Premessa; è la mia prima storia di Teen Wolf e pertanto i personaggi non
sono ancora caratterizzati al meglio. Tenterò di rimediare quando inizieranno a
esserci più episodi, magari. Oh! Stiles ogni tanto dice delle cose che non
hanno senso.
Dedicata in tutto e per tutto ai Cabonn: al mio Uomo Cabonno
per consolarlo dall’allontanamento del Profeta dal set (che Irma sia con lui) e
alla mia Donna CupCake che fra video e chiacchiere ieri mi ha tenuta
sveglia fino alle 2.30 (giusto per restare in tema con la shot).
Buona lettura!
Keep me awake [over].
And I would have stayed up with you all night
Had I known how to save a life
How to save a life. The
fray
Sceriffo Stilinski al
rapporto, scandì fra sé il ragazzino dagli occhi nocciola, mettendosi
sull’attenti.
Sono
pronto per un secondo giro di ricognizione. Oh, che giornata farlocca!
Non
conosceva il significato di nemmeno metà delle parole che stava farfugliando.
Tuttavia, Stiles era fatto così: prendeva in prestito ai grandi e
alla TV tutte le parole che gli parevano interessanti e le infilava a casaccio
nei suoi discorsi, dando origine a un minestrone di vocaboli che non centravano
nulla l’uno con l’altro.
E
oggi, la medaglia al valore non ce la toglie nessuno.
Con aria
determinata, il ragazzino si acquattò dietro un mucchio di bidoni della
spazzatura, l’attenzione completamente rapita dallo scambio di battute dei due
uomini che ostruivano la sua visuale.
Essere
il figlio dello sceriffo comportava, a detta di Stiles, diverse
responsabilità, tra cui quella di dover conoscere a menadito ogni avvenimento –
bello o brutto che fosse – verificatosi a Bacon Hills. Il fatto che suo
padre non comprendesse la serietà di questo suo compito lo faceva andare su
tutte le furie. Non sopportava il fatto che gli adulti del
vicinato lo considerassero semplicemente un marmocchio ficcanaso – beh,
ficcanaso forse un pochetto lo era – quando in realtà lui si
sforzava semplicemente di comportarsi da bravo apprendista sceriffo. Un
giorno sarebbe stato proprio come il suo vecchio, si ripeteva spesso il piccolo Stiles.
In
gamba, temerario, forte, furbo come una volpe e…
“Maledizione, Stilinski, è
ancora quel tuo marmocchio.”
Il vice
sceriffo imprecò ad alta voce, mentre un rumore sordo alle sue spalle lo faceva
sobbalzare.
… Per
niente maldestro.
Il
ragazzino si sollevò da terra brontolando. Si fece strada fra i
cumuli di spazzatura che i bidoni gli avevano vomitato addosso dopo che era
andato a sbattere contro uno di questi.
Effetto
domino, annotò mentalmente il bambinetto ricordando di averne sentito
parlare in qualche programma televisivo. Oh yeah.
“Che
cosa ti avevo chiesto di fare, Stiles?”
Con un
sospiro rassegnato, lo sceriffo Stilinski appoggiò la mano sulla
schiena del bambino e lo spinse con delicatezza fino ai gradini d’ingresso
dell’abitazione.
“Non mi
ricordo.”
“Va’ a
giocare con Scott e restaci per il pomeriggio.”
“Ma te
la stavo facendo!” dichiarò orgogliosamente il bambino, picchiettando con
insistenza il pugno contro la pancia del padre. “Ti dimostrerò di
essere un perfettissimo vice sceriffo.”
Lo
sguardo torvo del ‘vero’ vice lo fece rabbrividire. Il bimbo fece una smorfia.
“Volevo
dire vice, vice, sceriffo.”
L’espressione
severa del padre lo ammonì ancora una volta.
“Uhm… Ci
devo aggiungere ancora un vice?” domandò Stiles con
aria innocente, prima che il padre gli indicasse la porta d’ingresso con un
cenno del capo, sorridendo appena.
