capitoloooApro gli occhi, e nemmeno mi sembra di aver dormito. Una sensazione di nausea mi pervade, e non so il perché.
Guardo l’orologio e mi accorgo di essere in fottuto ritardo per il
pranzo, ma rimango alcuni minuti tra le lenzuola. È successo davvero?
Maya, Morena… che confusione. Una ritorna, bella più che mai, e
l’altra, che… che? È innamorata di me? E io l’ho capito solo ora. Ma
che dico, è tutta una bugia. Io lo sapevo già. Quello che non so è ciò che provo io.
Chiudo di nuovo gli occhi e tre volti mi appaiono davanti. Il primo è
quello di Maya, che mi sorride, solare come sempre. Il secondo
appartiene a Morena, coi suoi occhi chiari e l’aria malinconica. Il
terzo, alla ragazza mascherata del Chico, ricordo ormai sbiadito.
Mi lavo veloce e vado verso la cucina. Sere apparecchia, canticchiando.
Non sono poi così in ritardo, dai. “Buongiorno, principino.”
“Ciao Sere.”
Il campanello suona e io vado ad aprire. I miei genitori fanno capolino
dalla porta, abbandonano tra le mie braccia vari (e pesanti) vassoi,
poi entrano Ste, Samu e… lei, bellissima, Maya.
Poggio i vassoi sul tavolo e la bacio di fronte a tutti, fregandomene
altamente degli sguardi imbarazzati dei miei parenti, perché lei è
l’unica cosa che voglio, ora. Dopo tanti mesi di distanza, finalmente,
di nuovo tra le mie braccia.
Mangiano, e i genitori di Ray raccontano tutto ciò che hanno fatto nei
trecento giorni che non hanno visto il resto della famiglia.
“E il cameriere mi porta il piatto. L'animale sembrava coniglio! E invece, cos'era??? Un cane!”
“Un cane???”chiede Sere, incredula. A Ste va quasi di traverso l'acqua.
“Carlino, precisamente” aggiunge Andrea, ridendo. “Era anche buono!”
“Che schifo, papà, ti prego!” esclama Ste, allontanando il proprio
piatto. Il coniglio alla cacciatora non gli sembra più così invitante.
“E tu, Ray? Che ci dici? Tanti auguri per il diploma, comunque! Che se
l'aspettava il tuo bel novantacinque!” si congratula Andrea, ridendo.
“Ehi! Che fiducia in me!” ribatte Ray, incrociando le braccia e facendo il finto offeso.
“Tesoro, io credo in te” dice Adele, accarezzando il braccio di Ray con fare amorevole.
“Per fortuna ci sei tu, mamma. Comunque... nulla, ho preso la patente, mi sono diplomato...”
Ray racconta a grandi linee l’andamento dell’intero anno, poi…
“E quella ragazza...?”
Il calcio di Stefano diretto ad Adele colpisce Ray al ginocchio.
“Ehi!”
“Scusa, Ray...” dice Ste, arrossendo. Il suo sguardo percorre il tavolo
e raggiunge Maya, che invece sembra piuttosto incuriosita.
“Parlate di...” comincia, gli occhi che guizzano da Adele a Ray.
“Morena, sì, quella SPLENDIDA ragazza di origini spagnole che ci hai
presentato, ricordi?” ribatte Adele, guardando Ray dritto negli occhi.
Ray capisce al volo. Ai suoi genitori non piace Maya. Ste e Sere si
scambiano un'espressione di puro terrore, ma Samu, che come al solito
non ha capito nulla, cerca conforto in qualcuno, ma trova solo
Maya, infastidita, che invece ha capito tutto.
“Senta, Adele. Non so che impressione può averle fatto Morena, ma le
assicuro che non è come sembra, per niente” dice Maya, con fare acido.
Ray non capisce. “Maya, che…?”
“Quello che posso dire di Morena è che non bacia il primo che le capita
dopo due minuti che gli è vicino, a differenza di qualcun'altra” sibila
Adele, senza guardare Maya.
“Qualcuno vuole una fetta di torta?” esclama Sere a voce esageratamente
alta, cercando di far cambiare argomento alla tavolata silenziosa e a
disagio.
