Ashes to ashes, mouth to mouth di bitchyheartkiller (/viewuser.php?uid=11034)
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ASHES TO ASHES, MOUTH TO MOUTH
PREFAZIONE
E se fosse lo stesso vacillare od annegare nel proprio cordoglio?
Se l’importanza di essere diversi fosse solo apprezzata da
chi lo è realmente?
Questa è la storia di un cataclisma fuggito a se stesso,un
cumulo di ombre e raggi che uccidono.
Il viaggio di due entità estranee al mondo ma comunque parte
di esso.
La loro colonna sonora è musica inquieta mentre si fanno il
bagno nelle lacrime e ridono fino a riformarle.
La favola di un’alba e un tramonto che si cercano
costantemente.
Il racconto di una chiave ed un vampiro.
Eterni.
ENJOY THE SILENCE (cap.1)
Una cascata di capelli di seta castana copre un viso senza espressione.
Pozze cerulee procedono,opache,verso direzioni incerte mentre ciglia
d’inchiostro si muovono impercettibilmente. Inerme.
Sconvolta. Soffocatamente diafana. Stesa immobile sul cemento
bagnato,tra tavole di legno spezzate, i piedi nudi,freddi. Il vestito
che le hanno imposto d’indossare ancora sulle sue carni,unica
certezza di ciò che è successo.
Tutto il peso del mondo sulle sue spalle. Tutta la colpa del mondo
nella sua gola. Un respiro trattenuto. Un tonfo al cuore. Una stretta
allo stomaco in procinto di rimettere. Immagini di una morte prematura
vivono nella sua mente. E sa che sono i pochi ricordi reali che
possiede. I più cruenti. I più tristi. La sua
vita è iniziata con la morte. Ironico. Cinicamente criptico.
Maledisce il destino sadico che ha scelto lei come sua eterna vittima.
Dall’alba dei tempi. Dall’alba. Dawn. Pensa che
forse è tutto collegato,che hanno unito i fili in maniera
talmente pignola da creare una matassa perfetta. Inaccettabile. Guarda
il corpo statico della sorella davanti a lei. Capelli biondi
scompostamente adagiati sul maglioncino bianco che aveva deciso di
mettere prima della battaglia. Una mano sul torace,sotto il seno
minuto,l’altra sulle casse da frutta su cui è
distesa. “Su cui è morta” dice una voce
dentro di lei. “Per te” ripete quella voce. E lei
sa. Ora finalmente comprende lo schema generale. Il fruscio degli
alberi provocato dalla brezza d’inizio estate. Il moto degli
insetti. Le risate delle persone,le loro lacrime. Il mare con la sua
risacca. E la morte. Sempre e comunque eterna ma non per forza reale ed
etimologicamente valida. Ne è la prova la sagoma
dell’uomo raggomitolato ,non troppo lontano da lei,nel suo
lungo spolverino di pelle nera. Le mani con le nocche sanguinanti sul
suo viso affilato. I capelli scompigliati d’ un colore
improbabile. Biondo-fluo. Industriale. Decolorato. Sospiri
senz’aria. Singhiozzi d’acqua salata. Iridi blu
diventate perle bagnate. Un vampiro. Capace di piangere e di non
accorgersi dell’alba che sta proiettando luce in un momento
così buio. Sempre e costantemente l’alba. Lei,in
grado di cambiare il corso liquido della notte. In grado di aprire
portali. Dawn. Scuote il pensiero,uccide la memoria. Corre verso di lui
per ricordargli il sole. Per farlo andare via. Per salvarlo.
Perché ora c’è solo lui. Gli altri non
esistono. Gli altri non capiscono. “Spike”
chiama,sperando in una risposta. Anche sussurrata,anche grezza,poco
raffinata,ma reale. Ma lui è un muro di silenzio. Nervoso e
pulsante. E allora lo scuote,gli prende le spalle tra le mani magre e
urla. Straziante. Stanca. Continua a urlare. Per lui. Per svegliarlo
dal suo autodistruttivo torpore. Per lei. Per la sua perdita. Per il
suo nulla,la sua non-esistenza. Un battito di ciglia. Un tremito
involontario. “Briciola?”. Ed incontra i suoi
occhi. Zaffiri scuri. Squarciano come pugnali. Fanno innamorare o
producono odio con lo stesso furore. E poi la sua voce. Una vibrazione
bassa,ruvida con inflessioni morbide,dolci e un accento straniero
più appuntito. Più inglese. Scaccia
l’ipnosi. Deve portarlo via,trascinarlo se necessario,ma non
farlo bruciare. Non lui. Non ora. Non in quel luogo già
scena di un altro delitto. “Spike,ti prego,vieni via,andiamo
via”. Non riconosce la sua stessa voce. Troppo flebile.
