“Allora, i compiti per il fine settimana…” Anna Shirley esordì in tono serio
e compreso mentre avanzava tra i banchi della scuola di Avonlea con un libro
aperto tra le mani.
Gli studenti la guardavano con il viso levato verso di lei.
Anna si fermò al centro dell’aula e si voltò, lo sguardo fisso sugli
studenti.
Prima di parlare ancora, sorrise: “I compiti per il fine
settimana sono: divertitevi e riposatevi e tornate qui lunedì mattina in
orario e pronti ad imparare.” concluse prima posare il libro sul palmo
aperto e di chiuderlo con un gesto secco.
Gli studenti eruppero in grida di
gioia.
Anna ridacchiò: “Potete andare.” urlò per sovrastare tutto quel baccano. Che peggiorò quando i ragazzi, dai sette ai quindici anni, velocemente
raccolsero i loro effetti personali e si precipitarono verso la porta. Non che a loro non piacesse la scuola, ma la prospettiva di un bel fine
settimana d’autunno senza compiti da svolgere era semplicemente
irresistibile.
Anna Shirley posò su di loro uno sguardo indulgente mentre l’aula si
svuotava.
Era venerdì pomeriggio ed Anna sorrise soddisfatta.
Il quadrimestre era iniziato da parecchie settimane e lei provava ancora quella
sensazione di completezza che le veniva dall’insegnamento.
Per quanto riguardava le condizioni meteorologiche, quell’autunno avanzato
si stava rivelando prevedibilmente caldo visto che si trovavano nel bel
mezzo dell’estate di San Martino (in inglese si chiama Estate Indiana NdT).
Anna non se l’era sentita perciò di negare ai suoi studenti un ultimo fine
settimana libero da impegni prima dell’inizio dell’inverno, che sarebbe
stato lungo e freddo e che avrebbe limitato le loro possibilità di svagarsi
all’aperto.
Ora che l’aula era vuota, Anna ritornò alla cattedra. Raddrizzò alcuni
libri, mise a posto dei fogli e pulì la lavagna con gesti ampi.
Quel giorno indossava una gonna blu scuro leggermente svasata ed una blusa
di lino bianco accuratamente sistemata in vita. Attorno ai polsi, dei volant
di pizzo.
Appuntato sul petto, un orologio a guisa di spilla ed i suoi capelli
tizianeschi erano morbidamente raccolti in un nodo appena sopra la sua nuca.
L’insieme risultava essere molto professionale tuttavia molto femminile.
"Signorina Shirley?" Nel sentirsi chiamata, Anna sbirciò al di sopra della sua spalla e vide
Hannah Hunt in piedi sulla soglia.
Anna le sorrise, rimettendo a posto il
cancellino. Poi si voltò verso la donna mentre strofinava le mani l’una
contro l’altra per ripulirle dalla polvere di gesso.
“Signora Hunt! Prego, si accomodi.” la invitò andandole incontro per
accoglierla.
Hannah Hunt entrò e si avvicinò ad Anna, quasi timidamente.
“Sono venuta a prendere Lizzy insieme ad Henry ed ho pensato di fermarmi a
chiedere come se la cava la bambina a scuola.” spiegò mentre le si avvicinava ancora di
più. “Cioè, se va tutto bene.” specificò ulteriormente, nella speranza di
non sembrare troppo apprensiva od iper protettiva.
Anna sorrise. La piccola Lizzy Miller, di sette anni, era in prima; Anna era
felice di essere la sua insegnante: ciò le dava la possibilità di conoscere
meglio quella famiglia che Gilbert si era impegnato così tanto per
riunificare.
“Lizzy è molto brava, Signora Hunt.” rispose Anna rassicurante, “Il suo
andamento scolastico è buono e si è anche fatta delle amiche.” la informò
con un sorriso.
“Oh, come sono contenta, Signorina Shirley.” sospirò Hannah sollevata. “Ero
un po’ preoccupata per lei, sa, con tutti questi cambiamenti.” Hannah Hunt
si riferiva alla prematura morte della Signora Miller ed alla presa sotto
tutela dei due bambini da parte sua e di suo marito Silus.
Hannah non aveva figli suoi e non faceva mistero che l’improvvisa
responsabilità di due ragazzini unita alla la sua inesperienza, l’avessero
impensierita non poco. Lei voleva fare tutto quanto in suo potere per rendere
quel periodo di transizione il più sereno possibile per i due ragazzini. Intuendo quello che Hannah Hunt avesse veramente bisogno di sentirsi dire,
Anna abbassò la voce, ed il suo tono, da professionale, passò ad uno più
confidenziale.
“Qualsiasi cosa stia facendo, signora Hunt, continui a farla: Lizzy si è
ambientata benissimo alla sua nuova casa ed al nuovo ambiente. Sono sicura
che anche per Henry è così.
Il viso di Hannah Hunt si illuminò di un sorriso appena accennato, come il
sole quando si affaccia all’orizzonte. “La ringrazio, Signorina Shirley.”
disse, gli occhi che brillavano di stima. “Non la trattengo oltre. Buona
giornata.”
“Arrivederci.” rispose Anna. “Se dovesse aver bisogno di parlare ancora di
Lizzy… o di qualsiasi altra cosa, venga, per favore.” si corresse Anna
protendendosi verso l’altra donna in un gesto di amicizia.
