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Seiji era rimasto immobile nel corso di quell'ultima scenata e anche
nel momento in cui Tenku scappava a rifugiarsi sotto le coperte...
immobile e rigido come marmo, sconvolto, non sapeva se per la
tensione di tutto ciò che era accaduto o se, soprattutto, per
quell'ultima reazione. Non capiva perché il suo cuore si
stringeva in una morsa, perché adesso si sentiva lui il
colpevole, perché era convinto di avergli fatto del male e che
Touma non lo meritasse.
“Non
lo meriterebbe?” un
grido di protesta che si innalzò nella sua mente, “mi
ha preso in giro, mi è saltato addosso con... intenzioni fin
troppo evidenti, aveva intenzione di disonorarmi e... non meriterebbe
che io mi sia difeso?”
E, nonostante tutto, lui stesso non credeva a tutte le
giustificazioni che la sua mente andava formulando... senza troppa
convinzione.
“Cosa
vado a pensare? Touma non voleva farmi del male... lui non mi farebbe
mai del male, non potrebbe!”
Ecco... quei pensieri... essi sì erano sinceri, spontanei, ciò
che realmente rappresentava le sue convinzioni.
Forse, dopotutto, era il clima di quella serata, si era svolta tutta
in maniera fin troppo strana.
“Anche
io stesso ho fatto una cosa strana, Touma aveva ragione... siamo
tutti sotto l'influsso di qualcosa...”
Ma era così negativo quel qualcosa?
Scosse convulsamente il capo.
“Basta,
basta, basta, mi sto smarrendo di nuovo!”
In quel momento si rese conto che era ancora seduto a terra, a
fissare la sagoma disegnata dalle coperte con un'espressione
sicuramente da ebete.
Si portò una mano alla fronte, accorgendosi solo in quel
momento di essere caduto preda di una pulsante, insopportabile
emicrania.
“Che
cosa devo fare adesso?”
Innanzitutto, forse, era necessario muoversi... raggiungere il
proprio letto... infilarsi a propria volta sotto le coperte... ed
attendere il mattino, perché il sole... la luce... portasse
consiglio.
Ed in effetti si mosse ma, quando prese coscienza del proprio
percorso, si avvide di non aver raggiunto il proprio letto, bensì
quello di Touma... e la sua mano era già sulla spalla di Tenku
e la scuoteva:
“Touma...
Ehy... Touma...”
Nel frattempo stava odiando il proprio corpo e le proprie emozioni
che, forse per la prima volta nella sua vita, andavano contro il suo
controllo. In qualche modo si sentiva dissociato.
Touma, da sotto le coperte, irrigidì le spalle e, di riflesso,
si appallottolò ancora di più su se stesso.
"Cosa c'è?".
Avrebbe voluto essere più duro, inflessibile e spietato. Ma
perchè la voce gli uscì così, incrinata e
soffocata? Non voleva lasciar intuire il proprio dolore, ora no: ora
era davvero troppo, ora si sentiva davvero scoperto. Si sentiva
esposto a tutto, potenziale vittima di ogni cosa negativa potesse
accadergli accanto.
"Seiji, se non vuoi dirmi nulla ... va a dormire ... è
meglio".
Lasciami solo ... solo ... solo con me stesso e con i miei pensieri.
Ma, comunque, solo. Doveva farci l'abitudine, forse era il karma,
forse …
Una parte dell'animo di Korin avrebbe desiderato dare ascolto a Touma
ed allontanarsi.
“D'accordo,
io ho dato il via a questa situazione odiosa, ma che altro posso
fare? Fingiamo che non sia accaduto nulla, lasciamo correre, e sarà
tutto dimenticato.”
No, non era l'anima a formulare certi pensieri, ma quella parte di sé
che tentava di far prevalere la ragione... tuttavia, il guerriero
della luce era perfettamente consapevole che la ragione non poteva
essere più forte del cuore, per quanto si tentasse di dominare
l'interiorità umana questa era così ricca, così
immensa ed infinita che scoprirla tutta era davvero impossibile. E,
doveva accettarlo, lui stesso non si conosceva del tutto, non si
conosceva, forse, per niente.
