Torna da noi
Era passato molto
tempo, più di quanto avesse creduto di poter sopportare. E rivederli
tutti e sei li davanti a se, quella era una cosa a cui non era per
nulla preparato.
Da troppo tempo non
incrociava i loro sguardi, e si era ripromesso di non doverlo fare
mai più.
Ma quel giorno era
stato qualcosa di strano a trascinarlo fuori dalla sua casa, in un
prato che in quel periodo era pieno di fiori dai più vari colori, e
a metterlo nuovamente di fronte a persone che non incontrava da anni.
Lo sapevano che non
sarebbe venuto nemmeno quell'anno. Ci avevano sperato il primo anno,
avevano avuto dei dubbi l'anno seguente, ma ora ne erano certi.
Nessuno,
d'altronde, l'aveva più rivisto. Aveva lasciato tutto, scuola,
calcio, amici. Era praticamente scomparso.
Qualche volta uno
di loro sei camminava sotto il palazzo dove viveva. Alzare gli occhi
verso la finestra della sua camera era un gesto meccanico. Quante
volte da quella finestra avevano guardato la strada, ridendo e
scherzando tutti insieme. Al di la di quella finestra c'erano solo
ricordi felici. Ma ora, al di la di quella finestra, la realtà era
un'altra. Di felicità, in quella stanza, non ce n'era più da tempo.
Inizialmente avevano provato a rintracciarlo, preoccupati di quello
che potesse succedergli, ma non si era mai fatto vedere. Dopo un po'
la situazione era diventata insostenibile anche per loro, che
inevitabilmente avevano deciso di lasciarlo stare, di lasciarlo da
solo per tutto il tempo che sarebbe stato necessario. Da amici si
erano sentiti in obbligo di tornare da lui, quando sarebbe stato il
momento. Il momento, però, non era mai arrivato.
Per questo, quando
lo videro da lontano, non poterono credere ai loro occhi. Eppure, più
si avvicinava meno avevano dubbi. Quando si fermò a pochi passi da
loro, però, quasi non lo riconobbero. La carnagione pallida, quasi
bianca, occhi rossi e gonfi, una corporatura incredibilmente magra,
tutto era estremamente lontano dall'ultima immagine che avevano di
lui.
Uno di loro fece
alcuni passi avanti, verso il ragazzo che per tutti quegli anni aveva
considerato come un secondo fratello. La prima cosa che gli passò
per la mente fu di tirargli un pugno, mettendo le basi per quella che
sarebbe stata un'altra litigata, come quelle che facevano anni
addietro. Subito dopo, la sua testa si riempì di un sacco di frasi
che avrebbe voluto dirgli; voleva rimproverarlo per non essersi fatto
vedere per tutto quel tempo, voleva rassicurarlo, voleva ricordargli
che loro erano un gruppo e che si sarebbero aiutati sempre, voleva
che avesse fiducia in lui ancora una volta.
Ma la sua bocca non
si mosse, il suo viso si incrinò in un'espressione di assoluta
tristezza.
Fece l'unica cosa
che era in grado di fare. Lentamente, il suo braccio si distese e il
ragazzo mostrò la mano, pregando con gli occhi l'amico di stringerla
ancora una volta. Dopo quel passo, sarebbe stato tutto più facile.
Quando posò gli
occhi sulla persona che si era staccata dal gruppo, si stupì del
cambiamento che la sua figura aveva subito. I capelli erano molto più
lunghi di quanto si ricordasse, lasciati cadere sulle spalle e
leggermente arricciati. La maglietta verde senza maniche che una
volta indossava sempre ora aveva lasciato il posto a una t-shirt
completamente nera, mentre jeans fino alle ginocchia lasciavano
scoperte le gambe che, da allora, si erano irrobustite parecchio.
Il braccio destro
del suo vecchio amico era teso verso di lui. Era chiaro che quella
era una proposta, un invito a tornare insieme, a riportare tutto come
a tre anni prima. Era chiaro che tutti speravano in un
ricongiungimento, e primo tra tutti il ragazzo che ora aveva di
fronte.
