DRAMMATICO | SLASH | Rating R | ONEPIECE
*§* Introduzione *§*
Ayia
a voi che leggete! Mi sembra doverosa una piccola introduzione…piccola lo
giuro…e fondamentale per comprendere alcuni perché della fanfiction, che è la
prima che scrivo. L’avevo iniziata un anno fa, in terza media, in un periodo
molto difficile per me in cui ero piuttosto triste e depressa non con l’idea di
pubblicarla in futuro su qualche sito ma semplicemente come sfogo personale.
Poi, sentendo il parere di alcuni amici e amiche che la giudicavano degna di
essere letta e pubblicata, l’ho anche “adattata” un po’ a un simile contesto e
l’ho finita pochi giorni fa, in prima liceo. Infatti inizialmente le parti di
riflessione erano tutte concentrate in una decina di pagine, poi sono state “diluite”
lasciando spazio alla trama… Già, la trama. Se vi aspettate grande azione qui
vi annoierete perché ci sono invece molte lacrime e dolore… anche se, e vorrei
sapere che ne pensate, il finale lo ritengo positivo e non così drammatico. Io
piangevo mentre scrivevo. E, mi dispiace, non ci sono nemmeno scene di sesso
sfrenato, non sono il tipo e poi sono molto giovane, forse troppo (sicuramente)
per certe cose!!! Non riuscivo a scriverle anche se la prima scena… ^^’’’
Per
lo stile narrativo: non uso paroloni e ridondanti termini in Alto Elfico per
far vedere quante belle parole conosco ma semplicemente perché mi sono detta
“Legolas è un Elfo, nobile per giunta, quindi vediamo di farlo esprimere come
tale!”…spero apprezziate…
Se
avete ancora voglia di leggere, è tutta per voi. Mi farebbe immensamente
piacere sentire il vostro parere…è molto importante per me. Vi ringrazio già da
ora se leggerete la mia storia…un bacio a tutti, miei cari e mie care.
Namarie
AM ŇURU, CUIVIE A MELME
(DI MORTE, VITA E AMORE)
Perdersi nei ricordi,
riviverli in sogno…lasciarsi trasportare da essi, lasciarsi cullare come
un’argentea nave dalle onde del Grande Mare…Il Mare…I Gae…la spumeggiante
schiuma argentea che lambisce la stretta prua del candido vascello, onda dopo
onda, un’increspatura dopo l’altra la dolce Uinen accompagna il suo viaggio.
Non ha vele questa nave, no, non ne ha bisogno…Viaggia leggera e veloce sulla
vastità dei domini di Ulmo sospinta dalla grazia dei Valar, finché, superata la
verde Eressea, un’ultima onda la fa incagliare sulle spiagge di Alqualonde,
sulla spiaggia di perle e pietre preziose e da lì, attraverso il Calacirya
coloro che sono giunti nel Regno Benedetto ammirano le torri immacolate
dell’elfica Tirion…
Io non sono uno dei passeggeri
però…li osservo dall’alto, da oltre le Cerchie del Mondo…
Nessuno dei passeggeri si
preoccupa più del vascello incagliato allora perché quello per cui esso è stato
costruito è un viaggio di sola andata…nessuno lascerà più Aman prima della
Fine…
Sempre vascelli senza velami
solcano il Mare ed arrivano là dove la Morte non è che una parola fra le tante,
lontana, sconosciuta, incompresa ai molti, sospinti dall’Amore delle Potenze
per noi, gli Eruhiri, i Figli dell’Uno.
Le onde che accarezzano
dolcemente il vascello, no, non il vascello… accarezzano me…Le tue dita mi
accarezzano il volto, percorrono il profilo del mio viso, dolcemente, ancora e
ancora. Scendono quindi sul mio collo, disegnano arabeschi sulla mia schiena
nuda, scendono sempre più in basso, io tengo gli occhi chiusi mentre mi baci le
palpebre dolcemente finché io non chiedo di più e cerco la tua bocca,
impaziente, desideroso come non mai delle tue labbra mortali, ma tu mi sfuggi e
i baci le guance, facendole infiammare all’istante…
Le tue mani, intanto, continuano
a percorrere la mia schiena, sempre più in basso, mentre tu, sdraiato di fianco
a me, continui a negarmi la tua bocca ed a torturami dolcemente poggiando le
tue labbra in velocissimi e leggerissimi baci sulle mie spalle…ed io sono in
tua balia, come un vascello lo è delle acque che solca.
Finalmente esaudisci il mio
muto desiderio e le tue labbra si posano sulle mie in un bacio lunghissimo e
dolce, calmo, lento…non c’è nessuna fretta, abbiamo l’eternità per noi…Mi
stringi più forte a te, ora i nostri corpi sono in completo contatto, posso
sentire la tua pelle strusciare contro la mia, i nostri respiri si sono fusi in
uno ed i nostri visi si sfiorano sensualmente. Apro lentamente gli occhi,
voglio contemplare il tuo viso, i tuoi occhi di ghiaccio pieni d’amore e
passione…
Ed infatti amore
incondizionato, puro, sublime è quello che leggo nei tuoi occhi grigi, ed
allora ti bacio ancora ed ancora mentre tu sollevi lentamente la tua gamba,
sali su di me, anch’io mi volto e mi stendo supino. Continuando a baciarmi,
inizi a muoverti dolcemente…non c’è fretta, qui il tempo non scorre…non per
noi…
Acceleri sempre di più i tuoi
movimenti e piano entri in me, o Valar, ti ho mai detto quanto ti amo? Certo
che te l’ho detto, ma il suono di queste dolci parole è troppo bello che
ripetertelo ogni volta che i nostri sguardi s’incontrano è una gioia
indescrivibile…ti amo…
Sento solo il tuo corpo che si
muove dentro al mio, con un ritmo regolare, mentre la tua lingua tortura la
punta del mio orecchio…mi vuoi far morire di piacere…
Se continui così non resisterò
a lungo, oh, quanto ti amo…ti amo tanto Estel, ti amo tanto…voglio guardarti
negli occhi mentre raggiungo il piacere, voglio leggervi tutto il tuo amore per
me…
Guardami Estel, guardami negli
occhi…
Estel…
…..guardami…
….ne ho bisogno, ti prego, guardami amore mio…
Estel!!!
Un incubo. Un
altro, orribile sogno ingannatore… Estel…mio Estel…Questa volta era così reale
che per qualche attimo ci ho creduto, ho creduto che se avessi aperto gli occhi
ti avrei visto accanto a me, le tue dita sulla mia schiena, i tuoi dolci
baci...
Però non è stato
così. Non è mai così. All’inizio ho cercato di dimenticare, ho pregato tanto
perché questi sogni mi abbandonassero, ma ho capito che non posso…Non posso
perché tu, Estel, sei parte di me come io lo sono di te…Sì può forse ingannare
la mente ma il cuore non dimentica mai l’amore. E neanche il corpo lo
dimentica…
Dicono anche che
gli Elfi non piangano, dicono che la nostra razza non ne ha bisogno, dicono che
gli immortali sono al di là di questi sentimenti umani. Eh già, dicono tante
cose su di noi…ma in realtà cosa ne possono sapere? Nulla! Quante rispondono a
verità? Forse una piccola parte, le cose più apparenti, esteriori, che anche
qualcuno estraneo alla nostra razza può cogliere…ma cosa c’è nei nostri cuori
di immortali, nel nostro animo, quello non lo possono sapere…spesso neppure noi
ne abbiamo consapevolezza... come può quindi un’altra persona che non sia uno
dei Grandi avere l’arroganza di pretendere di
leggerci l’animo, di conoscerci così a fondo? Ed ecco allora tutte queste dicerie, consuetudini create dalle
menti di quelli che si fermano all’apparenza condizionare le nostre vite fino
al punto di adattarci ai loro vaneggi perché ormai è così che gli altri si
aspettano che noi ci comportiamo… e siamo intrappolati, prigionieri degli
altri, di parole, di concetti radicati nel profondo…
Ce ne ho messo
di tempo per imparare questa lezione. Ricordo bene il figliastro del cugino di
mio padre, come lo trattavamo, io e i miei compagni quando eravamo ancora
giovani per il mondo. Accompagnava il padre per visite diplomatiche o per fare
resoconto della situazione delle regioni a sud da dove venivano, dell’ultimo
baluardo degli Elfi Silvani contro Dol Guldur; era mio parente se si osservava
l’albero della famiglia dipinto sulla volta della Sala del Trono ma non l’ho
mai amato come suggeriscono i vincoli di sangue. Eravamo giovani, eravamo
sciocchi…
Veniva da un
territorio in lotta più degli altri, ma lui non era un guerriero, non lo è mai
stato e non credo lo sarà mai. Noi, invece, tutto il giorno a sfidarci a duello
con le armi più varie, dai corti e affilati pugnali ai bastoni che
raccoglievamo qua e là! Lo incontravamo in un chiosco nel parco della Reggia, leggeva
le storie di quelli che vennero di là dal Mare; i miei amici lo deridevano, gli
strappavano la pergamena dalle mani e lo sbeffeggiavano invitandolo a
riprendersela se ne era capace. E sicuramente ne era in grado ma si limitava a
guardarli scuotendo la testa sorridendo tristemente fino che essi si stancavano
del gioco e, insultandolo, si allontanavano rumorosamente, sconfitti. Sempre,
quando lo incrociavamo, non mancavano le battute salaci e gli scherzi, così
tanti e vari, uno più crudele dell’altro, che a stento li ricordo… Cercavo per
quanto possibile di non prendervi parte, ma mi vergogno profondamente di non
aver mai detto una parola per difenderlo, mai una volta che lo avessi preso
sotto la mia protezione; ero il Principe Ereditario, la mia volontà sarebbe
stata legge per tutti. Una volta gli chiesi perché non reagisse e non si
vendicasse dei soprusi. “Sei così giovane principe Legolas – rispose sorridendo
– così giovane”, mi sentii disorientato e ferito nell’orgoglio, ribattei che
non poteva essere tanto più vecchio di me, ma egli si alzò in piedi e
toccandomi il capo ed il petto disse “Tu sei giovane qui… e… qui.”
Lo rividi solo
poche volte ancora perché quando la minaccia di Dol Guldur si fece
incontenibile si mise in viaggio con la sua gente per i Porti Grigi. Ora che la
giovinezza è andata avrei voluto conoscerlo meglio perché credo che sapesse
cose che noi tutti ignoriamo.