“Vai a
giocare con Scott” ripeté l’uomo in tono di voce più rilassato,
arruffandogli i capelli.
“Oh, e va
bene!” si arrese infine Stiles dirigendosi verso casa e
strascicando i piedi. “Adulti… I soliti lagnosi.” borbottò
fra sé, prima di raggiungere di corsa la sua camera.
“Ehy, Scott. Scott!” esclamò, dopo
essersi tuffato sul letto, per afferrare il fidato walkie talkie. “Stiles chiama
Scott, passo. Stiles chiama Scott, passo!”
“Ti
sento forte e chiaro, Stiles. Che è successo?”
La voce
vagamente irritata del migliore amico lo raggiunse quasi subito; e quel quasi era
già troppo per un bambino impaziente come Stiles.
“…
Passo.” aggiunse infine Scott, per rimediare alla dimenticanza.
“Era
ora! Non indovinerai mai che cosa si stanno dicendo papà e il vice sceriffo in
questo preciso istante! Passo” esclamò esagitato l’altro ragazzino.
“Che hanno
trovato un cadavere?”
Il tono
di voce piatto con cui Scott pronunciò quelle parole indignò tremendamente
l’amico. Stiles arrossì leggermente, tirando un calcio a una
pallina da tennis che per qualche strana ragione era andata a infilarsi in una
delle sue scarpe da ginnastica.
“Questa
è proprio una giornata farlocca!” ribadì poi,
annoiato dal fatto di non essere riuscito nemmeno a strappare un briciolo di
stupore al migliore amico.
“Che vuol
dire farlocca? … Passo?”
Scott
aggrottò le sopracciglia con aria confusa.
“Senti, lascia perdere… Ho
appena avuto un’idea” annunciò Stiles, sbirciando con aria furtiva i
movimenti del padre e del vice sceriffo dalla finestra. Il suo sguardo si mosse
in direzione della macchina parcheggiata a una decina di metri di distanza dai
due adulti: il bagagliaio era aperto.
“Super Stiles sta
per farla in barba al suo mitico vecchio! Passo e chiudo” concluse.
Fece il saluto militare e abbandonò il walkie talkie sul letto prima di
fiondarsi a terra, rotolando sul pavimento.
“Stiles, lascia perdere.
Tuo padre ti ha già messo in punizione praticamente per il resto
dell’estate… Passo!”
Scott
tentò di convincere l’amico con scarso impegno, troppo concentrato a esaminare
uno dei suoi modellini di dinosauro con la lente di ingrandimento.
“Stiles?”
Ma ‘Super Stiles’ era
ormai ben lontano dalla cameretta e in quel momento stava scavalcando a tre a
tre i gradini delle scale con una scarpa slacciata e un piede scalzo: l’altra
scarpa se la stava trascinando dietro a mano.
“Il vice vice sceriffo Stilinski sta
per raggiungervi, cari cattivoni. Tremate! Tremat…”
Un esclamazione
di sgomento spezzò l’aria, mentre il bimbo ruzzolava per la terza volta a terra,
inciampando nei propri lacci.
“Cacchiarola…” commentò,
rialzandosi a fatica e dandosi un’occhiata furtiva attorno come se si
aspettasse che i mobili stessero ridendo di lui. “Sei proprio un
clown, Genim” si prese in giro, ricordando con un sorriso la frase
che sua madre soleva ripetergli spesso quando ne combinava una delle sue. Arrossendo
lievemente, si affrettò a gattonare fino all’auto del padre e, assicurandosi di
non essere visto, si acquattò in un angolo della vettura. Esultò in silenzio
con aria visibilmente soddisfatta.
“Ossignore, Stiles….”
Da solo
nella sua cameretta, Scott si stropicciò i ricci corvini che ricadevano
disordinati sui suoi occhi e si lasciò cadere sul letto con aria arrendevole. Il
walkie talkie ancora ben stretto in mano.