“Mamma, non mi sembra il caso di attaccare Maya, che ti prende?” chiede Ray, incredulo.
“Lascia perdere, Ray. Tua madre pensa che io sia una puttana solo perché ho baciato...” continua Maya, furente.
“Allora, la fetta di torta? Qualcuno ne...?”
“NO!” urlano all'unisono Ray, Adele, Maya e Samu (che ha finalmente capito di che si parla e pronta a difendere sua cugina).
Sere si risiede al suo posto, in silenzio.
“Non azzardarti a usare certe parole con me, signorinella!”
“Cosa le da fastidio, che io dica la parola puttana o che per lei lo
sia? Non ho cinque anni, sono maggiorenne e posso dire quello che mi
pare, baciare chi mi pare senza che una sconosciuta mi faccia la
ramanzina!”
Adele si alza in piedi, facendo ondeggiare i capelli biondi. Il tavolo trema.
“Mamma, calmati, ti prego...” dice Ste, paonazzo, senza capire come una
discussione allegra sia potuta divenire uno scontro a fuoco vivo tra
sua madre, donna notoriamente tranquilla ma senza peli sulla lingua, e
Maya, una ragazza che non si era mai dimostrata maleducata o scontrosa,
anzi.
“Zitto tu! Tanto lo so che lo pensi anche tu e non dici nulla solo per tua moglie...”
“Adele, calmati, non mi sembra il caso di...” si mette in mezzo Andrea, cercando di rimettere le cose apposto. Senza successo.
“La sconosciuta in questione è madre del ragazzo seduto accanto a te, cara… e io voglio solo il bene per mio figlio.”
Maya torna alla carica: “Sì, proprio il bene! Tanto che gli fa visita
due volte l’anno! E comunque, per sua informazione, io e Ray siamo
stati insieme l'anno scorso, quindi non può permettersi di dire cose
del genere di una persona che neanche conosce! Scusate, vado in camera.”
Detto questo, Maya si alza e si dirige in camera sua, sbattendo la porta.
Adele si risiede, furente e rossa in viso. “Mamma, ma che…”
“Non mi interessa quello che pensi, Ray. Non mi piace quella ragazza.”
“Non c’era bisogno di attaccarla. Ha ragione lei.”
“Su cosa?”
“Tutto.”
Stefano si blocca, reggendo in mano quattro bicchieri
contemporaneamente; Samu sgrana gli occhi a quella parola che non si
aspettava; Andrea si copre gli occhi con la mano, Sere diventa
bordeaux.
“Ray, ma…” sussurra Sere, incredula. Non può credere che Ray abbia detto questo alla madre.
“Mamma, non sono affari tuoi quello che faccio io, o Maya” dice Ray,
ignorando Sere. “Preoccupati della tua vita. Sei più soddisfatta del
tuo lavoro che dei tuoi figli.”
Ray raggiunge Maya in camera, furente e deluso, senza neanche guardare
il resto della sua famiglia. Lei sta sdraiata a pancia in giù sul
letto, e dalle scie nere sulla federa del cuscino si dice che ha
pianto.
“Scusa, Maya, per questo casino...”
“Non preoccuparti, Ray” sussurra lei con voce soffocata, la faccia nel cuscino.
Ray si avvicina a lei, le sposta i capelli dal collo e la bacia, piano.
Maya si gira e gli sorride, triste. “L'importante è che sto con te.”
Lui la bacia, dolce. “Maya, ma...”
“Sì?”
“Vuoi stare con me? Davvero?”
“Sì, Ray. E lo so che ho sbagliato, e capisco che tu non voglia più...”
In tutta risposta Ray la bacia di nuovo sulle labbra morbide e dolci. “Io voglio te. Te, Maya.”
“E Morena?” chiede lei, in un sussurro, guardandolo intensamente.
Ray trattiene il respiro, trafitto da mille aghi. Non sa bene che dire, e decide per la verità.
“Io e lei non abbiamo mai... avuto nulla. Non so cosa prova per me, anche se posso immaginarlo. Siamo solo amici, Maya.”
