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Una premessa è d'obbligo a questa one-shot.
E' nata per partecipare al concorso "Sarete Scrittori" ma non ha
passato il secondo turno e avevo deciso inizialmente di non
pubblicarla, poi ho pensato a quelle 31 persone che l'hanno votata e mi
sono detta che non era giusto non proporgliela di nuovo completa.
La ripetitività che troverete in alcuni punti è voluta,
così come il modo di parlare inizialmente infantile.
E' una storia di speranza, la storia di come la vita a volte ti
proponga degli ostacoli che sembrano insormontabili, ti riservi dolori
ma di come poi, in qualche modo, ti dia l'occasione di essere di nuovo
felice.
Non sono sicura del fatto che fosse adatta o meno per il concorso, semplicemente questo è quello che ho scritto.
Buona lettura, nella speranza che vi piaccia almeno un po'!
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Mi chiamo Alissa, ho nove anni, ed oggi sarà il
giorno più bello della mia vita. Oggi darò il mio primo bacio a Michele, il mio
unico vero amore. Siamo in classe insieme da anni e io lo amo da morire, da
grandi ci sposeremo.
Ho già pensato a tutto: io sarò una
professoressa di matematica e lui un grande scienziato, avrò il mio splendido
abito da sposa bianco e papà, il mio eroe, mi accompagnerà all’altare. L’ho
detto anche alla mia maestra preferita, gliel’ho scritto nel tema su “il mio
eroe” che abbiamo fatto ieri.
Scendo dall’auto e do un bacio a papà, poi corro
in classe. La maestra non è ancora arrivata e nemmeno Michele.
Appoggio la cartella e apro la tasca della
merenda, devo prendere un fazzoletto ma mi accorgo che la merenda non c’è.
Corro in cerca della maestra, devo chiamare papà e dirgli di tornare. Giro
l’angolo e mi blocco.
Sento qualcosa di bagnato sulla guancia, mi
arriva alle labbra ed è salato. È una lacrima. Una lacrima perché davanti a me
c’è il mio papà che bacia una donna sulla bocca. Una donna che non è la mia
mamma ma la mia maestra preferita. Non mi hanno vista. Faccio un passo indietro
e torno in classe. Farò finta che oggi non esista.
Mi chiamo Alissa, ho diciotto anni, ed oggi sarà
il peggior giorno della mia vita. Quello che mi sconvolge così tanto è un
banalissimo compito in classe di matematica. Mi chiedo da quando ho cominciato
ad essere così scarsa in questa materia, e pensare che una volta pensavo fosse
il mio futuro. Una volta credevo tante cose di cui ora almeno la metà mi
sembrano ridicole.
Entro in classe e appoggio lo zaino, poi mi
lascio cadere sulla mia sedia. Stanca delle monotone e ripetitive giornate di
scuola. Il cellulare mi vibra in tasca, leggo il messaggio. Ancora una volta è
Sergio. Se non la smette penso che potrei arrivare ad ucciderlo. Gli ho
spiegato che per me l’amore è sopravvalutato, anzi che io ne faccio proprio a
meno, ma questo baldo giovane non cede, sembra che si diverta ad essere
rifiutato. Dice che mi ama, che non può stare senza di me, francamente credo
che appena un’altra lo degnerà di attenzione si dimenticherà della sottoscritta
in men che non si dica.
La mia compagna di banco si siede e mi saluta.
Non posso fare a meno di sorriderle perché è anche la mia miglior amica.
L’unica che sa tutto: sa di mio padre e di quanto lo disprezzi per ciò che ha
fatto; sa che ogni tanto i miei occhi si fissano a guardare il cancello della
scuola in attesa che Michele ritorni, ma Michele è a Londra da nove anni, da
quando quella mattina non si è presentato a scuola; sa che a volte sorrido
anche se non ne ho la forza.
Oggi, però, qualcosa è diverso. Oggi la classe è
agitata. Chiedo alla mia amica se sa cosa sta succedendo ma lei si limita ad
alzare le spalle. Giusto il tempo di un’occhiata e poi la professoressa entra
dalla porta, c’è qualcuno con lei.
Capelli castani tendenti al biondo, spalle
larghe, la figura di un ragazzo che riconoscerei tra mille anche se l’ultima
volta che l’ho visto aveva nove anni: Michele. È tornato.
Il cuore perde un battito quando lui sorride
alla classe. E basta quel sorriso perché il mio cuore ritorni a credere, a
battere di nuovo come se quel giorno non fosse mai accaduto nulla. Tuttavia è
solo un attimo e la speranza se ne va come è venuta perché io non credo
all’amore. Non ci credo più da troppo tempo.
Quando lui si siede dandomi le spalle concedo al
mio sguardo di scivolare su di lui. so che la mia amica mi ha vista ma non
importa. Non importa perché i suoi occhi hanno incrociato i miei e so che mi ha
riconosciuta. Una lacrima mi solca il
viso. Come farò a fingere che oggi non esista?
Mi chiamo Alissa, ho ventisette anni, ed oggi
sarà il giorno più bello della mia vita. La mia miglior amica mi sta
aggiustando i capelli, aggiungendovi qualche fiore in mezzo. L’abito bianco è
scomodo e mi intralcia ma non ha importanza.
Bussano alla porta e mio padre entra, si blocca
un attimo quando mi vede e poi mi abbraccia, mi stringe a sé come non fa da
quel giorno di diciotto anni fa, e io mi trovo a ricambiare l’abbraccio.
Mi dice che sono bellissima e mi allunga la
mano. Tentenno un secondo ma alla fine l’afferro e mi faccio trascinare in
chiesa. Gli invitati sono già tutti seduti. Vedo mia madre sorridere e
stringere la mano al mio patrigno, mia sorella mi attende pronta a farmi da
testimone, di fianco a lei la nostra sorellastra di cinque anni ha in mano il
cuscino con gli anelli.
Indugio un altro secondo sulla folla di amici e
parenti, poi entro a braccetto con mio padre preceduta dalla mia miglior amica.
Davanti all’altare Michele sta ritto e mi guarda
sorridendo come se esistessi solo io, come se fossimo solo noi due. Incontrare
il suo sguardo mi fa tremare le gambe e mi fa sentire di nuovo l’adolescente di
nove anni fa, quando l’ho rivisto, quando è entrato dalla porta della classe e
io l’ho riconosciuto. Il mio cuore rallenta, i battiti si fanno più intensi man
mano che mi avvicino. Infine mio padre prende la mia mano e la posa su quella
di Michele, l’amore della mia vita. “Amala, rispettala e non farla soffrire
mai” gli dice. Qualcuno potrebbe sarcasticamente far notare che non è la
persona adatta a fare certe affermazioni, ma non io. Non io che l’ho tanto
odiato e disprezzato, non io che un po’, davanti al suo pentimento sincero,
l’ho perdonato.
Ci scambiamo i voti, pronunciamo il nostro ‘sì’
e sono felice come non mai, perché so amare e sono amata.
Prima di baciare mio marito uno sguardo cade su
mio padre, è solo un frammento di tempo ma lo vedo distogliere gli occhi da me
e guardare triste mia madre che, invece, raggiante intreccia le dita a quelle
del nuovo compagno. E mentre bacio mio marito una lacrima scende e mi riga una
guancia. Oggi esiste e non potrò, né vorrò, mai fingere che non sia così.
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