Hannah Hunt sorrise ancora, gli occhi che le tremolavano per il piacere. “Grazie, signorina Shirley. Penso che lo farò.” la ringraziò accettando
l’offerta di Anna. Poi annuì e lasciò la stanza.
Seguendo Hannah Hunt fino alla porta, Anna scese il primo gradino della
scalinata e lasciò vagare lo sguardo nel cortile della scuola.
C’erano ancora parecchi bambini che si attardavano a giocare dopo le
lezioni.
“Lizzy! Henry!” Hannah Hunt chiamò dal centro del cortile.
Immediatamente,
Lizzy ed Henry Miller interruppero i loro giochi e corsero verso la donna,
poi le si misero a fianco.
Anna osservò Hannah sorridere ai bambini e dire loro qualcosa. Un momento
dopo, Lizzy ed Henry presero Hannah per mano e si avviarono verso casa. Lizzy alzò lo sguardo verso la donna e cominciò a parlare animatamente.
Anna sospettò le stesse raccontando della sua giornata a scuola. Hannah a sua volta
guardava Lizzy con uno sguardo colmo d’amore e di comprensione.
Anna ristette a guardarli per qualche momento, provando nel suo cuore lo
stesso sentimento d’amore.
Era così felice che Lizzy ed Henry avessero trovato una casa, una casa
accogliente e persone affettuose che si prendevano buona cura di loro, e che
non avessero dovuto lasciare Avonlea per andare a stare in un orfanotrofio.
Ripensò a tutto ciò che era successo ed a colui il quale aveva reso
possibile tutto ciò. Il suo cuore si gonfiò di tenerezza al solo pensiero; il suo viso ed i suoi occhi si addolcirono ancora di più ed Anna si perse nei suoi sogni ad occhi aperti.
“Un’altra settimana è finita, Signorina Shirley?”
La voce scherzosa riscosse Anna dai suoi pensieri, che si voltò nella
direzione dalla quale quella voce proveniva.
Gilbert Blythe (ma quanto sei bello! NdT) era davanti ai gradini, le braccia
incrociate sul petto.
Era appoggiato al muro e le sorrideva.
“Oh, Gil, non ti ho visto arrivare!” esclamò Anna in tono leggero, anche se
quando lo aveva visto, era arrossita. Meno male che lui non era in grado
di leggerle la mente, pensò Anna, perché era proprio a lui che erano rivolti i suoi
pensieri.
Ricordando con quanta tenerezza lo stesse pensando, Anna
arrossì ancora di più.
“Devo solo prendere il maglione.” disse in fretta mentre rientrava in aula,
sia per recuperare l’indumento, sia per calmarsi un po’.
Gilbert aveva preso l’abitudine di accompagnarla a casa. Era diventata la
loro routine, fin da quando Anna aveva cominciato ad insegnare. Dopo il ramoscello d’ulivo che Gilbert le aveva offerto, la loro amicizia
era stata ripristinata, ma i sentimenti di Anna si erano fatti ben più
profondi.
Il regalo di Gilbert le aveva aperto gli occhi… su molte cose, ma in
particolare, le aveva fatto capire quali fossero i veri sentimenti che
provava nei suoi confronti.
Ma al momento, niente era stato detto e così Anna recitava la parte della
buona amica nascondendo i suoi veri sentimenti, così come faceva Gilbert;
tuttavia per lei era più difficile in quanto era meno abituata a farlo.
Anna ricomparve sui gradini e si infilò il maglione. Poi si girò per
chiudere bene la porta della scuola dietro di lei. Gilbert si trovava sui
gradini, una mano sulla ringhiera e la stava aspettando.
“Non immaginerai mai cosa ha detto Harold Pye oggi in classe.” esordì Anna
in tono da conversazione, le mani che sollevavano le gonne per poter
scendere le scale.
“Cos’ha detto?”
“E’ stato molto divertente: lui haaaaaaaaaaaa!” urlò improvvisamente Anna
perdendo l’equilibrio e cadendo in avanti.
Un paio di forti braccia (ora cado pure io! NdT) la sostennero e la
sollevarono di qualche centimetro da terra.
Anna inghiottì con difficoltà ed incontrò gli occhi di Gilbert, il suo viso
a pochi millimetri da quello di lei.
Gilbert ricambiò lo sguardo e la tenne contro di sé per qualche secondo,
poi, lentamente, la posò a terra, sana e salva.
“Ti si è impigliata la gonna.” disse Gilbert per spiegare il motivo della
caduta, le sue braccia che ancora la stringevano.
“Come?” chiese Anna guardandolo con un’espressione stranita.
Come poteva
pensare quando Gilbert la teneva così, quando il suo tocco causava scosse e
fuochi d’artificio dentro di lei?
“La tua gonna. Si è impigliata.” ripetè Gilbert.
“Oh.” disse Anna. E poi ancora: “Oh!” quando si rese conto di quanto era
successo e lasciava le braccia di Gilbert. Girò il capo e vide che l’orlo
della sua gonna si era impigliato in una spaccatura dello scalino. In questo
modo, il tessuto era rimasto sollevato lasciando esposta una buona porzione
del polpaccio della ragazza.