Ma ormai cosa me
ne importa di tutto ciò? Quel che è stato è stato, ora è ciò che è e ciò che
sarà non lo possiamo sapere. Quindi piango, silenziosamente, mentre le lacrime
scendono lentamente lungo le mie guance finché sento il loro sapore amaro in
bocca. Ora, mentre sono trattenuto in questo mondo da vincoli che non ho
scelto, e la Morte o quello che c’è di più simile per noi Elfi mi porge la
mano, invitante, piango… lacrime amare, ma anche dolci…come dicono sia Lei,
dolce e amara…
Dove sei Estel,
perché non sei qui ad asciugarmi gli occhi, a consolarmi come hai fatto in
passato? Perché non sei qui accanto a me nel momento del bisogno?
Prima che
giungesse il bianco inverno della tua razza mi hai abbandonato. Per evitare
ulteriori sofferenze a entrambi, hai detto. Se dicevi il vero, non lo saprò
mai…La tua anima se n’è volata via, lontano… Chissà se è più simile alla
sensazione che provano le farfalle nelle brezze primaverili od a quella che
prova il corvo appollaiato su un albero rinsecchito dall’inverno, morire.
Magari non assomiglia a nessuno dei due e “volare via” è solo una metafora.
Magari è come sprofondare in un baratro, e finché non ci sprofondi non puoi
sapere com’è, perché nel momento in cui cadresti in un precipizio non lo
potresti raccontare né ricordare per te stesso. Oppure, chi lo sa. Può essere
che inizi a sentire tanto freddo da sentirti tutto gelare…
Posso ancora
sentire la tua presenza in questa stanza, la tua stanza. Ogni oggetto mi
ricorda te; questo letto a baldacchino di duro e resistente legno intarsiato e
finemente lavorato, con questi tendaggi di broccato che tante volte hai tirato
per far sì che fossimo solo noi due…dicevi sempre che neanche i raggi della
Luna potevano accarezzare il mio corpo senza il tuo regale permesso e che tu
quel permesso non l’accordavi, io ero solo tuo e non mi avresti condiviso con
nessuno… Notti, notti infinite qui accanto a te. Notti di luna, notti di
stella, notti d’amore.
Il morbido
materasso di piume su cui sono seduto, questi guanciali di seta ricamati con
l’emblema della tua casa reale, una “T” in carattere elfico, mi ricordano te.
Mi ha sempre fatto ridere il nome che hai voluto dare alla tua dinastia, Telcontar…tipico
di un Uomo…e di te.
Posso ancora
sentire il tuo profumo su queste lenzuola di seta, sulle coperte, su questo
cuscino, in questa stanza…Nella cassa ai piedi del letto ci sono ancora tutti i
tuoi bei vestiti. Qui, ci sono ancora io.
Tu mi hai fatto
promettere Estel, ma io non sapevo cosa significasse tutto questo…non potevo
saperlo e avrei tanto voluto non scoprirlo mai, sarebbe stato sicuramente
meglio. Sentivi che si avvicinava la fine scelta da te, anche se facevi di
tutto per nascondermelo, e mi hai fatto promettere.
Ma ora che so
quanto la sorte giochi duramente piango lacrime amare perché la nostra
separazione durerà oltre i confini del mondo, oltre l’Ainulindale…
Che cos’è ora,
quest’aria fredda? Si è spalancata la finestra…persino il vento, ora si vuole
far beffe di me…
Meglio che esca
da questa stanza, fa troppo male e non so perché continuo a tornarci…forse
spero che lui sia lì ad aspettarmi come ha fatto per lunghi ed allo stesso
tempo brevi anni degli Uomini.
Ho indossato il
mantello ricamato che mi regalò, quello nero intessuto d’argento. Lui ha sempre
detto che faceva un bellissimo contrasto con i miei capelli biondi…indossandolo
mi sembra di sentirlo più vicino. “Con
questo, amore mio, sarai caldo quanto quando stiamo molto vicini”. Parole sussurrate nel mio orecchio che
riecheggiano nella mente, nelle mura del Palazzo che sembra una soffocante
prigione…tutte queste stanze e corridoi di grigia pietra. Sembrano farsi ogni
giorno più stretti…si restringeranno fino a schiacciarmi fra di loro! No, non
ci tornerò. Non mi preoccupo di coloro che mi lascerò alle spalle, di sicuro
non si preoccuperanno della mia scomparsa; non si sono mai occupati di me se
non per i loro infimi disegni e non vedo perché dovrebbero farlo ora che sono
solo scomodo e d’intralcio. Perché il segreto, la realtà che per anni è stata
nota solo a noi tre – me, Arwen e Estel – è ormai conosciuta da tutti, grazie
anche alla nostra Regina che non si è certo risparmiata nelle chiacchiere
maligne per vendetta o disperazione, forse entrambe, ma chi può saperlo… Da
quel momento, quindi, non c’è persona nel Palazzo che sia principe, nobile,
servo, cortigiano, stalliere che al mio passaggio non mi scruti con curiosità,
astio, disprezzo o disgusto a seconda dei casi. Primo di tutti il nuovo Sovrano
di Gondor, Eldarion, il figlio di Estel e Arwen… non otterrò mai il suo
perdono, od al massimo la sua comprensione…
“Mio padre,
prima di raggiungere i nostri illustri Padri mi ha confidato le sue ultime
volontà. Mi ha supplicato di amarti come un fratello e di aver cura di te. Nel
delirio ha farneticato su molte cose, continuava a invocare il tuo nome invece
di quello della mia nobile madre. Spero ti faccia piacere sapere che i tuoi
ultimi pensieri sono stati per te e non per il suo regno, o la sua
famiglia... Ma, per quanto mi riguarda, puoi marcire nei pozzi della Torre Nera
per i secoli a venire!” Come, come dimenticare le rughe di odio che
deturpavano il suo giovane viso mentre pronunciava queste taglienti parole?!
Lì, nelle Tombe dei Re, a funerale concluso. La sua voce, piena di rancore e
dolore… Lui, il mio Eldarion, il bambino che è cresciuto sulle mie ginocchia
finché la madre, all’età di quindici anni, decise che era meglio per lui essere
educato a governare da lei stessa e privando Estel della gioia di istruire il
suo erede. E così le altre tre figlie, bellissime creature d’aspetto immortale
destinate a morire nel mondo, loro davvero non hanno mai visto il padre. Mio
Eldarion, amico mio, sono così lontani i giorni in cui tornavi col viso
arrossato dal sole e dallo sforzo, sudato, dopo una cavalcata per il Pelennor
con i tuoi amici e, entrando di corsa nei cortili, ti precipitavi da me ed
Estel a raccontarci le incredibili avventure che avevi vissuto? Hai dunque
dimenticato? Tutto questo è…atroce.
Quindi se
anch’egli mi guarda con odio, non c’è ragione perché resti, nessun legame di
sangue, amicizia, nessun bene a trattenermi oltre.
Finalmente sono
all’aria aperta, nell’enorme giardino dove andavamo sempre a passeggiare
d’estate. Per me, un Elfo, non c’è casa migliore della natura e questo posto in
particolare è pieno di ricordi e, soprattutto, non c’è nessuno, non da quando
lui se n’è andato. Ora però è quasi
autunno e gli alberi ingialliscono, le foglie creano un tappeto dorato sotto i
miei piedi nudi, come quella notte…
Pur essendo
nelle ore notturne non c’è oscurità, Isil il Chiarore splende lassù fra le innumerevoli stelle di Varda, grande e
placido, ignaro dei dolori del mondo e del mio dolore...Laggiù, al nord, la
Falce dei Valar…ho osservato tante volte quel disegno nel cielo pieno di
speranza…
Voi che avete
potere sulle cose di questo mondo, perché non ascoltate le mie suppliche?
Perché non mi fate andare da lui? Non lo amo certo meno di come Luthien la
Bella amava Beren, ed a lei è stata concessa una vita mortale e la certezza che
i loro sentieri sarebbero stati uniti e li avrebbero condotti insieme al di là
dei confini del mondo!
Io, invece…Se anche non
rispettassi la promessa che ho fatto ad Estel ed il mio spirito abbandonasse il
mio corpo, non cambierebbe niente…dovrei portare comunque il mio fardello, qui
nelle terre ad Est del Mare o nelle grigie Aule di Mandos sarò per sempre
vincolato al mio dolore, senza speranza alcuna oltre la Fine. Per sempre legato
a questa sofferenza, a questo fardello per chissà quante Ere di questo
Mondo! Ed allora a nulla mi servirà il
conforto di Nienna, che dal dolore insegna la saggezza. Non posso cambiare il
fato della mia stirpe, non posso, ma voi sì…
Voi chiedete di avere fiducia. Ma
non capite che la disperazione può distruggere la fede… quando il mondo diventa
grigio per gli occhi ed il cuore l’animo non trova più conforto nella
speranza...
E tu, Estel,
dove sei? Dove ti ha condotto il tuo sentiero? Chissà se mi puoi vedere da dove
sei ora, ovunque tu sia...
Chissà se
rimembri i giorni della tua vita mortale, quando la vita splendeva nei tuoi
occhi! Chissà se anche tu ti struggi per me come faccio io…No, non posso
credere che tu mi abbia dimenticato, è un pensiero troppo orribile.
Dicono che gli
Uomini, dopo la morte, escano dai Confini del mondo per non ritornare…Dicono
che dopo la Fine l’Uno convocherà le Tre Stirpi, Elfi, Uomini e Nani, e tutti
loro intoneranno una Musica di indescrivibile potenza e gloria, dove tutti i
temi di Iluvatar saranno eseguiti alla perfezione. Questo, però, è quello che
dicono…è strano come tutta la nostra esistenza sia condizionata dalle parole di
altri, nel bene e nel male…ma che certezza ne abbiamo noi? Nessuna. Chi dice
che non sia solo una storia delle tante che cantano i menestrelli davanti al
fuoco nelle sere d’inverno, che non sia solo un racconto di fantasia nato per
offrire un qualche conforto all’animo, una qualche illusione di una nuova
felicità dopo il grande addio? Se così è, è stato tutto architettato molto
bene… forse sbaglio a chiedermi tutto questo, dovrei credere ciecamente e basta
per non cadere nella disperazione ma non ci riesco. Accettare la realtà che ci
viene insegnata senza batter ciglio e non farsi domande è sicuramente molto
facile, è per questo che è stata pensata in questo modo…peccato che non tutti
riescano ad accettarla questa realtà…
Quanto vorrei
che tu fossi qui accanto a me ad ammirare le stelle lassù nel cielo…El… Non
c’è cosa in questo mondo che il mio popolo ama di più delle stelle di Elbereth.
