Mentre
leggete,
ascoltate la canzone “Sogno” di Gianna Nannini che
mi ha molto ispirato
Sogno
Chris era consapevole di non reggere
bene l’alcool eppure,
dopo un solo bicchiere di Diet Coke, era passato anche lui alla birra.
Era
circondato da ragazzi che bevevano alcolici tranquillamente, senza
problemi;
perché non avrebbe dovuto farlo anche lui? Era adulto,
responsabile, vaccinato…
e con un gran bisogno di stordirsi per non pensare. Ma quante bottiglie
gli
sarebbero volute per non vedere più Darren, con un braccio
attorno alle spalle
di Mia, intento a ridere e a scherzare come suo solito?
Quanto manca
alla fine
del mondo?
Frasi brevi, sconnesse e senza senso,
ma Darren è lì vicino,
spalla contro spalla, ogni tanto una leggere testata amichevole e molte
volte
l’altro braccio attorno alle sue spalle.
- Ragazzi! –
urlò Riker, alzandosi, cercando di sovrastare
la confusione che li circondava – Allora, siamo giovani, con
un tasso alcolico
non indifferente nel sangue e con tanta voglia di goderci la vita;
quindi
facciamo quello che sappiamo fare meglio: cantiamo!
La proposta fu accolta da un unanime
consenso e subito si
levarono alte le voci dei ragazzi della Dalton Academy, mentre Mia
teneva
teneva il tempo battendo le mani e le posate sul tavolo. Anche Chris si
unì a
loro, più per abitudine che per piacere.
Cantarono fino a che le loro voci non
divennero roche e
stridule, fino a che le mani di Mia non iniziarono a perdere il ritmo e
fino a
che i gestori del locale non chiesero loro, gentilmente, di uscire per
evitare
di dare fastidio agli altri clienti.
E’,
quindi, finita la
serata?
Non riusciva a parlare bene, Chris,
solo a blaterare frasi
incomprensibili, dovuti alla bocca troppo impastata. Che rabbia non
riuscire a
farsi capire!
Tu non mi
capisci,
Darren.
- Hey, chi lo riaccompagna il nostro
piccolo amico? – disse
Titus, cercando di tenere Chris in piedi.
- Le prime esperienze con
l’alcool sono sempre le peggiori –
replicò Telly, che teneva fermo Riker, troppo brillo
perché gli fosse concesso
di attraversare la strada da solo – per quelli che devono
riaccompagnare a casa
chi si è ubriacato, voglio dire.
- Non preoccupatevi – disse
Darren – Lo riaccompagno io.
- Ma figurati, Darren –
disse Mia – Posso accompagnarlo io
Chris.
- No, amore –
ribatté Darren, baciando la ragazza – non
preoccuparti; tanto devo fare anch’io la sua stessa strada.
Così si separarono, ognuno
per la sua strada, per lasciarsi
alle spalle quella serata e riposarsi prima di riprendere la solita
routine di
tutti i giorni.
- Dai, vieni Chris – disse
Darren, aiutando Chris a salire
in macchina.
Vedendo tremare il giovane
sopranista, Darren si tolse la
giacca e la avvolse attorno alle spalle di Chris, provando un
irresistibile
moto di tenerezza per quel ventunenne con le eterne sembianze di un
bambino.
Smettila di
trattarmi
così. Io non sono un bambino.
Chris non riusciva a sentire nulla,
se non un terribile
cerchio alla testa e una sensazione come di fuoco sulla pelle. Sentiva
anche
l’inconfondibile odore di Darren su di lui: doveva essere la
sua giacca;
avrebbe voluto togliersela ma non riusciva nemmeno a muovere le
braccia, si
sentiva svuotato… stava malissimo e stargli vicino, sentirlo
parlare, lo faceva
stare peggio.
Quando la macchina si
fermò, segno che erano arrivati, Chris
sentì l’odore di Darren farsi più
intenso, unito al suo respiro caldo e avvertì
un contatto caldo che gli fece bruciare ancora di più la
pelle. Lo stava
aiutando a raggiungere la sua stanza; lo stava sostenendo, come aveva
sempre
fatto e Chris non aveva la forza di respingerlo.
Darren frugò nelle tasche
di Chris, prese le chiavi e aprì
la porta del suo appartamento; unita alla presenza di Darren, appena
varcata la
soglia, fu avvolto dal tepore tranquillo di casa sua e tanto
bastò a
tranquillizzarlo.
Ma lui era ancora lì,
deciso a restare fino a quando Chris
non fosse stato nel suo letto.
- Su, Chris – fece Darren,
con fare paterno, mettendolo a
sedere sul letto e posando un bicchiere d’acqua sul comodino
– Mettiti a letto e
domani, dopo che avrai smaltito la sbornia, ti sentirai meglio.
- Perché non la smetti!?
– borbottò Chris.
- Di fare cosa? – chiese
Darren.
- Di essere sempre così.
- Così come?
- Così! – quasi
urlò Chris; non riusciva a frenare la lingua
e le lacrime, ma ogni parola lo faceva sentire più libero e
più leggero. Non si
fermò.
Basta adesso.
- Perché non vuoi capire
quanto puoi essere fastidioso col
tuo comportamento? Sei divertente quanto vuoi, ma non ti rendi conto di
quanto
puoi far male agli altri.