“Oh!” esclamò Anna, gli occhi mortificati per quanto accaduto e tentando
senza successo di disimpigliare la stoffa.
“Stai ferma.” le ordinò Gilbert, chinandosi per disincastrare il tessuto
dalla spaccatura.
Anna rimase ferma sul posto, i pugni nascosti tra le
pieghe della gonna, aspettando con paziente umiliazione che Gilbert la
liberasse.
“Ecco fatto.” disse Gilbert quando ebbe finito e l’orlo fu tornato al suo
posto.
Anna aveva il capo chinato, due chiazze di rosso le macchiavano le guance.
Perché doveva sempre cacciarsi in quelle situazioni imbarazzanti, si
domandò. E perché tutto ciò succedeva sempre quando c’era Gilbert? Gilbert aveva distolto lo sguardo dalla sua gamba scoperta, ma in ogni caso
sentì che Anna era molto imbarazzata.
“Anna, avrebbe potuto capitare a chiunque!” disse, tentando di tirarla un
po’ su di morale.
Anna lo sbirciò da sotto le ciglia ed inarcò un sopracciglio. “A tutti?”
chiese, scuotendo appena la stoffa della sua gonna.
Gilbert sorrise: “Beh, a qualsiasi donna.” disse accennando alla differenza
di abbigliamento tra maschi e femmine.
“No, cose del genere capitano solamente me.” lo corresse con un sospiro.
Poi alzò il capo fieramente ed incontrò coraggiosamente lo sguardo di
Gilbert, come per contrastare il fato ingiusto che si accaniva contro di
lei. “La ringrazio molto per il suo aiuto, Signor Blythe.” disse molto
formalmente con aria decisa; il suo orgoglio le era venuto in aiuto ancora
una volta per salvarla da un comico incidente.
Gilbert le sorrise di rimando. Oh, come la amava, lei e le sue
contraddizioni. Era imbarazzata per quello stupido incidente, ma era anche
talmente fiera da non voler mostrare il suo disagio.
“Di niente, signorina Shirley.” le rispose Gilbert con la stessa formalità. “Bene, ora però raccontami cosa ha detto oggi Harold Pye.” suggerì,
cambiando abilmente argomento. “Come mai non hai libri da portare a casa?”
domandò, visto che portarle i libri era compito suo e quel giorno Anna non
ne aveva con sé.
“Ho lasciato liberi i ragazzi per il fine settimana ed ho deciso che anche
l’insegnante si meritava la stessa cosa.” lo informò in tono cospiratorio.
“Dunque, allora Harold Pye…” Anna rise mentre ricominciava a raccontare,
camminando tranquillamente accanto a Gilbert mentre insieme percorrevano la
strada verso il Tetto Verde.
Dopo parecchio tempo, la conversazione si affievolì ed i due continuarono a
camminare in silenzio l’una in fianco all’altro, limitandosi a godere di
quel pomeriggio autunnale che forse sarebbe stato una delle ultime belle
giornate della stagione.
Anna non poté fare a meno di pensare che presto sarebbe stato davvero
autunno: le foglie stavano già colorandosi di rosso e di arancione e presto
sarebbero cadute a terra lasciando gli alberi nudi ed al freddo. Poi sarebbe arrivata la neve, infine Natale e Gilbert sarebbe partito. Sarebbe tornato a scuola per l’inizio del quadrimestre successivo. Anna si sentì assalire dalla tristezza al solo pensiero. Sapeva che frequentare quella scuola era il sogno di Gilbert ed era felice
per lui, ma quanto le sarebbe mancato! E non solo perché si era abituata ad
averlo intorno.
No. Ci era voluto tanto tempo, ma adesso Anna poteva ammettere la verità con
se stessa.
Le sarebbe mancato perché… lo amava.
Dal giorno in cui le aveva dato lo Schiaccianoci.
No, non era vero: quello era stato il giorno in cui si era resa conto di
amarlo.
Non sapeva bene di preciso quando avesse cominciato a provare quei
sentimenti nei suoi confronti. Era successo tutto in maniera graduale. Solo che lei non sapeva ancora bene cosa fare con quella nuova consapevolezza:
aveva rifiutato la sua proposta di matrimonio in primavera - erano quasi
passati sei mesi - e lui non aveva più accennato alla cosa.
Neanche lei lo
aveva fatto.
Anna non sapeva come comportarsi, né se ci fosse ancora speranza per lei. Gilbert se ne sarebbe andato ed avrebbe incontrato altra gente, altre
ragazze e si sarebbe dimenticato della ragazza di Avonlea che era stata sua
amica nel corso di quella dolce estate.
Al solo pensiero, Anna sentì male al
cuore e si fece ancora più taciturna e quieta.
I due continuarono a percorrere la strada che li conduceva a casa. Le ombre
si allungavano mentre il giorno moriva.
Improvvisamente, Anna si rese conto che erano arrivati al “posto”.
Il luogo
dal quale non si poteva fare a meno di passare per andare al Tetto Verde e
dove Gilbert aveva chiesto ad Anna di sposarlo tanti mesi prima.
Era davvero un angolo incantevole, protetto e riparato, con la strada che
estendeva i suoi meandri attorno ai grossi aceri.
In passato, ogni volta che Anna vi si avvicinava
, accelerava il
passo, ricacciando in fondo alla mente i ricordi ad esso collegati. Ma non quel giorno.