La loro luce pura, incorrotta, mai contaminata dal male, più antica di quella
degli Alberi è sempre motivo di conforto. Quando il mio sguardo si perde nelle
vastità della volta celeste, mi sembra quasi di poter lasciarmi alle spalle
tutto, dolore, morte, sofferenza, ed essere colmato di una gioia inspiegata,
come se la stessa Varda me la mettesse in cuore.
Anche la prima
volta che ti vidi il cielo era illuminato dalla loro immacolata luce e nessuno
di noi poteva immaginar quello che sarebbe…stato. Nessuno di noi due poteva
immaginare tanto dolore e morte.
Sì, anche quella
notte le stelle splendevano nel cielo, luminosissime sopra Imladris.
I Saggi hanno
detto che l’orizzonte lì era così terso grazie al potere di Vilya, Anello
d’Aria per lungo tempo custodito da Sire Elrond, il quale da molti anni degli
Uomini ha traversato il Mare. L’ha fatto in gioia ed amarezza insieme; gioia di
ricongiungersi con la sua stirpe e con Celebrìan sua moglie adorata che da
tanto tempo lo aspettava in Eressea, e con l’amarezza di lasciare ad un destino
di morte colei che gli è più cara nel cuore.
Come un padre è
stato per me e, soprattutto, per Estel ma noi con il nostro amore maledetto
abbiamo reso vano ed insensato il dolore dalla separazione da sua figlia, che
non è rimasta come lui credeva per una vita di felicità e gioia ma per una vita
di frustrazione, sofferenza quotidiane…Perché se Arwen Undomiel non lascerà
queste terre mortali il suo destino sarà ben più amaro di quello di Luthien
Tinuviel, di cui si dice sia il sembiante. Questa, in gioia visse per qualche
tempo con Beren suo amato in Tol Galen l’Isola Verde; a lei, però, a cagione
del suo sacrificio neppure questo i Valar hanno concesso nella loro pietà!
No, perché
accusare i Valar di tutto questo? Loro questa ricompensa l’avevano accordata ad
Arwen Undomiel, sono stato io. Io, io mi sono intromesso nel corso degli
eventi, cambiando la Sorte decretata dai Signori dell’Ovest ed intrecciando i
miei fili nel tessuto delle loro vite. Dovevo traversare il Mare ed andarmene
quando ne ho avuto la possibilità ed ero ancora in tempo, sarebbe stato meglio
per tutti. Estel, certo, all’inizio avrebbe sofferto e non avrebbe capito, ma
un giorno avrebbe realizzato l’importanza di tale scelta. Se non si sarebbe
lasciato consumare dal dolore….
Ed Arwen…Arwen
sarebbe vissuta in gloria e felicità con l’uomo che ha amato e per cui ha
rinunciato all’immortalità del nostro popolo. Niente segreti, niente menzogne.
Niente dolore. Ed anch’io nelle Terre Imperiture forse un giorno avrei trovato
pace ai miei tormenti…
Ma se i destini
dei Figli di Iluvatar sono legati a quelli di Arda e decretati nel momento in
cui essi vengono al mondo, non è stato tutto questo deciso dall’Uno?! Non era
questo destino di dolore e morte già tracciato davanti ai nostri piedi? Non si
può, infatti, cambiare la Sorte decisa dai Valar. Può darsi che gli Uomini
possano, può darsi che loro ne abbiano la facoltà; il loro Fato non è infatti
legato ai confini del nostro mondo e sempre i loro cuori si spingono al di là
di essi. Ma io non appartengo alla loro stirpe, io non posso…
Le Antiche
Storie insegnano anche che il loro Destino sempre li raggiunge però…
Pentirsi non
cambierà il presente.
Rîn o nienor a nîr,lasta egleria nîn! Anna im
estel...[Regina di dolore e cordoglio, ascolta la mia preghiera! Dammi
speranza…]…fa comprendere ad Elrond la mia pena
e non fargli maledire il mio nome…Non chiedo il suo perdono o la sua
approvazione, chiedo solo che capisca…Non c’è invero consolazione, riscatto,
pagamento entro i confini di questo mondo per la perdita che ha subito. Come
per me del resto…
Posso ancora udire i suoni di
quella notte…una leggera brezza che soffiava dal Mare portando con sé un dolce
profumo salmastro, appena percettibile, faceva stormire le foglie fra gli
alberi. Un dolce rumore che si accompagnava all’impercettibile sussurro del
volteggiare delle foglie che cadevano dagli alberi, staccate dal loro ramo da
una folata più forte delle altre.
Contemplando
quella lenta danza pensai a quant’è fragile la vita degli Uomini; sono come le
foglie che non sanno quando il soffio di Manwe si abbatterà su di loro e le
strapperà dal loro esile appiglio per trascinarle nell’Abisso…Basta poco per
porre fine alla vita di un Uomo, di un guerriero…In un attimo un’intera
esistenza può volarsene via per sempre…
Il tempo di Iavas
era giunto, anche per la nostra stirpe.
I boschi
risuonavano di gridolini simili al trillare di mille campanellini, pari al
suono cristallino dell’acqua dei ruscelli, risate di fanciulli e fanciulle
nascosti fra le piante, seduti sulle panchine, che correvano spensieratamente e
giocavano.
Imladris quella
notte era in festa, saremmo partiti l’indomani, nessuno sapeva se dire “addio”
o “arrivederci” a coloro che amava…
Dal Salone del Fuoco si levava un
canto antichissimo di lode a Varda che gli Eldalie hanno intonato dal Giorno
prima dei Giorni in Valinor; sempre veniva cantato nelle feste, ma da quanto
non mi mi unisco al coro dei menestrelli elfici... Così, bella, così triste…
ancora oggi ne ricordo qualche verso…Na-chaered palan-dirie, o galadhremmin
ennorath,Fanuilos, le linnatho,nef aea… […a remote distanze contemplando
lontano, da i paesaggi
intessuti di alberi nella Terra di Mezzo, Fanuilos, a cui va il mio canto, da
questa riva dell'oceano…]
Ma quella sera non mi andava di
intonare quei canti di lode o di narrare qualche antico poema, il mio animo era
turbato, forse presagivo che qualcosa di incantato stava per accadere, qualcosa
che avrebbe segnato il Destino di molti. Invero passò molto tempo secondo il
metro degli Uomini prima che realizzassi cosa significò in realtà quello che
accadde quella notte.
Passeggiavo così
fra gli alberi, solo, i miei piedi nudi calpestavano il tappeto di foglie
gialle, rosse, oro che scricchiolavano leggermente. Indossavo una delle tuniche
più belle che avevo, grigio chiaro intessuta con lucenti fili di mithril;
l’avevano creata i Noldor nei giorni della loro gloria ed il pregiato metallo
rifletteva la luce di stelle. Avevo i capelli sciolti che mi ricadevano sulle
spalle, sulla fronte una coroncina sempre di mithril in quanto principe
di Boscoverde il Grande.
Vagando in tal
modo giunsi ad un luogo in cui spesso mi ero recato negli anni passati, un
luogo ammaliante e di stupefacente bellezza…Uno dei tanti ruscelli della Valle
lì faceva un salto d’alcune braccia formando una piccola cascatella che
terminava in una polla cristallina profonda pochi piedi. Di là dell’acqua
vitrea della cascata si scorgevano dei riflessi scuri, una grotta nascosta.
Tutto intorno volteggiavano le foglie dai colori autunnali ed alcune, ogni
tanto, si posavano sull’acqua turchese formando dei cerchi che si propagavano
lentamente…le Stelle splendevano in cielo. Niente sembrava poter turbare
l’atmosfera di quel luogo, così perfetto, così puro.
Lentamente
camminavo sul greto di quella sorgente e l’acqua gelida mi lambiva dolcemente
le caviglie. Intanto sussurravo dolcemente lo stesso canto che poco prima
intonavano nel Salone del Fuoco…
A
Elbereth Gilthoniel…
Quando qualcosa attirò la mia attenzione, facendomi fermare.
Non ero solo in quel luogo incantato.
Cos’era stato quel sussurro? Non era il dolce rumore
dell’acqua, no, sembrava piuttosto qualcuno che piangeva. Molto strano. Chi del popolo si sarebbe sottratto alla festa
per rifugiarsi qui? Certo, il luogo era incantevole e d’altra parte anch’io mi
trovavo lì…Potevano sempre essere degli innamorati.
Decisi comunque di andare a vedere; piano piano avanzai
nell’acqua gelida che, quando giunsi finalmente allo stretto passaggio che
permetteva d’accedere alla piccola grotta nascosta, mi bagnava fino alle cosce.
Rimasi così nascosto dietro una sporgenza cercando di vedere qualcosa
nell’oscurità ma era tutto inutile. Eppure c’era qualcuno, ne avvertivo la
presenza e ne udivo il respiro…Se mi fossi sporto un po’ di più magari…
Ciuff…dovevo aver urtato un sassolino che era così caduto in
acqua, chiunque fosse lì mi avrebbe sicuramente scoperto…infatti…
“Non sapevo fosse usanza degli Elfi spiare gli Uomini nei
loro momenti di debolezza…”
Non avevo ancora potuto vedere il suo volto chiaramente a
causa della semioscurità, ma riconobbi subito quella voce. Aragorn, l’Erede
d’Isildur, colui che avrebbe riportato Gondor all’antico splendore stava piangendo
in una grotta. Era una situazione veramente imbarazzante; che cosa potevo dire
o fare? Pensai che non dovesse aver visto il mio viso, così decisi che era
meglio così. Non sarebbe stato piacevole per lui scoprire che quello che lo
aveva sorpreso a piangere era il suo amico d’infanzia e futuro compagno di
viaggio; agli Uomini viene insegnato a non mostrare mai la propria debolezza,
in particolar modo a coloro dai quali dovrà farsi ubbidire. Cercai di
dissimulare la mia voce.
