The importance of being queer.

di chaplin
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The importance of being queer.

Probabilmente Robert avrebbe fatto meglio a non invitare certi ospiti nella pacifica Jennings Farm, giusto per logica.
Se il danno l'avevano combinato a Pangbourne o a Los Angeles o in uno studio di registrazione arrandom o semplicemente non si sa dove, non era certo affar suo. Tutto sommato, fino a quel momento non aveva fatto assolutamente niente. Niente. N-i-e-n-t-e.
Punto primo: non aveva iniziato lui in nessuno dei due, tre, cinquanta casi. Una volta, nel '69, l'avevano fatto davanti ai mixer, per dire, ma mica l'aveva baciato lui. Era stato l'altro a rivolgergli quel fottuto sorriso, a giocherellare con una ciocca dei suoi capelli in quella specifica maniera e a dire con quel tono che “Al momento sono libero da ogni tipo di vincolo, nonostante la stabilità sentimentale sia uno dei pilastri per la costruzione della felicità di un venticinquenne medio.” Era stata tutta opera dell'altro, 'nsomma.
Punto secondo: a Pangbourne non ci viveva mica lui. Che le lenzuola sporche se le lavasse da solo, per Dio.
Punto terzo: era l'altro ad avere un'orda di puttanelle al suo cospetto. Poi certo, Robert sapeva di avere un cazzo spettacolare, sapeva anche che era lui a sventolarlo sul palco tirandosela alla grande, ma il falso imbarazzo e la falsa pudicizia dell'altro facevano impazzire ancor di più le troiette ninfomani che li circondavano durante i loro vari soggiorni in America. Era un'effeminata ed eterea bellezza delicata, a tonalità pastello, che si scontrava con uno sgraziato carisma rimpilzato di calore corporeo, oro e sesso. Soprattutto sesso, sì, soprattutto sesso.
Mica era colpa sua, in sintesi.
E insomma, in quel momento la piccola Carmen stava giocando nel soggiorno con Strider, bene, Maureen stava preparando una frittata ai carciofi, bene, il vecchio Harold stava scaricando i sacchi di concime fuori dall'ingresso, benissimo!, mentre il loro ospite stava dentro il bagno a farsi una bella doccia... e questo non era esattamente un bene.
“Spiegami come mai abbiamo invitato Page
e la sua mascotte francese a pranzare da noi,” aveva mugugnato tra i denti Robert giusto dieci minuti prima, mordicchiandosi con insistenza le pellicine del pollice. Maureen gli aveva risposto con una calda risata, facendogli notare come si era incupito alla vista della bionda – in tutta risposta, le guance del biondo s'erano tinte d'un acceso colorito vermiglio. Chissà, era un senso di rivalità che poteva esistere solo tra biondi, probabilmente. Probabilmente. Ci sperava, più che altro.
In verit
à Robert aveva solo bisogno di chiarire un paio di cose, ma Jimmy sembrava non avere la minima intenzione di fare in fretta e uscire da quel bagno del cazzo.
Per Robert, l'attesa era una delle cose peggiori in questo mondo. Nella sua vita aveva aspettato tanto per tante cose, doveva per forza aspettare pure per venire a conoscenza del presunto significato delle loro recenti sveltine?
Nel frattempo la Martin si era appostata in cucina, guardandosi attorno coi suoi occhi verdi e inespressivi.
Robert non la sopportava. Come facevano degli occhi
verdi ad essere inespressivi? Perché gli occhi di Charlotte erano verdi, verdi come i prati e le foreste – il verde per Robert era un colore che simboleggiava la vita: verde era la natura come Dio l'aveva concepita e la natura era la vita. Ma i suoi occhi non sapevano di nulla. Erano fermi, guardavano su un punto fisso e si disperdevano nel cosmo che si nasconde dietro alle cose, alle cose concrete, allo spazio fisico. Invece quelli di Jimmy erano completamente diversi: erano piccoli e a mandorla, verdi pure loro, ma belli, vivi, pronti a riflettere ogni bagliore di luce, ogni accenno di sorpresa... Gli occhi di Jimmy erano la vita, la vita come Robert l'aveva sempre considerata. E... oh, fanculo! Scosse la testa; stava solo perdendo tempo! Prese un respiro e girò i tacchi, pronto a dirne quattro – cinque, sei, nove, sessantanove – a quel... quel... giapponesotto.
Appena spalanc
ò la porta, fece un balzo all'indietro nel vedere il diretto interessato come la sua mammina l'aveva fatto, e altrettanto fece quest'ultimo, che divenne tutto rosso e si affrettò a nascondersi dietro la tendina della doccia. Robert vide nei suoi occhi quella luce che ben conosceva e a cui stava pensando proprio due secondi prima e, con un certo imbarazzo, vide anche qualcos'altro – Maureen avrebbe dovuto scegliere un tessuto più consistente...
“Plant!” esclam
ò Jimmy. “Di solito le persone bussano, se il bagno è occupato...”
Robert sbuff
ò, cercando di nascondere il rossore sulla sua faccia.
