Solstizio
d’Estate
Primo
Capitolo.
E’
un tardo pomeriggio di Novembre e Kim, una ragazza di diciassette anni,
guarda fuori dalla finestra della su piccola stanza, il vento che con
una forza impetuosa, si abbatte sugli alberi facendo spostare i loro
rami e quelle rade foglie che sono resistite alla stagione autunnale.
Si
stringe di più nel suo pile mentre un brivido, causatole da
uno spiffero proveniente da una piccola fessura della finestra , la fa
sussultare sul posto.
Lentamente
la luce del sole, che in quella giornata era coperto da uno spesso
stato di nuvole grigie, comincia a diradarsi mentre la notte avanza e
l’apparire della prima stella avvisa la notte imminente.
Guarda
per un’ ultima volta il paesaggio fuori dalla finestra, per
poi alzarsi dal davanzale sul quale era seduta fino a qualche minuto
prima.
Uscita
dalla sua stanza scende al piano di sotto, stringendo tra le mani un
libro dalla copertina blu, scolorita, e dai contorni leggermente
sgualciti; decide di allungarsi sul divano in salotto e di passare il
tempo leggendo, nell’attesa che la madre ed il fratello
facciano ritorno dalla vicina Cardiff dove sono andati, qualche ora
prima, per fare spesa.
Sfoglia
svogliatamente il libro per un po’, fino a quando, il
cigolare della porta d’ingresso la fa alzare, nello stesso
momento in cui la testa rossa cosparsa di lentiggini, del fratello,
appare sullo stipite della porta salutando sorridente con un
“Siamo tornati e mamma ha chiesto di andare a prendere la
spesa rimasta in macchina”
Davanti
alla porta d’ingresso, prende il suo giaccone lasciato
sull’ appendiabiti, dopo che è rientrata da scuola
quel pomeriggio, ed esce per aiutare mentre il rumore delle pentole in
cucina l’avvisa che la madre ha già cominciato ad
armeggiare con i fornelli per preparare la cena.
Varcata
la soglia, si stringe maggiormente, per ripararsi da una folata di
vento particolarmente forte e gelata.
Una
volta rientrata ed aver rimesso la giacca al proprio posto, va nella
cucina per sistemare la spesa, mentre dal salotto proviene il rumore
della televisione, segno che il fratello si messo a giocare alla
playstation.
“Kim,
questo Natale non lo passeremo al cottage” le dice la madre
finendo di impilare delle scatole di pomodoro e chiudendo poi
l’anta del mobile e controllando la cottura di alcune
pietanze sul fuoco.
“Bello,
finalmente un Natale diverso!”esclama contenta la ragazza
continuando ad indisturbata a smistare la spesa “ E dove
andiamo?” domanda sempre ilare.
“In
Germania”.
Un
barattolo di mais cade a terra, sfuggendo alla presa salda di Kim e
rotola lungo il pavimento fino ad arrestarsi scontrandosi contro la
gamba di una sedia.
Kim
si gira lentamente verso la madre. “Dove andiamo?”
domanda, leggermente scossa, mentre il fratello, forse attirato del
rumore del barattolo caduto o dalla voce di un tono più alto
della sorella, appare, prima facendo capolino con la testa e, poi,
completamente, nella stanza.
La
madre sospira profondamente. “Andiamo in Germania”
ripete.
Dopo
un momento di esitazione e con una voce poco sicura
“Io… io, non… non posso venire.
C’è… il ballo e, devo assolutamente
andarci e …”.
“Kim,
lo so che a quel ballo non ci vuoi andare quindi, non prendere scuse
che non esistono. A Natale andremo in Germania, ho già
avvisato i nonni. Partiremo tra una settimana. La rimprovera la madre,
alzando di poco il tono della voce.
Kim
scuote il capo sconvolta. “No, io non vengo”.