- Non credo di aver mai fatto nulla
che potesse ferire gli
altri.
Perché
non vuoi
capire, pezzo di idiota?
- Sto parlando di me. E’ me
che ferisci.
- Io non ti ho mai ferito –
Darren rimase fermo davanti a
lui – Sei ubriaco.
- Sì, lo so, ma quello che
dico è vero e lo penso.
Finalmente.
- Ti diverti tanto a giocare con me,
a trattarmi come un
bambino e non ti accorgi nemmeno che sono cresciuto, non ti preoccupi
del fatto
che anch’io provo dei sentimenti… che…
che…
Ormai, dalle sua labbra non uscivano
più parole, ma singulti
e le lacrime lo facevano soffocare.
- Ti prego Chris, calmati –
disse Darren, tentando di farlo
stendere, per paura che svenisse sul pavimento.
- No! – si
ribellò Chris – Non voglio calmarmi,
perché se mi
calmo, tu te ne andrai e mi lascerai di nuovo solo. Ed io non
voglio… non
voglio.
Se non aveva avuto la forza di
togliersi la giacca di
Darren, riuscì a trovare, in un solo istante, la forza
bastante per afferrarlo,
scuoterlo, tenerlo stretto a sé, abbracciarlo o picchiarlo.
E Darren non fece
nulla, si aggrappò semplicemente alle spalle di Chris.
Non
voglio... non
voglio più… recitare.
Reprimendo i singulti e i singhiozzi
che gli scuotevano il
petto, Chris premette la bocca contro quella di Darren, desideroso di
avvertire
il suo sapore vero, dietro quello apparente dell’alcool,
afferrandolo con le
labbra e con i denti. Lo trascinò su di sé,
facendo aderire ogni centimetro del
suo corpo a quello del ragazzo che tanto lo faceva soffrire; e
iniziò a far
scivolare le sue labbra umide sulle guance e sul collo di lui, tenendo
gli
occhi chiusi, timoroso di vedere un qualunque segno di rifiuto.
Vedendo Darren immobile, stretto a
lui come un naufrago allo
scoglio, Chris gli prese le mani e lo guidò, con violenza ed
insistenza sul suo
corpo, dal petto ai fianchi, dal ventre al sesso; le lacrime che
continuavano a
scendere, i singhiozzi che, piano piano, diventavano gemiti. Nascondeva
il
volto nell’incavo della sua spalla e ritornava a lambirgli le
guance.
- Io ti amo…
Ti amo.
E finalmente, le mani di Darren
iniziarono a muoversi:
accarezzò i suoi capelli morbidi e percorse le linee morbide
del suo corpo,
portando via gli indumenti che lo ricoprivano. Quando Chris si
trovò nudo,
accanto a lui, gli asciugò le lacrime e, con un bacio, gli
fece aprire gli
occhi. E il più giovane lo vide, davanti a sé,
con quel suo solito, maledetto
sorriso sul volto.
- Ti prego, non piangere –
sussurrò – Lo sai che sono felice
solo se anche gli altri lo sono.
- Io sono felice.
Adesso…
Qui… Con te.
Come quelli di Chris, anche gli abiti
di Darren scivolarono
sul pavimento.
Mentre Chris rimaneva aggrappato a
Darren, afferrandogli il
volto, ogni tanto, per rubargli un bacio, il secondo iniziò
a tracciare tante
linee invisibili sul bianco corpo del primo, seguendo la lunga corsa
delle vene
bluastre sulle braccia, poggiando le labbra sull’incavo del
gomito e seguendo
lo scorrere del sangue con le labbra, fino al petto, dove batteva il
cuore.
Chris riuscì a sentirlo
dentro, come avrebbe sempre voluto
sentirlo; non erano più lacrime di rabbia e di frustrazione,
ma di gioia,
quelle che bagnavano il suo volto e quello di Darren, la cui voce ormai
roca
mormorava solo: “Chris… Chris…
Chris…”
Ogni spinta, ogni volta in cui
pronunciavano l’uno il nome
dell’altro, era un colpo al cuore che curava il dolore di
Chris.
E quando, alla fine, toccarono con
mano la felicità più
grande, si abbandonarono sul letto, stretti in un abbraccio
indissolubile.
Poi Chris… si
svegliò.
Sdraiato sul letto, con i vestiti,
senza le scarpe e con
ancora la giaccia di Darren addosso; e un fortissimo mal di testa.
Si sollevò a sedere sul
letto, tenendosi una mano sulla
tempia, e allora vide un biglietto sul comodino, vicino al bicchiere
ancora
pieno d’acqua; la grafia era di Darren.
Vacci piano con l’alcool la prossima
volta. Sei più pesante di quanto
sembri!
Quando ti svegli, chiamami e fammi sapere come ti
senti.
Non preoccuparti per la giacca.
Darren
P.S. Ti voglio bene.
- Almeno, nei miei sogni, sei sempre
con me – disse Chris,
rimettendo il biglietto sul comodino.
E si lasciò ricadere sul
letto, stretto nella sua giacca,
rituffandosi nel suo odore e riaddormentandosi.
Darren.
Nota
dell’autore:
Vi prego non
uccidetemi, ma non credo che potrei fare un finale migliore di questo.
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