“… Passo e
chiudo.”
***
“Scott?
Scott, mi senti?”
La luna
estendeva pallida i suoi raggi opachi in direzione della cameretta di Stiles che,
sbuffando, faceva danzare il fascio di luce della sua torcia in direzione del soffitto.
Quel
pomeriggio era stato un autentico fiasco, tanto per cambiare. Ancora una volta
non era riuscito a farla franca e suo padre l’aveva riportato a casa di corsa, quando
l’aveva sorpreso acquattato in un angolo della vettura.
Fortuna,
si era detto Stiles, che non era riuscito a impedirgli di scorgere la
mostruosità che giaceva sul terreno, semi coperta da un telone di
plastica.
Quello
fu giorno il cui Stiles vide per la prima volta un cadavere – che,
per la cronaca, non aveva nulla a che vedere con
quegli zombie flaccidi e giallognoli che lui e Scott avevano
osservato più volte alla televisione. Era un enorme passo avanti per la
carriera del piccolo vice vice sceriffo. Sebbene
inizialmente si fosse sentito completamente euforico ed entusiasta al pensiero
di ciò a cui aveva assistito, ora che era calata la sera incominciava
ad avvertire le prime avvisaglie del pentimento.
“Sei
proprio un clown, Genim” borbottò fra sé, rabbrividendo all’immagine
di quella mano pallida che aveva visto spuntare dal lenzuolo di plastica. Cocci
di vetro circondavano il cadavere con aria minacciosa. “Un clown stupido e
fifone.”
Stiles strizzò
gli occhi e si puntò il fascio di luce della torcia in pieno viso.
“Scott…” sussurrò
flebilmente, avvicinandosi il walkie talkie alle labbra. Il cuore incominciò ad
accelerare il proprio ritmo in maniera fastidiosa.
Sta’
fermo, stupido, Mormorò fra sé schiacciandosi la mano libera sul petto e lasciando
andare la torcia.
“Stiles,
che vuoi?”
Una voce
impastata dal sonno risuonò dall’altoparlante del suo trasmettitore,
infondendogli un lieve barlume si sollievo.
“Sono
quasi le due… Passo” si ricordò di farfugliare Scott, prima di
adagiare il walkie talkie sul cuscino e di chiudere gli occhi.
“Tienimi
sveglio” bisbigliò Stiles, scoccando occhiatacce alle ombre più scure
della sua camera e indugiando a lungo su un puma giocattolo.
“Sei
stato tu a uccidere quella donna? Confessa!” lo interrogò, puntando
la torcia in direzione del pupazzo con aria di sfida. Ma nemmeno
giocare a fare l’impavido riusciva a rincuorarlo più di tanto.
“Che
cosa?” borbottò Scott, non riuscendo a trattenere uno sbadiglio. “Stiles,
ho sonno!”
“Tienimi
sveglio. Andiamo, parla!... Passo.”
Rassegnato
e insonnolito, il piccolo Scott non poté che obbedire. Sbadigliando di
tanto in tanto, incominciò a raccontare al walkie talkie la giornata appena
trascorsa, interrotto talvolta dai “Cavolo!” e i “Vorrei ben
vedere” di Stiles. Solo ogni tanto Scott si ricordava di aggiungere “Passo”
alle sue frasi, nel caso il ragazzino all’altro capo del ricevitore sentisse il
bisogno di aggiungere qualcosa.
“Senti,
so che sei in punizione. Ma secondo te tuo padre ci lascerebbe andare
a pescare domani? “ domandò a un certo punto attirando a sé il
lenzuolo, calcolando male le misure e lasciandosi così i piedi completamente
scoperti. “Dopotutto, per lui sarebbe una gran cosa: ti terrebbe lontano
da quel cadavere per un bel pezzo.”