“Non era mia intenzione spiare. Stavo passeggiando qui e
dei…suoni hanno attirato la mia attenzione…scusate per il disturbo. Vi lascio
subito.” Mi voltai e feci per andarmene, ma sentii che l’Uomo si era alzato in
piedi e così mi fermai.
“No, aspetta – mi afferrò il polso – ti prego, non andartene
anche tu…Legolas”
“A-Aragorn…vedo che mi hai riconosciuto…” sorrisi
debolmente.
“Ti prego”
“Estel, ti ho detto che mi dispiace…ora è meglio se…”
“Legolas, dortha, i egles le…[Legolas,
resta, ti prego…]”
“Va bene, resterò, ma lasciami il polso ”
Che cosa poteva averlo ridotto in quello stato? Doveva
essere successo qualcosa di veramente grave. Perché non era nel Salone del
Fuoco a fianco della sua promessa sposa a passare gli ultimi felici momenti con
lei? Doveva essere nascosto lì da molto tempo, si leggeva sul suo volto che
aveva versato lacrime amare…Sentii una morsa al cuore. Doveva essere difficile
per lui tutta questa situazione, il fatto della Missione, di Gondor, il suo
fidanzamento…
Appena mi lasciò il polso mi sedetti per terra vicino al
punto in cui lui era seduto poco prima. Aragorn si sedette di fianco a me. Non
sapevo cosa dire o fare, così chiesi piano:
“Aragorn…cosa c’è? Cos’è successo?”
“Non sono affari tuoi Legolas.” rispose brusco.
“Hai ragione, ma poiché mi hai chiesto di rimanere
pensavo…”ribattei piuttosto risentito. Mi lanciò un’occhiata piena di dolore;
ecco, avevo peggiorato ancora di più la situazione, me l’ero presa. Io ed il
mio animo permaloso ed orgoglioso. Un principino viziato. Ero rimasto per
aiutarlo, non per guastare ancora di più…
“Scusami mellon nin.
Non avevo diritto di chiedertelo, è come hai detto tu, sono cose che non mi
riguardano…perdonami”
Non l’avevo mai visto così abbattuto, Aragorn, grande
guerriero fra gli Uomini. Appoggiò la testa nell’incavo della mia spalla e mi
prese la mano sinistra fra le sue come faceva quando eravamo giovani nella casa
di Elrond. Stettimo così per diverse ore, in silenzio, la mia mano così
chiara, lucente, vellutata, senza una sola
imperfezione nella sua, abbronzata e piena di piccole cicatrici, i miei capelli
biondi che si intrecciavano con i suoi castano scuro sulle nostre spalle.
Lentamente gli accarezzavo il dorso della mano con il pollice e ciò sembrava
confortarlo. Finché lui parlò:
“Non ci vedremo mai più. Così è stato deciso”
“Chi non vedrai più, Estel?”
“Lei, Arwen. Non la vedrò più”
“Non dire così…sei il più valoroso guerriero dei nostri
tempi…non hai nulla da temere”
“No, in ogni modo vada non la vedrò più”
“Cosa…cosa vuoi dire con questo?” chiesi, anche se intuivo
la risposta…
“Elrond ha deciso che Arwen partirà per le Terre Immortali
appena il tempo lo permetterà, volente o nolente la farà salire, se necessario
con la forza, su quella maledettissima nave e la manderà via. Dice che non
lascerà sua figlia a morire per un Uomo, razza debole, corrotta…mortale. Non la
vedrò mai più Legolas, mai più! Capisci?! Mai più!”
“No, Elrond non può fare una cosa simile…questa è una scelta
che spetta solo a lei ed a nessun altro
e le Terre Immortali non serviranno a nulla contro il dolore provocato
da questa separazione, che lentamente la consumerà…E’ tremendo…” Ora avevo
capito. Aragorn piangeva per Arwen, condannata dalla sconsideratezza di Elrond
a consumarsi nella sofferenza e piangeva per se stesso, perché non avrebbe mai
avuto la donna che ama. Mai. Cosa si può dire o fare davanti a tale tormento?
“Sss…non disperarti mellon nin…”
“Oh Legolas! Non la vedrò mai più! Cosa mi darà la forza di
percorrere questa dura strada che mi aspetta? La forza di andare avanti, Legolas…dove
la troverò? Quale sarà il pensiero confortante che mi farà superare i momenti
bui? Che luce mi guiderà ora illuminando il mio cammino? Anche se il Nemico
dovesse essere sconfitto la battaglia per me sarà persa! Mia madre, l’ultima
persona cara che avevo a questo mondo è morta, anche lei mi ha abbandonato
tempo fa ed ora anche Arwen, la luce che mi aveva salvato dalla tenebra mi è
strappata! Non credo di meritare tutto questo Legolas, non credo di
meritarmelo, non lo merito…”
Lo abbracciai più forte che potevo, mentre egli era scosso
da violenti singhiozzi. Gli sussurrai all’orecchio, mentre lo cullavo avanti ed
indietro:
“Non è vero Estel, ti sbagli. Ci sono tante persone che ti
vogliono bene…ci sono quelli della tua stirpe, I Dunedain del Nord; non sono
essi attaccati al loro Re? Il buon vecchio Albarad ti è sempre stato amico. Qui
ad Imladris ci sono Elladan ed Elrohir, compagni d’infanzia che ti hanno spesso
accompagnato nei tuoi lunghi, pericolosi viaggi e c’è anche Glorfindel. Sire
Celeborn e Dama Galadriel ti hanno sempre trattato come un figlio, molti a
Lothlorien ti sono affezionati…pensa ad Haldir, Rumil suo fratello e tutti gli
altri di Caras Galadhon…. Anche ai
buffi periannath che hai portato fin qui dal loro remoto
paese sei caro. E poi, ci sono io. Tu non mi vuoi bene mellon nin?”
“Io ti voglio bene Legolas. Sei una delle poche persone che
mi sono rimaste, e di esse la più cara…tu non mi lascerai mai Legolas, vero?
Giurami che non mi lascerai mai…”
“Su su e c’è anche bisogno di chiederlo?! Non ti lascerò mai
e lo sai!” lo dissi scherzando, sperando di tirarlo un po’ su.
Sollevò la testa e ottenni un timido sorriso, mentre ancora
le lacrime gli solcavano il viso. Doveva essere il primo sorriso dopo molto
tempo e fui felicissimo che a donarglielo fossi stato io, così sorrisi a mia
volta.
“Oh, Legolas…non sai quello che hai fatto per me stanotte…hannon
le mellon nin, hannon le…”
Sorrisi ancora, gioioso.
“Quando sorridi è…bello…sorridi ancora per me, ti prego. Il
tuo sorriso sembra trasmettere anche a me quella felicità che credo aver perso
per sempre…”
“Aragorn…io non ho fatto niente di speciale. Ho soltanto..hi
hi…sorriso!”dovevo essere arrossito parecchio perché l’Uomo ridacchiò.
“E così è ancora meglio…e…tu hai fatto molto invece. In
momenti come questi un uomo non ha bisogno d’altri che di un amico sincero…e
leale… ” mi accarezzò dolcemente il viso con la mano ed io posi la mia sulla
sua.
“Mettermi in imbarazzo con tanti complimenti inutili è
ancora fra i tuoi passatempi preferiti Dunadan…come quando eri solo un
ragazzino impertinente, non che ora lo tu lo sia di meno, ben inteso”
Sentivo le zone che toccava formicolare in modo insolito.
Non capivo perché mi succedesse questo.
Lui era il mio amico fin dall’infanzia, non era la prima volta che ci
abbandonavamo a questi gesti amichevolmente affettuosi.
“Ma io non ti sto prendendo in giro mellon
nin. Non potrei mai!”
“Certo, come no…”
“Metti in dubbio la mia parola…Legolas?!”
“No, assolutamente no, non mi permetterei mai…”
“Allora ti dico che sei un bellissimo principino e una
persona di rara amicizia”
“Dai smettila…sarà meglio andare a prepararci, si partirà
fra poche ore…”
“Sai, vorrei restare qui con te per l’eternità mellon
nin..Vorrei che quest’aurora non finisse mai ”
“Aragorn, ci staranno già cercando, dobbiamo andare…” non
sapevo perché lo avevo detto, anch’io sarei voluto restare lì con lui ancora un
po’, però iniziavo a sentire una strana apprensione e volevo uscire da quella
situazione…
…oh
Estel,com’è piacevole la tua mano che accarezza la mia guancia…
…gli voglio
bene ,tanto bene, però forse è meglio smettere…
…la tua mano che scende sul mio collo…
…basta, dobbiamo assolutamente andare…
“Aragorn,
ora andiamo” il mio tono era stato più severo di quanto volevo.
“Legolas, tu mi hai ridato un po’ di forza…hannon
le…Per quanto possa essere dura la strada se
tu sarai al mio fianco niente mi fermerà, mellon nin…”
Mi abbracciò teneramente ed in quel momento Anor splendette dietro il vetro d’acqua in tutto il suo
splendore, illuminando i nostri volti di una luce dorata.
In quel momento la preveggenza della mia razza si destò
anche in me e seppi insieme avremmo sconfitto l’Ombra e visto la luce che
attendeva al di là delle tenebre…Sussurrai:
“Sì Estel, affronteremo insieme il cammino e lo
supereremo…” E così, fino a poco tempo
fa, è stato.
Estel….
Cos’è stato
questo fruscio? Non era il rumore del vento fra le foglie…Arwen.
Eccola là, nel
buio vicino alla fontana…deve essere per forza lei, nessun altro nella città
saprebbe muoversi così silenziosamente…Perché è qui?
Ogni volta che
mi guarda negli occhi mi fa sentire così…perso, disperato, responsabile della
pena che affligge entrambi…Nelle sue vene scorre sangue divino, lo stesso di
Luthien Tinuviel, ed una volta nei suoi occhi si scorgevano miriadi di stelle,
mentre ora la luce si è spenta anche nel suo sguardo…ora il suo sguardo è duro,
tagliente, sa portare solo sconforto. Estel ed io l’abbiamo supplicata per anni
di lasciare la Terra di Mezzo e raggiungere Valinor per sfuggire ad una sorte
terribile, ma lei si è sempre rifiutata. Lei lo ha sempre amato con tutta se
stessa, nonostante sapesse di non poter avere tutto il suo cuore ha scelto di
rimanergli accanto; mai una parola d’odio o rancore mi ha detto finchè Estel
era fra noi, ma i suoi occhi sono sempre tristi e, quando mi guarda, capisco
che io sono la causa di tutto ciò…ed allora tutta la mia forza svanisce, tutta
la mia sicurezza non c’è più e vorrei…morire.