Ma molte cose erano
cambiate, nessuno era più lo stesso di prima. E non aveva nessun
motivo per riunirsi a loro, e soprattutto non aveva nessuna
intenzione di dimenticare, ne di ricominciare.
Raccolse tutte le
sue forze, voleva urlare in faccia ai suoi vecchi amici tutto quello
che aveva dentro da anni, voleva raccontare a loro come si era
sentito in tutto quel periodo. Si aspettava di aver fiato per parlare
per un'ora senza mai fermarsi, tante erano le cose che aveva da dire.
Ma riuscì solo a pronunciare una frase.
-Come fate ad
andare avanti?- urlò.
Gli occhi si
riempirono di lacrime, la testa si fece più pesante di quanto non
fosse mai stata. Ignorando completamente la mano dell'amico tesa
davanti a lui si girò di scatto e corse, corse verso casa. Voleva
solo tornare nella sua stanza, da cui non sarebbe dovuto uscire e da
cui sicuramente non sarebbe uscito mai più.
-Dai Matt, sapevi che sarebbe finita così.-
Una voce alle sue spalle lo stava chiamando. Il ragazzo sospirò
pesantemente. Aveva ancora il braccio destro teso. Prima di girarsi,
diede un'ultima occhiata all'amico che stava correndo, sicuramente
verso casa, lungo la strada che riportava in città. Ormai lo vedeva
solo come un puntino sull'orizzonte. E più o meno era quello che
veramente era diventato, un punto sfocato e lontano nelle loro vite.
-Diciamo che ci avevo sperato- rispose il biondo.
Una ragazza gli mise una mano sulla spalla, cercando di confortarlo
per quel poco che era possibile. Vedere il loro amico in quello stato
stava pian piano distruggendo anche loro. La ragazza lo sapeva.
-Fino a quando riusciremo a resistere, così?- sussurrò all'orecchio
di Yamato.
-Non credo per molto. Forse sarà meglio che vada a parlargli-
Sperando che voglia vedermi, aggiunse tra se e se.
-Ma ci andrai dopo. Adesso abbiamo qualcosa da fare, noi sei- rispose
la ragazza.
Tai era corso in camera sua senza dire una parola. Non che sua madre
avesse fatto molto per trattenerlo. Ormai le cose andavano così, in
quella casa. All'inizio anche lei e il marito avevano provato a
reagire, a parlare con il figlio, ma non era andata proprio come
speravano. Ora si limitavano semplicemente a far trascorrere i giorni
lentamente uno dietro l'altro, in uno stato di apatia che dal ragazzo
moro aveva terminato con il contagiare anche loro. Eppure lei lo
sapeva, ne era certa: gli amici di suo figlio, due in particolare,
avrebbero sistemato le cose, per quanto possibile. Non avrebbero mai
permesso al loro migliore amico di continuare in quello stato. Prima
o poi qualcuno avrebbe suonato alla porta e lei, dopo averla aperta,
si sarebbe trovata di fronte a due ragazzi che conosceva bene, ma che
negli occhi avrebbero avuto una determinazione e una forza
straordinarie. Lo sapeva, era solo questione di tempo. E, con tutto
il suo cuore, sperava che quel giorno, il giorno in cui la loro
famiglia sarebbe potuta tornare ad essere quasi come quella di un
tempo, arrivasse presto.
Fu come un lampo. Un lampo che colpì la signora Yagami in pieno,
distogliendola dai suoi pensieri. Era intenta a pulire il pavimento
della cucina, ma si precipitò ad aprire la porta. Mai come in quel
momento, il suono di quel campanello le era sembrato il suono della
speranza. Dopo aver aperto la porta, si trovò davanti d un ragazzo
biondo e dagli occhi azzurri. Non aveva bisogno di altro. Aveva visto
quei capelli e quegli occhi così tante volte. Il ragazzo non disse
una parola, chiedendo solamente il permesso di entrare in casa e,
dopo un profondo inchino, si diresse verso la porta della stanza del
suo migliore amico.
