far uso della magia, ma solo per piccoli
incantesimi. In quel giorno particolare Merlin mostrava tutto il suo
potere. Un potere infinito che avrebbe potuto usare per diventare la
creatura più importante di ogni regno, ma che aveva sempre
tenuto nascosto poiché l’unica cosa che voleva
dalla vita era vivere al suo fianco.
Arthur lo
guardò ammirato e felice perché
quell’uomo così potente aveva rinunciato a tutto
per stare con lui e sentì di amarlo sempre più.
Mentre si
lasciava trasportare dai pensieri, Arthur vide Morgana estrarre una
piccola ampolla dalla veste e consegnarla a Merlin che bevve parte del
liquido in essa contenuto.
Ripresa
l'ampolla dalle sue mani, anche Morgana bevve un piccolo sorso.
Immediatamente fu circondata dalla stessa luce che avvolgeva il corpo
del mago e insieme tesero le mani verso Morgause.
Dal palmo di
entrambi si sprigionò un bagliore dorato che avvolse il
corpo della strega bionda.
La donna
afferrò il pugnale, che portava sempre con sé, e
si procurò un piccolo taglio al polso. Con lo stesso
coltello procurò il medesimo taglio al polso di Arthur e
avvicinò le due ferite in modo che il sangue
dell’uno potesse mischiarsi al sangue dell’altra.
Pochi attimi e
il corpo di Arthur fu scosso da fremiti incontrollabili
finché smise di muoversi e si accasciò sul seggio
reale. Il suo spirito era entrato nel corpo di Morgause mentre le sue
spoglie umane giacevano sul trono apparentemente senza vita. Gli faceva
sempre effetto vedere se stesso in quella condizione, con gli occhi
chiusi, la testa abbandonata sulla spalla, come se stesse guardando il
proprio cadavere.
Ancora qualche
secondo e il corpo si mosse. Lo spirito di Morgause si era trasferito
in lui e vi sarebbe rimasto per l’intera giornata fino allo
scoccare della mezzanotte.
Ora la strega
poteva portare a termine l’incantesimo.
Alzò
il braccio e, dopo aver ferito Lancelot, avvicinò i tagli.
Nell’attimo
in cui vi fu il contatto, Morgause si voltò verso Merlin.
Era giunto il momento che tutti attendevano.
Il mago si
avvicinò e la donna posò la propria mano destra
sul suo torace. Subito fu investita da una forza devastante. Se vi
fosse stato lo spirito di Arthur nel corpo, l’uomo non
avrebbe sopportato tanto potere e sarebbe morto.
Dopo attimi
che parvero eterni, Morgause riuscì a riprendere il
controllo del corpo che stava possedendo e poté continuare
il rituale.
Una piccola
parte del potere assorbito da Merlin fluì nel sangue di
Lancelot e l’uomo sentì un calore improvviso,
segno che l’incantesimo stava producendo gli effetti sperati.
Ancora qualche
istante e Morgause lasciò liberi dal suo tocco sia Merlin
che Lancelot. Il rito era concluso.
Per il
successivo anno, Lancelot avrebbe mantenuto le sembianze di Arthur agli
occhi del mondo e avrebbe continuato a governare su Camelot.
Una leggera
brezza spazzò l’oscurità e i presenti
assistettero, come ogni anno, al momento peggiore, il momento in cui
Merlin, svuotato della sua forza, si accasciava al suolo privo di
conoscenza. Fino allo scoccare della mezzanotte non avrebbe ripreso i
sensi. La magia doveva tornare lentamente a scorrere nelle sue vene e
sarebbe rimasto in uno stato di morte apparente ancora per parecchie
ore.
E
così, come ogni anno, Merlin venne portato in una stanza
dove nessuno lo avrebbe disturbato e Morgause lo accompagnò
per concludere il rituale e rendergli il suo potere.