“Scusa, avevo... fretta. Devo chiederti delle spiegazioni. Un paio di spiegazioni, giusto un paio, per chiarire eventuali... fraintendimenti.” Si schiar
ì la gola. “E poi puoi anche uscire... Te l'avrò visto per quarantatre volte... Al minimo.”
Un risolino, un leggero colpetto di tosse e Jimmy usc
ì allo scoperto, coprendosi comunque le parti basse con le mani grosse e affusolate. Aveva lasciato l'acqua accesa, forse si era dimenticato di chiudere il rubinetto.
“... beh, se hai qualcosa da dire... affrettati.” Rise, candido.
“Beh,” Robert si girava i pollici, un po' come fanno i bambini timidi di fronte agli adulti. “E se ti dicessi che...”
Si interruppe non appena si accorse per la seconda volta che,
diamine, la persona che stava davanti a lui era completamente nuda, bagnata fradicia, coi capelli gocciolanti e la barba scura come l'inchiostro appiccicata al suo viso. Jimmy era nudo, bagnato, mezzo inginocchiato nella vasca del suo bagno. Deglutì sonoramente, smettendo di muovere quei – fottuti – pollici.
“Tu...” Si morse subito il labbro. Robert era sempre stato un ragazzo inopportuno e invadente, con la lingua sempre impegnata a pronunciare questo e quello. Cosa gli avevano detto i suoi genitori?
Ricordati di pensarci bene prima di dire qualcosa, e Alison aggiungeva sempre, ghignando, Conta fino a dieci. “Tu che dici sempre cose tanto fighe e intricate... Saprai di certo che... che ogni essere umano ha i propri istinti, tipo la gamba che scatta quando ti colpiscono al ginocchio con un martello...”
Jimmy inclin
ò la testa di lato, non capendo a cosa l'altro intendesse arrivare.
Il fatto era che nemmeno Robert lo sapeva. Doveva chiedergli delle spiegazioni, certo... Ma come? A quale scopo? Ma soprattutto – domanda da un miliardo di sterline – spiegazioni per
cosa?
Lui aveva detto “istinti”. Gli istinti sessuali erano schemi e disegni puramente umani: sotto sotto, pure Alessandro Manzoni aveva provato istinti sessuali durante la sua vita. Provarli non era un peccato, quindi perch
é si stava preoccupando tanto? E poi niente, era sposato, aveva una bellissima figlioletta destinata ad avere un meraviglioso futuro, un bel cane, dei sacchi di concime all'ingresso della sua bella abitazione gallese e... E Oscar Wilde era omosessuale, e allora? Che male c'era in tutto questo? Nessuno. Non c'era niente di male. Allora perché aveva così tanta paura? Dio, che mal di testa...
P-perché...?” Si bloccò subito.
Un momento. Strizzò gli occhi e trattenne il respiro. Stava sbagliando tutto, stava sbagliando tutto!
Spaventato, insicuro, s
i buttò a capofitto sulle labbra dell'altro, saltando dentro la vasca. Si mise a baciarlo con foga, percorrendo sgraziatamente il suo palato con la lingua, stringendo la sua testa tra le mani, le ciocche umide dei suoi capelli tra le sue dita. E puf, il mal di testa se n'era già andato via.
L'altro rimase fermo a ricambiare con una passiva sorpresa quel qualcosa a cui di solito era abituato ad attribuire il termine bacio – contatto delle labbra con una parte del corpo di qualcuno, o con un'altra superficie; una delle tante maniere per esprimere affetto o devozione, forse anche la più strana quanto la più semplice e naturale, bella. L'acqua intanto continuava a scorrere, inzuppando i vestiti e la chioma dorata di Robert, ma quest'ultimo non ci diede peso; aveva occhi solo per Jimmy, che stava sotto il peso del suo corpo, la costante di tutte quelle seghe mentali e non mentali che s'era fatto fino a quel momento.
Il biondo si impose allora sul bruno, costringendolo a rannicchiarsi in fondo alla vasca; le sue mani scesero lentamente giù, giù, tracciando due linee irregolari lungo il contorno del corpo smilzo del chitarrista, isolando una delle due semirette parallele e conducendola fino al centro dell'addome e poi sempre più giù, fino a raggiungere la zona del membro. Il bruno gemette piano, mentre il biondo tremava, nervoso com'era.
La vita è una continua avventura, gli avevano insegnato alle elementari. Beh, fanculo.
La vasca divenne ben presto stretta, una parte fin troppo minima dello spazio che stava ai loro piedi, alle loro ginocchia. La temperatura nel bagno si alzava man mano che aumentava il vapore generato dall'acqua bollente, che ostruiva il loro respiro e si infiltrava in mezzo all'ossigeno, bloccando la circolazione dell'aria nel vuoto compreso tra le quattro mura del bagno.
Il bruno ora teneva il viso affondato nel petto del biondo; tremava anche lui, infreddolito, avvinghiatosi al collo dell'altro.
“Cos'
è che... volevi chiedermi?” sussurrò piano Jimmy, ansimando.
Robert non rispose. Si morse il labbro, chiuse gli occhi e forz
ò l'altro a voltargli le spalle, appoggiandosi quindi sulla sua schiena col principio di un pianto sul suo viso, rosso come un pomodoro e stropicciato da una smorfia disperata.