Da dietro le sua spalle, sentì un sussurro.
-Buona fortuna, Matt.-
Non bussò nemmeno. Molto meglio prenderlo di sorpresa, perlomeno
sarebbe stato divertente vedere la sua reazione.
Quello che trovò entrando in camera fu un Taichi appoggiato al
davanzale della finestra. Lo vedeva solo di spalle, ma si immaginava
il suo sguardo perso nel vuoto, gli occhi fissi magari contro il muro
di un qualsiasi palazzo, ma che invece non stavano guardando niente
di preciso. Anche lui aveva passato intere giornate così, da
bambino.
Appena il biondo chiuse la porta dietro di se, il moro fece un rapido
cenno con la mano, che Yamato interpretò come un saluto.
-Cosa ci sei venuto a fare qui?- chiese con una voce piatta Taichi,
senza smettere di guardare l'esterno.
-Mi sembra ovvio. A parlare con te.-
-E chi ti dice che io voglia parlare? Vattene a lasciami da solo, una
volta per tutte. Lasciatemi tutti quanti da solo.- Le ultime cinque
parole le aveva urlate, forse senza nemmeno rendersene conto.
Non si accorse, occupato com'era a guardare nel vuoto, che l'altro si
stava avvicinando alla finestra, e quasi non si rese conto che
l'aveva obbligato a guardarlo negli occhi. Ma poteva intuire quello
che sarebbe successo poi. Era pronto a ricevere un pugno in pieno
volto, come era successo già molte altre volte. E puntualmente la
sua aspettativa fu confermata.
Chiuse meccanicamente gli occhi, preparandosi al dolore, che non
tardò ad arrivare. Quando li riaprì il biondo era in piedi davanti
lui, e lo guardava con due occhi di ghiaccio.
-Cosa diavolo era quella frase? Chi ti credi di essere?- Yamato stava
urlando, sembrava fuori di sé. Taichi non si ricordava di averlo mai
visto in uno stato del genere, eppure lo aveva visto arrabbiato molte
volte. Ma ora era diverso. Non era semplice rabbia, era qualcosa di
più.
-Credi di essere l'unico che sta male? Credi di essere l'unico che ha
sofferto e che continua a soffrire? Credi di essere l'unico ad aver
perso una persona a cui tenevi? Tutti eravamo affezionati a Hikari, e
tutti siamo distrutti da quando se n'è andata.- disse il biondo
tutto d'un fiato.
A questo punto non riusciva più a controllarsi nemmeno Taichi, Come
poteva pretendere, Yamato, di sapere cosa provava? Era stata Hikari a
morire, non Takeru. Era lui, Tachi, che aveva perso un parente, non
Yamato. Come poteva sapere cosa si provava? Tutte queste cose le
disse ad alta voce, senza pensarci. Non riusciva più a tenersi tutte
quelle cose dentro.
Osservò la reazione del ragazzo di fronte a lui. Yamato abbassò per
un attimo lo sguardo verso terra, preparandosi a rispondere a tono al
suo migliore amico.
-Ah, è questo che pensi? Credi di avere solo tu il diritto di
soffrire? Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo? Prendi
Takeru, ad esempio. Lui non ha perso nessuno? A me sembra che abbia
perso la sua migliore amica. Prendi Sora, nemmeno lei ha perso
nessuno? Invece ha perso quella che considerava una sorella. Prendi
me e tutti gli altri: abbiamo perso una compagna, una persona con cui
avevamo condiviso moltissime avventure. Sicuro di essere solo te a
stare male per quello che è successo? Pensaci bene, caro mio, prima
di dire certe stupidate.-
Taichi si sentì male, veramente male. Dentro di se sapeva che le
parole di Yamato erano vere, il suo amico aveva ragione. Si era reso
conto di aver pensato solo a se stesso, senza cercare di capire cosa
avrebbero potuto provare i suoi compagni. Ma la questione era ancora
aperta. Aveva ancora altro da dire al biondo.
