Capitolo 6
Bella.
“ Come scusa?”
Le chiese Jonathan, aggrottando la fronte ed indietreggiando
di un passo, quasi intimorito.
Alice lo raggiunse, rispondendogli con voce languida e
persuasiva.
“ Be’, sono una persona essenzialmente curiosa e mi
piacerebbe conoscere qualcosa in più sul suo conto. E visto che siete così
amici…”
“ Ah, capisco. Be’…ehm…”
Si schiarì la voce, improvvisamente preoccupato, per poi
svincolarsi dal suo sguardo innocente e raggiungere la sedia più vicina, al cui
schienale si appoggiò con entrambe le mani.
“ Non credo sia una buona idea.”
Disse, cercando di non guardarla. Alice, per nulla turbata
dal suo rifiuto, si avvicinò a lui, facendo gli occhi dolci.
“ Perché? In fondo, non c’è niente di male, nel raccontare
di sé.”
“ Appunto. Io non parlo di me, ma di Bia. Lei detesta che
gli altri si facciano gli affari suoi, è restia a parlare della sua vita
privata. E se sapesse che ti ho raccontato qualcosa…”
Rabbrividì impercettibilmente, deglutendo nervoso e
massaggiandosi con le dita il collo.
“ No, non posso proprio. Non insistere.”
“ Allora parlami di te.”
Si arrese Alice, sedendosi accanto a Jasper, con aria
furbetta.
Jonathan la guardò sorpreso, forse stupito che gli avesse
dato subito ascolto.
“ Di me?”
Alice annuì, dondolando i piedi incrociati.
“ Perché no? Sarà interessante. Raccontaci di te, ti prego.”
Lo implorò, con occhi da cucciolo indifeso. Jonathan sembrò
pensarci un attimo, per poi arrendersi alla tenerezza disarmante di Alice, che
gioì quando acconsentì alla sua richiesta, sedendosi sulla sedia, accavallando
le gambe e sistemandosi la gonna del vestito, come una perfetta signorina. Non
potei fare a meno di reprimere un sorriso. Improvvisamente, osservando quel
vampiro fuori dal comune, che mostrava reticenze, paure e titubanze tipicamente
umane, mi sentii anch’io desiderosa di conoscerlo meglio. Così, mi ritrovai ad
ascoltarlo con interesse, quando iniziò a narrare, con voce calma e soffusa:
“ Bene. Il mio nome è Jonathan Darcy. Sono nato nel New
Orleans, nel 1856. Sono vissuto nell’epoca d’oro della regina Vittoria, tra
fasti e perbenismi di ogni tipo. Ho vissuto un’infanzia pressoché felice.
Figlio unico, di una famiglia dell’alta borghesia. Mio padre era un generale di
lustro calibro, mentre invece mia madre era un’assennata donna di casa, dedita
alla moda, ai giochi, alla lettura e amante della natura. Mi portò al mare,
durante un’assenza prolungata di mio padre, a sei anni. Ricordo i pomeriggi
stesi al sole, a raccogliere conchiglie, a giocare con la sabbia bagnata, i
lunghi bagni, anche durante il crepuscolo…i giorni più belli della mia
esistenza da fanciullo, di cui ho conservato il ricordo più idillico di mia
madre. Morì l’anno dopo quella breve vacanza. Avevo solo sette anni.”
“ E’ terribile.”
Dissi, incapace di trattenermi. Jonathan ritornò alla
realtà, sorridendomi amaro.
“ Già, è così. Era malata da tempo, una broncopolmonite
contratta da ragazza. Si salvò miracolosamente, ma i danni che gli lasciò ai
polmoni furono seri e inguaribili, se non con il riposo assoluto, una vita
tranquilla e aria salutare anche per brevi periodi. Ma tutto questo, non le
servì a nulla, alla fine. Il giorno della sua morte fu anche la prima e l’unica
volta che vidi mio padre disperato e privo del suo solito autocontrollo. Da
quel momento in poi, divenne sempre più introverso e duro, soprattutto con me.
A distanza di anni, credo di averlo finalmente capito. I suoi continui
rimproveri, le sue secche decisioni sulla mia vita e il mio futuro, non erano
altri che il risultato derivante dalla paura di perdermi. Sapete, io avevo lo
stesso fisico cagionevole e delicato di mia madre. Per ‘rinforzarmi’, come
diceva lui, appena compii quindici anni, mi iscrisse alla carriera militare.
Voleva che diventassi un soldato, magari un generale, come lo era lui, se
avessi fatto carriera.
“Ma io, non ero del suo stesso avviso. I miei interessi
erano altri. Mi piaceva leggere, scrivere…avevo composto anche alcune poesie.
Il mio maestro di vita, era da sempre Oscar Wilde. Comprai e lessi i suoi libri
avidamente, adorando il suo pensiero, la sua concezione dell’Arte come Bellezza,
la sua ricerca della bellezza immortale, che perdura nel tempo…in breve,
divenni un esteta e ciò che da sempre era stata la mia più intima passione,
poté finalmente realizzarsi nella realtà. La mia governante riuscì a dissuadere
mio padre a non avviarmi alla carriera di soldato, adducendo scuse del tipo ‘è
troppo giovane, è ancora un incosciente, non sa niente ancora della vita’ e
altre cose di questo tipo. Tuttavia, quel discorso lo fece riflettere e decise
di mandarmi in viaggio. Esplorai i luoghi esotici di cui avevo letto,
saziandomi della vista di tante meraviglie orientali ed asiatiche. Quando
ritornai a casa, dopo due anni di assenza, ritrovai mio padre sempre chiuso nel
suo mondo inflessibile e così denso di toni incolori. Ricordo che appena mi
vide, il suo unico commento fu: << Sei cresciuto. Bene. Adesso preparati alla vita vera, ragazzo.>> Per me fu
facile comprendere che a parer suo, quel viaggio per me di così vitale
importanza, non era altro che un’immensa perdita di tempo, una giostra su cui
mi aveva fatto salire solo per il gusto di assecondarmi, per poi farmi scendere
bruscamente e senza un minimo di tatto. Ovviamente, con ‘vita vera’, il mio
brutale padre intendeva quell’insopportabile idea di vedermi in divisa, a
maneggiare spade, fucili e pistole e ad imbrattarmi di sangue sul campo di
battaglia nemico.
Inutile dirvi che per me, il cadere in quella prospettiva
così lontana dal mio canone di vita, generò una vera e propria crisi in me, tanto
da costringermi a chiudermi nel buio della mia casa, ignorando il mondo esterno
per molti mesi, attendendo passivamente il mio destino.
“ Fino a quando alcuni miei amici, compagni di viaggio e
d’interessi, non mi costrinsero letteralmente ad agire e a districarmi da
quella deprimente situazione. Ma io non ero un ragazzo particolarmente
coraggioso, rifuggivo dalle liti e dalle situazioni intricate, e il pensiero di
trovarmi faccia a faccia con mio padre, ad affrontarlo a viso aperto, mi
terrorizzava. Tuttavia, decisi almeno di accontentarli, e mi lasciai condurre a
casa di una nobile signora, che aveva indetto una festa in occasione
dell’entrata in società della figlia appena quattordicenne. Erano invitati
tutti gli esponenti della nobiltà e della ricca borghesia del paese, con
l’intrusione di qualche borghesuccio in vena di affari proficui. E fu, in quel
tripudio di danze e di dilettevole ipocrisia, che la vidi…”
Jonathan si lasciò andare allo schienale della sedia,
sospirando beato, gli occhi dalle iridi color rubino languidamente proiettati
verso la pellicola dei suoi ricordi passati. Per alcuni secondi rimase in
silenzio, come se contemplasse un’immagine bellissima tanto da essere rimasta
indelebile nella sua mente.
Alice, spazientita, lo sollecitò a continuare:
“ Chi hai visto?”
Jonathan sospirò ancora, ma alla fine parlò, il tono di voce
soffuso e tremante in una nota d’estasi:
“ Non era bellissima, ma aveva un qualcosa che la rendeva la
donna più desiderabile della sala. Lo dimostravano le occhiate furtive di molti
gentiluomini, che seppur circondati da cortigiane più che disponibili, erano
come stregati dalla sua persona. Comprenderete che uno come me, amante e
venerante la natura florida e magnetica in tutte le sue molteplici forme, non
potei che sentirmi incatenato a lei in modo indissolubile. Osai osservarla
meglio, attraverso il varco formato da due donne vestite in modo acceso e con
vesti color pastello.
Andando contro ogni moda dell’epoca, per l’occasione la
ragazza aveva indossato un pudico vestito di morbida seta nera, che faceva
ancora di più rilucere di luce propria la sua pelle di porcellana. Solo le
guance assumevano un colorito naturale, una sfumatura rosata che scompariva con
lo scarlatto delle labbra. Ma gli occhi…oh, gli occhi erano la cosa più
sconvolgente che avessi mai visto. Quel nero carbone, capace di risucchiare lo
sguardo di tutti quelli che osavano incrociarlo con la potenza di un buco nero.
E quei capelli… morbidi, ondulati capelli color del cioccolato fuso, lo stesso
che la mia balia mi faceva bere negli inverni più freddi. Eccola lì la mia
regina delle nevi, a pochi passi di distanza, seduta su una misera sedia addossata
alla parete baroccheggiante.
“ Come spinto da una forza propria, mi avvicinai a lei,
incantato, rapito, già sul punto di perdere me stesso. Quando mi arrestai
davanti a lei, accorciando con soli tre passi quella breve distanza fra noi,
ero scosso da un affanno inconcepibile, come se avessi corso per chilometri e
chilometri, senza mai fermarmi. Lei mi osservò, con quel suo sguardo così
seducente, che concentrava lì tutto il suo fascino, non per questo danneggiando
o rendendo il resto della persona misera e priva di attrattive. Non so come
feci, ma riuscii a trovare la voce per chiedere di sederle accanto. Lei acconsentì
solo con un cenno del capo, né un sorriso né una parola. Ma non mi sentii
scoraggiato. Sapevo che quella creatura era speciale e la sua ritrosia non
faceva che affascinarmi sempre di più, piuttosto che raggelarli.