Tremante. Rotta da quel pianto che non è ancora arrivato. E
non capisce il perché. Ancora fermo,immobile sulle sue
ginocchia. “Ti prego alzati,Spike,alzati per favore.
È l’alba,non vedi,tra poco il sole ti
raggiungerà e andrai a fuoco,e io ho bisogno di te,lo
capisci,mi capisci cazzo?”. È un attimo,lungo un
secolo,ed è in piedi. Camminano insieme,sorreggendosi a
vicenda,in un silenzio rilassante. In una bolla si sapone di
confortevole ignoranza. “L’ignoranza è
estasi”. Fottuta voce. Suono ignobile,fuori luogo.
Verità morbosa però. Arrivano a casa che
è giorno. Sono passati per le fogne. Lui non reggeva
più i raggi che gli penetravano la pelle. Anche se avrebbe
voluto guardare di nuovo il sollevarsi del sole. Sono
nell’atrio ormai da venti minuti,immobili,incollati. Quella
casa ricorda loro di lei. Si immaginano che apparirà dalla
cima delle scale da un momento all’altro. Farà un
ghigno trattenuto a Spike un sorriso radioso a Dawn. Ma
quest’ultima non è toppo sicura di questo. Non
dopo quella notte. A quel pensiero la mente reagisce,si scompone. Trema
un attimo per quella inflessione dal suono metallico. Respira a
fondo,lei che può. Strattona il suo compare per la manica
della giacca. La sua seconda pelle. Bottino di guerra. Un altro tempo.
Un’altra cacciatrice. Quando non le amava ma le uccideva.
Ritorna alla realtà,si volta,alza il sopracciglio
sinistro,quello con la cicatrice,un altro trofeo. “Possiamo
riposarci ora Briciola? Possiamo dormire?”. Velluto viola le
sue corde vocali,il loro parlare. E non può negarglielo.
Perché anche lei vorrebbe stare sotto lenzuola di cotone
facendo finta che non sia successo niente. Lo capisce e glielo concede.
Fa un cenno col capo,la sua bocca non riesce ad aprirsi in tempo. Le
prende la meno. Necessità di contatto. Di sentire ancora.
Gliela stringe. Caldamente fredda. Perlacea. Elegante. Anche con le
unghie smaltate di nero. Soprattutto con le unghie smaltate di nero. Le
scale per la sua camera. L’unica ancora utile. Le altre
saranno presto coperte di una sottile polvere,si dice. Mantello della
mancanza. Carburante del ricordo. Lui si toglie il lungo soprabito e i
pesanti anfibi. Anche i suoi movimenti sono spenti ed ora sembra
veramente morto. Come dovrebbe essere da molto più tempo. Si
sdraiano sul letto. Il torace di lui contro la sua schiena,le sue mani
sulla sua vita in un abbraccio disperato. Il viso cesellato
nell’incavo del collo. Colonia, tabacco e il suo odore.
Ghiandole olfattive che registrano ogni profumo. Una catarsi. Ma questa
non è una rappresentazione teatrale. È un pugno
in faccia. Baci soffici seguono la giugulare. Bisogno estremo. Ed
è allora che finalmente arrivano le lacrime. Lame pungenti
che scivolano roventi sulle guance bianche. Fino a raggiungerlo. Fino a
stuprare anche lui. Un essere ultracentenario. La fa voltare. Battiti
di un cuore morto. Si sente nuda sotto il suo sguardo. Così
triste. L’avvolge cullandola tra il tessuto leggero delle
lenzuola porpora. Ora il suo viso è proiettato tra i suoi
pettorali senza più vita. E piange via il dolore. Piange
fino ad addormentarsi. E così anche lui.
Si svegliano che è di nuovo notte. Dopo aver sognato di lei.
Sempre e comunque lei. Si trovano nella stessa posizione irrealmente
immobile di quando si sono addormentati. Le alza il viso verso il suo.
E la bacia castamente sulle fronte. Purezza di un killer. Non esistono
più il bianco e il nero. Solo grigio. Grigio madreperla.