“Tu
verrai e passeremo tutti e tre una bella vacanza fuori da questo
cottage”
Vorrebbe
urlare e gridare che lei non accetta questa imposizione ma, conosce sua
madre e sa che non può opporsi tanto meno le
riuscirà di convincerla a non partire, comportandosi da
bambina; per cui, annuisce solamente con il capo prima di uscire dalla
cucina e salire nella sua stanza, chiudendo con violenza la porta alle
spalle, facendone risuonare il rumore per il cottage.
Tim,
sempre dallo stipite della porta, osserva la madre riprendere a
cucinare.
“Te
lo avevo detto che non l’avrebbe presa bene” le fa
presente. “Però, vedrai che presto si
abituerà all’idea e si divertirà un
volta arrivati in Germania” aggiunge poco dopo.
“Lo
spero Tim, lo spero veramente”.
Chiusa
nella sua stanza e ripresa l su postazione preferita, sul davanzale
della finestra, pensa al notizia da poco ricevuta.
Non
può credere che la madre abbi accettato un viaggio di quel
tipo; non perché abbia qualche cosa contro la nazione ma,
per il semplice fatto che lì ci sono troppi ricordi che non
vuole rivivere nuovamente.
Un
leggero toc toc
alla porta non la fa girare in direzione della porta, ben sapendo che
è la madre, l’unica che in quella casa bussa tute
le volte ce entra in una stanza mentre il fratello è
più da entro e basta.
Si
gira giusto in tempo per vedere la chioma riccia e rossa della madre
fare capolino sullo stipite della porta “Posso
entrare?” annuisce con il capo prima di spostare lo sguardo
fuori, anche se oramai non si riesce più a vedere niente per
quanto è scuro.
“Kim…
so come ti senti e, credimi, prima di accettare la proposta dei nonni
ci ho pensato parecchio e alla fine ho deciso che si può
fare.” Comincia il discorso la madre, ma non finisce di
parlare che Kim, comincia a parlare. “Se credi di aver preso
la giusta decisione ok, sai che intanto verrò a Kiel, anche
se sono parecchio restia.”le dice, spostandosi una ciocca di
capelli castani da davanti al viso mentre la madre le accarezza
dolcemente la testa sorridendole.
“La
cena è quasi pronta” si alza ed esce dalla stanza,
lasciando la porta leggermente aperta che, poco dopo, permette a Tim di
entrare e di sedersi sul letto utilizzato per gli ospiti.
Si
tolgono quattro anni anche se, vista l’altezza ed il viso dai
tratti simili, vengono spesso scambiati per gemelli, e sono veramente
molto legati anche solo per essere fratello e sorella.
Kim
gli sorride, appena.
“Vedrai
che ci divertiremo” le dice e lei riesce solamente ad annuire
poco prima di alzarsi e seguire i fratello in cui per poter cenare.
A
cena non si accenna neanche di sfuggita al viaggio e alla Germania e
discutono della giornata scolastica.
Tim
del fatto che a Barry Island, dove abitano, la scuola lasci a dir poco
a desiderare come edificio e del fatto che la sua professoressa di
inglese, secondo lui, ce l’abbia nei suoi confronti.
Mentre
Kim racconta della corsa sua e della sua mica Vivien per prendere
l’autobus per poter tornare a casa da Cardiff e, di come, per
poco non era ruzzolata rincorrendo il mezzo che non si era fermato
neanche vedendole. Solamente alla fermata successiva, erano riuscite a
salire e a prendere posto, facendosi largo con gli zaini ingombranti.
“Se
non avessimo avuto il prossimo autobus solamente quattro ore dopo,
avremo potuto anche lasciarlo andare via senza rincorrerlo come pazze.
E sentivamo Sebastian ridere senza sosta. Vivien aveva intenzione di
fare dietro-front e conciarlo per le feste, solamente il fatto che la
corriera stava prendendo velocità le ha fatto cambiare
idea”
Finita
la cena, Tim sparecchia la tavola mentre Kim si occupa di mettere i
piatti e le posate in lavastoviglie poi, subito a dormire, dopo aver
preparato le loro divise scolastiche, per il giorno dopo.
