Cinque lettere uguale Amore.
I
love… rock ‘n’ roll.
Ok, allora… ciao.
Non so cosa mi è
preso. Ma, mentre una mia amica mi
raccontava cosa le era successo ed io gongolavo
perché era felice, mi è venuta l’idea
un po’ folle di metterla
per iscritto. Non so il risultato. A lei è
piaciuta, a me non dispiace per nulla, quindi ho pensato di
propinarvela.
Questa è la prima
parte. Sarà divisa in tre parti,
abbastanza corte –presumo, le altre due devo ancora
scriverle, quindi non so
quando le posterò: solo se reputerete che sia di vostro
gradimento… Oddio
sembra che vi stia parlando di atti da avvocati e roba del genere. Ok,
io non
sono così, è solo che sono piuttosto esagitata,
più del solito.
Basta adesso vi lascio
leggere.
Fatemi sapere se non
vi dispiace [la
storia, non se non
vi dispiace farmelo sapere. Volevo precisare. Cioè forse,
perché pensavo fosse
ambiguo. Mi sa che volevo fosse ambiguo, ma non me lo ricordo :S.
Sì sono
strana scrivo le note un po’ alla volta, ma spero
non vi interessi! ;) (che sono un po’ strana,
non che scrivo le note un po’ alla volta; e anche
che metto le parentesi
quadre perché ho bisogno
di mettere
più parentesi, ok… penso –e parlo,
ringrazio chi ha inventato gli incisi XD-
troppo, me lo dicono in tanti!)]
Mary.
Cinque lettere uguale Amore.
“Singing
I
love rock ‘n’ roll, so put another
dime…”
Cantava, per evitare di spegnere la
televisione accesa su
Mtv, ovviamente. Cantava, per non annoiarsi più di quanto lo
fosse già.
Ballicchiava, mentre si alzava dal
divano e sbuffava, per
l’ennesima chiamata di sua madre, pensò. E invece
no, perché l’unico numero che
finiva per 412 era il suo, se non
ricordava male. Inspirò ed espirò come per
cercare di calmarsi, ma non ci
riusciva, non riusciva a pensare ad altro che a Lui,
il suo Greg. Quindi
rispose, senza nessuna certezza che fosse realmente
lui, ma agitata come.. come.. non lo sapeva neanche lei, come.
“Pronto?”
Sembrava anche la sua voce, ma si
sa, la mente e il telefono possono giocare brutti
scherzi.
“Pronto. Chi
è?” Ribatté incerta… su
tutto.
“Gregorio.”
Eccolo, era lui.
Il suo cuore batté più forte,
così tanto forte che le mise la
preoccupazione di non farsi sentire da lui.
“Come stai?” Come
pensava che stesse? L’aveva chiamata.
Aveva chiamato lei. Ci aveva sperato per dieci lunghi, lunghissimi
mesi. Perché
lo amava, era profondamente
convinta
di amarlo. Ma lui? Lui l’amava? L’aveva chiamata
per quello?
“Bene, tu?”
“Bene, bene.”
Così dopo vari minuti di cincischiamento:
scuola, amici, cosa avevano fatto in quel periodo, Greg fece un respiro
profondo e cambiò totalmente argomento:
“Veniamo al
dunque!”. Quindi
un dunque c’era, pensò lei. E allora
iniziò di nuovo ad agitarsi. Cosa
voleva chiederle?, perché era sicura che lui le volesse
chiedere qualcosa!
“Cosa fai
sabato?” ecco
perfetto, Greg mi invita fuori ed io dove sono? Al mare, ovvio. E
mentre
continuava a rimuginare sulla sua sfortuna, gli rispose: “Mi
dispiace Greg, ma sabato non posso:
sono al mare.” Cercò
di calcare il più possibile quel sabato,
per fargli capire che anche lei voleva rivederlo.
“E.. e giovedì
2?” Certo
veramente che sfiga! Lei aveva già fissato con
degli amici per quel giorno
ma voleva vederlo ad ogni costo,
così
gli rispose:
“Sì,
avevo pensato di andare fuori con i miei amici, ma
va bene, magari ti aggreghi” Sperava che gli andasse bene con
tutto il cuore.
“Ah,
perfetto!” Ma era stato sempre così monotono?
Prima di attaccare si
ricordò di richiedergli il numero,
perso in Spagna insieme alla schedina, per aggiornarlo
sull’uscita, si disse,
ma sapeva bene che era solo un modo per rendere tutto più reale.
Scrisse il numero su di un
foglietto e non pronta per salutarlo,
ma comunque di quell’idea, aprì la bocca, ma non
riuscì a dire nulla che lui
subito riprese la parola:
“Ah, mi
raccomando, sotto il numero scrivici Amore”
e lei come in trance lo fece, in
quel momento sul foglietto poteva vedere scritte -nella sua panciuta grafia- cinque lettere, che
però le pesavano come 5000 macigni.
Non sapeva cosa dire,
imbarazzata com’era. Rimase
appoggiata al muro a pensare finché non lo sentì
dire:
“Beh, allora a
giovedì”
Non fece in tempo a
rispondere il suo balbettato: “C...
ciao” che lui aveva già riattaccato.
Così con ancora
il cuore in gola, il pennarello –che
aveva usato per scrivere- in bocca, e il foglietto –tutto
spiegazzato- in mano,
si lasciò scivolare lungo il muro con le lacrime
agl’occhi per la felicità. E pianse
e urlò e cantò:
“I
love you, please say you love me too…”
****
Fine
prima
parte.
Allora
ultima
cosa, veramente sono due! XD
Il
titolo è
ripreso dalla canzone di Joan Jett: I love rock
‘n’ roll.
Ed
invece
l’altra è una canzone di Celine Dion: I love you che è
più pucciosa, e quindi
per nulla mia. Io mi
vedo meglio con Joan Jett. *-* Però le parole sono
azzeccate, almeno per la
protagonista. :D
Ok.
Al prossimo
che sinceramente non so quando sarà. Spero presto. Mi ci
impegno. :)
Mary.
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