Ora che non c’è
più il suo sposo non esita a tormentarmi come può. E’ la sua dolce e legittima
vendetta.
E’
lì in piedi…i suoi occhi duri e privi di dolcezza che brillano nel buio, unico
segno visibile della sua presenza.
No,
Arwen, ti prego, è già abbastanza difficile senza che…
“Allora
Legolas, ora capisci cosa si prova?”
“Arwen, …perché dopo aver dato
ad Estel un figlio non sei andata all’Ovest dove il tuo amore per lui sarebbe
stato sempre verde, risparmiando dolore e sofferenza a entrambi? Il tuo Destino
non è ancora scritto, tu puoi ancora salvarti…”
“Ne abbiamo
già discusso Legolas. Ne abbiamo discusso abbastanza. Troppo. Il mio destino è
stato segnato nel momento in cui io ed Aragorn c’incontrammo nella Valle di
Imladris…nel momento in cui nostri sguardi si incrociarono il nostro fato fu
segnato…e questa scelta è stata fatta molto tempo fa”
“Quel Destino
di cui parli non esiste più! Noi abbiamo cambiato questa Sorte. Tu devi salvarti”
“Appunto! Non
avevi alcun diritto di cambiare il nostro destino, mio e di Aragorn…cosa c’è
Legolas, i rimorsi iniziano a farsi sentire? Un po’ tardi per cercare di
rimediare, non credi?”
“Arwen, io
voglio solo che almeno uno di noi due si salvi…”
“Già, sarebbe
troppo vivere avendo anche me sulla coscienza, vero?”
“Non voglio
che tu muoia come una comune mortale per colpa mia…”
“Dovevi
pensarci tanti anni fa! Dovevi pensarci quando mi hai portato via Aragorn! La
responsabilità del Destino che mi aspetta è solo tua.”
No, è terribile, non è vero…la
colpa non è mia…non è mia la colpa!
“Ed allora
cosa mi dici del mio destino? Tu non sai cosa significhi…e per non saperlo mai
devi lasciare queste terre mortali che hanno portato solo dolore e morte a
quelli della nostra razza!”
“ l nostro Destini sono ugualmente crudeli! Il tuo
dolore ti rende cieco a quello degli altri, Legolas! Cosa sai tu di quello che
sto passando io e che ho passato?! Che ne sai di quanto sto soffrendo? Anch’io
lo amavo Legolas, ma il mio destino è ben più amaro del tuo, io non avevo come
te la fortuna di avere il suo cuore! Nel suo regno sono stata Regina per
centoventi anni degli Uomini ma non lo sono ma non lo sono mai stata nel suo
cuore!”
“Arwen, lui
ti amava, anche se in modo diverso…”
“Non è l’amore verso una sorella
quello che desideravo! Non era quello che desideravo passare da sola le notti
nella mia stanza invocando Elbereth di darmi la forza mentre tu eri con lui!
Non è questo che desideravo!”
Vorrei sfuggire
al suo sguardo, chiudere la mia mente ai suoi pensieri, ma non ci riesco…E’
tutta colpa mia, mia, mia…è colpa mia…Tormentarmi ti fa sentire meglio Arwen?
Ti piace la tua vendetta? Sembra quasi che provi soddisfazione del mio
dolore…anzi, lei prova soddisfazione, quel sorriso crudele, beffardo,
che si allarga ad ogni mia lacrima…
Mi sembra che la testa mi stia
scoppiando…le sue ultime parole, colme di odio e rabbia hanno squarciato come
un fulmine la mia mente, non riesco più a vedere niente…Mi dispiace…Arwen, non
sai quanto mi dispiace…ma lui ti voleva bene, ed è per questo che voleva che ti
salvassi…
Sto piangendo, Arwen. Sei
soddisfatta ora? Mi sforzo inutilmente, non riesco a trattenere queste lacrime
che mi annebbiano la vista…ancora e ancora…
Cosa sta
succedendo? Con la vista annebbiata vedo che Arwen sta tremando, indietreggia
lentamente, forse spaventata, forse non si sente bene…che ci sia qualche
nemico? No, ci siamo solo noi qui, se ci fosse qualcuno avrei certamente
avvertito la sua presenza..mai abbassare la guardia. E’ una cosa che non
ho mai scordato e che spesso mi ha salvato la vita.
Arwen…la
raggiungo giusto in tempo per sorreggerla ed impedire che cada a terra,
stringendola fra le braccia. Sta tremando violentemente…Non l’ho mai vista in
questo stato.
“Arwen…calmati
Arwen…cosa c’è? Che è successo?”
Non risponde. La
faccio delicatamente sedere a terra e, sempre abbracciandola, mi inginocchio di
fianco a lei. Fino a pochi attimi fa stava benissimo, non riesco a capire…
“Arwen,
guardami, cos’è successo? Ti senti male? Vuoi che chiami qualcuno? Una delle
tue ancelle…non so…dimmi qualcosa…!”
Sento che piano piano si sta
calmando, lentamente volta il capo verso di me, scruta con un’espressione
indefinibile il mio viso, i suoi occhi luccicano di lacrime, è molto turbata,
cerco di leggere i suoi pensieri ma lei non me lo permette.
Per i Valar,
dimmi qualcosa…
I suoi occhi
sono fissi nei miei, le tremano le labbra. Finalmente parla, la voce poco più
di un sussurro:
“Non dubitare
mai più della Sua misericordia, Legolas, non dubitarne mai più…”
“Arwen…cosa…Arwen!!!”
Se n’è andata.
E’ sgusciata via dalle mie braccia, sparita di nuovo nel buoi della notte,
nella sua nera veste, avvolta nel suo cupo mantello, più lesta di un’ombra,
senza una spiegazione per me, tranne che poche parole prive di significato…non
dubitare mai più della sua misericordia…
Anor sta
sorgendo un’altra volta. Non ho più chiuso occhio ieri notte, non dopo
l’incontro con Arwen. Ha lungo ho riflettuto sulle sue funeste parole senza
trovarvi una spiegazione ed il mio cuore non si dà pace.
Sono stanco…sono
stanco di questa vita terrena, ogni giorno il mio fardello si fa più
pesante…sono sfinito da questo mondo mortale. Aman potrebbe forse guarirmi, ma
non ho l’animo di lasciare questa Terra di Mezzo dove a lungo abbiamo vissuto
insieme, dove la mia stirpe è sempre vissuta fin dal giorno prima dei Giorni.
Quando ne abbiamo avuto la possibilità abbiamo rifiutato, tanto amiamo il
nostro paese, quindi perché abbandonarlo adesso?
Anche se noi
Elfi vogliamo l’impossibile, ora lo comprendo…Siamo troppo legati ad Ennor per
lasciarla ma nel nostro cuore abbiamo sempre il desiderio di Valinor. Perciò il
nostro più grande desiderio è fermar lo scorrere del tempo; per preservare la
bellezza di queste terre mortali che, per loro natura, lentamente invecchiano…e
muoiono. Una terra dove le foglie non secchino d’autunno, dove gli alberi non
rimangano mai spogli, dove ogni cosa nasca e cresca fino alla Fine… un segreto
desiderio che c’è nel cuore di tutti noi, che potrei realizzare se solo lo
volessi.
Siamo rimasti in
pochi, Dama Galadriel, Sire Celeborn, Elrond ed i suoi figli insieme con la
maggioranza del popolo di Imladris e Lothlorien hanno traversato il Mare; mio
padre, i miei fratelli, mia madre pure se ne sono andati…Mio padre…Non voglio
ricordare anche lui; il dolore si farebbe insopportabile. Io lo amavo ma
l’amore divide oltre che unire…
“Non sei
degno di essere chiamato mio Erede. Chiamo Manwe a testimone delle mie parole:
io non ti riconosco come mio figlio!” Già. Con queste parole tuonanti che
rimbombarono in tutta la Sala del Trono sotterranea per il sorriso crudele dei
Consiglieri a me ostili, la corona passò a mio fratello minore dopochè mia
sorella rifiutò questo compito gravoso. Ed io smisi di avere un padre. E’ un
amore maledetto questo, che fa si che le persone che prima mi amavano tutto ad
un tratto mi odino dal profondo del cuore. Se solo sapessi di avere l’amore di
mio padre…dei miei fratelli…delle mie sorelle…di mia madre...lasciare questa
vita sarebbe meno gravoso.
E’ un’alba
stupenda…la brezza continua a soffiare da sud-ovest ed il grido dei gabbiani
giunge fino a qui, così carico di tristezza…una volta Dama Galadriel mi mise in
guardia dall’udire il loro canto perché il mio cuore dopo non avrebbe più
trovato pace nella foresta…credo invece di essere ormai in un certo senso
immune. Non desidero quest’immortalità…non più…
“Legolas…”
Arwen…è in piedi
all’inizio del sentiero lastricato che conduce a questo piccolo colle rialzato
dove mi trovo; il marmo lucente è ora però coperto da un tappeto di foglie
autunnali, ricci dei castagni e polvere. Ogni tanto un soffio di vento le
solleva in piccoli mulinelli che vanno a formare dei piccoli mucchi ai lati.
E’ la prima
volta da tantissimo tempo che la vedo abbigliata di una veste che non sia nera;
indossa infatti un raffinato vestito color porpora con ricami d’oro sulle
lunghe e abbondanti maniche che riflettono la luce dell’alba. I lunghissimi e
stupendi capelli scuri come le ombre della notte non sono come al solito
raccolti in caste e severe acconciature ma sciolti, le ricadono sulle spalle
scendendo oltre la vita, leggermente ondulati. Estel ha sempre amato i suoi
capelli, ma lei gli negava la loro vista…
Mi sorprendo nel
vedere che i suoi occhi sono tornati, seppur flebilmente, a brillare della loro
antica luce…luce di stelle; non sono più impregnati di dolore e sofferenza, ma
gioiosi seppur il velo di tristezza che ormai gli è così familiare non li ha
lasciati del tutto. Le sue labbra sono di nuovo rosse come rubini e mi stupisco
lietamente del fatto che mi sta sorridendo.