Appena la
porta si chiuse alle loro spalle, Arthur si appoggiò al muro
e si lasciò cadere a terra. Odiava l'incantesimo
poiché sapeva che durante il rituale Merlin era sottoposto a
una pressione tale che avrebbe potuto ucciderlo. La paura che non si
destasse dallo stato di trance lo devastava ed era il vero motivo per
cui, in quel particolare giorno dell'anno, era sempre di pessimo umore.
Non c'entrava
nulla l'essere costretto nel corpo della strega per circa
ventiquattrore, era la
paura di perdere Merlin che lo rendeva intrattabile.
Seduto a terra
ricevette l'abbraccio di Gwen e la stretta di mano di Lancelot. I
sovrani dovevano tornare ai loro compiti abituali e velocemente si
allontanarono.
Rimasto solo
Arthur posò la testa al muro e chiuse gli occhi. Era teso e
più nervoso del solito. Un brutto presentimento si era
insinuato nella sua mente sin dalle prime ore del giorno e non voleva
lasciarlo.
Percepita la
sua angoscia, Morgana si sedette al suo fianco e gli afferrò
la mano. Restando appoggiato alla parete, Arthur non avrebbe potuto
fare nulla per aiutare Merlin, quindi lo condusse nella torre del
castello dove poter parlare senza essere disturbati.
«Quando
quindici anni fa arrivammo nei pressi di Gilead, avevo il cuore che
batteva all’impazzata», sussurrò Arthur.
«Avevo una paura folle, anche se non lo dissi a
nessuno». Sedutosi a terra, Arthur incrociò le
braccia dietro la testa. «Ricordo che ci fermammo sulla riva
del lago e ci preparammo per il rituale. Ricordo Merlin che risplendeva
di una luce brillante, proprio come oggi, e ricordo che pensai fosse
l’apparizione più bella che avessi mai visto e
capii che stavo facendo la cosa giusta, che lo amavo e che finalmente
avrei avuto la possibilità di stare per sempre con lui.
Quando Morgause entrò nel mio corpo, ed io nel suo, fu
strano, ma non fu la cosa peggiore che accadde. Il brutto fu vedere
Merlin cadere a terra privo di sensi. Non me lo aspettavo. Sembrava
morto. Ti assicuro che in quel momento il mio cuore si fermò
e, ogni volta che dobbiamo ripetere l’incantesimo, sto male
perché so che lui soffre e potrebbe morire. Se potessi
risparmiargli tutto questo dolore lo farei. Quando giunse la
mezzanotte, e Merlin si destò, fu l’attimo
più bello. Veder aprire i suoi bellissimi occhi blu, vedere
che mi cercavano, potermi perdere in loro, fu un momento unico che mi
diede la forza di andare avanti». Arthur sospirò
al ricordo di quegli attimi che cambiarono la vita di tutti loro.
«Quando Lancelot e Gwen si sposarono davanti al popolo, ebbi
paura che mio padre potesse capire, ma tutto andò bene.
Uther accolse Gwen in famiglia, Lancelot si comportò come se
fosse nato per essere re ed io potei rilassarmi al fianco di Merlin,
cioè, rilassarmi non è il termine adatto
giacché mio padre continuò a lanciarmi occhiate
omicide ogni cinque secondi. Avere l’aspetto di Morgause non
aiutava. Fortuna che la magia era di nuovo ben accetta, altrimenti
Uther mi avrebbe messo sul rogo con le proprie mani. Ricordo che io e
Merlin ci fermammo a Camelot per qualche mese, giusto per vedere come
se la cavava Lancelot e, quando capimmo che non aveva bisogno di noi,
ce ne andammo. Fu un sollievo lasciare il regno perché non
riuscivo ad abituarmi ai cavalieri che incontrandomi per strada mi
facevano l’inchino e mi chiamavano mia signora».
Morgana rise a
quella frase, una risata dolce che scaldò il cuore di Arthur.
«Sono
passati quindici anni da quel giorno e sono felice. Il regno prospera,
Gwen e Lancelot sono soddisfatti della loro vita ed hanno assicurato
una buona discendenza al casato con i loro sei figli. E finalmente io
posso vivere accanto a quell’idiota del mio valletto che
rende la mia vita completa». Fissando la parete di fronte a
sé, Arthur sospirò.