Non
ottenendo risposta, il piccolo Scott aggrottò le sopracciglia e aggiunse un
esitante “Passo”.
“Beh… ‘Notte, Stiles.” si
arrese infine, appoggiando il ricevitore sul comodino e cacciando in fretta i
piedi infreddoliti sotto al lenzuolo. “Passo e chiudo.”
A circa
cinquanta metri di distanza dalla casa di Scott, il bambino di nome Stiles giaceva
su un fianco, profondamente addormentato. In mano stringeva ancora il
ricevitore; l’immagine di una mano pallida che spuntava da un lenzuolo era
scomparsa dai suoi pensieri.
***
“Tienimi
sveglio.”
“Che? Chi
sei?”
Stiles si
svegliò di soprassalto, farfugliando parole sconnesse. Balzò a sedere, trafficando
con la valanga di vestiti che ancora ricoprivano il suo letto.
“Chi è
stato?” domandò sgranando gli occhi, mentre calzini e magliette rotolavano
a terra.
“Stiles,
mi senti?”
“Scott?”
Stiles si
guardò attorno disorientato, grattandosi la testa. Improvvisamente scoppiò
a ridere.
“Toh, ma
sentilo. Adesso può anche inviare messaggi telepatici. La
cosa mi mette un po’ di inquietudine, lo ammetto” scherzò
infine. Recuperò il vecchio walkie talkie incastrato fra un libro di mitologia
e la sveglia. “Non siamo un po’ cresciuti per questi cosi? … Paaaasso?” esclamò
direttamente nel ricevitore, storpiando l’ultima parola in tono di voce
scherzoso.
“
Probabilmente sì.”
Scott
sbirciò con aria inquieta fuori dalla finestra, come se si aspettasse che la
mezzaluna incastonata nel cielo potesse ingrassare da un momento all’altro. Il
sudore imperlava ancora la sua fronte, attorcigliando i ciuffi di capelli che
gli ricadevano sugli occhi. “In effetti avrei potuto usare il
cellulare.”
“Andiamo,
che c’è di così urgente da dovermi buttarmi giù dalla branda alle quattro del
mattino?”
Dall’altro
lato del ricevitore anche Stiles stava sbirciando oltre le tende,
rimirando con sospetto il globo perlaceo che spiccava sul nero inchiostro della
notte.
“Aspetta,
fammi indovinare. Immagino ci sia stato un altro di quegli incubi
terribilmente inquietanti e realistici. Mi auguro che il fortunato vincitore
della tua sfuriata lupesca non sia io, questa volta. O giuro che ti chiudo la
comunicazione in faccia.”
“Stiles…”
Il tono
di voce incerto di Scott placò l’istinto bonario del ragazzo.
“Seriamente, Scott,
che succede?” domandò Stiles, avvertendo una lieve fitta di
preoccupazione farsi strada dentro di lui. “... Passo?” non
riuscì a trattenersi dall’aggiungere con aria divertita.
Scott si
passò una mano fra i capelli, rivivendo con un brivido le immagini che
l’avevano tormentato in sogno. Una sequenza di visi sfilò di fronte ai
suoi occhi in maniera fin troppo vivida.
C’erano
sua madre e il suo migliore amico. C’era Allison. E, a circondare i
loro volti, evocò con una stretta allo stomaco un paio di artigli affilati e
una pozza di sangue. Non se la sentiva di precipitare nuovamente in tutto
quello. Non quella notte.
“Sto
bene, solo…” il ragazzo sospirò, spostando la sua attenzione in
direzione della finestra. Si affrettò a chiuderla con uno scatto secco. “Tienimi
sveglio, ok?” domandò, tornando a sedersi sul letto.
“Stai
scherzando, vero?” Stiles scosse il capo con aria incredula, fissando
il ricevitore come se si trattasse dello stesso Scott. “Che significa tienimi
sveglio? Guardati un film, sguazza fra i siti vietati
ai minori… Mettiti a ballare la conga per casa, non so.”
