-
Ciao. -
bisbigliò Frank sorridendo, varcando la vetrata che separava
la bianca stanza ospedaliera dal resto del mondo, coprendolo con una
spessa cortina immaccolata.
Si avvicinò, sfiorò delicatamente il viso di
Gerard con la mano destra, facendo attenzione a nascondere l'altra
dietro la schiena.
- Hey. - rispose il cantante
con un colpo di tosse. Per qualche istante sembrò non
riuscire a respirare, continuando ad annaspare in cerca d'aria e
trovandola lentamente.
Si poteva quasi sentire il battito affaticato del suo cuore.
Il chitarrista chiuse gli occhi lucidi, lasciando che una lacrima
scorresse silenziosa sulla sua guancia. Quello era il suo Gerard, ridotto
all'ombra dell'uomo che era.
La sua bocca si aprì in un incerto, doloroso sorriso quando
il cantante lo guardò con lo sguardo rotto.
-
Ti ho portato una cosa. - disse Frank
schiarendosi la voce. Da dietro la schiena estrasse un mazzo scarlatto,
dodici rose rosse raccolte da un nastro bianco e lucido.
-
Non dovevi. - replicò
Gerard con un tono faticosamente felice, malcelato da una falsa
espressione di irritazione. - Sono bellissime. - aggiunse, sottovoce.
- Come te. - sussurrò
il moro, arrossendo vistosamente e cercando di nascondere la testa tra
le spalle. Tossicchiò, sperando che non avesse sentito.
-
No. - rispose
secco, senza lasciare nemmeno il tempo di un respiro. - Mi hai visto? Sono
repellente, cazzo. Vedi i miei capelli? No, non li vedi. Se ne sono
andati quasi tutti. Sono... sono repellente. - ripetè,
sprofondando nel letto che sosteneva rigido il suo gracile corpo.
-
Non dirlo nemmeno. - iniziò il
chitarrista. - Gee, sei bellissimo.
Comunque. Ricordi? Stay
beautiful, keep it ugly. Sei sempre bellissimo, per me. - disse, sorridendo
convinto. Avvicinandosi, lo baciò piano sulla fronte.
-
Manca poco. - disse il cantante,
freddo, bloccando gli occhi nocciola in quelli del chitarrista. - Manca sempre meno.
Lo senti anche tu? Posso quasi contare i giorni, sai? Sento la vita
scivolare via dalle mie mani. Cerco di afferrarla, cerco di fare del
mio meglio e tenermela stretta, ma vola via. Salta e soffia, come un
gatto. Voglio una vita vera, voglio indietro la mia vita. - si interruppe,
scosso da un singhiozzo.
- Devo andare, Gee.
- bisbiglò
Frank, quasi come se stesse parlando a sé stesso. - Non ce la faccio, a
vederti così. Scusami. - aggiunse, sempre
più lacrime scorrevano sul suo volto, esitando sugli zigomi,
come per essere sicure che tutti le vedessero. Vedete?, sembravano
dire, noi siamo qui;
Frank Iero sta piangendo!
-
Ci vediamo. - disse il cantante
con quella voce sempre più flebile, come se l'aria stessa la
stesse inghiottendo. - Non baciarmi. - si scosse
più che potè, quando il chitarrista si
chinò su di lui.
Con gli occhi feriti e le guance umide, Frank si voltò e
camminò lentamente verso la porta di vetro dalla quale era
entrato. Sembrava così fragile, friabile quasi, eppure era
la cosa meno delicata presente in quella stanza tanto bianca da essere
accecante.
-
La cosa più difficile di tutto questo è
lasciarti. - sussurrò
Way quando il chitarrista raggiunse l'uscio. La sua voce inudibile
sembrava tuonare, echeggiando sulle pareti e raggiungendo direttamente
il cuore di Frank, senza passare per le orecchie.
- E'
svegliarsi con lo squillo del telefono e sentire la voce di qualcuno
che mi dice di venire immediatamente qui. Lo so. -
continuò Iero con un sorriso triste sulle labbra.
Alzò lentamente la mano e camminò fuori
dall'ospedale, avvolto in una bolla invisibile che lo escludeva dal
resto del mondo. Il suo mondo era Gerard; il suo mondo si era fermato
in quella stanza candida, di fianco a lui.
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