«C’è solo un giorno che detesto ed
è questo, perché ho una paura folle che possa
morire, e ciò mi fa comportare come un pazzo».
Morgana gli
strinse la mano e sorrise. Sapeva quanto il fratello amasse Merlin e
non sopportava vederlo così angosciato. «Ricorda
che lui ha sempre saputo a cosa sarebbe andato incontro, ma ha voluto
farlo per continuare a vivere al tuo fianco, quindi non essere
apprensivo e goditi ciò che il suo sacrificio ti ha
regalato».
Senza
abbandonare l’uno la mano dell’altra, i due
fratelli rimasero seduti a terra ad attendere che il lento trascorrere
del tempo li conducesse alla fine di quella lunga giornata, e quando la
mezzanotte venne scandita dai rintocchi della campana, accompagnati da
Gwen e Lancelot raggiunsero Merlin e Morgause.
Arthur
avvertì la solita sensazione di malessere quando la strega
lo lasciò libero e poté tornare nel suo corpo.
Con il cuore
che gli batteva a una velocità incredibile si
accomodò ai piedi del letto e attese.
Passarono solo
pochi secondi poi Merlin aprì gli occhi e li
fissò nei suoi. «Anche per quest’anno
è finita, sire, ora possiamo tornare nella nostra
accogliente casetta, dove voi riprenderete a comportarvi da somaro ed
io vi sopporterò con stoica pazienza».
Arthur,
finalmente, riuscì a sorridere. Tutta la tensione accumulata
durante il giorno lo abbandonò. Il suo valletto idiota era
di nuovo con lui e per un anno non si sarebbero preoccupati del futuro.
Vedendo che
Merlin stava cercando di mettersi in piedi, lo aiutò
sorreggendolo nel momento in cui perse l’equilibrio.
Il mago si
lasciò sostenere dalle sue forti braccia e
osservò i presenti che, come ogni anno, erano al suo
capezzale in attesa del suo risveglio.
L’amicizia
che li univa era forte e diventava sempre più difficile
dirsi addio, ma era indispensabile, ciascuno aveva la propria vita ed
era tempo di farvi ritorno, così i due uomini salutarono i
presenti con un affettuoso abbraccio e lasciarono il castello.
Montati sullo
stallone bianco, avuto in regalo da Lancelot, Merlin si
appoggiò al possente torace di Arthur e lasciò
che l'uomo gli cingesse la vita con le forti braccia e lo scaldasse con
il calore del suo corpo.
Durante il
tragitto, Arthur posò le proprie labbra sulla chioma corvina
dell’amante e credendolo addormentato gli sussurrò
quelle poche parole che mai gli avrebbe detto da sveglio. «Ti amo
Merlin».
Fu un unico
impercettibile sussurro che scaldò il cuore del mago, che
non stava dormendo, ricordandogli il motivo per cui ogni anno
affrontava la morte.
L’amore
di Arthur valeva il rischio e avrebbe continuato a correrlo pur di
sentirsi tanto amato.
Accoccolandosi
meglio tra le braccia del biondo compagno si addormentò,
mentre insieme tornavano a casa per vivere l’amore che da
quindici anni provavano l’uno per l’altro e che li
avrebbe uniti fino al giorno della loro morte.
Fine
E anche questa
storia è finita, inutile dire che a me è piaciuto
scriverla e condividerla con voi. Spero di essere riuscita a
coinvolgervi, almeno un pochino.
Se vorrete
lasciare un segno del vostro passaggio con una recensione, anche ora
che ho messo la parola fine, fatelo! Vi risponderò sempre!
In conclusione
vorrei ringraziare chi mi ha seguita fino a qui e mi ha sostenuta.
GRAZIE, siete
stati fantastici! I vostri commenti mi hanno divertito e anche spronato
a cercare di fare sempre meglio.
Un bacio a
tutti!
mindy
|