Mi sedetti al suo fianco, senza dirle nulla, osservandola,
ammirandola silenzioso. Aveva un profilo perfetto, la linea della bocca sottile
era pronunciata il giusto, le ciglia nere erano lunghe naturalmente, i capelli
che le discendevano sulla spalla, lunghi e soffici, non facevano altro che
esaltarne la dolcezza. Il suo era un innocente erotismo, l’ambrosia per i
seduttori, il richiamo della musa per i poeti. Sentivo il desiderio impellente
di farle un ritratto e mi maledii di non aver portato carta, carboncino e
pennelli con me. Soggiogato dalla sua presenza, mi dimenticai perfino delle
regole del buon decoro. Cercai di rimediare, presentandomi. Lei mi guardò a
lungo, ma non mi disse il suo nome, per poi ritornare a osservare
distrattamente le coppie ballerine nella sala.
La sollecitai a rivelarmi il suo nome, ovviamente senza
essere troppo insistente, anche se dentro di me bruciavo dalla voglia di
conoscerlo, almeno per avere la possibilità di scriverlo ovunque mi capitasse.
Il mio desiderio venne esaudito. Si chiamava Annabelle…”
“ Annabelle? Non so perché, ma il nome mi ricorda qualcosa.”
Jonathan annuì alla curiosità di Emmett, ancora rapito dal
suo ricordo.
“ In realtà, voi la conoscete già. Quella ragazza era Bia.
Il suo, è un diminutivo. Lo usavo spesso, perché lei diceva che solo una
persona poteva chiamarla con il suo nome, ma non mi ha mai rivelo chi fosse.”
“ Quindi vi conoscevate già, prima della trasformazione in
vampiri.”
Chiarii, trovandolo sorprendente, affascinata dall’idea di
un legame d’amicizia così stretto da trascendere tempo e spazio, mortalità ed
immortalità. Sorrisi al pensiero che Bia doveva volergli molto bene, più di quanto
non voleva lasciar credere agli altri. In fondo, non era poi così glaciale.
“ Oh, certo! E da quel giorno divenimmo inseparabili.”
Continuò entusiasta Jonathan, gli occhi scintillanti, il
sorriso ampio a rendere il suo fascino androgino quasi etereo.
“ Fu con grandissima gioia che divenimmo immediatamente
amici intimi. Bia mi invitò a casa sua e il più delle volte acconsentiva a
rimanere da sola con me, a porte chiuse e senza testimoni, cosa che poteva
apparire sconveniente all’epoca. Ma capii ben presto che a Bia il decoro,
l’etichetta e il senso del pudore…come posso dire…be’, diciamo che non dava
loro molta importanza. Come quando mi chiese se, per posare per me, avrebbe
dovuto spogliarsi e rimanere nuda, cosa che non mi sarebbe affatto dispiaciuto,
ma che non ero ancora pronto a chiedere, anche se in effetti non glielo chiesi
mai. Oppure quando mi salvò da una situazione a dir poco incresciosa, uno
scherzo che architettarono i miei amici, per il giorno del mio diciottesimo
compleanno. Ricordo che mi bendarono, conducendomi in un palazzo sontuoso, dove
c’erano molte bellissime donne, accompagnate da molti, rigidi e perbenisti
uomini della società. Credevo fosse uno dei nuovi salotti inaugurato da poco,
ma quando mi lasciarono solo, chiudendomi a chiave in una stanza da letto,
capii di essermi sbagliato terribilmente.”
“ No, non dirmelo…era…”
Iniziò Emmett, sorridendo malizioso. Jonathan fu scosso da
un brivido, al ricordo di quel, fino ad ora, innocente episodio, massaggiandosi
la fronte con le dita rigide e impallidendo più del solito.
“ Questo ricordo mi angoscia ancora oggi, a distanza di
anni. Nemmeno le fiamme del veleno della trasformazione sono riuscite a
cancellarlo. Fu un vero trauma per me.”
“ Ma cosa successe di così terribile?”
Gli chiesi, senza capire. Jonathan mi osservò scosso da un
antico ed inspiegabile orrore.
“ Non ebbi nemmeno il tempo di capire cosa stava succedendo,
che da non so dove sbucò… una donna.”
Concluse, scuotendo il capo, orripilato, quasi come se
volesse scacciare il ricordo.
“ Ah, capisco.”
Ora mi era chiaro il significato di tutto quel mistero. Era
un regalo tipicamente maschile. Emmett stava già ridendo di gusto, mi sorpresi
di sentire anche la risata di Edward vibrare sul mio orecchio destro. Lo
spintonai con il gomito leggermente. Non volevo che ridesse di Jonathan. Era
già disastroso per lui così. Edward mi
sorrise, sussurrandomi di ascoltare il seguito.
“ No, non puoi capire. Quella donna…quel colore di capelli,
quel corpo…Dio, era il concentrato dei miei incubi peggiori. Forse agli altri
poteva apparire seducente, sensuale, ispirare…non so cosa, ma non a me,
assolutamente! Comunque sia, cercò di sedurmi, naturalmente, era il suo lavoro,
lo capivo perfettamente. Cercai di scrollarmela di dosso, gentilmente si
intende, era pur sempre una donna, per quanto potesse essere disgustosa ai miei
occhi. All’improvviso, si mise a piangere, dicendo che mai nessuno l’aveva
trattata come la stavo trattando io…si, ma io non ero gli altri, cercai di farglielo capire. Non so cosa volesse
veramente, tuttavia fu un miracolo che Bia mi trovasse. I miei amici le avevano
rivelato tutto e lei, conoscendomi, sapeva che quel tipo di sorprese non mi
sarebbero state affatto gradite. Così, fu con sollievo che la vidi aprire la
porta di quella stanza. Finalmente, un po’ di sana bellezza in quella notte
orrenda. Fu lei a pagare la donna e a coprirla con una vestaglia, poi mi prese
e mi portò in un locale raffinato, dove cenammo insieme. Ah, quello si che fu
il degno lieto fine ad una giornata di festa disastrosa.”
“ Una vera salvatrice, dunque.”
Continuò Emmett, gettandosi sul divano libero con un tonfo
da farne vibrare i piedi, per poi sorridere sornione a Jonathan, che lo
ricambiò con uno sguardo compiaciuto.
“ Ah, si, davvero. E’ sempre stata così. Mi ha sempre tirato
fuori dai guai. Come quando chiese a mio padre di sposarmi.”
“ Davvero? A quei tempi? È strano adesso, figurati nel fine
Ottocento.”
Disse Rosalie, alzando gli occhi dalla rivista,
improvvisamente interessata ed incuriosita dal racconto.
Jonathan sorrise, divertito da quel nuovo e sicuramente più
piacevole ricordo.
“ Infatti. Ma, ve l’ho detto, a Bia non interessavano le
situazioni convenzionali. Successe tutto per colpa dell’ossessione di mio padre
di farmi intraprendere la carriera militare. A distanza di anni, quando, ormai,
conosceva perfettamente la mia indole, estranea ad ogni forma di violenza, non
si era ancora dissuaso dalla sua orrenda prospettiva di vedermi fare il
soldato. Dal canto mio, ero disperato quando mi mise il contratto di carriera davanti,
bollato, firmato da lui e approvato dalla regina.
“ Non trovavo nessuna via di uscita. Ribellarmi, a quel
punto, anche se ne avessi avuto la forza, non avrebbe sortito alcun effetto
positivo a mio favore. Rassegnato, sull’orlo di una crisi, piansi tutte le mie
lacrime al cospetto di Bia. Gli dissi che sarei partito per frequentare
l’accademia il giorno seguente, che non c’erano speranze di rivederci dopo solo
sette anni in quel mondo privo di aspettativa per me. Bia mi ascoltò e mi
lasciò sfogare, paziente, senza dire nulla. Poi, quando avevo ritrovato un
minimo di controllo, mi disse che avrebbe risolto tutto lei. La guardai
scioccato, immaginandola come una dea vendicativa pronta a scagliarsi sui miei
nemici. In quel momento, non mi era apparsa mai più bella di quanto non lo
fosse normalmente.
“Il pomeriggio stesso, si presentò a casa mia, da sola e
senza farsi annunciare, entrò nello studio di mio padre, che accettò di parlare
con lei. Non seppi mai cosa si fossero detti di preciso. Tuttavia, fuori dalla
porta, le urla di mio padre si sentivano benissimo. Dopo più di tre ore di
colloquio, mio padre fu il primo ad uscire e, appena mi vide, mi diede le
congratulazioni e se ne andò, quasi sconfitto. Senza capire, nella più totale
confusione, vidi Bia uscire dallo studio, con lo stesso sguardo fiero con cui
vi era entrata. Le chiesi cosa fosse successo e lei mi mostrò il foglio di
inizio carriera, ridotto in mille pezzi. Gioii, consapevole che i miei guai
fossero finiti. Ovviamente, ringraziai Bia fino a sera tarda. Fu solo allora
che mi rammentai delle parole di mio padre. Bia mi disse che lui aveva
acconsentito al nostro matrimonio. Era l’unico modo per sfuggire a quella
triste sorte. All’inizio ne rimasi sorpreso, ma poi l’idea di un matrimonio con
Bia mi rese euforico. Ovviamente, non ci sposammo…”
“ Perché? Cosa è successo? Bia ci ha ripensato?”
Gli chiesi, curiosa.
Jonathan sospirò, questa volta amareggiato.
“ No, ma due vampiri ci hanno morso prima che il mio sogno
potesse divenire realtà. Da morti vivente, non c’era bisogno più di un
matrimonio fra noi due. E poi, Bia se lo è ricordato solo dopo venti anni di
distanza.”
“ Tutto questo tempo? Mi sembra esagerato.”
“ Be’, vedi Isabella…”
“ Bella, preferisco.”
Lo interruppi, facendolo sorridere enigmatico.
“ Si, certo. Vedi, Bella…Bia non ha subito un processo di
trasformazione delicato. Io c’ero, quando è accaduto. Non ho visto la dinamica
completa, ma abbastanza da dirti che è stato terribile.”