Quel giorno Anna si ritrovò a rallentare il passo man
mano che si avvicinavano, fino a fermarsi completamente.
“Anna?”
Anna si fece di brace ed abbassò gli occhi. Cosa stava facendo? Stava agendo
impulsivamente ed ora Gilbert voleva conoscerne la ragione. Beh, sarebbe stato meglio dirglielo, no? Sarebbe stato meglio sapere subito
se c’era speranza piuttosto che non sapere, giusto?
Coraggiosamente, Anna
sollevò il capo per incontrare gli occhi di lui. (ragazze, ci siamo! NdT) “Questo è il “posto”, Gilbert”. disse a mo’ di spiegazione.
“Il posto?” ripeté Gilbert.
“Si, il posto dove mi hai chiesto di sposarti.”
Ecco. Lo aveva detto.
Qualcosa del quale non avevano parlato per tutto quel tempo.
“Lo so che è successo qui, Anna.” rispose piano Gilbert, mentre si domandava
dove volesse arrivare Anna.
“Io non… Io non…” esitò Anna, incespicando nelle parole, tuttavia proseguì.
“Quel giorno ero molto confusa, Gilbert.” spiegò di getto. “La tua proposta
mi aveva spaventato. Io non volevo che cambiasse niente.”
“Anna, lo so.” la voce di Gilbert era gentile e comprensiva. Lui era in
piedi di fronte a lei ed Anna voleva spiegargli i motivi del suo rifiuto; a sua volta, lui voleva renderle le cose meno difficili.
Aveva imparato così tante cose sui di lei nel corso di quell’estate: aveva
appreso dei primi anni della sua vita e che la sua vera infanzia era
iniziata quando era arrivata ad Avonlea e che non aveva fretta di cambiare
niente della sua vita.
Lui lo capiva ed ora voleva evitarle quell’imbarazzo. “Anna, non mi devi spiegare niente…” esordì.
“Io oggi ti darei un’altra risposta.” lo interruppe Anna.
“Cosa?” Gilbert la guardò sorpreso e strabiliato.
“Ho detto che oggi ti darei un’altra risposta.” ripeté Anna senza fiato, il
suo cuore che le martellava selvaggiamente nel petto per la sua
sfacciataggine.
Non poteva proprio fare una proposta di matrimonio a Gilbert, certe cose non
stavano bene. Per cui fece quello che poteva per fargli capire che se le
avesse chiesto un’altra volta di sposarlo, lei avrebbe accettato e se era
confusa la scorsa primavera, ora non lo era più.
Si trattava comunque di una proposta di matrimonio ed Anna attese la
risposta di Gilbert con il fiato sospeso.
Dal canto suo, Gilbert era rimasto di stucco. Di tutto quello che Anna
avrebbe potuto dirgli, di certo questa era proprio l’ultima cosa che si
sarebbe aspettato.
Dopo un momento, gli occhi di Gilbert si addolcirono
guardandola.
Come sembrava dolce e vulnerabile. Ma lui aveva le idee più chiare di lei, o
almeno così pensava. Se una parte del suo cuore aveva esultato, la sua mente
gli aveva detto che era troppo presto.
“Dai, vieni, Anna che ti accompagno a casa.” Parlò con grande gentilezza e
si girò appena per riprendere il loro cammino.
Allora lui non la voleva più, pensò Anna desolata.
Una proposta ed un rifiuto. Si trattava dunque di una ripetizione di quella
orribile primavera di sei mesi prima, si chiese.
“Allora ho rovinato tutto, Gilbert?” chiese Anna.
Aveva combinato un disastro. Prima per averlo rifiutato ed ora per aver
cercato di far rivivere qualcosa che evidentemente Gilbert non desiderava
rivivere.
Alla domanda di Anna, Gilbert si fermò e si girò verso di lei. “No, Anna.”
le disse con la stessa voce gentile di poc’anzi. “Non hai rovinato niente.
Ma hai bisogno di tempo. Tu non sei pronta.” disse cautamente, cercando di
spiegarsi.
Pronta? Nell’udire quelle parole, le sopracciglia di Anna si aggrottarono.
Non sono pronta… per amare? Perché, c’era forse un tempo prescritto per
quelle cose, si domandò, senza sapere che se lei glielo avesse chiesto,
Gilbert le avrebbe parlato del suo piano, dei tre anni di attesa. L’avrebbe aspettata per tre anni per darle il tempo di terminare la sua
infanzia, per così dire. Tempo fino al momento in cui lui pensava sarebbe
stata pronta per lui.
Allo sguardo allibito di Anna, Gilbert proseguì: “Le cose che ti sono
successe durante la tua infanzia prima che arrivassi ad Avonlea. Hai bisogno
di tempo per superarle. Tu hai bisogno di tempo per…” esordì, ma Anna stava
già scuotendo il capo e lo interruppe.”
“Ma Gilbert, tu mi hai già aiutato tanto, non lo sai?” gli chiese, impetuosa
e decisa. Non si rendeva conto di quanto le fosse stata vicino, di quello
che aveva fatto per Lizzy ed Henry, di come fosse venuto a cercarla durante
il temporale, di quando le aveva regalato lo Schiaccianoci, la sua pazienza nell’ascoltare tutte le
sue storie di quando era piccola. Lui le aveva dato una mano per tutte cose
ed anche per guarire le sue vecchie ferite.