La
mattina dopo, quando Kim esce di casa per prendere l’autobus,
è costretta a rincasare per recuperare un ombrello per
ripararsi dall’acqua che con un movimento scrosciante, scende
giù.
Arrivata
alla pensilina, attende per qualche minuto, richiudendo
l’ombrello. Sale sul mezzo, per poi sedersi su uno dei primi
posti, d sola, conscia che quel giorno la sua migliore amica non
prenderà l’autobus perché ha trovato un
altro passaggio.
Arrivato
all’edificio scolastico, una delle nuove costruzioni nella
città di Cardiff, si dirige a passo spedito verso il suo
armadietto, nell’ala est.
Dopo
aver recuperato i libri che le servono per le prime tre ore e lasciato
lo zaino con i restanti, Kim, chiede il suo armadietto con maggiore
forza del solito, creando un notevole rumore, facendolo sbattere.
Una
ragazza, poco più bassa di Kim, le si avvicina facendo
ondeggiare la lunga chioma bionda, legata in un treccia che si muove a
tempo con la sua andatura.
“Svegliata
male?” le domanda divertita.
“Meglio
che non parli” risponde stizzita mentre si avvia per il
corridoio, con i libri sotto braccio.
Vivine,
la migliore amica di Kim dall’età di appena tre
ani, quando avevano cominciato a giocare insieme alla scuola materna.
Capelli biondi come il grano nel mese di giugno, quando è
pronto per la mietitura ed occhi verdi, vispi.
Allegria
e pazzia d vendere, come la forza di battersi contro chi non le va a
genio.
Bella
e discretamente corteggiata dagli alunni della scuola che entrambe
frequentano, anche se lei afferma il contrario. E, particolare da non
trascurare, fidanzata da sette mesi con Sebastian.
“
E dai, cos’è questo muso lungo?” ed
altra qualità per cui non passa inosservata è
proprio il suo ottimismo con il quale influenza tutti coloro che le
stanno accanto.
“Vivien…
a Natale parto!” continuano a camminare dirigendosi verso
l’aula di storia, per seguire la prima
lezione
della giornata.
“Allora:
vitalità! Hai sempre desiderato passare le vacanze lontano
da casa e Cardiff, non vedo perché devi avere questo
muso…”
“Andiamo
in Germania!” le dice all’improvviso, fermando il
fiume di parole dell’amica.
-Ah!...-
riesce solamente a dire dopo un po’ di silenzio, entrando in
classe e prendendo posto su due banchi vicini ed in penultima fila.
-Già!-
Il
professore entra, arrestando la confusione venutasi a creare
nell’aula in mancanza della sua presenza e così
anche Kim e Vivien terminano per il momento la loro conversazione.
Durante
tutta la durata della lezione, Vivien, non presenta alcuna attenzione,
addirittura, senza capire neanche l’argomento di studio del
momento; perché, intenta ad analizzare tutta la situazione
presentatale dall’ amica.
Riesce
a capire come Kim abbia potuto ricevere una notizia di quel genere,
ricorda ancora quando una sera l’amica si era presentata
sotto casa, in lacrime e con le trecce sfatta, incurante della tempesta
che c’era quella notte. Non può fare a meno di
ricordare anche quel periodo in cui Kim, Tim e la madre, qualche anno
prima, erano andati a stare da loro, in mancanza di una casa, dopo che
avevano dovuto vendere la loro piccola abitazione.
Il
suono della campanella la fa ritornare al presente e, ancora scossa,
segue Kim che, camminando per i corridoi sistema i vari fogli in cui ha
preso gli appunti della lezione appena terminato.
“Ehm,
non è che me li potresti prestare?” le domanda
Vivien.
Alza
lo sguardo dagli appunti, per poi annuire, porgendogli quei quattro,
cinque fogli in cui è riassunta la lezione.