Sentii Edward irrigidirsi accanto a me, l’ilarità scomparire
dal luccichio dorato degli occhi di Emmett, il volto di Jonathan assumere una
maschera di tormento. Senza aspettare una mia ulteriore domanda, continuò il
suo discorso, come in trance. Improvvisamente, avrei voluto non ascoltare, i
nervi tesi e all’erta, pronti a sostenere parole dal sapore amaro.
“ E’ stato subito dopo quel memorabile giorno. Stavo
accompagnando Bia a casa…abitava in una villa, a pochi passi dalla mia
abitazione, abbastanza vicina da poter proseguire a piedi. Era il crepuscolo,
ormai, le strade erano semi deserte. Mentre le stavo parlando, Bia si fermò di
colpo. All’inizio non capii che cosa stesse osservando, ma poi, quando seguii
la direzione imposta dal suo sguardo, vidi una scena agghiacciante. In uno
stretto vicolo, nascosti nella penombra, c’erano un uomo e una donna. A prima
vista, sembravano abbracciati, ma in realtà, l’uomo stava aggredendo la donna. Lo
compresi dal modo in cui lei si agitava fra le sue braccia. Bia avanzò verso di
loro, richiamando l’attenzione dell’uomo. Cercai di fermarla, non mi piaceva
affatto quella situazione. Non sembrava un’aggressione normale. E poi, lo
sguardo di quell’uomo nascosto nell’ombra, non mi piaceva per niente. Il mio
primo istinto fu quello di fuggire, ma non potevo lasciare da sola Bia. La vidi
fermarsi di colpo e mi spostai per vederne la causa. Sentii il sangue
raggelarsi nelle vene, quando vidi il
corpo della donna, riverso tra la strada e il vicolo, completamente esanime. Il
suo viso era così pallido, che sembrava che non le fosse rimasta neanche una
goccia di sangue nelle vene. Soltanto un punto, era rosso: una ferita sul
collo, ben visibile, come i segni di un bacio. Era un morso.”
“ Vampiro.”
Sussurrò Jasper. Jonathan annuì, ancora ipnotizzato dal suo
doloroso passato.
“ Si, ma non lo compresi subito. Avevo letto delle cose al
riguardo, ma credevo fossero tutto frutto dell’immaginazione di geni
dell’orrore. Non credevo che creature demoniache di quel genere, potessero
realmente esistere. Tuttavia, spaventato ed impietrito, corsi verso Bia, che
era rimasta ancora immobile a guardare quella macabra scena. Le afferrai la
mano e la spinsi a fuggire via, ma fui strattonato da una forza invisibile, che
mi fece ritornare al mio posto, disteso a terra e con un terribile dolore alle
costole. Il vampiro mi aveva allontanato con uno spintone da Bia. Sollevai il
capo, per vedere cosa stesse succedendo e lo vidi.
Illuminato dalla tenue luce della luna nascente, era la cosa
più bella che i miei occhi avessero mai visto, dopo Bia. Era un uomo, come
sospettavo, ma perfetto in ogni sua forma. Non aveva la pelle chiara, ma
abbastanza lucente da ferire gli occhi, ambrata, come se fosse stata esposta al
sole arroventato del deserto per poche ore. Il viso affilato, il naso aquilino,
la bocca carnosa e sanguinea, i capelli neri che gli scendevano ad onde ai lati
del volto, sfiorando le spalle. Il corpo alto, magro e possente, vestito con
abiti orientali, d’oro e bianco panna. Ma i suoi occhi, furono la cosa che mi
dissuasero dal considerarlo un angelo sceso in Terra. Rossi, accesi, diabolici.
Non c’era dolcezza, speranza, gentilezza in quello sguardo. Era tagliente,
secco, odio allo stato puro, disprezzo…non era umano, non aveva nulla che
esprimesse umanità. Era lo sguardo di un mostro, di un demone fuoriuscito dalle
fiamme dell’inferno. Per pochi secondi si dedicò a me, per poi ignorarmi e
passare ad esaminare Bia. Fu allora, che vidi il suo atteggiamento mutare. Da
predatore, sembrò divenire progressivamente preda. Era sorpreso, ma anche
particolarmente interessato da lei.
“ Le sbarrò il cammino, girandole intorno, osservandola nei
minimi dettagli. Le sfiorò i capelli e le sue labbra si curvarono in un
sorriso, scoprendo una dentatura perfetta ed inquietante, mormorandole qualcosa
in arabo. Bia non si mosse di un millimetro. Cercai di urlarle di scappare, ma
non riuscivo a parlare né a muovermi. Quel maledetto mi aveva rotto due costole
del torace, immobilizzandomi al suolo. A un mio gemito più forte, Bia sembrò
ricordarsi di me e quando mi osservò, i suoi occhi esprimevano sincera
preoccupazione. Cercò di raggiungermi, ma il vampiro le sbarrò la strada, per
poi lasciarla libera di nuovo. Bia lo guardò scontrosa, quando lo oltrepassò,
ma non compì nemmeno tre passi, che l’uomo l’afferrò da dietro, cingendole la
vita e cullandola come una bambola.
Mi irritai a quell’immagine, ma non potevo fare niente. Mi
sentivo impotente. Ma esultai quando vidi Bia districarsi da quell’abbraccio
indesiderato, indietreggiando e guardandolo furiosa:
<<Non osate
toccarmi mai più.>>
Gli disse, carica
d’odio. Il vampiro la guardò sorpreso, negli occhi di brace una nuova sfumatura
scura. Ora non era più divertito. Il gioco si stava facendo interessante e la
scontrosità di Bia sembrava rendergli la cosa eccitante. Poi, fece una cosa che
non avrei creduto potesse fare: s’inchinò, come un perfetto aristocratico,
senza tentare di avvicinarla, né di toccarla.
<<Perdonate, mia
signora. Non volevo offendervi.>>
Le disse, con un accento strano, esotico.
Bia l’osservò da capo a piedi, quasi soppesandolo, poi indicò la donna morta.
<<Cosa avete
fatto, a quella donna?>>
Gli chiese, brusca ed adirata. Sapevo che Bia, quando si
arrabbiava, diventava ancora più seducente e in quel momento, non avrei mai
voluto che lo diventasse, non al cospetto di quell’essere, i cui occhi
divennero ancora più scuri, innaturali, terrificanti, bramosi di lei, lo sapevo
e la cosa mi inquietava. Le sorrise, scrollando le spalle:<<Mi annoiavo. Lei era discretamente
appetibile e…>>
<< E avete
approfittato di lei.>> lo interruppe Bia, decisa ed irritata. L’uomo
sorrise, trafiggendola con uno sguardo ancora più avido di prima. Le si
avvicinò in un battito di ciglia, sfiorandole con le dita il collo e i capelli.
<< Non nel senso
in cui intendete. Non ha suscitato in me l’interesse che voi, invece, mi
scatenate dentro.>> si allontanò da lei di pochi passi, guardandola
come un affamato davanti a un pasto abbondante.
<< Ho
deciso.>> disse, infine, dopo molti attimi di pesante silenzio.
<<Sarai
mia.>> mormorò, per poi afferrarle la vita, senza darle il tempo di
reagire, mordendole il collo. Bia emise solo un gemito di dolore, per poi
abbandonarsi al suo volere, inerte, gli occhi socchiusi, le labbra semiaperte,
le braccia abbandonate lungo i fianchi. L’aveva stordita, era evidente. Urlai,
alzandomi barcollante, cadendo in
ginocchio dopo solo due passi.
Vidi altri esseri pallidi e bellissimi uscire dal buio della
notte calante, spettri perlacei ed assassini. Un sibilo mi perforò le orecchie
e un dolore lancinante al lato destro del collo mi stordì e mi rese incapace
perfino di urlare. L’unica immagine che vidi mentre un altro mostro mi stava
succhiando via la linfa vitale, fu il corpo di Bia che passava di mano in mano,
tra le braccia diverse di due, quattro, sette vampiri, per poi ritornare tra
quelle di Munir, che la morse ancora, soddisfatto, negli occhi un bagliore
rosso fiamma. Da quel momento, ci fu solo il buio per me e dopo quello, le
fiamme dell’inferno che hanno divorato la mia anima, rendendomi ciò che sono.”
Dopo quel racconto terrificante, fui incapace persino di
esprimere a parole il mio orrore. Un passato atroce, aveva marchiato il destino
di quei due ragazzi. Nel disgusto che provavo nei confronti di quel branco di
vampiri mostruosi, un pizzico di curiosità relativa agli eventi successivi quel
tragico avvenimento, mi solleticava da dentro, ma fui incapace, in quello stato
di doloroso sgomento, di porgli una domanda concreta.
Fu Alice a dar voce ai molti interrogativi che affollavano
la mia mente, in quel delicato momento, chiedendo a Jonathan, con voce posata:
“ E poi, cos’è successo, dopo quella notte, Jonathan?”
Il vampiro si mosse sulla sedia, sospirando pesantemente,
prima di risponderle, la voce ridotta ad un soffio.
“ Non so dirvi molto, riguardo a Bia. Dopo i tre estenuanti
giorni d’agonia, mi risvegliai in una
cassa di legno, chiodata e sotterrata in un terreno di
campagna, fuori città. Avevo sete, naturalmente, la gola mi bruciava
terribilmente. Tuttavia, all’inizio della mia nuova vita, non badai ai miei
istinti. Il sentimento che provai, prepotentemente, fu sicuramente la
preoccupazione, sostituita subito all’ansia per la sorte di Bia. La mia mente
urlava mille cose, era affollata da contrastanti pensieri. Il nome di Bia era
ricorrente, ma la sete si affacciava sfacciata, bruciando ogni mia logica
reazione. Ripensai a quel vampiro e un odio profondo mi portò a sradicare un
albero vicino. Per un attimo, mi sorpresi della mia forza, ma poi Bia divenne
nuovamente la mia prima priorità. Sentivo un odore dolcissimo, provenire da una
casa vicina. Corsi ad una velocità sovrumana, raggiungendola in meno di due
secondi. C’era un fattore, con sua moglie e i suoi due figli. Il loro profumo
era così invitante, così buono, così gustoso. Il mostro dentro di me faceva le
fusa, al solo pensiero di assaggiare il loro sangue. Fu allora che realizzai
cosa fossi diventato. Ma ero un neonato, avevo sete, una tremenda sete…”
Jonathan abbassò lo sguardo, sospirando lentamente e
pesantemente. Alice gli si avvicinò e gli strinse dolcemente la spalla,
sorridendo lievemente. Jonathan ricoprì la sua mano con la sua, strofinandone
il dorso carezzevole e grato.