Arwen, non sai
la felicità che prova il mio cuore nel vederti di nuovo così…anche il mio animo
sembra riscaldarsi un pò. In questo momento non m’importa neppure il perché di
un cambiamento così repentino e felice, voglio solo abbracciarti forte…le
spiegazioni verranno dopo…
Faccio per
correrle incontro ma lei mi fa cenno di restare dove sono. Faccio come mi
chiede, seppur sorpreso.
“A…”
“Sss….non dire
niente…- la sua voce non è più aspra, dura, tagliente; è dolce, profonda…è come
prima – sono venuta a chiederti un favore…”
“Un..un…favore?
A me? Certo Arwen, dimmi…”
“Portagli
i miei saluti. Io porterò i tuoi alla tua famiglia"
In questo
momento comprendo, ora lo so, nel momento in cui lei ha pronunciato quelle
parole fissando i suoi occhi nei miei ho saputo…Questo pensiero, questa
consapevolezza si sono impressi nella mia mente all’istante, ora riesco a
vedere tutto…
E piango, o
Elbereth, se piango…lacrime copiose scorrono sul mio viso, calde…mi annebbiano
la vista, cado in ginocchio…valar…
La sua voce mi
giunge come un’eco lontana, namarie Legolas, mellen uin mellen nîn, dice…Namarie
Arwen Undomiel, namarie…
Non so quanto
tempo sono rimasto lì, inginocchiato, a fissare un punto imprecisato davanti a
me, mentre Anor compiva il suo ciclo nel cielo e piano piano le lacrime
cessavano di scendere dai miei occhi. Avrei voluto dirle “addio”, ho tentato,
ma nessun suono è uscito dalla mia bocca…sono sicuro che lei ha però compreso
ugualmente.
Le ombre della
sera stanno scendendo, il vento ha smesso di soffiare da sud ed ora proviene da
nord-est, gelido come le acque di Esgaroth su cui è passato prima di giungere
qui, crudele graffia con i suoi invisibili artigli il mio viso; sento freddo.
Non ci sono
nuvole in cielo ed iniziano a comparire le prime stelle…mi pare ora di
guardarle per la prima volta, le ammiro con stupore, come si fa da piccoli,
chiedendosi cosa saranno mai quei puntini luminosi lassù…Spero che anche da là
si possano vedere le stelle; noi, gli Eldalie, non possiamo vivere senza la
loro luce sul viso; luce antica, luce pura, incorrotta.
Le ammiro,
finchè posso…il timore di rinunciarvi forse per l’eternità mi riempie di
sconforto…
Per innumerevoli
vite degli Uomini ho camminato, come ora, fra gli alberi, sotto le stelle, per
intere Ere di questo mondo ho considerato tutto ciò come per scontato,
legittimo. Non mi sono mai sentito attaccato a tutte quelle cose che
consideravo banali come in questi istanti.
Non posso più
tornare indietro, devo solo aspettare…non dubiterò più della Loro fiducia.
Avevi ragione Arwen, avevi ragione…Sei l’unica persona che mi era rimasta cara
qui e separarmi da te per sempre è stato atroce, ora sento tutta l’amarezza di
questo addio; lasciarti sapendo quale scelta hai compiuto è stata però una
gioia di gran lunga superiore. Vedrai ciò che io non vedrò. E ne sono così
felice…
Ormai non è
rimasto nessuno qui di coloro che compirono il grande viaggio e serbi memoria
delle Terre Immortali e pochi di loro comunque sono disposti a parlarne. Così
fra noi Elfi Sindar corrono numerosi voci di come siano, leggende vaghe
raccontate con perplessità e dubbio che si basano solo sull’immaginazione del
menestrello che le ha composte, che spesso sviano e dicono il falso. Dama Galadriel
ne parlò a me però innumerevoli anni addietro, forse prevedendo con la sua
saggezza di molte Ere ciò che sarebbe accaduto e sperando di alleviare così il
mio tormento, in una stanza immersa nella penombra su un alto talan mi
descrisse la costa argentea dove il Mare trasporta perle e pietre preziose che
non aspettano altro che essere raccolte dal popolo dei Teleri, e l’isola di
questi Alqualonde. Mi descrisse la bianca Tirion, sulle cui strade le vesti si
sporcano di polvere di diamante e dalla cui torre più alta si vedono
tutt’intorno dorati campi dove cresce rigoglioso il grano degli dei, grazie
anche alla pioggia che cade prima del tramonto ed e a Anar che splende sempre,
mai offuscato dalle nubi. Più a sud, aguzzando la vista, si scorge invece la sagoma
scura delle grandi foreste dove Orome va a caccia sul suo destriero confinare
con i boschi di Lorien. Il volo delle Aquile guida quindi il tuo sguardo a
nord, dove nitida si staglia il Meneltarma ed i grandi uccelli, librandosi
nell’aria sospinti dal vento, con grandi volteggi si dirigono verso la cima al
di sopra delle nuvole dove siede il più grande di Arda con la sua sposa… Uno
spettacolo di immensa bellezza, indubbiamente il migliore che si possa ammirare
nel mondo ma che ora non mi tenta più…
Nel momento in
cui mi ha guardato ho compreso tutto. Anche i motivi che l’hanno portata
a ciò…nel momento in cui, due sere or sono, ha letto nei miei occhi il mio
destino, ha realizzato che questa è la volontà dei Valar. Si è sacrificata per Endor,
ora avrà la tua ricompensa dove non cadono le foglie, per sempre lodata e
venerata, la più bella dei Figli che camminano ora per Arda. Non era morire
d’apatia il suo giusto fato, no, non era consumarti lentamente per soffrire di
nuovo nell’aldilà…qualunque cosa ci sia.
Hannon le
Arwen Undomiel…
Il mio cuore
esulta, perché la mia preghiera ha raggiunto Eru ed è stata da lui
esaudita. Ha esaudito la preghiera di un Elfo che innumerevoli volte ha
maledetto il Suo nome e quello dei Valar, di un Elfo che aveva smesso di
credere nella sua pietà, nella sua misericordia, un Elfo che aveva dimenticato
la sua infinita grandezza… Infine le storie si sono rivelate vere.
I Saggi hanno
detto che solo in straordinarie occasioni viene concessa questa grazia, solo
quando i personaggi si trovano coinvolti in eventi che vanno al di là di essi,
quando qualcosa di più grande di noi è all’opera…Ma andare al di là delle leggi
che Egli stesso ha fissato, questa è la Sua grandezza, il segno della sua
infinita magnificenza… Na aire esselya a Iluvatar! [sia santificato il tuo nome, o
padre!]
Isil si prepara a tramontare ed a lasciare
spazio di nuovo alla fiamma di Anor. Il sorgere del Sole…gli Uomini non si
rendono conto di quanti significati siano insiti in ciò…come la vita sorge,
cresce, raggiunge il massimo splendore, poi invecchia…muore. Muore il giorno,
muore il guerriero.
Le stelle scompaiono al cospetto del Sole, la
loro signora…
Quando verrà il
momento? Quando la Morte metterà fine al suo lungo corteggiamento, alle sue
tentazioni, per darmi il Suo Bacio? Mesi, giorni…anni…? Quando la mia stella sarà eclissata dalla
vita mortale?
Perdo il conto
di quante volte avendo fra le mani un pugnale Lei mi ha sussurrato, lasciva,
all’orecchio, di conficcarmi la lucente lama nel cuore per metter fine a questa
morte vivente…per ritrovarmi in una sorte ancora più odiosa… Chissà quante
volte, sulla riva di una lago, mi ha mormorato suadente di lasciare che l’acqua
prendesse il mio spirito o, affacciato ad una finestra del grande Palazzo,
avrebbe tanto voluto aiutarmi a fare ciò che io da solo non osavo…
Ed ora,
finalmente, sono in sua completa balìa, ormai lei tiene il coltello dalla parte
del manico ed io non posso fare altro che aspettare
fiducioso…aspettare…aspettare…
Ho aspettato per
innumerevoli stagioni crogiolandomi nella disperazione, mentre ora mi viene
chiesto solo di aspettare nella gioia della certezza…
E così aspetto
mentre l’inverno è alle porte…un inverno gelido quanto quello della Terza Era
in cui compimmo il nostro viaggio ed i nostri destini si compirono…
Come non
ricordare ogni minimo particolare di quel che è stato in quell’anno degli
Uomini? Infatti essi sono tutti lì nitidi davanti a me come se invece di tante
e tante stagioni fosse passato solo qualche ciclo della Luna, li posso
riassaporare uno per uno, quasi toccare con il pensiero.
Tornando
indietro colla mente sono ancora avvolto nella soffocante oscurità di Moria che
esaurisce le forze dello spirito quanto le tenebre di Angband e che non avrei
oltrepassato se non fosse stato per la mia luce nel buio…Estel…
In un angolo,
lontano dagli altri, tu venisti a confortarmi….
“Legolas…mellon…cosa
c’è?”
“E’…orribile…”
”Cosa? Cosa è orribile? Siamo tutti provati Legolas ma non…”
“L’Oscurità
Estel! E’ come se mi soffocasse, se riempisse le mie narici impedendomi di
respirare, come se…se…”
“Sshh…calmati…non
posso vederti così…”
“Siamo dentro la Nera Voragine!”
lacrime mi solcavano copiosamente le guance, ma in quel momento non mi
importava che lui mi vedesse piangere, non mi importava di niente…
“Non pensarci…su…lasciati
abbracciare…” le sue forti braccia di guerriero, ora così delicate, mi tenevano
stretto a lui, potevo sentire il calore del suo corpo…una sensazione così dolce
e confortante, tanto che smisi di piangere.
“Voglio uscire di qui”
“Lo faremo presto, ma ora non
pensarci…”
Era una cosa molto stupida da
dire, ma era la pura e semplice verità. Le terre senza vita di Mordor sarebbero
state preferibili a quel luogo. Avevamo
discusso fra noi se addentrarci o no in Moria, il Portatore dell’Anello così
desiderava e, con il consenso di molti, così avevamo fatto… ero stato affatto
obbligato a proseguire, ma il mio onore mi diceva che voltare le spalle lì alla
Compagnia sarebbe stato vile, degno solo di Sauron e dei suoi servi e l’onta mi
avrebbe accompagnato in eterno. Eravamo stati scelti perché ognuno aveva delle
qualità ed il mio aiuto sarebbe potuto servire, non potevo e non volevo
abbandonare gli altri… o non volevo
abbandonare lui?