E così non voleva andarsene, voleva restare lì, voleva
che Touma comprendesse quanto fosse dispiaciuto, quanto fosse
importante che ogni cosa tornasse a posto... al proprio posto...
senza più fraintendimenti né ambiguità. Ma qual
era l'ambiguità? Quel che Seiji cercava di nascondere... o
proprio il fatto stesso di non raccontarsi la verità così
com'era?
Perché, in effetti, non riusciva a capirla questa verità,
la verità che giaceva dentro di lui.
“Io...
credo che dovremmo parlare, invece, Touma... C'è qualcosa da
chiarire...”
L'aveva detto... era una follia... che giustificazione poteva
trovare, per chiarire? Non ne aveva la più pallida idea...
solo una cosa sapeva: che la situazione tra loro non poteva restare
così.
La figura di Touma rimase ferma, bloccata, come se neanche il respiro
riuscisse a scuoterla: poi, lentamente, il samurai si alzò a
sedere, la schiena rivolta al compagno, il viso al muro ...
cocciutamente risoluto, come sempre. Ma che diavolo gli stava facendo
fare? Non era stato chiaro nelle sue parole? Era sadico continuare a
punzecchiarlo così ... prima col bacio ... poi con quello
sciogliersi tra le sue braccia... e gli occhi che sembravano solo
chiedere altro. E invece ...
"Chiarire? Oh, avanti ... prego, dì pure. Anche se mi
pare che, così, tutto sia chiaro e limpido".
E no ... stavolta quel tono, quelle parole, non erano uscite dalla
sua bocca senza che lui riuscisse quasi a rendersene conto. Stavolta,
ogni singola sillaba, ogni intonazione, la stessa chiarezza
nell'esprimerle... tutto era assolutamente voluto e desiderato, fin
nei più minimi e infimi particolari.
Chiaro e limpido?
“Chiaro
e limpido?” protestò Seiji con tono più acuto di
quanto avrebbe desiderato, l'atteggiamento di Touma rischiava di far
prevalere nuovamente in lui un insopportabile nervosismo...
insopportabile perché non tollerava di lasciarsi trascinare in
quel modo da sentimenti negativi, non facevano bene allo spirito e
alla luce interiore.
Tuttavia, se davvero per Tenku era tutto così chiaro e
limpido... lo invidiava... lo invidiava profondamente.
“Che
ti devo dire?” continuò piccato, “beato te che
vedi tutto così chiaro e limpido allora, perché...”
si bloccò, trattenne il fiato, doveva smetterla di parlare con
tono di voce così scortese, non piaceva a se stesso, si
riconosceva sempre meno nel corso di quella serata... e poi
nottata... assurda...
E un velo di confusione scese ad oscurare ed a rendere più
incerto il suo discorso, così come l'inflessione stessa,
mentre il capo si abbassava, si distoglieva da quella figura
ostinatamente voltata dall'altra parte:
“Perché...
vorrei che mi insegnassi allora... a vedere tutto così chiaro
e limpido in questa situazione.”
"Sei proprio un ... baka ..." l'imprecazione venne fuori in
un soffio, ma Korin la udì perfettamente, alimentando ancora
stizza e confusione. "Mi vuoi dire che non hai capito nulla?!
Hai un bel dire ... io sarò anche un patetico asociale ... ma
tu sei l'assurdità fatta a persona!" sbottò con
crescente amarezza Tenku, continuando poi, senza lasciare spazio a
una sola risposta del compagno:
"Cosa pensi che significhi quando un ragazzo ti salta addosso? E
bacia la tua pelle ... e si strofina a te ... Ma, accidenti, Seiji!".