“ Non vado fiero di ciò che ho fatto. Tuttavia, vi confesso
che, pur consapevole della mia nuova natura, non ho mai tentato di frenare i
miei istinti. Ero giovane, bello, immortale…il sogno di un’eterna bellezza e
giovinezza vagheggiata e sospirata con rammarico, aveva inaspettatamente preso
corpo ed io ne ero il destinatario inconsapevole. Ero quasi grato a colui o
colei che mi aveva morso, trasformandomi nell’essere perfetto e letale che
tutt’ora sono.
Ma trovare Bia è stata sempre una mia priorità. In città,
tutti, compresi i nostri parenti, erano convinti che fossimo morti in un
tragico incidente, a seguito di un incendio che avevano provocato i Ragni di
Munir per cancellare ogni possibile traccia del loro passaggio. Dopo molti
viaggi e ricerche silenziose, finalmente la trovai. Si era unita a Munir, anzi,
era diventata la sua compagna. In quel momento, alla vista di loro due che si
baciavano appassionatamente, provai un miscuglio di emozioni: prima rabbia, poi
rammarico, poi delusione e infine incanto. Si, perché anche se la mia migliore
amica era stata tramutata in un mostro vendicativo perennemente assetato di
sangue, nonché divenuta la fidanzata ufficiale del mio peggior nemico, non
potei fare a meno di notare la bellezza di quell’anima nera.
“ Bia, da umana, era bellissima e sprigionava un carisma e
una brillantezza di spirito che nessuna donna della mia epoca, neppure la più
colta, aveva mai manifestato di avere. Ma da vampira…Oh, era superba! La sua
sensualità era moltiplicata al mille per mille, i suoi capelli erano
lucentissimi, il suo viso non era paragonabile neppure alla dea più bella
dell’Olimpo. Aveva qualcosa di angelico e demoniaco che le scorreva dentro,
rendendola irresistibile. Munir era ammaliato da lei, tutti i membri del clan
sembravano temerla, ma era evidente che avrebbero fatto di tutto pur di
compiacerla, desiderandola ardentemente e segretamente. Era la loro regina,
come per me, un tempo, era stata la mia musa.
Quando cercai di avvicinarmi a lei, fu chiaro che non mi
riconobbe. Vi domandate il come? Be’…mi attaccò, scagliandomi contro il suo
potere raggelante. Cercai di ricondurla ai nostri antichi ricordi, ma era
evidente che gli artigli di quel dannato erano sprofondati troppo a fondo nella
sua coscienza. Bia non dava segni di riconoscermi e per me si preannunciava la
fine, per mano di colei che mi aveva sempre protetto. Ma fui salvato,
inaspettatamente, da David.”
“ David?”
Chiesi, non riuscendo a capire il nesso della faccenda. Cosa
ci faceva David in quel momento? Perché si trovava lì? Forse, stava cercando
anche lui Munir, come Jonathan stava cercando disperatamente Bia?
I miei interrogativi dovevano essere evidenti, visto che
Jonathan mi guardò, rispondendo inconsapevolmente ad ognuno di loro.
“ Si. Anche David stava cercando Munir. Le motivazioni che
lo spingevano a farlo, me le raccontò lui stesso in seguito, dopo, cioè,
essersi scontrato con Bia. All’inizio, mi stupii di quanto Bia fosse diventata
forte. Era una combattente eccezionale. Schivava tutti i suoi colpi e più di una
volta sembrava che lo stesse sopraffacendo, ma David riusciva a liberarsi della
sua presa prima che lei potesse dargli il colpo fatale. Fu una battaglia fra
gitani.
Nessuno intervenne, Munir stesso sembrava quasi divertito da
quello scontro e per nulla preoccupato per le sorti della sua compagna. David e
Bia si scrutavano con odio, ma era chiaro che lui intendesse uccidere Munir,
dalle occhiate assassine che gli lanciava. Tuttavia, era cosciente del fatto
che non avrebbe mai potuto raggiungerlo, se non avesse prima superato
l’ostacolo di Bia. Notai, inoltre, nel corso del combattimento, che per quanto
David combattesse per la sua causa, non sembrava intenzionato ad uccidere Bia,
come lei, del resto, non sembrava volerlo distruggerlo seriamente, visto che non
utilizzava il suo potere terrificante, almeno solo per stordirlo. Quando ormai
era chiaro che lo scontro, in quel modo, si sarebbe concluso in parità,
entrambi abbassarono le armi e abbandonarono il loro stato di difesa,
rilassandosi. David mi trascinò lontano da quel buco di posto, tipico di uno
dei tanti sobborghi malfamati di New York, negli anni Sessanta. Bia non ci
inseguì, se non con lo sguardo, mentre Munir le si avvicinava, baciandole il
collo e sogghignando soddisfatto. Mi irritai a quel gesto, ma non intervenni,
anche perché David me lo impedì. Eravamo inferiori di numero e il clan dei
Ragni, compresa Bia che, da sola, valeva dieci di loro, era troppo numeroso per
poter muovere un’offensiva.
“ Quando David mi condusse al sicuro nel suo nascondiglio,
solo allora notai il particolare colore delle sue iridi, fino ad allora rese
scure dalla collera: di un caldo oro liquido, avvolgente e magnetico. Gli
chiesi come era possibile che i suoi occhi non fossero rossi come gli altri, e
lui mi spiegò la sua dieta a base di sangue esclusivamente animale. Disse che
l’aveva scoperta grazie ad un amico…un dottore, diceva lui, un vampiro pentito
intenzionato a mantenere viva la sua parte umana, nutrendosi unicamente di
sangue animale. Un suicidio, a mio parere, ma decisi di non approfondire
l’argomento. Gli chiesi se conosceva Bia e Munir e se si, da quanto tempo.
David mi osservò a lungo prima di rispondere, quasi indeciso ma anche sorpreso
che io li conoscessi. Gli rivelai che era per colpa di Munir se io e Bia eravamo
stati trasformati in vampiri.
Scoprii che David era morto nel nostro stesso anno, a New
Orleans, la nostra stessa città. Era stato trasformato da uno dei Ragni, dopo
che aveva cercato di avventarsi contro Munir. Aveva scoperto che gli aveva
tolto una cosa importante, una cosa più preziosa della sua vita e non-vita: una
donna. Si chiamava Catherine Lance, una nobile di media aristocrazia. Avrebbero
dovuto sposarsi, la data era già stata fissata. Lui era un conte e aveva
chiesto la mano a suo padre, dopo molte vicissitudini, visto che lui, non so
per quale ragione, non lo approvava. David mi rivelò che l’amava perdutamente e
che, ancora allora, a distanza di anni, il suo ricordo era vivo nella sua
mente. Munir l’aveva uccisa e quando me la descrisse, alta, dai lunghi capelli
neri, dalle fattezze dolci, pelle chiara, con orrore la riconobbi nella stessa
donna che io e Bia, quella tragica notte, abbiamo visto esanime sui ciottoli
della strada. Incredibilmente, le vicissitudini della nostra vita passata e di
quella presente avevano intrecciato sibillini i nostri destini, serrandosi in
un nodo stretto e difficile da sciogliere.
“ David mi disse che mi avrebbe aiutato a trarre in salvo
Bia dalle grinfie di Munir, anche se per lui, la mia, era una campagna persa in
partenza, mentre lui, invece, si sarebbe occupato di Munir, servendosi di me,
per distrarlo. Il piano non mi piaceva molto, visto che comportava espormi
decisamente troppo, cosa che non avevo mai preferito, ma per Bia mi ero
dichiarato disposto a tutto e su questo tasto David preferì lavorare,
ovviamente per i suoi scopi. Eravamo entrambi sfacciatamente egoisti, ma
disposti a collaborare per salvaguardare i nostri interessi. Con pazienza e
dedizione, David mi insegnò a combattere, il minimo indispensabile per schivare
gli attacchi di Munir e confondere i Ragni. David si mostrò soprattutto
soddisfatto del mio aspetto, che mi permetteva di sgusciare dalle prese ferree
facilmente e muovermi quasi guizzando come un pesce.
Più lo conoscevo e più David mi sembrava simpatico. Brutale,
sbrigativo, di una bellezza primitiva per certi versi, nonostante l’aspetto
rassicurante e longilineo, da modello di Chanel,
ma simpatico.
In breve, la notte fatidica del piano arrivò prima del
previsto. David aveva scoperto il nuovo covo di Munir e dei suoi Ragni, in un
edificio cadente ma solo in alcune aree rimesso a nuovo per le comodità del
capo e della sua compagna. Munir stava ampliando il suo territorio nella Grande
Mela, facendo guerra ad altri vampiri, che per colpa sua erano costretti,
seppur nomadi, a rifugiarsi nelle fogne della città o negli angoli più bui e
meno trafficati, permettendo loro di cibarsi il minimo indispensabile per
placare la sete oppure ad emigrare altrove.
“La sua influenza e la forza bruta dei suoi Ragni glielo
permettevano, ma era Bia il suo asso vincente. Da sola, riusciva a sgominare un
intero esercito di vampiri. Il suo potere bastava a sterminarli in massa,
costringendo alla fuga gli altri singoli o a coppie, senza che lei si sporcasse
le mani. Ovviamente, tutte queste informazioni mi furono rivelate da David che
aveva provveduto ad esaminare le sue mosse, prima di attaccarli direttamente.
Mi confessò di temerla, ma di rispettarla allo stesso tempo. C’era qualcosa in
lei che lo induceva a non odiarla completamente. Inoltre, mi disse che la sua
fama era divenuta così grande, che molti vampiri, seppur dotati, sussurravano
il suo nome con terrore. Per me, fu inconcepibile considerare Bia una specie di
amazzone vendicativa e spietata, ma ne fui, come al solito, affascinato
terribilmente. David assumeva un’aria torva, ogni volta che mi sentiva parlare
di lei quasi con riverenza e spesso fui costretto, di malavoglia, a far tacere
i miei pensieri, solo per non sentirmi giudicato e soppesato dal suo sguardo
scuro.