“Grazie.
Li copio e poi te li ridò prestissimo. Uffi, non so cosa
farei senza di te!” dice Vivien, sistemandoli accuratamente
in una piccola cartellina che porta con se, mentre insieme si dirigono
verso le aule di lingue.
“Me
lo chiedo anche io!” risponde sorridendo divertita.
“Spiritosa.”
Le fa un linguaccia, sorridendo. “Senti, ho comprato il
vestito per il ballo scolastico di Natale, vieni questo pomeriggio a
vederlo? Così mi dici se secondo te può andare,
sai, non mi sento proprio a mio agio con un abito di qualsiasi tipo e
per questo motivo evito accuratamente tutte le feste scolastiche ma,
Sebastian quest’anno mi ha costretto!” sospira
tristemente.
“Certo
che passo a vederlo, intanto questo pomeriggio ho solamente un impegno
con le valigie per la partenza.”
“Ops,
scusa. Forse era meglio se non nominavo il ballo” le dice
sinceramente dispiaciuta Vivien.
“Tranquilla.
Intanto, come ben sai, non sarei mai venuta. Anche se, ad essere
sincera, avrei fatto molto volentieri un cambio: no Germania e
sì al ballo!” le risponde sorridendo, fermandosi
davanti all’aula di tedesco. “Ora devo andare a
lezione, ci sentiamo dopo pranzo, nella mensa.”
“Ancora
non capisco per quale motivo hai deciso di prendere tedesco, che
conosci correttamente la lingua!” dice la bionda, osservando
la scritta sopra la porta. “Ora vado anche io in classe. A
dopo.” E così si avvia affrettando il passo verso
l’aula di Francese
Kim
è seduta ad un tavolino con un piccolo vassoio con il suo
pranzo, quando Vivien le si siede davanti, leggermente arrabbiata in
volto. Non fa domande, perché conosce l’amica e sa
che deve essere lei a raccontare altrimenti riceverà come
risposta solamente un Niente.
Riprende
a mangiare il suo rost-beef, quando in mensa entra Sebastian, un
ragazzo dell’ultimo anno alto all’incirca un metro
e ottanta, gel per capelli per tenere leggermente dritti i capelli
scuri, jeans strappati in più punti ed una maglia a maniche
corte, anche se la temperatura non è l’ideale per
questo abbigliamento.
Vedendola,
le fa un cenno di saluto a cui ricambia, mentre si avvicina affrettando
un po’ il passo.
“Vivien!”
le si siede accanto. “Ti porto a casa io, ok?”
“Viene
anche Kim con noi.” Le dice Vivien “dobbiamo vedere
il vestito per il ballo” gli spiega.
“Bene,
allora alla fine delle lezioni ci vediamo nel parcheggio. Ora,
scusatemi, ma ci sono Marcus e Jasper che mi aspettano.” Un
bacio veloce a Vivien ed un saluto con la mano a Kim e poi scappa via.
Le
due amiche, poco dopo, si alzano con poca voglia e si dirigono verso la
loro classe per seguire lezione di letteratura inglese,
l’ultima di quel giorno.
La
classe, a causa delle parole soporifere, del professore, è
quasi completamente addormentata e, anche quando suona la campanella,
ci vuole del tempo perché tutti gli studenti si sveglino.
Kim
e Vivien sono ancora intenti a sbadigliare senza sosta, quando arrivano
nel parcheggio e trovano Sebastian ad aspettarle con il motore della
macchina acceso.
Arrivate
a casa di Vivien e salutato Sebastian, corrono subito nella stanza
della ragazza e recuperano il vestito: arancione, lungo fino ai piedi
con delle bretelline fini ed uno scialle bianco abbinato.
“Bello,
mi piace.” Afferma sicura Kim “Sicura
però, che non sia un po’ troppo estivo per
portarlo a dicembre?”
“Tranquilla
che, va benissimo” le sorride.
“Se
lo dici tu!”
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