Gilbert le sorrise teneramente. “Ne sono felice. “ disse e lo pensava per
davvero.
Era felice che Anna fosse venuta a patti con i suoi problemi, ma
ciò non significava che fosse pronta per lui.
Vedendo che nonostante tutto Gilbert era irremovibile, Anna chiese:”Ma
perché, Gil?”. cercava di comprendere i motivi del suo rifiuto. Era forse perché lui non… lui non l’amava più? Se le aveva chiesto di sposarlo, qualcosa per lei avrebbe dovuto pur
provarla. Non era dunque rimasto più niente di quell’amore?
Gilbert si passò una mano sulla fronte, cercando una maniera per farglielo
capire. Come poteva fidanzarsi con la donna che amava e continuare come se
nulla fosse? Continuare come Anna certamente si aspettava.
Perché lei non
sapeva, non poteva sapere di quello che provava lui in fondo al suo cuore. Era stato già difficile trattenersi quando loro erano solamente buoni amici,
come poteva farlo da fidanzati? Si ricordava bene di quel giorno nella
stalla dopo il temporale.
Era stato ad un passo dal baciarla.
Era stato così difficile lasciarla andare e all’epoca non c’erano legami tra
loro due. Se fossero stati fidanzati, molto probabilmente lui l’avrebbe
baciata e dubitava fortemente che lei fosse pronta per quello. D’altra parte, c’era il suo piano, il suo piano dei tre anni. Ora avrebbe solamente dovuto spiegarlo ad Anna, così lei avrebbe compreso. “Una volta ti ho detto che sono un uomo appassionato, Anna.” cominciò, a
voce bassa e fissandola nella speranza che le sue parole avessero un
significato.
Anna si ricordava di quella conversazione che avevano avuto quel giorno,
nell’aula.
Aveva detto che loro due erano molto simili, entrambi erano appassionati:
lei per il suo temperamento e lui per… quello che era, non sapeva bene. Però non capiva cosa c’entrasse quel discorso con quello che si stavano
dicendo in quel momento.
Se non l’amava, era meglio che glielo dicesse subito senza giri di parole
che non avrebbe capito.
“Sì, sei un uomo appassionato. Ma cosa c’entra, adesso?” chiese, la voce
frustrata.
“Certo che c’entra, Anna!” ruggì Gilbert, frustrato a sua volta. Nel vedere lo sguardo perplesso di Anna, fece la sua confessione. “Perché sei tu, Anna, sei tu la mia passione!”
Quell’autocontrollo che aveva sempre frenato Gilbert, si ruppe
improvvisamente dentro di lui: prese Anna per la vita e la tirò contro di
sé.
Gli occhi di Anna si spalancarono, lei sorpresa sia per la confessione di
Gilbert che per l’improvviso contatto fisico.
Tuttavia, Gilbert non si
fermò.
Con un movimento fluido, abbassò il capo e catturò le labbra di Anna con le
sue.
La sua logica gli diceva di mostrare ad Anna cosa veramente lui volesse
dire, ma una volta che la sua bocca toccò le labbra morbide di lei, la sua
logica si perse e lui con lei.
All’inizio Anna fu semplicemente sorpresa. Sorpresa che Gilbert l’avesse
afferrata a quel modo, che la stesse baciando con la bocca sulla sua mentre
la teneva contro di sé, la sua mano premuta sulla sua schiena.
Anna strinse il tessuto della camicia di lui tra i pugni, più che altro per
sostenersi. Non passò molto tempo prima che la sorpresa svanisse e che
lasciasse il posto ad altre sensazioni.
Quando Gilbert la toccava, Anna provava sempre una scossa dentro di sé. Ma
il suo bacio era qualcosa di completamente diverso.
Sentì un senso di calore diffondersi lentamente in tutto il corpo, partendo
dal centro del suo essere fino ad arrivare ad ogni più piccola parte di lei. Era come un fuoco liquido, lava nelle sue vene, e lei si stava sciogliendo
al suo calore.
Le sue gambe si fecero instabili e cedevoli.
Tutti i pensieri lasciarono la sua mente e lei sentì solo quella sensazione,
solo Gilbert.
Gilbert alzò il capo ed Anna, gli occhi ancora chiusi ed il viso levato
verso quello di lui, sussurrò senza fiato: “Gil!” ma Gilbert si limitò ad
inclinare la testa dall’altro lato e le catturò le labbra in un bacio ancora
più profondo. Spostò le braccia dalla vita di lei per circondarle la
schiena, serrandola forte contro di sé mentre continuava a baciarla. Anna aprì i pugni, lasciò andare la stoffa e gli posò le mani sul petto. Senza che lei potesse fare niente per fermarle, le sue braccia si mossero per
cingere il collo di lui.
Si trovavano a metà strada quando lui la lasciò andare di colpo. Anna incespicò all’indietro per suo il gesto improvviso ed andò a sbattere la
schiena contro un grosso tronco.
Per fortuna, perché le sue gambe
sembravano non essere più in grado di reggerla.
Quel bacio l’aveva lasciata senza fiato e sconvolta.
Gilbert le aveva voltato le spalle, le gambe divaricate. Una mano era
poggiata sul fianco, mentre l’altra passava e ripassava tremante tra i suoi
capelli corvini.