Maya sorride e lo bacia di nuovo. “Sai, credevo mi avresti rifiutata, e invece…”
“E invece ero qui ad attenderti”
Ray le sorride, ma le nasconde tutto quello che ha sacrificato per
l’attesa. La bacia ancora, per non pensare a un paio di occhi chiari.
Una settimana dopo. Morena, Chiara e Vera sedute nei gradini della
piazza. Vera mescola la sua granita e racconta alle amiche tutti i
pettegolezzi che è riuscita a racimolare nei giorni che non si erano
viste.
“Mio fratello sembra caduto in depressione.”
“Cioè?” chiede Chiara, preoccupata.
“Non mangia, non esce. È sempre a letto. Secondo me era innamorato e non me l’ha mai detto.”
Morena percepisce le viscere contrarsi e si torce le mani. Si sente in
colpa da morire. Ma non dice nulla. In fondo era il loro segreto.
“Tuo fratello rimane il mio desiderio nascosto” sospira Chiara, guardando il vuoto.
“Beh, nascosto non proprio… comunque spero si riprenda perché non ce la faccio a vederlo così. E poi…”
Gli occhi di Vera analizzano una coppia che passeggia per la piazza,
lontano da loro. Aspira ciò che rimane della sua granita e finché non
sente la cannuccia gracchiare contro il fondo del bicchiere.
“Ma è Ray?” chiede, quasi strozzandosi.
Anche Morena alza gli occhi, ma li riabbassa subito.
“Si, Vera, è lui. A mano presa con una ragazza. Ma ci pensi, Ray in
pubblico con una ragazza! Ho sentito dire che questa volta è seria la
storia. Che ha messo la testa a posto ed è innamorato.”
Morena poggia le mani sugli occhi. Non vuole vedere. Non deve vedere.
Sente il suo cuore farsi in frantumi, pensa a quello che ha costruito
con lui, a tutte le volte che l’ha respinta e lei come un’idiota che
tornava sempre, che ci riprovava.
“More, tutto ok?” chiede Vera. Ma Morena non la vede, perché ha gli occhi chiusi.
E tutto quello che avrebbero potuto essere assieme? Cambiare i colori del mondo, renderli brillanti, perfetti per loro.
Ora non c’era più nulla, solo grigio profondo.
Dove sono i colori?
Morena sullo skateboard, la cuffia nelle orecchie. È una bella serata.
Sente il solito venticello leggero scompigliarle i capelli, ma non le
importa.
Non le importa più di nulla.
Si allontana da casa sua, verso la piazza. In cielo brillano le stelle,
stranamente luminose, in contrasto con come lei si sente dentro,
completamente oscurata da nuvole nere cariche di pioggia.
Per la prima volta sa cosa vuol dire star male per se stessa. Di solito
ha sofferto per il dolore che ha provocato agli altri, per non essere
la persona che tutti si aspettavano, per mille altre ragioni. Ma quando
poi chiudeva gli occhi, riusciva a pensare ad altro, sentiva ancora la
voglia di andare avanti.
Ora… cosa le rimane? Nulla. Sente solo il vuoto, profondo e denso,
dentro sé. Non c’è gioia. Non c’è sofferenza. Solo una forte e costante
apatia, che non ti permette di pensare, di agire; agisce su di lei come
la morfina, una dose massiccia che annulla tutti i sensi. E anche
camminare è diventato difficile.
Non ha più nulla.
Eppure lui è stato qualcosa, talmente importante che la mancanza, se
solo si manifestasse oltre l’inettitudine la soffocherebbe.
Gira l’angolo, e immagina Ray ad attenderla, come ogni giorno,
appoggiato al muro, che sorride, con quell’espressione irriverente e
dolce, e la parvenza di felicità di passare un po’ di tempo con lei.
O almeno così aveva creduto Morena. Ma lui non c’è, e lei deve
appoggiarsi al muro per eliminare quel fantasma della sua testa, quel
ricordo che la colpisce in pieno petto come un calcio.
Scende dallo skateboard e continua a piedi, senza pensare. Quando alza
la testa si accorge di essere in piazza, ed è troppo tardi per tornare
indietro.
La folla passeggia tra le bancarelle, incurante di Morena ferma al
centro della piazza. Lontana. I colori esplodono in cielo in una
cascata di fuochi d’artificio. E i nostri colori, dove sono, Ray?