La voce mezza strozzata, mezza disperata di Touma fece sobbalzare un
Seiji senza parole, costernato, imbarazzato e dannatamente irritato:
non solo stava descrivendo - anche troppo minuziosamente per i suoi
gusti - quello che aveva fatto prima. Ma non lo degnava nemmeno di
uno sguardo, mentre gli sbatteva in faccia quelle cose ... gli dava
le spalle. Le spalle! Quella, forse, era assurdamente la cosa che più
gli dava sui nervi: quella totale mancanza di educazione!
Nemmeno si accorse di come fossero le parole ad essere davvero
importanti ... sotto sotto, forse, le stava solo mettendo da parte …
“Io...
io...”
Un balbettio in cui la rabbia si ingarbugliava con impotenza,
frustrazione... e persino paura... Seiji odiava non saper cosa dire;
trovare le parole giuste... diplomatiche magari... era essenziale
perché i rapporti non si incrinassero...
Poi un moto di rabbia contro se stesso:
“Sto
pensando una marea di...”
Neanche il pensiero osò formulare la parola volgare che gli
era venuta in mente, ma il concetto era chiaro lo stesso, non si
stava apprezzando, dentro di sé capiva del tutto che il
proprio approccio agli eventi era sbagliato in ogni minima
angolatura.
“Almeno
guardami” gettò poi fuori, come un torrente ansioso di
sfociare in qualcosa... di giungere ad una svolta quanto meno, perché
i suoi nervi erano messi troppo a dura prova.
“Ed
è tutta colpa mia dannazione... quella lacrima... quella
maledetta lacrima che ho voluto asciugare...”
Non era il fatto di aver voluto asciugare una lacrima la questione
sconvolgente, lo sapeva... ma il modo.
Si portò una mano alla fronte, serrando gli occhi, con un
gemito di smarrimento.
Guardarlo ... guardarlo ... e ora come poteva? Odiava sentirsi
così... il fiato che mancava, il cuore che sembrava perdere i
pezzi assieme ai battiti e quelle dannate lacrime ... maledette come
... accidenti! Voleva che lo guardasse? E che lo vedesse! In fondo,
erano solo lacrime ... in fondo ... ma sì, che si sentisse in
colpa ... in colpa ... ma in colpa di cosa? Non era certo colpa sua
se aveva visto male ... certo, aveva visto male ... perchè
l'avesse fatto non se lo spiegava, proprio no. Forse ... era quella
strana notte ... forse erano le stelle che a volte giocavano strani
giochi, pericolosi su chi ne era particolarmente influenzato. Forse
... forse era lui che si era sognato tutto ... forse stava ancora
sognando, forse ... detestava i forse. Non servivano a niente, se non
a rendere tutto ancora più brutto, più doloroso.
E si girò, rivolto al compagno, ora con una mano sul viso,
come un adulto fa quando ha a che fare con un bambino noioso e
ingestibile, proprio come lui. Da piccolo tutti l'avevano coccolato,
vezzeggiato, trattato con i guanti ... nessuno aveva mai detto una
parola sul suo atteggiamento, sul suo essere difficile e, spesso,
insopportabile. I ragazzi, invece ... loro erano diversi.
Decisamente.
E Seiji? Era quello più diverso ... intransigente e severo,
erano così tante le volte in cui si era dovuto dare una
regolata, zittirsi, essere tolto da interessanti situazioni che però
non lo riguardavano, nemmeno di striscio. Erano più le volte
che aveva sentito la sua voce esasperata, a tratti adirata, austera e
... così adulta. Quando l'aveva sentito perso? In se stesso,
nelle situazioni più estreme ... quando? Quando era crollato?
Gli occhi di Touma, annegati e annebbiati dalle lacrime, si
strinsero, fino a far scendere qualcuna di quelle lacrime,
abbandonandole a loro stesse per poter guardare meglio la singolare
figura di fronte a lui: sembrava stanco, spossato ... sembrava ...
che ci fosse uno spiraglio.
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