Il movimento delle sue spalle ed il fiatone, fecero capire ad Anna che Gilbert
era rimasto sconvolto quanto lei.
“Anna… Anna… Mi dispiace.” Gilbert pronunciò le sue scuse con voce strozzata
e le spalle sempre verso di lei. “Non avevo il diritto di…” continuò. C
osa aveva mai fatto? Aveva perso la testa, ecco cosa aveva fatto. “Anna,
scusami.” disse mentre aspettava le recriminazioni di lei che sentiva di
meritare interamente.
Che non arrivarono perché Anna rimase in silenzio e lui la supplicò: “Anna,
ti prego, di’ qualcosa!” Persino le recriminazioni sarebbero state meglio di
quel silenzio.
Ma lei era con la schiena appoggiata all’albero, le sue mani ancorate alla
ruvida superficie per sostenersi, visto che le ginocchia si erano improvvisamente trasformate in gelatina.
Anna stava pensando a cose diverse dalle recriminazioni.
Allora, ecco cosa intendeva Gilbert quando parlava della sua passione. La sua mente cominciò ad elaborare l’informazione, avventurandosi in quel
nuovo aspetto della loro relazione e pensando a cosa avrebbe comportato per
loro andare oltre all’amicizia.
“Tu vorresti…” Anna esitò, ma poi, coraggiosamente, completò la domanda. “Tu vorresti farlo molto spesso?” domandò riferendosi al bacio come al
risultato di una ricerca appena iniziata.
Gilbert rimase a bocca aperta mentre si girava a guardare Anna, attonito,
per la domanda che gli aveva posto.
Perché gli stava chiedendo una cosa simile? Dove erano andate a finire le
recriminazioni per il suo comportamento non certo da gentiluomo? E perché si
appoggiava all’albero a quella maniera?
Anna incontrò lo sguardo di Gilbert: “Tu vorresti farlo molto spesso?”
ripetè.
Gilbert fece un respiro profondo. Gli aveva fatto una domanda e lui le
avrebbe risposto: “Sì, Anna.” disse con voce roca e profonda. “Molto spesso,
mi spiace”.
Ecco. Le aveva detto la verità. Ora non avrebbe più potuto fraintendere i
suoi desideri che aveva tanto a lungo nascosto nel suo cuore.
Anna distolse lo sguardo. “Beh, Gilbert.” esordì ponderando prima la
risposta nella sua mente. “Se è così, per me va bene.” disse accettando
quello che lui le aveva detto.
Gilbert rimase di stucco, stupefatto dalla piega che stavano prendendo gli
eventi e sentendo che un barlume di speranza si accendeva dentro di lui.
Non
se lo sarebbe mai aspettato. Ma ora la sua mente ed il suo cuore presero in
considerazione quella possibilità.
“Anna, vieni via da quell’albero.” implorò. Come poteva parlarle seriamente
mentre era appoggiata al tronco in quel modo?
“Non ci riesco, Gilbert. Le gambe non mi reggono.” confessò Anna. Gilbert la studiò per un attimo. Era la verità: Anna era appoggiata
all’albero e ci si aggrappava per tenersi in piedi.
Gilbert aggrottò le sopracciglia mentre valutava la situazione ed una remota
possibilità gli passava per la mente.
“Sono… sono stato io?” chiese, incredulo.
Anna incontrò i suoi occhi ed annuì lentamente.
Con poche falcate, Gilbert la raggiunse e le si mise a fianco; un sorriso
felice gli illuminava il volto mentre la guardava ed la prendeva per la
vita, offrendo il suo sostegno in aggiunta a quello fornito dall’albero.
Anna spostò una mano e la appoggiò al braccio di lui.
Lo sentì sussultare
sotto il suo tocco.
Ah, allora non era solo lei a sentire quelle scosse. “Gilbert, che cos’è questa cosa che ci succede?” chiese meravigliata
fissando la sua mano che era ancora posata sul braccio di lui. “Non ne ho idea, Anna. Non mi è mai capitato con nessuno tranne che con
te.” rispose Gilbert con voce bassa e roca.
I loro sguardi si incontrarono e Gilbert fissò la bocca di Anna.
Lentamente,
il suo capo si abbassò mentre sfiorava le labbra di lei con le sue. Anna
appoggiò ancora la testa contro l’albero mentre si stavano baciando.
Era così diverso, quel bacio, dal precedente: un mero sfioramento di labbra,
così tenero e gentile che però emozionò Anna proprio come il precedente.
O
forse anche di più.
Gilbert si staccò il minimo indispensabile per poter inclinare il capo dall’altra
parte e la baciò ancora, nello stesso modo dolce e tenero, le labbra che
accarezzavano quelle di lei.
Anna si staccò dall’albero, preferendo appoggiarsi a Gilbert.
Subito lui la serrò contro di sé stringendola alla vita ed offrendole un sostegno
più che sufficiente per le sue ginocchia tremolanti.
Anna sollevò le braccia e questa volta riuscì ad allacciargliele attorno al
collo.
Le labbra di Gilbert si spostarono e cominciarono a percorrere il viso di
lei fino a raggiungere il suo orecchio.
Poi si limitò a stringerla contro di
sé, il viso accostato a quello di lei.