-Non è solo questo- disse sottovoce Taichi, con la testa piegata e
il viso nascosto dalle mani.
-Cosa hai detto, Tai?-
-Ho detto che il punto non è solo questo.-
-E allora cos'altro hai?- chiese Yamato, pronto a dare un'altra
strigliata all'amico, qualsiasi fosse la stupida idea che si portava
ancora dentro.
-Perchè non l'ha salvata anche quella volta? Perché, nel momento in
cui più aveva bisogno di aiuto, lei non si è presentata? Perchè
non si è presentato nessuno?- ripeté a voce bassa il moro.
-Ma di chi stai...- cominciò a chiedere il biondo.
-Di Tailmon, e di tutti gli altri- rispose subito Taichi. -Pensa,
quanto abbiamo fatto per loro? Quante volte li abbiamo aiutati nel
loro mondo? E allora perché loro non hanno ricambiato? Eppure noi
siamo stati chiamati a Digiworld per aiutarli. Noi non ci meritiamo
il contrario? Non ci meritiamo anche noi un aiuto da parte loro, nei
momenti di bisogno?-
Yamato capiva benissimo come poteva sentirsi l'amico, dal momento che
anche a lui era capitato di porsi molte volte quelle domande.
-Prova a pensarci. Credi che, potendo, non si sarebbe precipitata in
soccorso di Hikari? Non è stata lei a non volerla aiutare.
Solamente, non ne aveva la possibilità. Probabilmente in quel
momento non sapeva nemmeno quello che stava succedendo nel nostro
mondo- disse pacatamente Yamato.
-Nemmeno noi sapevamo niente di Digiworld, eppure ci hanno trascinato
in quel mondo senza che potessimo rifiutarci. Loro avevano bisogno di
noi, e noi siamo andati ad aiutarli. Perchè non è potuto succedere
il contrario?- si lamentò Taichi ad alta voce.
-Taichi- cominciò l'amico, -come puoi incolpare Tailmon, o qualsiasi
altra persona, per la morte di tua sorella? L'unico responsabile ha
pagato, e continuerà a pagare per un bel pezzo. Ma nessun altro ha
colpa. Nemmeno tu. Chiaro?-
Il tono con cui Yamato aveva pronunciato l'ultima parola non lasciava
nessuna possibilità di replica.
-Yamato, ho sbagliato tutto?- domandò con un filo di voce il moro.
-No, non tutto.- disse l'altro. -Non hai sbagliato ad essere triste
per la perdita di tua sorella, e non hai nemmeno sbagliato nel voler
stare un po' da solo. Il tuo solo errore è stato dimenticarti delle
persone che avrebbero voluto aiutarti. Ti sei scordato di noi. Ti sei
scordato di me.-
I due rimasero in silenzio per qualche istante. Taichi fissava il
pavimento, mentre Yamato la parete dietro l'amico.
Fu il biondo, contrariamente alle sue abitudini, a ricominciare a
parlare.
-Nessuno avrebbe preteso di toglierti del tutto il dolore che
provavi. Non avrai forse pensato che fossimo così egoisti da
pretendere il Taichi di sempre dopo così poco tempo da una tragedia
simile? Volevamo solo aiutarti, darti una mano a portare il peso che
ti stava schiacciando. Nessuno voleva intromettersi nella tua vita,
soprattutto in un momento simile. Ma eravamo pronti a starti accanto
in qualsiasi momento, appena l'avresti voluto. Abbiamo atteso a lungo
quel momento, ma non si è mai presentato.-
Taichi non parlava. Il discorso dell'amico lo aveva colpito. Non era
abituato a sentirlo parlare così a lungo. Per quanto ricordasse, era
sempre stato poco loquace. Ma chissà, magari era cambiato. In fondo
non lo vedeva da anni. E fu proprio quel pensiero, a far capire a
Taichi molte cose.