Morena chiude gli occhi, e ripensa a tutto ciò che hanno fatto insieme,
le chiacchierate per tutta la notte e poi fare colazione insieme, come
se abitassero insieme, per lei che cucina per lui, gli abbracci, le
frasi non dette, quel modo particolare di completarsi a vicenda… e poi
lui ha scelto lei, l’altra.
Ray, dove sono i colori? Bianco, come i raggi al mattino, dalla tua
finestra… Rosso come la passione celata, verde come la speranza, giallo
come i sorrisi, blu, come i tuoi occhi…
Morena si volta, e gli stessi occhi che ha nella testa le appaiono,
reali, bellissimi. I suoi ricordi non rendono mai giustizia alla
bellezza di quel ragazzo, immobile, di fronte a lei.
Una folata di vento forte pare risvegliarli dalla trance, e una mano
sembra comparire dal nulla, intrecciarsi a quella di Ray con un
movimento fluido, naturale e disinvolto. Maya compare accanto a lui.
L’antitesi di Morena, la squadra con occhi grandi, scuri,
interrogativi, leggermente infastiditi.
Morena guarda Ray per l’ultima volta, poi si allontana.
Dove sono i colori?
“Morena, stai bene?”
“Sì, nonna, tutto ok.”
Morena continua a sbucciare le carote, senza alzare gli occhi. Anche preparare il pranzo è diventato faticoso.
“Eppure non mi sembra, sai.”
“Invece è così.”
La nonna si avvicina a lei, le blocca le mani.
“Colpa di quel ragazzo?”
Al silenzio di Morena lei capisce. “Sono vecchia, ma so ancora capire
quando la mia nipotina sta male. E tu sei squarciata dentro.”
Morena non dice nulla, continua a tagliare. La nonna si allontana,
afflitta e sconfitta dal muro che Morena ha costruito intorno a sé.
“Se ti può far stare meglio, io sono qui, sempre e comunque, e anche
tua madre” sussurra la nonna, ed esce dalla cucina. Morena butta le
verdure nell'acqua e accende il fornello. Poggia la lama del coltello
sul palmo della mano, poi si sposta sul polpastrello. Il metallo
affonda delicato nella sua carne, bruciante. Morena si porta un dito in
bocca, e l'odore del sangue la rassicura, dicendosi che un taglio,
anche se profondo, non è nulla in paragone alla voragine dentro.
E passa una settimana. I rapporti tra mia madre a Maya sembrano
congelati: fanno di tutto pur di non parlarsi. Anche Samu sembra
intollerante a mia madre, per via dell'istinto di protezione
verso sua cugina; ma è anche infuriata con Maya per aver spezzato il
cuore a sua suocera. Mio padre non si esprime, come sempre, e Sere si
sente in colpa per non aver risolto la situazione.
Io sto bene, benissimo anzi. Ho di nuovo la ragazza che ho desiderato
ardentemente, che questa volta vuole solo me. Ho chiesto scusa a mia
mamma, perché non se lo merita, e non penso quelle cose.
Solo una cosa mi manca, anzi due. La prima è la presenza costante
Marty, misteriosamente dileguata dal giorno matrimonio, probabilmente
furiosa perché ho scelto Maya; la seconda è Morena, che ha le sue buoni
ragioni per scomparire. Dentro di me mi sento incredibilmente in colpa
nei suoi confronti, ma non posso farci nulla. Se le fa meno male starmi
lontana...
Io e Maya siamo ufficialmente assieme. E non c'è nessuno nell'isola che non parli di noi.
“Tesoro, sei pronto ad andare?” mi chiede Maya, guardandosi allo
specchio attentamente per notare se ha qualcosa fuori posto. Indossa un
vestito nero, cortissimo, e i capelli lisci e lunghi sulle spalle. Si
mette apposto la frangetta e sorride allo specchio. Mi sembra strana
questa mania. Non è mai stata attenta al capello, al vestito, anzi. Ma
mi dico che dopo un anno certe cose devono per forza cambiare.
“Si, Maya. Pronto. Come sto?” faccio una giravolta di fronte a lei, ridendo.