Anna si meravigliò di sentirsi così al caldo, così protetta e amata. Non sapendo bene cosa fare, Anna imitò quello che aveva appena fatto Gilbert e girò
il capo per posare piccoli, rapidi baci lungo il suo zigomo ispido. Gilbert emise un suono strano, forse un gemito e girò a sua volta il capo
per catturare le labbra di Anna con un bacio lungo e lento; dopo un momento
si staccò per inclinare la testa dall’altro lato e baciarla ancora.
Quando il bacio ebbe termine, Anna si accoccolò contro di lui
appoggiandogli la guancia al petto.
Improvvisamente Anna si rese conto che dopo tutti i baci che si
erano scambiati, non avevano ancora chiarito le cose tra di loro.
“Gilbert…” esordì. “Allora noi siamo… ecco… fidanzati?” chiese esitante,
sentendo la risata uscire dal suo petto prima che dalle sue labbra.
Sorpresa, sollevò il capo verso di lui. “Anna Shirley! Come se andassi a baciare a questo modo tutte le ragazze che
incontro! Vorrei vedere che non fossimo fidanzati!” Gilbert le sorrise.
“Oh!” Anna sorrise a sua volta. Non era la cosa più romantica che si era
aspettata e neanche la più poetica per suggellare il loro fidanzamento, ma
Anna ne era immensamente felice in ogni caso; anche perché ormai Gilbert
aveva fugato i suoi dubbi e le aveva confermato di non aver mai baciato
nessun’altra ragazza.
Gilbert fissò il sorriso di Anna ed un pensiero gli attraversò la mente.
Le parole.
Anna aveva sempre amato le parole.
Lui non era un poeta e non aveva belle frasi da offrirle.
Lui poteva darle solo tutto quello che sentiva nel suo cuore.
“Anna, io ti amo.” disse con voce sincera.
“Anche io ti amo, Gil.” gli sussurrò Anna di rimando.
“Anna, ci vorranno almeno tre anni prima che io mi diplomi alla scuola di
medicina. E neanche allora potrò darti splendore di diamanti e stanze tutte
di marmo (le parole sono quelle originali della Montgomery. NdT).” la
avvertì lui.
“Non voglio splendore di diamanti né stanze tutte di marmo. Io voglio solo
te (ancora le parole usate dalla Montgomery).”
Vedendo il sorriso di Gilbert, Anna si alzò in punta di piedi e lo baciò.
Quando si staccò da lui, Anna sorrideva maliziosamente.
“Sei sicuro di volermi, Gil? Ho parecchi difetti, sai?” lo informò
scherzosa.
“Davvero?” lui alzò un sopracciglio, fingendo uno scetticismo che non
provava.
“Non vado molto d’accordo con l’acqua.” disse lei ricordandogli tutte le
volte che lui aveva dovuto salvarla da stagni, ruscelli fangosi e temporali.
Gilbert gettò indietro il capo e scoppiò a ridere. “Penso di poterlo sopportare.” la rassicurò.
“E lascio sempre in giro i miei cappelli. Non riesco a tenermene uno per più
di due settimane.”
Gilbert sorrise tollerante. “Quando diventerò dottore, ti comprerò tutti i
cappelli che vorrai.”
“C’è poi la questione dei miei capelli. Sai, sono rossi.” Anna fornì
quell’informazione con un’espressione falsamente inorridita.
Gilbert rise ancora. Come se non l’avesse mai notato. Poi si fece di nuovo serio: “I tuoi capelli sono bellissimi.” le disse con
un delizioso sospiro che le fece correre brividi lungo la schiena.
“E poi parlo troppo. Me lo dicono sempre tutti.” lo avvertì Anna con un
sorriso ironico.
Gilbert le sorrise ancora: “Parla quanto vuoi, non mi dai fastidio.”
Improvvisamente, il sorriso morì sulle labbra di lei, mentre trasaliva alle
parole di Gilbert, lo sguardo fisso sul viso di lui mentre si ricordava di
un’altra persona che le aveva detto le stesse parole, tanti anni prima.
Anna scoppiò in lacrime e nascose il viso sul petto di Gilbert.
“Anna! Anna! Che cosa ho detto di male?” Gilbert implorò spaventato e
confuso dalla reazione di lei.
Senza sapere bene cosa avesse fatto per farla piangere così, si scusò:
“Anna, mi spiace tanto, perdonami!”
Anna scosse il capo ancora nascosto sul petto di lui. Come poteva
spiegarglielo? Non era quello che aveva fatto, bensì le parole che aveva usato.
“Parla quanto vuoi, non mi dai fastidio.”
Anna pensò all’unica persona che aveva pronunciato quelle stesse
parole.
Matthew.
Erano passati così tanti anni ed ora le sembrava di tornare a casa.
Era stata la prima volta in cui si era sentita accettata per quello che era. E
ra forse la stessa cosa? Quasi come tornare a casa… con Gilbert?
Improvvisamene, Anna pensò che era vero. Sembrava quasi che Matthew avesse favorito tutto quello che era successo tra
lei e Gilbert, come se stesse dando loro la sua benedizione.
Un giorno glielo avrebbe raccontato, decise.
Non subito, ma un giorno lo avrebbe fatto.