Si
sistemò nuovamente sul letto e appallottolò un paio di calzini
inspiegabilmente acquattato ai suoi piedi. “…Passo” si ricordò di
aggiungere, adocchiando il cestino della biancheria. Mirò con cura, prima di
tentare con un canestro. “Centro!” concluse infine, esultando.
Scott si
lasciò sfuggire un mezzo sorriso, prima di tornare a girovagare con
aria nervosa per la stanza.
“Sei
ancora lì?” domandò Stiles dopo qualche minuto, nuovamente
preoccupato. “ Sul serio vuoi che mi metta a fare da intrattenitore? Passo?”
“Tienimi
sveglio e basta” ripeté un’ultima volta Scott con voce stanca, crollando
sul letto. L’amico lo imitò, appoggiandosi il ricevitore sul mento.
“Ok, uhm… Dunque…”
Fece
mente locale, alla ricerca di qualche espediente divertente per distrarre
Scott.
“C’era
una volta una strafiga.”
Ridacchiò,
allentando la presa sul pulsante di ricezione.
“Una
Strafiga attratta da uomini villosi che non si tagliavano mai le unghie. A
questo punto tu dovresti riconoscerti nella descrizione e obbiettare ‘Stiles,
stai dicendo che la mia ragazza è una strafiga?’ Eh no, bello mio. Stavo
parlando dell’insegnante di scienze; gran bella donna. Ma che razza di marito
si ritrova...”
Sei
proprio un clown, Genim.
Quella
vecchia frase gli ritornò alla mente, strappandogli un sorriso.
“…
Brrr. Chissà che cosa ne pensa Danny. Ehi, Scott, a proposito
di Danny…”
Ma dall’altro
lato del ricevitore non proveniva più alcun suono.
“Scott?”
Nessuna
risposta, a parte il lieve ronzio del walkie talkie. Stiles si
stropicciò un occhio e spalancò la bocca, incapace di reprimere l’ennesimo
sbadiglio.
“’Notte,
Scott” farfugliò nel ricevitore, prima di gettarsi le coperte sulla testa e di
affondare il capo nel cuscino.
A circa
cinquanta metri di distanza, un adolescente giaceva addormentato su un fianco,
un lieve sorriso ad allentare la tensione tratteggiata sul suo viso. Il
walkie talkie giocattolo ancora stretto in mano.
“Passo e
chiudo.”
Nota dell’autrice.
Ok, non è proprio niente di che. Poteva
venire meglio, ma come dicevo era il mio primo tentativo e ci tenevo a
pubblicare qualcosa su questa nuova simpatica serie TV. Che dire? Stiles da
bambino è stato divertente da scrivere. Lo immagino semplicemente come una
versione in miniatura del giovanotto che conosciamo: un moccioso dalla
parlantina ininterrotta, curioso e pasticcione. Scott è il classico migliore
amico, pacato e molto più tranquillo rispetto a Stiles. La cosa del walkie
talkie può sembrare un po’ idiota, ma non mi sembrava il caso di farli parlare
al telefono nel cuore della notte da bambini e mi piace l’idea che continuino a
comunicare con il walkie talkie nonostante siano ormai cresciuti. Per quanto
riguarda il modo di parlare di baby!Stiles (in particolare mi riferisco al
“farlocco” e all’ “effetto domino” [oh yeah]), niente avevo in mente questa
immagine di un ragazzino molto curioso e intelligente che si diverte a
collezionare parole e fatti che lo colpiscono e tende ad allegarli a qualsiasi
conversazione rendendo i suoi discorsi talvolta buffi e insensati. * si è
capito che lo amo, non è vero? Sono una persona decisamente poco obiettiva*.
Ultima cosa: quell’ over nel titolo. In
inglese over sostituisce “passo” nelle comunicazioni tramite walkie talkie.
Direi che è ora di abbandonarvi.
Passo e chiudo.
Laura