Lei mi afferra per la maglietta, seria. “Sei un figo, come sempre.”
Mi bacia e mi morde. Diciamo che la serata è cominciata bene...
Lei odia quel lavoro, eppure è l’unica cosa che le permette di vivere.
Katy ondeggia sul cubo, felice. Non c’è nulla che possa andare male per
lei. Si muove sensuale al ritmo di Bad Romance.
Il capo, il signor Montali, dice sempre che Katy si impegna ma lei… lei
ha una marcia in più. Perché ha una presenza scenica portentosa, perché
gli occhi di tutti si voltano verso di lei quando entra in una stanza.
Guarda Alice, che annuisce per darle coraggio.
“Lo vedo dalla tua faccia, oggi non ce la fai” le urla, per sovrastare la musica assordante del Chico.
Lei tende la mano e una piccola pastiglia le cade nel palmo.
Alice le sorride e si mette la maschera. “Vedrai, sarà tutto più facile… prendila.”
Si allontana per ballare, ridendo. Un’altra che ama quel lavoro…
un’altra che vuole mettersi in mostra. Ma purtroppo, lei sa che non c’è
storia, che come salirà sulla pedana più alta per ballare tutti gli
occhi saranno su di lei, che vorrebbe essere invisibile. Non ha bisogno
di droghe però.
Lui entra, a mano presa la ragazza mora, bellissima, sua fidanzata ufficiale.
Lei si porta la mano alla bocca a occhi chiusi e deglutisce.
Il Chico non mi ha fatto una bella impressione la prima volta, ma con
Maya tutto sembra migliore. Balliamo e lei oscilla la testa, i capelli
si scompigliano. Mi sorride e continua a ballare. La mia testa vola
altrove, quando vedo chi sale sul piedistallo a ballare.
Bella, ma che dico, bellissima, stretta nel solito completino
argentato, la maschera sul volto, la parrucca rossa. I suoi occhi di
ghiaccio mi trafiggono, mentre oscilla a tempo di musica, senza
smettere di fissarmi. Scende dalla postazione e si mette a camminare
tra la folla, dritta verso di me.
Molte mani la toccano, ma lei le ignora. Si ferma a dieci centimetri da
me, e Maya osserva la scena, incredula e furente. La ragazza allunga
una mano, e mi tocca il petto, proprio sopra il cuore. Poi mi sorride,
fa retrofront e risale sulla pedana, riprende a ballare, più sensuale
di prima.
“Ma che cazzo voleva?” mi urla Maya nell’orecchio.
Io guardo la ragazza e le dico: “Non ne ho idea.”
Maya fa le spallucce e riprende a ballare, questa volta addosso a me, avvinghiata, come a dire che sono di sua proprietà.
Ma all’improvviso le mani prepotenti di Maya mi infastidiscono. E il mio pensiero vola dove mai mi sarei aspettato. Morena.
“Adesso mi spieghi che ti è preso. E che cazzo voleva quella.”
“Scusa, Maya. Non lo so, te l’ho già detto. Non mi piace quel posto.”
“Potevi dirmelo prima, al posto di farmi fare una figuraccia di fronte a tutti.”
Maya mette il broncio, io continuo a guidare.
“Non ci ha visto nessuno.”
“Lei si.”
“Lei non ha un nome. Non è nessuno.”
Accelero un po’, sulla strada libera. Poi penso che quello è il punto in cui ho investito Morena, e mi viene da sorridere.
“A cosa pensi?”
“A nulla” mento, prontamente. Con la coda dell’occhio vedo Maya che scuote la testa.
“Che bugiardo che sei. Pensi a Morena. Te lo leggo in faccia.”
Sospiro e decido di essere sincero. “Ok, lo ammetto. Ma… nulla di che, cioè… te l’ho detto siamo amici, e basta.”
Maya incrocia le braccia, e sbuffa, forte.
“Dai, Maya, ti prego… cerca di capirmi. Ti sto parlando sinceramente.
Io voglio solo te. Se sto con te è significativo, no? Forza, fammi un
sorriso.”
Le do un colpetto sulle gambe, e lei sorride, finalmente. È carina,
illuminata a intermittenza dalle luci dei lampioni in strada.