Per il momento, si limitò a tirare su col naso ed a ricomporsi. “Sto bene,
Gilbert.” lo rassicurò mentre si asciugava le lacrime con la camicia di lui.
Gilbert la guardò stupefatto.
Anna si stava asciugando il viso con la sua
camicia?
“Oh, Gilbert, mi spiace!” si scusò Anna quando si rese conto di quello che
stava facendo. Cercò di spianare con la mano le pieghe del tessuto.
Gilbert le sorrise teneramente. Quel gesto così intimo non gli era
dispiaciuto proprio per niente. Al contrario!
“Sono una sciocca sognatrice e parlo troppo.” gli disse ancora, facendo un
respiro profondo e sollevando lo sguardo verso di lui per dimostrargli che
si era ripresa.
Gilbert le asciugò gli occhi: “Non penso che tu sia una sciocca sognatrice.
Penso che tu sia una persona affettuosa e gentile con tanto buon cuore. E
non mi spiace che tu parli troppo.”
“Davvero?”
“Certamente. Perché ho qualcosa che non ha nessuno altro oltre a me.” le
rispose Gilbert soddisfatto.
“Oh, e cosa sarebbe?” Anna lo guardò incuriosita.
Gilbert abbassò il capo e ridusse la voce ad un sussurro: “Un modo per farti
stare zitta.” e per dimostrarglielo, le chiuse la bocca con un bacio.
Oh, sì, pensò Anna. Non poteva proprio parlare quando lui la baciava. E
perché poi avrebbe dovuto farlo?
Quando Gilbert si staccò da lei, Anna tenne chiusi gli occhi ed il viso
sollevato verso di lui perché sapeva che Gilbert avrebbe inclinato la testa
e l’avrebbe baciata ancora.
Infatti così accadde.
Anna sorrise mentre Gilbert la stava baciando. Solo pochi baci e lei già lo
conosceva.
Poi non pensò più e si abbandonò alle sensazioni che lui le stava regalando.
Anna e Gilbert si fermarono su quella stradicciola ancora per parecchio
tempo; i loro cuori erano vicini mentre si baciavano, parlavano, si
stringevano forte l’un l’altra e si abbracciavano.
Due cuori vicini l‘uno all‘altro. Proprio come dovevano essere.
Fine
* * *
Mi spiace, non ho fazzolettini per tutti, bastano a malapena per me.
E’ finita ed ancora non ci credo, ma mi viene un groppo in gola solo al
pensiero che non riceverò più le vostre impressioni su questa storia.
Avendo lo stesso nome della protagonista, devo ammettere che anche io sono
una sciocca sognatrice e che mi spiace aver concluso questa bella avventura
che mi ha permesso di indossare i panni della traduttrice oltre a quelli
soliti di autrice di fanfiction un po‘ fuori di testa (pa pa pa, leggete la
rivolta delle racchie, se pensate ancora che io sia una persona seria).
IMPORTANTISSIMO! Ho appena ricevuto dall'autrice Spikeswench il permesso di tradurre la sua One-shot sulla prima notte di Anna e Gilbert. E' molto carina, ma non aspettatevi scene torride. Si parla di Anna e Gilbert, in fondo!
Dovrei cavarmela piuttosto velocemente, per cui controllate la sezione fra una decina di giorni. O forse prima, non so.
Nel corso di questa storia sono entrata in contatto con persone davvero
speciali e qui non posso fare a meno di menzionare Luana, Alex-kami e
Scandros con le quali ho stretto un bellissimo legame di amicizia.
Qui affermo che Gilbert è un gran bel tipo, che però non ha ancora scalzato
dalle prime posizioni della mia Fig Parade personale André e Leonid Yusupov
che si alternano al primo ed al secondo posto di questa classifica un po’
delirante.
Un grazie particolare a Kwannon che ha recensito ogni capitolo e che in
qualche caso mi ha fatto fare delle belle risate.
Anche a Lu, Shana, Meiko, Altair76, Cate (la new entry del fandom di Anna dai capelli rossi), Mysticmoon, Munk (l’unico ragazzo che ha avuto il fegato di leggere e recensire), Didi Black, L-fy (la mia carissima amica che ha recensito tutti i capitoli in una volta sola facendomi venire l’infarto), Riru, Iorik, Daffydebby (ben ritrovata!), Maggie, Cowgirl Sara, Lunetta, Valentina, Ale Kanou, Stormy, Kumi, Wilwarind, Regina, Mireille ed infine Yuki.
L’ultima precisazione prima di lasciarvi: la mia prima fanfiction si
intitolava “Harry Potter e la profezia dell’unicorno.”; il pairing
principale era quello formato da Ginny e Draco. Ogni volta che Draco dava un
bacio a Ginny, a lei si piegavano le ginocchia e non riusciva più a reggersi
in piedi. L’idea l’ho presa proprio da questa fanfiction, anche se devo
ammettere che ho esagerato gli effetti dei baci di Draco Malfoy ed il suo
fascino.
Emmy vi ringrazia per aver seguito ed amato la sua storia.
No, non ha più
scritto altre fanfics oltre “A Little Romance”, mi spiace.
Per cui, Emmy si ritira in buon ordine ed io faccio altrettanto.
Grazie di cuore a tutti voi.
Frignosamente vostra Nisi Corvonero per Emmy Peters.