“Su stringiti a me…coraggio…”
“Estel…”
“Sì?”
“Non sono il solo a soffrire”
“Come?”
“Avverto il tuo dolore…stai
pensando a lei, vero Estel? E’per questo che sei così triste.”
“Legolas…sì, è vero, è una ferita
dolorosa quella ma non voglio rattristarti ancora di più con le mie lamentele…”
”Che cos’è in fondo il mio tormento in confronto al tuo? Solo un capriccio… Da
come stanno le cose ora probabilmente sono l’ultima persona adatta a dirtelo,
ma ascoltami Estel. Io non lo conosco il dolore che mi dici, non l’ho mai
provato però so una cosa di certo: dal tuo dolore puoi far scaturire due
cose…puoi trasformarlo in saggezza, come insegna Nienna nelle Grigie Aule o
puoi scegliere di lasciarti guidare nella pazzia...Sta a te scegliere. Puoi
combattere contro di esso o accettarlo passivo, lasciando che ti svii…La scelta
è semplice Estel.”
“Io tento di
combatterlo, ma è troppo forte, è troppo crudele per me…sono solo un Uomo
Legolas, solo un Uomo…”
“Estel, tu non
sei un semplice Uomo…non dimenticare mai ciò che sei. Tu discendi da alcuni dei
più grandi che abbiano mai percorso le vie della Terra di Mezzo… Promettimi che
non ti lascerai sopraffare…promettimelo”
Buffo che
proprio io dicessi questo, vero? Troppo presto abbiamo entrambi realizzato che
amore significa morte, amore maledetto ingannato dal Destino! Lui è stato più
coraggioso di me però…lui hai vinto…
La sua barba
pizzicava la mia guancia facendomi il solletico e sentivo il mio corpo farsi
sempre più debole nell’abbandonarsi a quell’abbraccio. Le sue mani carezzavano
dolcemente la mia schiena facendomi perdere la cognizione di dov’ero e di cosa
stavo facendo, sentivo solo le sue dita e le dolci parole che mi sussurrava
all’orecchio. Mi strinsi più forte a lui.
“I meles le”
Quella semplice frase mi era
uscita dalle labbra, poco più che un sussurro, senza che quasi me ne
accorgessi, mentre il mio Estel mi teneva stretto fra le sue braccia ed il mio sguardo si perdeva nei suoi occhi.
Appena mi resi conto di quel che avevo fatto mi vergognai profondamente, mai in
vita mia provai più vergogna e umiliazione più forti; avrei voluto tanto
correre via ma le mie gambe rifiutavano di muoversi, mentre i nostri occhi
ancora si contemplavano e lui ancora mi stringeva a sé. Ed allora, oh Valar…
“…anch’io…”
Sentii la tua ruvida barba
pizzicare il mio viso di nuovo, le tue labbra sulle mie, timide… Misi le mani
sul tuo petto volendo quasi spingerti via ma non ci riuscii a fare altro che
tirarti ancora più verso di me, ancora e ancora… Così le tue labbra prima
timide e incerte si avventarono sulla mia bocca nella quale la tua lingua si
apri lentamente un varco…
E quando tu posasti le tue labbra
sulle mie il destino infine ci raggiunse. Le parole non dette, i gesti
fintamente casuali, i momenti in cui stavamo da soli forse per puro caso forse
per nostro desiderio ebbero un senso e quello che avevamo cercato di negare a
noi stessi per lunghi giorni non fu più nascosto.
Di tutti i baci che ci siamo dati
in questi pochi anni di felicità mai uno fu più dolce del nostro primo bacio… e
quando ci separammo per riprendere fiato basto guardarci pochi minuti negli
occhi per capirci e realizzare che non si tornava indietro…
“E’ così che dev’essere
Legolas…basta con le menzogne…”
“Oh Estel! Ti amo tanto, che non
puoi nemmeno immaginarlo…” avevo ricominciato a piangere, dalla gioia e dall’emozione
immense.
“Su su…sshh…e invece lo so perché
anch’io ti amo allo stesso modo..”
“No non dirlo! Non...non capisci?
Il Destino di entrambi è diverso ed io …non voglio sfidarlo…e poi…”
“Sfiderei Sauron in persona per
te” disse per prendermi in giro.
“Smettila… e Arwen…a lei non
pensi più?!”
“Certo che ci penso, ogni singolo
istante penso a lei…però sai che mi ha detto quando ci siamo detti addio per
sempre? Mi ha detto, quando un po’ del dolore sarà passato, di trovare qualcun
altro da amare…io ho trovato te..”
“No Aragorn, no! Siamo
solo…confusi…è stato solamente un attimo così, di sconforto…Quello che ti ha
detto Arwen è giustissimo, devi trovare qualcun altro ma non puoi amare me.”
“Perché non posso?! PERCHE’?!!!
Mi hanno detto cosa fare tutta la vita, ora decido io. Non so se ne usciremo
vivi, non so se avrò il Regno di Gondor un giorno…non so per cosa c’è ancora il
tempo. Quindi perché non amarci?”
“Perché tu avrai il Regno di
Gondor, io dovrò tornare al Bosco e perché non ci accetteranno mai…”
“Legolas…quello che dici potrebbe
essere vero…ma anche no…niente è certo per noi in questi giorni; potrei morire
domani, fra un mese, un anno e allora l’unico rimpianto che avrei sarebbe di
non aver preso quello che la vita mi offriva!!! Vuoi che muoia sapendo di aver
lasciato andare la mia felicità?”
“No, mai!”
“…allora vieni qui…ssshh…non
voglio più sentire queste cose…ho te…e mi basta…ora…adesso…in questo momento ci
siamo solo noi due”
E mi baciasti ancora e ancora,
sempre con crescente passione, ed a entrambi non importava più degli affanni
del mondo e delle preoccupazioni che ci assillavano perché per qualche minuto
avemmo il nostro attimo di felicità eterna nelle Terre Imperiture.
Attendo ancora, paziente, avvolto
nel mio mantello seduto ai piedi di un grande albero che il mio Destino si
compia mentre il vento priva i rami anche delle ultime foglie che caparbiamente
cercavano ancora di rimanere unite alla vita ma che, come tutti noi, nulla
possono contro la Vita. Cadere per sorgere nuovamente, più belli e splendenti
che mai…cadere e risorgere, ancora e ancora in una ruota eterna…
Pensavo di
essere in grado di vivere tutto questo con gioia e serenità ma mi rendo conto
che così non è. Dopo tanto essermi affranto, disperato per ottenere questo ora
il dubbio, la paura, si insinuano nella mia mente ora dopo ora; l’ultima beffa
del Destino.
Ma non si torna
indietro ormai. Non si può.
Comprendo ora
con quanto coraggio e cieca fiducia i grandi Re della terra che non è più si
rimettevano alla misericordia dell’Uno, come estrema prova della loro devozione
sconfinata si privavano di ciò che ognuno vorrebbe conservare il più a lungo
possibile… E comprendo anche quanto sia stato facile anche per il più saggio di
loro cadere.
Mana tárë
antuva nin Ilúvatar, Ilúvata Enyárë i metta pella, írë Anarinya queluva?
[Che cosa il Padre, O Padre, mi darà in quel giorno oltre la fine quando il mio
Sole cadrà?]
Mi ricorderò di
tutto quanto passato in vita? Il mio spirito conserverà le mie memorie terrene?
Perché se così non è tutto è vano, non c’è scopo per desiderare una
sopravvivenza dello spirito, se tutto quello che abbiamo amato ci sarà
sconosciuto. Che senso avrebbe vagare
in un’altra realtà ponendosi le stesse domande…?
No, non posso
credere il Padre a tal punto crudele con i suoi Figli da ingannarli
doppiamente; per soffrire altrimenti saremmo nati, non per la Sua gloria.
E lì, fra gli
spiriti di tanti nobili guerrieri, ti ritroverò mai mio amato? Oh, non lo so.
La verità è che crediamo di conoscere
ma in realtà non sappiamo…
In realtà è che
temo il momento della verità, quando infine saprò. Tutte le mie domande
avranno una risposta, gioioso e terrorizzato sarà il mio animo quel giorno
perché alto è il prezzo da pagare, non si torna indietro. Rinunciare
prematuramente alla vita per conoscerla nella sua completezza rischiando però
di perderla per sempre e scoprire che l’unica che esiste e avevamo a
disposizione l’abbiamo sprecata. Ma quand’è così non potremmo nemmeno
rendercene conto… Perché smetteremmo di esistere in quell’istante…perché non si
torna indietro.
Nella primavera
dell’anno in cui sbocciò il nostro amore si viveva giorno per giorno. Lungo il
cammino, ogni giorno era nuovo e bello, meraviglioso perché ci veniva data la
possibilità di viverlo come un dono, non era scontato che la mattina dopo ci
saremmo alzati dal giaciglio.
Si rideva, si
scherzava a bassa voce per non disturbare le creature dei boschi. Ridacchiando
dicevi agli altri che venivi con me a cercare una fonte e prender l’acqua per
la cena e per lavarsi e, quando giungevamo alla limpida polla ci sedevamo di
fianco insieme sulle foglie secche. Il freddo scompariva… La luce del sole
pallido d’inverno filtrava fra gli alberi mentre ci amavamo in fretta, per
paura che qualcuno degli altri arrivasse insospettito dal ritardo. Facevamo
l’amore lì, in mezzo ai boschi, spensierati, con il tacito patto di non parlare
del domani perché allora, il domani, era tutto un altro giorno…e un altro
ruscello che aspettava.
Le tue mani su
di me, i raggi del sole, della luna, le nuvole nel cielo, il canto degli
uccelli, il gorgoglio dell’acqua, la tua voce…tutto è un unico, grande, felice
ricordo.
