Pressocchè impossibile -FF
Pressoché
impossibile
Sedeva,
coi
gomiti poggiati sul tavolo, l'espressione imbronciata. La Sala Grande
era quasi totalmente vuota, se si eccettuano qui due o tre sparuti
gruppetti sparpagliati per i quattro lunghi tavoli, dai quali si alzava
un ovattato chiacchiericcio e, a tratti, una risata nervosa, di quelle
che solo la prospettiva degli esami di fine corso può far
nascere.
Lui,
per contro, non ne sembrava affatto toccato.
Di
più,
non poteva importargliene di meno. Sembrava rimuginare su qualcosa di
molto diverso ed estremamente più rilevante.
Capitava,
senza
che ne accorgesse, che qualcuno si voltasse a guardarlo o gli passasse
proprio accanto e notasse quel sopracciglio che s'inarcava di tanto in
tanto mentre un pensiero più complesso gli attraversava la
mente. O un ostacolo più arduo. O un incantesimo
più
difficile, o la preoccupazione per una pozione che non gli riusciva
mai,
o magari,
così pensava il casuale studente che aveva
adocchiato
quel sopracciglio, vuole
solo far colpo su una ragazza e non sa come
fare.
Piccoli,
ignari studenti, così lontani dalla verità.
Talvolta
non
erano gli studenti ad accorgersi del muto stato meditativo in cui lui
si
richiudeva: era accaduto, infatti, che qualche professore l'avesse
sorpreso in tale condizione, ma erano stati pochi a preoccuparsene.
Per
di più, quei pochi erano stati criticati, se non redarguiti,
con sprezzante superbia.
«Scherziamo?»,
s'era sentito una volta o forse più dalla sala
professori, «non
s'è mai visto studente migliore ad Hogwarts. Pensa agli
esami,
agli esami soltanto!»
«E
alla sua futura, brillante carriera» aveva chiocciato qualcun
altro
con pio fervore.
«Ma
certo. Sono d'accordo anch'io».
Di
solito seguiva uno stizzito «Humpf!» che metteva fine alla
discussione.
E
lo stesso si
udiva lontano dai gargoyle e dalla sala che custodivano, per i corridoi
in pietra, che quegli stessi professori attraversavano ogni
dì.
Quel
giorno
erano in due, il professore di Pozioni e quello di Trasfigurazione, che
recandosi al pranzo, s'erano trovati per l'ennesima volta a discutere
l'argomento.
«Non
voglio
insistere» disse il professore di
Pozioni, con l'aria di chi non vuole far altro, «ma mi sento quasi offeso a
sentirti esprimere
questi dubbi sul ragazzo».
L'altro
rimase in silenzio, invitandolo a continuare.
«È
un ottimo
studente, ha i massimi voti in tutte le materie e questo vale per ogni
anno da quando è qui». Si sarebbe detto che si era
fatto
prendere dall'entusiasmo nel difendere il pupillo e non si
fermò
all'entrata della Sala Grande.
«È
diligente,
morigerato, appassionato e maturo!», il professore strepitava
ormai, «quindi ti dico che non
c'è alcuna possibilità
che stia
covando qualcosa di sinistro, è pressoché
impossibile!».
E
nello stesso istante, ecco l'oggetto della disputa di fronte agli
acquosi occhi del professore di Pozioni.
Tom
sorrise. «Professore, posso chiederle
degli... approfondimenti in
privato?» chiese con voce sinuosa.
«Ma
certo,
Tom», disse Lumacorno, «dopo pranzo», per poi aggiungere quando i
due
raggiunsero il tavolo dei docenti e stavano sedendosi: «Visto? Che
ti avevo detto?»
Albus
Silente scrutò il collega al di sopra degli occhiali a mezza
luna e tacque.
Le
ultime parole famose, vero? Essere bravi a scuola non è
tutto. Però è già qualcosa.
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