Era
notte. La Thousand Sunny
sembrava galleggiare sull’oceano buio e i Mugiwara si stavano
riposando o, come
nel caso della navigatrice, stavano tentando di rilassarsi. Pochi suoni
interrompevano il silenzio che avvolgeva l’imbarcazione, e
tra questi c’era lo
scricchiolio del suo letto.
La
ragazza stava
cercando una posizione comoda, ma la sua mente continuava a lavorare
imperterrita, riproponendole in ordine sparso immagini e sensazioni: i
visi dei
compagni inondati dalla luce calda del tramonto…
l’euforia, l’adrenalina che si
era propagata nelle sue vene quando avevano di nuovo sentito la brezza
marina
sulla pelle e fra i capelli, i brindisi…
Era
stata una
giornata impegnativa: nel giro di poche ore erano partiti
dall’Isola degli uomini
pesce, raggiunto la superficie dell’oceano e festeggiato fino
allo sfinimento;
Nami aveva bevuto alcool in abbondanza e ora si trovava sotto le
coperte, al
caldo… ma tutto questo non pareva fosse sufficiente a farle
venire sonno. La
ragazza d’un tratto imprecò sottovoce e
aprì gli occhi. Li lasciò vagare nel
buio, mentre ascoltava il respiro lieve e regolare della sua compagna
di stanza.
Robin sapeva sempre come tranquillizzarla e farla tornare in
sé, anche solo con
la propria presenza, ma in quell’occasione era tutto inutile:
Nami si sentiva
sempre più inquieta, finché non
realizzò che solo fare due passi l’avrebbe
salvata. Detto fatto, si alzò dal letto per avviarsi in
punta di piedi verso
l’uscita.
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