Fu come una doccia gelata. Lui, Tai, non vedeva il suo migliore amico
da anni. Come aveva fatto a sopportare una cosa simile? Certo, per
quanto lui e Yamato fossero diversi, per quanto si fossero picchiati
da bambini, e per quanto ancora adesso si trovassero a discutere, non
era mai trascorso giorno senza che il moro ringraziasse mentalmente
il destino per averli fatti diventare così amici.
E ora si era reso conto che era rimasto senza di lui per tre anni. Fu
una sensazione devastante, terribile. Rimase saldamente in piedi, la
testa non gli girò, gli occhi non si offuscarono e non vide la
camera girare intorno a se, ma ciò che provava dentro di se era
qualcosa di indescrivibile, di tremendo. Di colpo non riuscì neppure
a guardare il suo vecchio amico negli occhi. Puntò lo sguardo dritto
a terra e, sempre fissando il pavimento, disse con un filo di voce
una sola parola.
-Scusami.-
Yamato non credeva alle sue orecchie. Erano state pochissime le volte
in cui aveva sentito il suo migliore amico dire quella parola, per
cui sapeva bene come fosse restio ad ammettere i propri errori. Se
questo era possibile, pensò, sotto sotto Taichi era addirittura più
orgoglioso di lui.
-Di cosa?-
-Beh- iniziò Taichi con una voce stranamente incerta, -di averti
lasciato solo per tutto questo tempo.-
Entrambi si guardarono negli occhi per un tempo che al moro parve
lunghissimo. Yamato, era evidente, non sapeva come porsi nei
confronti dell'amico dopo una frase del genere. Per questo fu Taichi
a riprendere la parola, continuando il discorso.
-Non mi ero reso conto di quanto fossi stato lontano da voi. Tre anni
fa non avrei sopportato, credimi, di trascorrere un singolo giorno
senza i miei amici, e in special modo senza te e Sora. Eppure sono
passati tre anni. Quante cose ho perso, Yamato, in questo tempo? Non
vi sono stato accanto, non vi ho aiutati quando avevate bisogno di
me. Tre anni, ti rendi conto? Tre anni persi, che non torneranno più.
Siete cambiati, tu sei cambiato. Quando vi ho visti, prima, quasi non
vi riconoscevo. E adesso ho capito che non vi conosco più come vi
conoscevo una volta. Tutto questo tempo trascorso da solo, senza
voler nessuno accanto, mi ha allontanato dalle persone più
importanti della mia vita, che non sono più quelle di una volta. E
ora mi chiedo cosa succederà. Dovrò faticare moltissimo, per far
tornare il nostro rapporto come prima. Dovrò ricostruire ogni
singolo rapporto da zero, come se avessi conosciuto ciascuno di voi
per la prima volta. Sempre che voi lo vogliate.-
Il volto di Yamato fu percorso da un breve sorriso. Aveva capito
perfettamente cosa voleva dire l'amico, così come le sue
preoccupazioni. Ma, anche se Taichi ancora non l'aveva capito, il
loro rapporto stava già, pian piano, tornando quello di prima.
-Perchè credi che non lo vogliamo?- chiese Yamato, sempre guardando
il pavimento.
-Voi avete cercato di aiutarmi, dopo la...-
-La morte di Hikari?- completò il biondo. Per il suo amico era
ancora dura accettare quello che era successo. Ma lui era fiducioso;
con l'aiuto di tutti supererà anche questa. Completamente.
-Si, quella.- Taichi sospirò a lungo. -E io invece mi sono chiuso in
questa stanza. Non mi stupirei se vi foste dimenticati di me.-
-Idiota.- Yamato pronunciò quella parola con un tono particolarmente
grave, e Taichi si aspettava di ricevere le più svariate accuse da
quello che già considerava il suo ex migliore amico. Accuse che
sentiva di meritare appieno.