“ Ma sto divagando…ritornando alla notte dello scontro,
ricordo che Bia era di guarda all’ingresso, mentre Munir era a caccia, insieme
a due corpi di guarda. Erano solo lei e tre Ragni a difendere il covo.
Un’occasione troppo ghiotta per non approfittarne. David si concentrò su Bia,
che quella notte, sembrava molto intenzionata a terminare il loro giochetto di
morte, ma David riuscì a prelevarla e a portarla lontana da quel posto lugubre,
issandosela sulle spalle. Non so come fece di preciso, visto che io ero
impegnato a combattere contro i tre vampiri, che, miracolosamente, riuscii ad
eliminare senza neppure sporcarmi i vestiti. Solo più tardi, mi disse che, ad
un certo punto, quando credeva che l’avrebbe ucciso, Bia si era fermata,
lasciando la presa dal suo collo e allontanandosi da lui, quasi inorridita da
quello che stava facendo. Aveva fatto per scappare via, ma David l’aveva afferrata,
trasportandola nel nostro rifugio. Solo a distanza di settimane, quando ormai
eravamo lontani da New York, un conoscente pacifico di David che risiedeva lì,
gli inviò una lettera all’indirizzo che David gli aveva lui stesso segnalato,
dove gli raccontò della furia di Munir nell’aver ritrovato, al ritorno dalla
caccia, una colonna di fumo agrodolce, provocata dalle fiamme del fuoco che
aveva ridotto in cenere tre dei suoi seguaci ma che soprattutto, la sua adorata
compagna era sparita o meglio, era stata rapita. Il buon vampiro descrisse in
poche righe la strage che Munir fece nei bassifondi di New York e nelle fogne,
distruggendo tutto quello che incontrava sul suo cammino, frugando in ogni
luogo pur di ritrovare Bia. Ma David era stato bravissimo a far perdere le
nostre tracce, trasferendoci in Texas. La lettera terminava con un ammonimento
a stare attenti, visto che Munir non si sarebbe dato pace pur di ritrovare Bia.
“ Intanto, la mia amica aveva cambiato totalmente
atteggiamento. Era quasi ritornata la mia vecchia, stravagante, intraprendente
Bia, solo un tantino più confusa e spaventata. La buona notizia, e che mi
riconobbe, dopo molte spiegazioni ed esami clinici da capo a piedi da parte
sua. Ma ci vollero, come ho già detto, solo vent’anni per far riaffiorare a
galla i suoi ricordi da umana, sepolti nella sua coscienza. A detta di David,
questa amnesia completa era stata causata dal processo di trasformazione
complesso a cui Bia era stata sottoposta. Dentro di sé, Bia aveva ben otto
veleni diversi, che non solo la rendevano più bella, più forte e più
intelligente da altri nostri simili, come testimoniava l’effetto di
abbacinamento immediato che aveva sugli umani, la forza sovrumana pari o
superiore a quella di un neonato che manifestava durante gli scontri e la
facoltà di apprendere con immediatezza e in pochissimo tempo informazioni,
usanze, cose insomma che lei non era in grado di fare o che dava segno di
conoscere, ma che riuscivano a farla temere ed amare da tutti quelli che la
conoscevano o la circondavano, uomini e donne che fossero, indiscriminatamente.
D'altronde, il veleno di Munir, da solo, bastava a
potenziarla, visto che, come David mi rivelò, dopo aver appreso, a sua volta,
da fonti dirette e certe, il suo era un veleno terribilmente letale. Una
singola goccia del suo veleno, è capace di uccidere all’istante un essere
umano. Per questo, ha bisogno di nutrirsi il doppio di un vampiro adulto, per
poter sopravvivere. È la sua capacità speciale, ma anche la sua e la dannazione
degli altri.
“ Bia e David hanno vissuto insieme per molto tempo,
istaurando un legame conflittuale, oscillante tra amicizia ed odio. A volte si
detestano, altre volte sono così profondamente vicini da apparire amanti. Bia
mi consigliò di vivere nascosto, in un posto che nei miei viaggi avevo gradito
di buon grado, ma di contattarla in ogni momento, in caso di pericolo in vista.
Per un po’ tutto è filato liscio, ma poi Munir mi ha trovato, a New Orleans.
L’ho trovato più folle ma mai così attraente. Mi sono lasciato tentare e solo
per poco non sono stato marchiato con il suo marchio, un ragno impregnato del
suo veleno letale, capace di renderti dipendente da lui. Sono riuscito a
fuggire, incontrando David per strada, intenzionato a raggiungerlo per
concludere la questione. Io mi sono tirato indietro, troppo spaventato, lo
ammetto, per contrastarlo. David, però, mi ha aiutato a camuffare il mio odore,
facendo perdere le mie tracce ai Ragni alle mie calcagna e consigliandomi di
raggiungere Bia qui, a Forks, dai Cullen, dove l’aveva lasciata. Ed ora, eccomi
qui.”
Concluse il suo lungo ed emozionante racconto, con un
sorriso e una stiracchiata languida da gattino sazio.
“ Be’, non si può dire che abbiate avuto una vita
avventurosa, tu, Bia e David. Conoscevo in parte solo quella di David. Ero io,
quel dottore che lo aiutò a trovare un’altra via, a quella già prestabilita.
All’epoca appariva depresso, giù di tono, immotivato. Ho cercato di infondergli
un briciolo di speranza e di dissuaderlo dalla vendetta. Sono riuscito nel
primo caso, ma nel secondo, ahimè, ho fallito. Ma ho accettato la sua scelta e
gli ho permesso di avere contatti con me, in caso di bisogno o di sostegno.”
Jonathan osservò Carlisle con ammirazione e stupore,
dicendogli, con voce soffusa e che rispecchiava il suo trasparente stato
d’animo:
“ Quindi, voi siete il guru di David. Ho sempre cercato
d’immaginarmi la vostra faccia, ma devo dire che non c’ero per niente vicino.”
Carlisle rise gaio alla sua descrizione, riso a cui si unì
il resto della famiglia. Ma il sorriso di Jonathan si raggelò quando,
voltandosi, vide Bia dietro di lui, gli abiti leggermente sgualciti, il viso
fiero e luminoso che aveva acquistato un leggero colore soffuso, le occhiaie
erano sparite e gli occhi brillavano di un dorato vivo, segno che si era
saziata a sufficienza.
Jonathan deglutì rumorosamente, guardandola con occhi
spalancati, quasi intimoriti da una sua reazione.
“ Ah, Bia! Vedo che ti sei ripresa al meglio. Come ti senti,
dopo un pasto abbondante?”
Le chiese Carlisle, forse anche per diradare il clima di
tensione che si era venuto a creare, con il suo e il rientro di Esme dalla
caccia. Esme entrò trafelata nel salotto, affiancando Carlisle, che le
accarezzò dolcemente una spalla.
“ Bene.”
Fu la semplice risposta della vampira, non distogliendo per
un attimo lo sguardo da quello di Jonathan, che le accennò un sorriso lieve, a
cui lei non rispose. Allora, passò alle suppliche:
“ Scusami, scusami, scusami. Ho parlato di me, della mia
vita…ma lo sai che, in quel caso, è quasi impossibile non parlare anche di te.
Non guardarmi male, ti supplico.”
La implorò Jonathan, sbattendo le ciglia un paio di volte,
in un gesto molto simile ad una ragazzina che supplicava il suo fidanzatino di
non odiarla per non aver condiviso la merenda con lui.
Bia lo ignorò palesemente, avviandosi alle scale che
portavano ai piani superiori. Jonathan la seguì con lo sguardo, sporgendosi
sulla sedia ed allungando il collo verso l’uscita della stanza, chiedendole con
tono di voce piuttosto alto, ma titubante:
“ Dove vai?”
“ A fare una doccia. Vuoi venire anche tu?”
Gli chiese sfacciatamente sensuale, mentre saliva i gradini
due a due. Jonathan si morse le labbra prima di rispondere:
“ Posso davvero?” le domandò, speranzoso, già pronto a
balzare dalla sedia.
“ No.”
Disse lei, mentre udivo perfettamente lo scrosciare
dell’acqua calda nel box doccia soffocare il fruscio dei vestiti che Bia si
lasciava scivolare sulla pelle, fino ai piedi.
Jonathan si lasciò andare sullo schienale della sedia,
deluso ma comunque sorridente. Almeno, sembrava averlo perdonato.
“ In effetti, per quanto mi piacciano questi vestiti da
bambolina manga, temo che dovrò cambiarmi anch’io. Peccato, che non abbia un
ricambio adatto.”
Disse, in seguito, per poi alzarsi e correre alle scale,
gridando:
“ Bia! Hai dei vestiti da prestarmi? Anche un paio di jeans
andranno bene, tanto abbiamo lo stesso girovita.”
Ma Bia fece finta di non sentirlo e lui, deluso, tornò in
salotto, borbottando fra sé: “ Mi ignora, che cattiva…in fondo, non l’ho fatta
apposta…è proprio crudele…uffa, dannazione…come posso farmi perdonare?”
Alice gli si avvicinò, tirandolo per un braccio, sotto il
suo sguardo sbigottito.
“ Vieni, Jonathan. Ho io, qualcosa da prestarti.”
Detto questo, dopo solo cinque minuti, ritornarono entrambi
in salotto, ridendo amichevoli. Quando entrambi varcarono la soglia della
stanza, per poco non riconobbi il giovane che affiancava Alice. Aveva corti e
riccioluti capelli biondi, un fisico asciutto, alto e snello da fotomodello
messo in risalto da un completo rigorosamente nero e camicia bianca sbottonata
fino alla base del petto, lasciando intravedere una pelle pallida e liscissima,
firmato Dolce&Gabbana. Senza
parrucca nera e abiti femminili, Jonathan sembrava un’altra persona.
“ Ah! Grazie infinite Alice. Ora, mi sento perfettamente a
mio agio.”