Raffinato. Si alzano. E non si lasciano mai la mano mentre vanno
giù per le scale,verso la cucina. “Non ho molta
fame,sai?” dice lei,informandolo. “Come se non lo
sapessi” pensa lui preparandole lo stesso la colazione. In
un’ora serale non ben delineata. Seduti a tavola a bere
cioccolata calda con marshmallows. Come quando c’era ancora
sua madre. E quando ancora Spike era solo il cattivo della situazione.Che adorava sua madre.
Il circolo vizioso si ricompone. Silenzio. Inscrutabile. Le tazze nel secchiaio. Ci penseranno in un altro momento a
lavarle. Ora stanno vivendo in un mondo sospeso. Senza alcuna azione
necessaria. Senza alcuno stimolo importante.
Si fanno il bagno. Insieme. “È
sbagliato,è sbagliato” si ripetono a vicenda. Ma
le parole muoiono tra il vapore d’acqua calda. Troppo. Niente
ha più importanza. Svanita la moralità. Tutto
è subconscio. Carezze che assorbono il sangue. Puliscono la
pelle. Purificano l’anima. Anche se lui non la possiede. Non
è mai stato importante. Almeno per Dawn. Soprattutto per
Dawn. Si sfiorano come se fossero fatti di fuoco. Dita contro dita.
Contro nudità esposte. Non c’è nulla di
volgare o di innaturale in quello che stanno facendo. Se stanno facendo
poi qualcosa,in fondo. Solo moti leggeri e soffici che lasciano un
senso di solletico e di nausea post-realizzazione. Ma le farfalle nello
stomaco tradiscono il suo desiderio. E riconosce lo stesso volere negli
occhi dell’uomo davanti a lei. Attorno a lei. Ovunque. Ma il
pensiero scivola via come è arrivato e distrattamente esce
dalla vasca insieme ai suoi padroni. Tenuto al guinzaglio. Tenuti al
guinzaglio. Entrambi. Un altro ostacolo insormontabile. Un altro
patteggiamento. Per il senno di poi. Per una bugia chiamata etica. Per
un mucchio di cazzate.
Si coccolano negli accappatoi di spugna morbida. Si asciugano le gocce
e insieme ad esse la loro libido.
Si sono appena vestiti. Lei,un abitino con bretelline sottili che le
arriva sopra le ginocchia. Una fine fantasia floreale su campo nero.
Lui,il solito completo goth-punk. Sembra urlare sesso con quel look da
bello e dannato. E questo non è un tritato modo di dire.
Suonano alla porta. Sguardi che si distolgono. Quasi imbarazzati. Presi
per i capelli dalla realtà e sbattuti con forza a terra.
“Vado io” ,dice lui con voce stranamente
sussurrata. Guarda altrove,nota. Scende da basso con passo lento.
Più lento della lentezza. Impaurito dalla paura. Di tornare
a vivere. O a non vivere nel suo caso. Impugna la maniglia con gli
stessi movimenti a rallentatore. Quasi dolorosi. Sofferti. Sente la sua
presenza. Il suo sguardo su di lui e sulla porta che gli sta davanti.
Gira un attimo la testa. In cima alle scale un viso
s’intromette nella staticità della struttura
artificiale. Un cenno col capo e sparisce l’angoscia. Apre la
porta,finalmente. Attimi lunghi anni. Pesanti come essi. Faccia a
faccia con tutto al gruppo. La Rossa,il
Carpentiere,Gilda,l’ex-demone impallinato col sesso
e,ovviamente,il vecchio Rupert. Tutti insieme per sapere,dopo
ventiquattro ore,come sta Briciola. Fottuti ipocriti. Li fa
entrare,accomodare sul divano. Incomincia l’interrogatorio e
con esso le accuse,le minacce. Bastardi. E allora lei decide di entrare
in scena. Passi azzardati sui gradini. Sguardo fisso sui presenti. Li
fa tacere in un momento. Allunga la mano verso Spike. Lui gliela
stringe. Non hanno bisogno di nient’altro per capirsi. E per
farsi capire. Occhi puntati su di loro,sul loro innocuo contatto.
Pietrificati. Li hanno uccisi senza muovere un dito. Bersaglio
centrato. Obbiettivo raggiunto. Ora possono illudersi tranquillamente.
Possono congelare il loro mondo entro quattro mura e non provare
più tristezza. Perché ora comincia il viaggio
senza meta. Ma saranno insieme.
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