 

 

Eee... Etciù!
Charlotte sembrava estremamente divertita da quello spettacolo.
Jimmy continuava a starnutire, seduto sulla poltroncina e avvolto dalle lenzuola chiare che gli aveva dato Maureen. Era circondato da sciroppi e confezioni di fazzoletti e teneva un piatto di zuppa sul bracciolo a sinistra, le ginocchia nude accavallate.
“Vuoi che torniamo a casa?” chiese Charlotte al marito, ghignando.
“Avere un bacino d'acqua accanto a casa mi manca, ma...
etciù! … mi va benissimo rimanere qui, sì...” Le rivolse un enorme sorriso, tirando su col naso. “Ti dà fastidio se rimaniamo qui per un altro po'? Sono sicuro che una piccola vacanza ci possa fare soltanto del bene...”
Charlotte rise piano, si alz
ò da terra e uscì dal salotto; Robert allora si fece avanti, cercando di evitare gli occhi dell'altro.
“Jimmy...
Perché...”
“Risparmiami i tuoi perch
é, Plant, ne ho abbastanza,” lo ammonì il chitarrista, soffiandosi il naso su un fazzolettino di carta.
Robert cerc
ò di ridere, ma dalle sue labbra uscì solo una specie di singhiozzo nervoso.
“... perch
é quella rimane?” chiese, in un moto di disprezzo, allungando gli occhi in direzione dell'ingresso del salotto.
Jimmy sembr
ò pensarci per un po', dopo di che sorrise di nuovo, una luce di malizia negli occhi.
“La vita
è una continua avventura, dicono.” Alzò un angolo della bocca.
Rimasero in silenzio per qualche secondo, il bruno prese un altro fazzoletto dalla confezione che teneva tra le dita sottili, mentre Robert stette l
ì immobile a guardarlo, in attesa di un'altra sua parola, qualsiasi parola avesse deciso di pronunciare.
“Febbre o non febbre, domani ricominceremo da dove ci siamo interrotti.” Una pausa. “La stabilit
à sentimentale non la si raggiunge con un documento, dopo tutto.”

 

 






A/N:
Le mie vacanze estive sono appena iniziate. Ok, a esser sinceri le mie vacanze estive sono iniziate l'11 giugno, ma per un'intera settimana ho avuto un blocco che si è sciolto solo ieri, quando ho scoperto di esser stata promossa senza nessun debito. Il che è straordinario, io ancora non ci credo – magari ho visto male, chi lo sa. E niente, le mie vacanze sono iniziate solo ieri, quindi pubblico oggi questa shot, così posso vantarmi di aver iniziato le vacanze con una bella scopata in bagno. [cit.] Questa cosa non ha alcun senso, quindi nessuno ha l'obbligo di scervellarsi per capirne il significato. Forse parla sull'omosessualità, sui disagi che prova chi si sente respinto e diverso, ma ne dubito. Comunque grazie a chiunque abbia letto e a tutte le persone nel mondo che non hanno pregiudizi. E una nota finale: le altre storie le sto continuando, non le ho abbandonate, don't worry. <3





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