Disse, accostandosi alla finestra. Stava per aggiungere
qualcosa altro, ma improvvisamente un braccio estraneo oltrepassò la finestra
chiusa, frantumando il vetro in grossi e taglienti pezzi, circondandogli il
collo e tirandolo all’esterno con una forza sovrumana.
Tutti noi ci portammo in posizione di difesa, ringhiando
minacciosi alla presenza estranea e dall’odore nauseante, come di un dolce
andato a male.
Nella frazione di secondi che seguirono, Jonathan si
aggrappò al davanzale in granito con una mano, sbriciolandolo sotto le sue
dita, mentre con l’altra cercava di allentare la presa del vampiro nemico. Con
voce soffocata, gemendo debolmente, sentendoci tutti impotenti, visto che ogni
nostro movimento avrebbe accelerato l’azione omicida dell’aguzzino, Jonathan
sibilò fra i denti, mentre venature sinistre cominciavano a solcare la pelle
del viso, un unico nome:
“ Bia…”
“ Bella, lo scudo!”
Esclamò Alice e subito ubbidii, allargando la mia resistente
bolla protettiva a tutti i presenti, escluso il vampiro ostile, che sibilò
incattivito e dolorante, senza però mollare la presa dal collo di Jonathan.
Emmett stava per avvicinarsi, insieme a Jasper, ma Bia arrivò per prima,
rompendo il polso dell’aguzzino con un ‘crac’ orrendo, facendolo gridare di
dolore, mentre contemporaneamente allontanava Jonathan dalla sua ferrea presa, lasciando
che fossi io a sostenerlo, mentre pian piano si riprendeva dall’attacco.
Un vento gelido entrò dall’inaspettata apertura e un fragore
di vetri ed assi del parchè rotte accolsero il corpo del vampiro, un uomo
corpulento, pelato, avvolto in una tunica nera, lunga fino alle caviglie, i
piedi nudi e sulla testa completamente calva, il tatuaggio di un ragno
orribile, con sette occhi e tredici zampe, talmente realistico da sembrare
vivo.
Gli occhi rosso fiamma balenarono di rancore, quando Bia lo
costrinse a rimanere disteso prono sul pavimento disintegrato per l’urto
violento, con il piede destro schiacciato sul suo petto, nudo come il resto del
suo corpo gocciolante, ricoperto a mala pena da un ridotto telo da bagno, blu
elettrico. Solo allora, realizzai che era uno dei miei. Bia aveva assunto
un’aria diversa, fredda, distaccata, assassina, gli occhi prima luccicanti
d’oro liquido, ora aveva assunto il ritrovato colorito scuro, rendendoli simili
a pietre di topazio impure. I capelli bagnati, ricadevano ad onde più strette e
scure sulle sue spalle, facendola assomigliare ad una sirena uscita dall’acqua
per sbaglio ed ora irritata.
“ Non puoi evitarlo. La notte della Luna di Sangue è
prossima. Il sacrificio sarà compiuto. Il Maestro lo sa…”
Cominciò a blaterale come una litania lugubre il vampiro,
artigliando il pavimento con le dita arcuate ad uncino, graffiando e rompendo
le assi inclinate, negli occhi una luce folle.
Bia lo zittì con una nuova scarica del suo potere, che lo
scudo avvertì distintamente, visto che la sua attenzione era tutta concentrata
su di lui, che gridò e rise allo stesso tempo, quasi compiaciuto dal suo
dolore.
“ Di un po’…”
Iniziò Bia, la voce ridotta ad una nota indistinta ma carica
di sensualità, mentre si sedeva sul suo stomaco, le gambe spalancate in una posa non certo pudica, immobilizzandolo con il
suo corpo.
“ E se ti uccidessi prima, cosa mi diresti?”
Gli chiese indifferente, facendolo sbottare in una risata
volgare.
Bia la troncò definitivamente, facendogli emettere un nuovo verso
strozzato e facendogli serrare gli occhi, sopportando il dolore, tuttavia
sorridendo ancora deliziato.
“ Il tuo potere è grande, ma è nulla paragonato a quello del
Maestro. Lui ti rivuole e ti riavrà.”
Bia si prese il volto fra le mani, osservandolo indifferente.
“ Vorrei bisizionarti il cervello. Dopo averti staccato la
testa, è chiaro. Ci deve essere una deformazione sull’emisfero destro o una
bolla d’aria che preme contro il cervelletto. Altrimenti, non si spiegherebbero
le scemenze che sputa la tua bocca.”
Questa volta il vampiro non rise, ma agì, allungando la mano
destra, per stringerle il collo. Ma Bia la bloccò, trattenendogli il polso,
senza battere ciglio, né spostarsi.
“ Mossa sbagliata. Ora dovrò ucciderti.”
Il vampiro trasalì, cominciando a ringhiargli contro,
contorcendosi come posseduto. Bia rimase immobile ad osservarlo, trattenendolo
a terra ancora con il suo corpo, indifferente alla sua manifestazione di
follia. Portò gli occhi al cielo, quasi annoiata, mentre il vampiro iniziava ad
emettere strani versi, parole sussurrate velocemente, appartenenti ad una
lingua sconosciuta.
Bia si alzò dal suo corpo, afferrandolo in un nanosecondo
per la mascella, stringendogli le guance, mentre lo teneva sollevato da due
metri da terra, con l’uso di una sola mano. Era davvero molto più forte di
quanto immaginassi. Non stava più usando il suo potere speciale, dato che non
ne avvertivo più le vibrazioni premere sul mio scudo, tuttavia la sua forza
badò a troncare ogni possibile reazione del vampiro, che non emise più alcun
suono, né tentò di ribellarsi, gli occhi rossissimi sbarrati e lucidi, folli.
“ Finiscila con questa lagna. È inutile che ripeti i suoi
inni. Non verrà a salvarti. Munir non ha pietà né compassione. Dovresti
saperlo: in fondo, sei o non sei un suo seguace? Dovresti conoscere, le
caratteristiche del tuo Signore, no?”
Disse, fredda seppur passionale, nella voce profonda. Lo
gettò nuovamente a terra, con un gesto secco e deciso. Il vampiro strisciò fino
al muro, lanciandole un’occhiata serpentesca, mentre le sibilava contro:
“ Il Maestro ucciderà il Ribelle, la Vittima verrà
sacrificata, la Regina domata e l’Infuocato Sangue gocciolerà dalla luna, sulla
terra rossa. E’ stato predetto. Nulla potrà impedirlo.”
Mi voltai interrogativa verso Edward, confusa e spiazzata da
quelle parole, per me incomprensibili. Edward lo osservava attento,
l’espressione concentrata. Era ovvio che stesse sondando i suoi pensieri. Non
lo distolsi dal suo operato, limitandogli a stringergli la mano, in una stretta
salda che lui ricambiò.
Jonathan aggrottò la fronte, avvicinandosi di poco al duo.
“ Ma di che cosa sta parlando, questo pazzo?”
Il vampiro lo trucidò con lo sguardo, prima di divincolarsi
dalla stretta di Bia e lanciarsi contro di lui, con un ringhio feroce. Jonathan
indietreggiò di riflesso, mentre Bia bloccava nuovamente l’aggressore, questa
volta con un calcio dritto alla spalla e il piede destro nudo schiacciato sulla
sua spalla.
“ Stai indietro. E’ venuto con il solo scopo di ucciderti.”
Intimò a Jonathan, che la guardava sconvolto ed atterrito
alla prospettiva di essere un potenziale bersaglio.
Bia inclinò il busto verso il vampiro, che si contorceva
nella sua stretta come scosso da violenti correnti.
“ Perché non ti rendi utile, dicendomi dov’è Munir?”
Il vampiro fu scosso da violenti sussulti, causati da una
risata sadica. Un sorriso diabolico gli solcò le labbra, prima di portarsi le
mani al collo e…
“ Non guardare!”
Edward mi oscurò la vista raccapricciante, a cui tutti gli altri
assistettero impassibili, con il suo corpo, ma le sue braccia non impedirono al
mio udito fin troppo sensibile di udire il ‘CRAC’ del collo del seguace di
Munir, spezzarsi sotto la pressione delle sue stesse mani.
Il sospiro esasperato di Bia e quello rammaricato di Carlisle
furono gli unici suoni che udii un momento dopo.
“ Idiota. Si è suicidato.”
Disse Bia, scagliando qualcosa di rotondo all’esterno, con
calcio delicato. Cercai di non pensare all’origine di quell’oggetto.
“ Ma…perché l’ha fatto?”
Chiese Emmett, lasciando che il corpo acefalo si accasciasse
scomposto al pavimento. Jasper si avvicinò repentino e con un movimento fluido,
pose la carcassa sulle spalle, uscendo in giardino. Alice lo seguì e dopo pochi
minuti avvertii l’odore inconfondibile d’incenso stuzzicarmi le narici. Fortuna
che fuori aveva smesso di nevicare e pallidi raggi di sole avevano fatto
capolino dietro le nuvole grigie.
“ E’ la legge di Munir. Chiunque viene catturato dal nemico,
deve sacrificare la sua vita per tutelare la sua salvezza.”
Spiegò atono Jonathan.
“ Che abominevole egoista!”
Esclamò indignata Esme.
“ E’ uno stronzo.”
Disse semplicemente Bia.
“ E come tutti gli stronzi, tutela i suoi interessi.”
Guardò per un attimo la parete bianca davanti a sè, lo sguardo
dorato lontano mille miglia.
“ Bia…”
La richiamai, dopo un po’. Lei riprese vita, sospirando.
“ Dave è in pericolo.”
Disse, come a conclusione di una lunga riflessione. Poi, si
voltò con gesto deciso verso Jonathan, osservandolo minacciosa.
“ E anche tu.”
Jonathan deglutì, abbassando il capo. Lo osservai confusa.
Perché, tutto a un tratto, mi sembrava quasi in colpa?
Bia si avvicinò lentamente a lui, arrestandosi di colpo,
faccia a faccia. Nonostante fosse più esile e minuta di lui, la sua carica
emotiva bastava a sovrastarlo.
“ Mi hai mentito, Jonathan.”
Fu la sua semplice e dura constatazione.
Jonathan sospirò più profondamente, sibilando un “si”
incerto. Bia lo prese per le spalle, facendolo accasciare al pavimento a pancia
in giù, bloccandolo velocemente con il suo corpo.