-Non ti sei ancora reso conto di niente?- chiese il biondo.
Taichi cercò di guardarlo negli occhi, ma l'altro teneva
costantemente lo sguardo abbassato.
-Credi, ad esempio, che il rapporto tra me e te sia cambiato?-
-Non mi sorprenderebbe- disse lentamente il moro.
-Ah si? E allora mi spieghi una cosa?-
-Cioè?-
-Come mai sono venuto fin qui per parlare con una persona che non
vedevo da tre anni, deciso a fare di tutto pur di riportarlo tra i
suoi amici di un tempo?-
Il viso di Taichi fu percorso dal primo, vero, spontaneo sorriso da
anni. E quando Yamato alzò gli occhi dal pavimento, fu sicuro di
vedere lo stesso sorriso nelle sue iridi azzurre.
-Solo perché avevo tempo da perdere?- concluse il biondo.
Non riusciva a credere di essere all'aria aperta. Non sapeva nemmeno
lui come, ma Yamato ci era riuscito. Stavano andando dai loro amici,
che avrebbero sicuramente avuto la stessa reazione della signora
Yagami quando aveva visto il figlio uscire dalla camera dove ormai
trascorreva quasi 24 ore su 24. Nel volto si leggeva solamente
incredulità per quell'avvenimento atteso così a lungo; la signora
aveva gettato uno sguardo colmo di gratitudine verso il biondo, che
aveva risposto con un lieve sorriso, prima di lasciare che i due
uscissero di casa, sapendo bene dove erano diretti.
-Lo sai che non cercheremo mai di farti dimenticare tua sorella, ne
tantomeno cercheremo di cancellare il tuo dolore.- Yamato era
terribilmente serio, mentre pronunciava quelle ultime parole.
Evidentemente, aveva paura che l'amico potesse fraintendere le loro
intenzioni. Ma Taichi aveva capito quello che il biondo intendeva
dire e non ne poteva essere più felice. Certo, la strada per
portare tutto come ai vecchi tempi sarebbe stata molto lunga, ma era
sicuro di riuscirci.
Rivolse lo sguardo verso un cielo straordinariamente limpido, che gli
ricordò d'istinto le iridi azzurre del suo migliore amico. Gli doveva tutto, senza nessuna eccezione.
-Yamato... Grazie di tutto.- disse sottovoce, per non farsi sentire
dal biondo.
Alla sua sinistra, Yamato stava fissando dritto davanti a se,
preparandosi all'incontro con il resto del gruppo, quando sentì
delle parole, pronunciate con un filo di voce, che lo resero felice
come non era da anni. Nel suo volto non lasciò trasparire nessuna
emozione, ma i suoi pensieri furono rivelati da una frase, che non
riuscì a non pronunciare ad alta voce.
-Non ringraziarmi. Per te, è il minimo.-
I due si fermarono, guardandosi per un istante, incerti su come
comportarsi. Nessuno dei due avrebbe mai creduto di sentire parole
del genere uscire dalla bocca del biondo. Soprattutto quest'ultimo,
ancora incredulo di ciò che aveva appena detto. Ricominciarono a
camminare, senza parlare per il resto del tragitto; ma quello era,
senza dubbio, il più bel silenzio che fosse mai calato tra loro.
Ok, questa è la prima
fic che pubblico. C'è poco da dire: non mi ritengo affatto un
buon scrittore, ma ho pubblicato questa one-shot più che altro
come una scommessa con me stesso. Non avevo mai pensato di
trovare il coraggio per pubblicare qualcosa su questo sito, ma ora sono
più che soddisfatto. Spero solo che la storia vi sia piaciuta,
anche solo per un misero 1%
P.S. Ho immaginato questi
avvenimenti in un contesto in cui non sono presenti i personaggi di
Adventure 02, un pò come se la morte della giovane Yagami avesse
modificato completamente la trama della serie.
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