“Oh, finalmente. E poi dai, stai tranquilla. Non sopporto che tu sia gelosa.”
“Neanche un po’?”
“No, More, neanche un po’.”
Le sorrido, ma lei mi guarda truce. “Accosta.”
“Come?”
“Accosta! Subito!”
Parcheggio in un vicolo, senza capire.
“Che succede?”
Lei non dice una parola, ma apre lo sportello e scende dalla macchina.
“Ma…”
La seguo, veloce. Afferro il suo braccio e la volto.
“Non capisco…”
“Non può funzionare, Ray. Non se continui a confondermi con lei.”
“Lei? Chi?”
“Morena! Non ti sei accorto di come mi hai chiamato? Pensi sempre a lei, sei inn…”
“No, Maya. Semplicemente siamo amici. Siamo stati amici” mi correggo,
pensando alla distanza che ci separa, ora. “Solo questo. Abbiamo
passato assieme tanto tempo, e… non puoi pretendere che mi disabitui a
lei all’improvviso.”
Maya si stringe a me, gli occhi lucidi. “Dimmi che hai scelto me” mi sussurra, la testa nascosta nell’incavo della mia spalla.
La abbraccio forte e respiro tra i suoi capelli scuri. “Se sono qui con
te, è ovvio che ti ho scelto. Scusami, Maya. Vorrei essere quello di un
tempo, ma… è proprio il tempo che mi ha cambiato. Anche tu sei
cambiata, e…”
“Ray, voglio far funzionare la nostra storia. Farò di tutto.”
La bacio, piano, e lei risponde, seducente e vogliosa di me.
Leo non riesce a dormire. Fissa il soffitto bianco, respira
profondamente. Cerca un modo per non pensare a lei, ma non ci riesce.
Come è possibile? Sente una sensazione strana, come se un albero si
fosse impiantato tra le pareti del cuore, e abbia messo radici.
Un fruscio, debole. Chiude gli occhi, per evitare di immaginare lei che
si intrufola nella sua stanza. Un paio di labbra morbide sfiorano
dolcemente le sue, e il suo profumo gli accarezza i sensi.
“Shh, sono io, Leo. Non aprire gli occhi.”
“Ti avrei riconosciuto tra mille altre” sussurra lui, stringendola a sé.
Morena percorre con le labbra il petto abbronzato di Leo, baciandolo
piano. Lui la spoglia, dolcemente, come desiderava fare da tempo,
prendendosi il tempo di amarla, di scoprirla, esplorarla. Guarda i suoi
occhi chiusi al buio, sente i suoi gemiti leggeri, la sua bellezza
inesplicabile.
Tempo dopo, lui si sdraia accanto a lei. Poggia il suo petto alla
schiena di Morena, la stringe forte. “Sapevo che saresti tornata.”
“Lo sapevi?”
“Sì.”
Le accarezza le spalle. Quella ragazza, desiderata, amata più di qualsiasi altra. Che non è mai stata sua nemmeno un attimo.
“Perché?”
“Perché tu non avresti mai avuto il coraggio di dire a lui quello che senti.”
Morena si volta, si accoccola al suo petto. Leo la stringe forte,
proteggendola con le sue braccia da tutti i mali del mondo esterno.
Quelli all’interno continuano a corroderla come soda caustica.
Quando Leo si sveglia, la mattina, non trova nessuno al suo fianco;
allunga una mano sul letto matrimoniale, tra le lenzuola bianche, anche
se sa che non la troverà. Perché Morena è così. Morena fugge. Sbatte un
pugno sul cuscino accanto al suo, dove avrebbe dovuto esserci la testa
di Morena.
Lei si era intrufolata parecchie volte nelle sue lenzuola, ma lui non
l’aveva mai vista dormire. La conosce bene, sa che fa parte del suo
essere il non voler mostrare troppo di se, soprattutto le sue parti più
vulnerabili. Ecco perché non l’ha mai vista piangere. Morena non si
fida di nessuno.
Neanche di se stessa.
Scusate l'assenza, ma la preparazione all'esame mi ha sfiancato, e
diversi problemi di cuore hanno alimentato il mio blocco da scrittrice.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto... fatemi sapere! =) un
bacione... _ninive_
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