“ Piano, piano, per favore!”
La supplicò Jonathan, urlando di disapprovazione quando gli
squarciò la camicia immacolata, rivelando una schiena dai muscoli guizzanti, ma
dalla pelle talmente nivea da sembrare laccata di alabastro e fragile come il
cristallo.
“ Maledizione, Bia! E’ Dolce&Gabbana!”
Ringhiò irritato.
“ Sta zitto.”
Gli intimò Bia, sibilando rabbiosa quando vide il tatuaggio
di un ragno orribile, simile a quello del seguace di Munir. Ma, a differenza
del vampiro, quello di Jonathan era più piccolo e di un colore rosso sfocato.
“ Ma è…”
Iniziò Rosalie, esaminandolo da vicino.
Bia non la lasciò finire, prendendo Jonathan per i capelli e
tirandogli il viso verso il suo, sussurrando al suo orecchio destro, acida:
“ E questo come me lo spieghi, Jonathan, uhm? E’ il marchio
di Munir. Sei stato marchiato e non me lo hai detto…mi hai mentito!”
Gli urlò nell’orecchio, facendogli serrare le palpebre per
il suono insopportabile del suo urlo direttamente nel timpano.
Lo lasciò con la stessa velocità con cui lo aveva bloccato,
dandogli le spalle a braccia incrociate, l’asciugamano blu scivolato
leggermente dalla sua pelle, rivelando una porzione abbondante del seno, di cui
lei non sembrava curarsi di celare.
Jonathan si alzò con gesti misurati, la camicia lacerata
ormai ridotta a un ammasso di brandelli lungo le sue braccia. Se la tolse
definitivamente, guardandola dispiaciuta, per poi indossare la giacca, per
coprirsi il petto nudo.
“ Bia…mi dispiace…”
“ Non dirmi che ti dispiace, sarebbe una bugia bella e
buona, impossibile da sopportare.”
Troncò le sue parole Bia, ormai tramutata in una statua di
marmo, di cui solo le labbra vibravano velocemente, per proferire parole
indignate.
Jonathan abbassò il capo, sconfitto.
“ So che sei arrabbiata, adesso. Ma ti prego, cerca di capirmi…io…”
“ Cosa? Cosa dovrei capire?”
Gli chiese rabbiosa, voltandosi di scatto, le braccia lungo
i fianchi, l’espressione intransigente.
“ Jonathan, ti rendi conto di quello che hai appena fatto?
Hai mandato all’inferno tutta la copertura. Col tuo gesto irresponsabile ed
egoista, hai messo in pericolo me, David e i Cullen. Tu lo sapevi che venendo
qui, avresti acceso un faro rosso su di noi, ma non te ne è importato nulla.
Per salvarti la faccia, sei corso qui, sperando di poter nascondere la verità,
il tempo necessario per convincermi a seguirti, non è così? Volevi consegnarmi
a Munir, non è vero? Vale così poco la tua anima, Jonathan, da venderla al
primo tiranno che incontri sulla tua strada? Sapevo che eri egoista e volubile,
ma non credevo fino al punto da tradire gli amici. Io non ti odio, Jonathan, ma
sappi che mi hai profondamente deluso.”
Jonathan non disse nulla, ma il suo sguardo mutò, divenendo
freddo e distaccato.
“ Non è vero che hai incontrato David per strada, non è
così? Lui ha cercato di fermarti, ma tu hai confuso il tuo odore con quello di
una povera umana che avrai evidentemente ucciso, riuscendo a seminarlo
elegantemente. Poi ti sei precipitato qui, imbandendo quella patetica scenetta
melodrammatica, solo per convincermi a mettermi allo scoperto. Nega, se vuoi.”
Jonathan sorrise, un sorriso che non mi piacque affatto. Alzò
la testa, spavaldo, le mani nelle tasche del pantalone, il suo viso da efebo
deturpato da una maschera malvagia.
“ E brava la mia Bia. Hai capito tutto.”
“ Hai nascosto tutto. Ecco perché continuavi a pensare cose
inutili e a canticchiare canzoncine senza senso. Avevo capito che cercavi di
nascondere qualcosa, ma vedendo la tua natura disinteressata e devota a Bia,
non avrei mai pensato che tu potessi rivelarti una mela marcia.”
Gli disse Edward, spingendomi dietro di lui, protettivo.
Orma, l’innocuo Jonathan si era tramutato in un nemico pericoloso. Jonathan gli
rispose con un sorriso di circostanza, calcolatore come la sua mente poco
umanizzata.
“ Già, e ho anche evitato di prendere decisioni troppo
avventate, per evitare che la cara Alice potesse avere visioni sul mio prossimo
futuro.”
“ Tu sapevi dei nostri poteri? Come?”
Gli chiesi, senza capire.
“ Semplice, me li ha rivelati Munir, grazie alle spie
discrete che ha lanciato incontro a David. Credo che riconoscerai questa, Bia.”
Disse Jonathan, prendendo dalla tasca una lettera. La
fotocopia della lettera che Carlisle aveva inviato a David, dove gli raccontava
della nostra famiglia.
“ David ha eliminato la spia, ma troppo tardi, purtroppo,
visto che io mi ero già premunito di andargli incontro, durante la sua fuga, incontrandolo prima che lui
potesse toglierlo di mezzo. Lo scambio era già avvenuto e Munir ha avuto tutte
le informazioni necessarie, per scoprire dove ti avrebbe nascosta, Bia.
“ Certo sarebbe stato un bel piano, ma grazie a me, è
saltato tutto all’aria. Io avevo il compito di condurti da Munir, senza usare
la forza. Ma, date le circostanze, credo che dovrà scattare il piano B.”
Bia sciolse lentamente l’incrocio delle braccia, i pugni
stretti lungo i fianchi, l’espressione indecifrabile, le labbra finemente
modellate strette in una linea tagliente.
“ E quale sarebbe?”
Jonathan sorrise, compiendo un passo verso di lei. Bia
rispose al suo sorrisino beffardo con uno seducente, ma ironico.
“ Non vorrai scontrarti con me, Jonathan.”
Lui rise, falsamente divertito.
“ Oh, io no! Non potrei mai ucciderti, Bia.”
“ Solo perché non ne saresti capace, bastardo.”
Disse un’altra voce femminile, diversa da quella da Bia,
graffiata e ruvida. La percepii ma non ne compresi immediatamente la fonte,
finché non vidi un incredulo Jonathan venire bloccato da ben tre vampire, l’una
più diversa dell’altra, piombate con un balzo in casa, silenziose come gatte e svelte
come gazzelle, intrufolandosi attraverso la finestra rotta.
Sorprendentemente, dalla porta entrò Renesmee, seguita da
Jacob trasformato in licantropo, che si precipitò verso Jonathan, costringendo
le tre vampire ad arretrare repentinamente, spaventate o forse per l’odore nauseante
che emanava. Jonathan cercò di alzarsi, ma Jacob gli ringhiò contro, facendolo
accasciare nuovamente al suolo, le mani a coprirsi le orecchie.
Nessie mi venne incontro, afferrandomi un braccio, il viso
preoccupato.
“ Mamma, stai bene? E gli altri? Jonathan è un traditore. Ce
lo hanno rivelato queste tre ragazze. Jacob mi ha chiamato per assicurarsi che
dicessero il vero.”
“ Riguardo a cosa?”
Le chiesi, cercando di calmarla, accarezzandole il volto
ansioso.
Nessie trasse un profondo respiro, prima di continuare.
“ Dicevano che erano amiche di Bia e che conoscevano
Carlisle Cullen e la sua famiglia. Jacob, ovviamente, non sapeva che una
vampira estranea era stata ospitata a casa nostra, ma era indeciso se far loro
del male, dato che affermavano di conoscere il nonno. Ovviamente, alla fine,
hanno confessato di non conoscerlo personalmente, ma che David aveva pregato
loro di raggiungerlo, perché la loro amica era in pericolo. Una di loro voleva
attaccare Leah, ma prima che Jacob intervenisse, quella più grande e con i
capelli scuri l’ha fermata, rimproverandola in modo acceso, intimandole
pazienza. Poi ha pregato Jacob, Leah e Seth di condurli da Carlisle, perché
sapeva che Bia e i Cullen erano in un enorme pericolo. Io l’ho appoggiata e
solo allora, Jake ha acconsentito. Le ha scortate insieme a me e a Leah fino al
confine del bosco, lasciando a Seth il compito di avvisare Sam e il resto del
branco. A pochi chilometri da casa, Jacob ha deciso di lasciare Leah di
guardia, ad attendere Seth. Ha insistito affinché non tornassi a casa da sola.
Non voleva che rimanessi sola con loro. Inoltre, voleva accertarsi di persona
che dicessero il vero. Ora credo che dia alle ragazze più fiducia.”
Concluse sorridendo. Appena si voltò, si precipitò verso
Bia, prendendola per mano.
“ Stai bene, Bia?”
Le chiese, sinceramente preoccupata. Bia non si divincolò
dalla stretta della sua mano, annuendo, ancora confusa.
“ Si, tutto ok.”
Renesmee sospirò, sorridendo serena.
“ Meno male. Ero così in pena per te. Lui, è Jonathan? E’
cattivo? Ti ha fatto del male?”
S’interessò a lui, regalandogli un’occhiata gelida, mentre
osservava Jacob spingerlo verso il muro, raggomitolato come un ragno,
spaventato dalla sua forma maestosa.
“ No.”
Fu l’unica risposta di Bia, ma la sua delusione era
tangibile. Nessie la osservò senza capire, accarezzandole una spalla, in un
gesto consolatorio.
Intanto, due delle tre vampire sconosciute sibilavano contro
Jonathan, minacciando di colpirlo, tese come un arco, pronte a scattare in ogni
momento.
La più grande, dalla carnagione abbronzata, levigata e
liscia come la seta, dai lunghi capelli neri acconciati in una coda alta,
vestita con abiti in stile militare, con pantaloni larghi, stracciati sul
ginocchio e scarponcini marroni, le prese per le spalle, strattonandole verso
di lei.
“ Adesso basta. Se ne sta occupando il lupo. Lasciamolo a
lui, per il momento.”