Freddo. Sento
freddo. Vento freddo contro il mio viso, le mie mani sono fredde e più bianche
che mai; il mondo intero si è tinto di grigio intorno a me come se ovunque giri
lo sguardo si posasse la morte. Mi stringo nel mantello ma non posso ripararmi
dal freddo che ho dentro. Ieri, o questa mattina, ho perso la misura del
tempo, mi bastava pensare al mio amore, ai giorni di gioia passata per sentirmi
come se lui fosse qui accanto a me e sognando così mi ero addormentato, chissà
quanto ho dormito! Qualcosa è cambiato, lo sento… ieri ero felice, oggi mi
sento così perso…
Dicono che per tutti un giorno
arriverà la Fine, ineluttabile anche per i più nobili fra i Quendi. Chissà
quale cuore quel giorno sarà così saldo da non avere il minimo tremore e quale
creatura riderà, spavalda, in faccia alla Morte… Perché la paura della Morte,
anche se essa è remotissima, non per questo quando verrà il momento sarà più
facile da sopportare. Dama Galadriel, Sire Elrond, mio padre, mia madre,
Arwen…per tutti arriverà il giorno quando infine dovranno affrontare tutto
questo. Di più le Potenze non ci hanno detto, e se lo hanno fatto io non
conosco le loro parole ma non posso e non voglio pensare che saremo
abbandonati, che ce ne andremo per non ritornare mai più. Non so se rivedrò più
tutti coloro del mio popolo che ho amato, ora che i nostri Destini percorrono
due strade diverse. Non lo so. Ma se da uno solo veniamo, ad uno solo dovremo
ritornare…
Man cenuva métim' auressë? Man cenuva métim' andúnë? [Chi
vedrà l’ultima mattina? Chi vedrà l'ultima sera?] Mi chiedo come arriverà
la fine, se coloro che saranno presenti alla caduta di Arda si accorgeranno di
esalare l’ultimo respiro, se soffriranno, che cosa vedranno…che cosa accadrà.
Il mare sommergerà la terra, come accadde alla terra perduta degli Uomini, ed
il cielo cadrà sulle nostre teste? Le luci di Varda come palle infuocate
piomberanno al suolo devastando tutto quanto, bruciando i boschi e rendendo
deserto ogni terra? Oppure, tutto semplicemente si dissolverà in polvere e
svanirà così com’era comparso, in un battito di ciglia…?
Quante battaglie
ancora verranno combattute? Quanti guerrieri dovranno morire ancora prima della
Fine dei Giorni? Che accadrà a quelli che qui lascio? Una curiosità morbosa mi
spinge a domandarmelo, in questo momento darei tutto per avere risposte
a tutte queste domande anche se il mio cuore mi dice che non si può sapere
tutto, così mi faccio solo del male; ho avuto l’immensa grazia di poter
scegliere il mio Fato ed ora non dovrei avere rimpianti, che diritto ho io di
lamentarmi, io che tutto questo potevo sfuggire ancora a lungo?!
Scelgo di mia
volontà…è un privilegio questo…o una maledizione…?
Auta i lóme!
[la notte sta per finire] Lo so. Questo è il giorno. Ieri, quando mi sono
addormentato, ero ai piedi di un albero, appoggiato al suo tronco e credo di
esserci ancora, anche se non ne sono sicuro…è come se questi fossero ormai
dettagli di poco conto, e lo sono. Vedo quello che mi sta intorno e non lo
vedo…vedo gli alberi, il sentiero, il Palazzo laggiù…ma in modo diverso.
E’ come se potessi vedere tutto e niente…non è la mia vista che se ne va, è la
mia mente che è rivolta verso qualcos’altro, verso un altro mondo…Non
c’è più tempo. Per me non ce n’è mai stato in fondo…Non c’è più tempo. Questa è
la fine…?
C’è qualcosa che
mi tiene la mano. La mia mente la sente, non il mio corpo…e il suo spirito mi
parla…
“Hai paura,
dolce principe?”
“Si…ma tu…”
“Non
chiedermi chi sono; nel tuo cuore lo sai. Noi ti amiamo, figlio del mondo. Puoi
tornare sui tuoi passi qui, ora, adesso, se lo desideri”
“..ho la
possibilità…” può essere un’allucinazione data dalla stanchezza, dalla
disperazione? Ma la voce, così dolce, come neanche il più bravo cantore degli
Eldalië possiede, una delizia per le orecchie, un balsamo per l’animo… Qualcosa
che non è del mondo, ma che gli è sopra e fratello.. Uomo o donna, non so
dire…è sopra anche a questo.
“Sì, ti è
concessa la possibilità di continuare secondo la natura della tua razza
immortale”
“…io…” ..perché
questa crudeltà…
“Temi ciò che
non sai, è giusto. Ma devi prendere una decisione subito, e per sempre. Una
decisione definitiva.. Tutto ciò che noi sappiamo è che così ti perderemo.Di
più non sappiamo e non possiamo rivelartelo.. Cosa rispondi, dunque?”
Ora è il tempo
della decisione…non posso vacillare…ti amo Estel…
“Iluvatar valuvar! [sia fatto il
volere del Padre!]”
“ Là melin…melme valuvar! [no diletto…sia fatto il volere
dell’Amore!]”
Ora tutto è buio, la voce è
scomparsa e con lei il calore, la gioia, la sicurezza e mi sento sprofondare
giù, sempre più giù, sprofondare nel buio nella terra..sprofondo…dolore,
agonia, sofferenza, paura, buio…e cado giù…No…abbiate pietà di
me…urla…tormenti…basta, per Elbereth…
Ma laggiù…una luce, accecante, e
una musica…una musica meravigliosa, che riempie l’animo di gioia…Estel, i
meles le. E…ora so.
“Corri, Eldarion! Non mi prendi!”
“Lotéa…dove sei finita…su vieni fuori!
I lunghi capelli castani con
riflessi ramati della fanciulla si scompigliavano al vento e rilucevano al sole
del primo giorno di primavera; il suo vestito rosa pallido con ricami d’argento
sulle maniche e sul petto spuntava a tratti fra i tronchi dei grandi alberi dei
giardini mentre fuggiva al suo inseguitore. Col fiato corto per la corsa, le
guance vermiglie sul viso candido, rotondo, rallentò di poco l’andatura certa
di aver guadagnato un po’ di vantaggio e cercando di sistemarsi l’acconciatura
alla meglio non vide la pietra che spuntava dall’erba.
“Ahi! …Eldarion!
Vieni qui, presto! Sono caduta!”
Il giovane Re di
Gondor la raggiunse subito, preoccupato, e l’aiutò a tirarsi in piedi.
“Stai bene cara?
Tutto a posto?”
“Si amore
mio…non mi sono fatta male…ma guarda che disastro, il vestito è tutto
sciupato!” sulla parte bassa della gonna, infatti, si apriva un grande squarcio
e il prezioso tessuto era sporco di terra.
“Non
preoccuparti…appena torneremo al Palazzo chiamerò le sarte e te ne farò fare
uno più bello se ti fa piacere…anche se sono convinto che senza vestito stai
meglio”
La giovane
avvampò diventando, se possibile, ancora più rossa e tirò un piccolo schiaffo
giocoso al suo compagno.
“Re Eldarion, è
con queste parole ardite che ci si rivolge alle nobili damigelle di corte??!” I
due si fissarono seri, fronteggiandosi, per qualche secondo e poi scoppiarono a
ridere.
“No, ha ragione,
mi perdoni…” Eldarion posò con dolcezza le labbra sulla bocca di Lotéa; era
alto, nel pieno della sua forza ed i suoi tratti erano delicati ma decisi. Ogni
ragazza dall’Ithilien all’Ovestfalda e oltre avrebbe desiderato essere la sua
compagna ma lui aveva scelto lei, Lotéa, una fanciulla parente del Principe di
Dol Amroth di rara bellezza e intelligenza. Appena i due si furono staccati, il
giovane chiese:
“Lotéa…ma com’è
che sei caduta, hai inciampato in una radice di quest’albero?”
“No…non nella
radice…sono inciampata lì” rispose lei mentre, riassettandosi l’abito, indicava
con il dito quella che sembrava una lastra di pietra che si scorgeva appena fra
l’erba. Il giovane Re si chinò per guardare meglio e vide che era una lastra di
marmo bianco purissimo e che sopra sembravano esserci delle scritte. Scostò
l’erba e le foglie e lesse l’incisione in caratteri sottili incisi
magistralmente:
QUI
GIACE IN ETERNO RIPOSO LUI, NATO PER IL MONDO,
CHE IL MONDO HA PER SEMPRE PERDUTO.
POSSANO
I VALAR, GLI ELFI, GLI UOMINI E TUTTE LE CREATURE
ONORARE
E RICORDARE LEGOLAS I MALDA
“E’…una tomba? – chiese la
fanciulla che si sporgeva da dietro la schiena dell’altro per cercare di vedere
meglio – io credevo che non ci fossero tombe nei Giardini Reali…”
“Infatti…è
proibito…”
“Ma è o non è
una lapide?!”
“Si, sembrerebbe
di sì…solo che…”
“lui, nato per
il mondo, che il mondo ha per sempre perduto…che frase strana…non capisco
proprio che voglia dire! Scritta in Alto Elfico poi…non è che lo conoscano in
tanti che non siano nobili ormai. Bizzarro per un’epigrafe!”
“Già” lo sguardo
del giovane da sereno e spensierato si era fatto duro e cupo. Una ruga era ora
presente sulla sua fronte e fissava accigliato la lastra di pietra, con una
luce strana negli occhi; Lotéa non si accorse però del suo turbamento e
continuò:
“Legolas
l’Amato...ma…chi era Legolas??? Non ne ho mai sentito parlare” Eldarion, sentendo
pronunciare dalla sua amata quel nome ebbe un tremito, senti il sangue
ribollirgli nelle vene come ogni volta che quella semplice parola gli giungeva
alle orecchie, ma subito tutta la rabbia che lo aveva pervaso si sciolse nel
suo cuore che finalmente aveva compreso e una lacrima gli scese sul viso.
Lentamente si alzo e, voltatosi, accarezzò la guancia di Lotéa che guardava interrogativa il suo viso affranto.
“…nessuno…credo
qualcuno che un tempo visse qui…”
Lotéa sorrise e
prese il giovane sottobraccio; ormai tramontava il sole e si diressero verso il
Palazzo e quel nome, quel posto, lei l’avrebbe presto dimenticato persa nella
gioia della vita.