La biondina col caschetto, gli occhi a mandorla e la bocca
arricciata, minuta più di Alice e dal corpicino formoso, decise di
assecondarla, mentre la rossa bicolore, con striature nere e arancio fra i
capelli lisci e con vestiti punk, cercava di divincolarsi, scalciando e
sputando contro Jonathan parole colorite, con il suo tono di voce strafottente
ed indignato.
Appena vide Bia, si placò, correndogli incontro, sorridendo
ampia, le stelle negli occhi brillanti di rubino.
“ Bia, capo, sei davvero tu, allora? Come mai non l’hai
fatto fuori, quel verme, capo, eh? Non è da te, tergiversare. E’ uno schifoso
traditore, capo, si…ce lo ha detto David, e lui è un tipo a posto.”
Concluse, annuendo convinta alle sue stesse parole. Poi,
arretrò di un passo per esaminare con occhio clinico Bia, in una lunga occhiata
stranita.
“ Capo, ma perché sei mezza nuda e cosa hai fatto ai
capelli?”
Le disse, sfiorandole con le dita le onde dei suoi capelli
castani.
“ Che razza di domande fai, Deborah? Sono i suoi capelli
naturali, no?!”
Le disse indispettita la ragazza bionda, la sua voce
irritata velata di zucchero. In seguito, sorrise a Bia dolcemente,
agganciandosi al suo braccio libero e strofinando la fronte sulla sua pelle,
ormai asciutta. Sembrava una gattina intenta a fare le fusa.
“ Meno male che siamo arrivate in tempo, Bia. Non sai come
eravamo preoccupate per te.”
Le disse accorata e tenera. Ma Bia guardava Jonathan, ora
intento a lanciare occhiate di fuoco a Jacob, teso come un arco e ringhiante.
“ Vuoi smetterla di starle così appiccicata?! La opprimi,
con il tuo comportamento!”
Esclamò Deborah, tirando la sua amica per un braccio, con lo
scopo di staccarla da Bia. La ragazza, insofferente, cercò di resisterle,
mugugnando infastidita.
“ Lasciami! Insomma, Deborah…basta…Oh, Bia!”
Esclamò delusa, quando fu Bia stessa a lasciare la mano di
Renesmee e sfilare il braccio dalla presa della sua amica. Bia si avvicinò a Jacob,
mettendogli una mano sul capo, incurante del suo odore o della sua naturale
ostilità. Jacob rimase stupito e scattò istintivamente l’enorme testa lontano
dal suo tocco, ringhiandole contro, innervosito.
“ Jake!”
Esclamò Renesmee, preoccupata che potesse farle del male. Ma
Jacob non fece nulla, limitandosi a guardarla ammonitore, come ad impedirle di
compiere lo stesso gesto.
“ A cuccia, cagnone. A lui, ci penso io.”
Gli disse, sensuale ed inflessibile come sempre. Jonathan
portò di scatto lo sguardo verso di lei, teso ed immobile, forse più
preoccupato di lei che di Jacob.
Jacob sbuffò infastidito, per poi saltare dalla finestra
ormai distrutta e ritornare due minuti dopo in forma umana, ricoperto solo da
un paio di bermuda in jeans, il petto nudo ed ansante, l’aria minacciosa.
“ Se tu credi, di venire qui, nella mia città, a dettar
legge e a darmi ordini, hai sbagliato indirizzo, succhiasangue.”
“ Jacob…Jacob, no!”
Lo fermò Renesmee, avvicinandosi a lui e bloccandolo con
entrambe le mani, interponendosi fra lui e Bia, che rimase impassibile al suo
sfogo.
“ Perché la difendi, si può sapere?”
Le chiese, con tono più calmo e controllato, dopo averla
guardata a lungo negli occhi color nocciola, un tempo così simili ai miei,
traendo un profondo respiro.
“ Perché è mia amica. E non voglio che litighi con lei.”
“ Ma non voglio litigare. Voglio solo mettere in chiaro le
cose e capirci qualcosa.”
Le disse dolcemente, afferrandole le spalle con entrambe le
mani ed osservandola attento.
“ E’ quello che vogliamo tutti, Jacob. Siamo confusi quanto
te.”
Gli disse Carlisle, facendosi avanti. Bia si volse a
guardarlo, ma non disse nulla. Carlisle ricambiò il suo sguardo freddo e
distaccato con uno pieno di compassione, anche se ero convinta che fosse
rivolta ad altri.
“ Bia. Cosa vuoi fare di Jonathan, adesso? La scelta spetta
a te.”
Un sorrisino beffardo apparve sul volto di Deborah.
“ E’ ovvio cosa farà. Lo ucciderà.”
Bia non la guardò, mentre vidi Jonathan impallidire più che
mai alle sue parole.
“ Bia.”
La richiamò la ragazza bruna, affiancandola ed osservandola
attenta.
“ Ha infranto il nostro sacro vincolo. Merita la morte
definitiva.”
Aggiunse la ragazza bionda, incrociando le braccia ed
osservandolo piena di disprezzo. Deborah annuì, appoggiandola.
“ Bia.”
La richiamò nuovamente la vampira più grande, esaminando
ogni minima espressione del suo viso imperturbabile.
“ Il dottore ha ragione. Sei tu, il capo. La scelta spetta a
te.”
Bia aprì le labbra divenute di pietra, solo il tempo per
sussurrare.
“ Tu, cosa faresti al mio posto, Tasha?”
Le chiese, mentre Jonathan rabbrividiva al solo pensiero di
quello che la vampira avrebbe risposto.
“ Appoggerei ogni tua decisione, lo sai. Farei solo ciò che
tu mi comanderesti.”
“ Non ti ho chiesto questo.”
Tasha sospirò.
“ Lo so. Ma è quello che farei. Ti chiederei consiglio e
farei ciò che mi diresti di fare. Non per poca determinazione, ma solo perché
mi fido dei tuoi giudizi.”
Bia sorrise, ma non aggiunse altro. Poi si rivolse a
Jonathan, piegandosi alla sua altezza. Jonathan la osservò trepidante, in
attesa dell’esito della sua decisione definitiva.
“ Non ti ucciderò, Jonathan.”
“ COSA?!”
Esclamarono in coro, le due vampire, mentre Tasha
socchiudeva gli occhi, sorridendo.
“ Come non lo ucciderai?! Stai scherzando, capo? Lui merita
la morte, ti voleva portare da Munir, per arti uccidere.”
Bia continuò il suo discorso, come se non fosse stata
interrotta dal fervore di Deborah.
“ Non ti ucciderò, ma non ti lascerò comunque libero. Ti
consegnerò al licantropo e ai suoi compagni, per tenerti d’occhio. E’ il loro
territorio. Devo rispettare le loro regole. Tenendoti lontano dai Cullen,
salvaguarderò anche le loro vite. Munir vorrà vendicarsi per il tuo fallimento,
e io non posso mettere in pericolo coloro che mi ospitano. Solo quando la
guerra contro Munir sarà finita, se sarai ancora vivo, mi premunirò io stessa
per darti una bella lezione. Fino ad allora, non ti parlerò più, non ti
guarderò più, non mi preoccuperò più per te, il tuo pensiero non mi passerà
neppure alla mente, tu non esisterai. Per quel che mi riguarda, Jonathan, tu
sei morto più di cento anni fa.”
Concluse grave, mentre Jonathan abbassava gli occhi chiusi,
la fronte aggrottata, colpito quasi a morte da quelle parole più di qualsiasi
pugno o calcio.
Jacob si avvicinò a lui e lo sollevò con una mano, dopo che
Bia si fosse allontanata da lui. Non disse nulla, né Bia lo guardò mentre,
insieme a Leah e a Seth lo scortarono lontano dalla casa.
“ Perché l’ha fatto? Sembrava volerti così bene. Quasi ti
venerava.”
Chiese Esme, senza capire.
“ Già. E questo è stata la sua rovina. Considerarmi una dea
invincibile, incapace di pietà, ma bella quanto il firmamento. Solo un demonio
con la faccia di un arcangelo come Munir, poteva affiancarmi, così da coronare
il suo sogno idilliaco di una bellezza perfetta. Non lo compatisco per questo,
per aver aiutato un assassino, per aver cercato il mio appoggio con l’inganno,
per aver cospirato contro di me…la verità è che sarebbe stato meglio se
Jonathan non fosse mai diventato un immortale. Avrebbe vissuto la sua vita,
sarebbe diventato un pittore e un generale come suo padre, avrebbe sposato una
donna dolce e comprensiva, che avrebbe amato tutte le sue fragilità e tollerato
tutti i suoi capricci. Avrebbe avuto dei figli, sarebbe diventato padre,
sarebbe cresciuto, maturato, avrebbe abbandonato tutti quegli sciocchi sogni adolescenziali,
di bellezza eterna e di viaggi esotici. Sarebbe diventato un uomo, pieno di
difetti, ma sicuramente migliore del ragazzo sprovveduto che era a ventidue
anni. Sarebbe morto, si, ma avrebbe vissuto la sua vita in modo costruttivo,
invece di passare i suoi immortali a desiderare una donna piena di
complicazioni, che lui considera una divinità.”
Sospirò, osservando le cime dei pini alti danzare,
trascinati al ritmo del vento freddo d’inverno.
“La verità, è che
sarebbe stato meglio se non fossi mai andata al ballo di Mary Green.”
Angolo dell’autrice.
Salveeeeeeeeee!!! Si lo so, sono imperdonabile!! Magari non
mi riconoscete neppure più, dal tempo che ho trascorso senza aggiornare o dare
segni di vita.
La verità? Non avevo più ispirazione e né tempo per
dedicarmi alla scrittura. Da questo momento in poi, l’aggiornamento oscillerà,
ma solo fino e non oltre la seconda settimana di luglio (fine degli esami,
finalmente!XD)
Mi scuso ancora con tutte e tutti voi! Grazie infinite a
tutte quelle che mi hanno commentato e tutti quelli che hanno continuato a
leggere le mie storie, con la speranza che non fossero archiviate!!! Vi voglio
bene, a tutte e a tutti voi!! Bacioni e a presto, Fuffy91!!!XD
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