CREMISI
ONE SHOT – CREMISI
Era un giugno caldo ed afoso.
Anche quella notte, una brezza leggera, scompigliava i pensieri e le
lunghe ciocche castane di Efestione, che, come un ladro, stava spiando i
movimenti all’interno della tenda dell’imperatore.
Alessandro aveva appena terminato di scrivere alcuni manoscritti,
assorto in pesanti preoccupazioni: preferiva abitare come un nomade,
sentendosi un vero guerriero, in mezzo a scomodità e polvere,
rinunciando alle lussuose stanze del palazzo di Babilonia, poco distante
da quell’accampamento.
Da esso, il suo valoroso esercito, era sempre pronto a partire, così
come a difendere il nuovo regno del sovrano macedone, distante da casa
ormai da anni.
Lo schiavo eunuco Bagoa, spegneva candele ed accendeva incensi
profumati, intorno all’alcova, dove Alessandro era solito coricarsi con
lui, riservandogli attenzioni particolari e trasgressive, ma non per
quei tempi.
La regina Rossana, ormai delusa da quel matrimonio senza eredi e con un
consorte costantemente assente, si era ritirata con le proprie ancelle,
nei fastosi appartamenti a lei riservati, in quella corte dove ormai si
susseguivano ogni genere di voci e complotti.
Eppure tutto questo era distante dall’animo del generale della guardia
del re, il bellissimo Efestione, che dalla prima infanzia condivideva
con Alessandro sentimenti profondi ed esclusivi, che, purtroppo,
apparentemente non bastavano a colmare quel bisogno di attenzioni, che
lui sembrava agognare in più direzioni.
Si vociferava che tradisse la moglie con numerose schiave, ma anche con
soldati acerbi e forti, di sicuro, in quel buio, lui stava giacendo con
Bagoa, che nessuno riusciva a decifrare, neppure Efestione, che,
peraltro, non odiava quello che era divenuto l’amante ufficiale di
Alessandro.
Le ombre furono inghiottite dall’oscurità, una volta che anche l’ultima flebile fiammella fu spenta da Bagoa.
Efestione li immaginava, avvinghiati a baciarsi, dapprima lenti e poi con foga crescente: era un supplizio.
Tornò veloce verso il proprio giaciglio, spartano e vuoto; così almeno credeva.
“Clito …?!”
“Salve a te, caro Efestione. Permetti? Mi sono versato del vino ed ho
provveduto anche per le tue morbide labbra, assaggia questo nettare …” e
gli passò un calice d’oro, che Efestione posò su di una mensola, con
aria infastidita.
“Bevi e poi vattene, devo riposare.” – disse perentorio.
“Ah sì … sì, hai ragione, non ti resta che questo.” – sibilò, serrando
le palpebre a spiraglio, come un predatore spietato, che sa dove
affondare gli artigli per fare più male.
“Ciò che mi resta non è affare tuo Clito.”
“Invece dovresti considerare l’idea.”
“Quale idea?”
“Di dire basta!” – esclamò convinto.
Efestione chiuse gli occhi screziati di zaffiro e bistrati di nero, come
a cercare le giuste parole, ma preferì ridere mestamente – “A cosa … a
cosa mi porterebbe una tale decisione, secondo te?”
“Ti libereresti di questo peso.” – e gli appoggiò il palmo destro, sul
petto nudo, dopo essersi fatto spazio tra le sue vesti leggere.
Efestione si ritrasse lesto: “Convivo con questo dolore da un tempo
immemore, sembrano secoli! Eppure sono ancora qui ed il mio cuore
appartiene a lui, così il suo a me!!” – ruggì rabbioso.
“E allora spiegami cosa gli impedisce di esserti fedele!! Comprendo la
necessità di avere un figlio, le nozze con Rossana sono ciò nonostante
una buffonata, ma Bagoa e … le altre … gli altri!”
“Quali altre, quali altri!!??”
“Come se non lo sapessi Efestione …”
Le iridi, fatte di un mare salato, si mescolarono a stille di un pianto,
ormai consueto per Efestione: crollò su di una cassapanca, imbottita e
rivestita da damaschi verde brillante.
Sembrò svuotarsi – “Vattene Clito … ti prego …”
“E’ un oltraggio, trattarti così, lui è un vile, uno stupido, un folle a permettere questo!!”
Efestione ingurgitò la bevanda, che sapeva anche di spezie, uno strano sapore.
“Clito … grazie per il tuo sostegno, ma io …”
“Tu ne morirai di questa insana devozione ad Alessandro, quando invece
potresti avere tutto, l’amore, il rispetto, la passione … da me.”
“Non è quello che voglio, sono stanco di ripetertelo Clito …”
“Ed io sono stanco di assistere a tutta questa sofferenza.”
Efestione si alzò per congedarsi finalmente da lui e non avrebbe ammesso
repliche, ma i suoni si stavano facendo via via ovattati, i bagliori
delle torce gli apparivano dilatati, tanto che riuscì soltanto ad udire
le proprie ultime parole – “Per Zeus …” – poi tutto fu come inghiottito
da inchiostro puro.
Il suo corpo era rigido e freddo; nessuna coltre ricopriva il suo
sembiante, ma, allungando debolmente una mano, Efestione si rese conto,
che accanto a sé, un respiro caldo stava ancora accompagnando il sonno
di qualcuno.
Ebbe la sensazione di essere osservato, ma non da chi era disteso al suo fianco.
Il cuore gli schizzò in gola, quando l’immagine divenne più nitida: era
Clito, nudo come lui e beatamente abbandonato alle braccia di Morfeo.
Si erse, annaspando per cercare una posizione seduta, ma fu anche
peggio: due pozzi di pece e fuoco, lo stavano scrutando, increduli e
feriti.
“Alessandro …”
La voce gli morì in un soffio, fatto di colpa e stupore.
“Mai … mai io avrei potuto credere che tu avresti ceduto alle sue
lusinghe Efestione. Dei vostri schiamazzi, dei litigi, di quel continuo
provocarvi, un miscuglio torbido, ecco cos’era … LURIDO BASTARDO!!!” – e
lo prese per la nuca, sbattendogli poi la faccia a terra, più e più
volte, come se una menade maligna si fosse impossessata di ogni suo buon
senso.
Efestione ci mise alcuni istanti per reagire, ma quando lo fece, per
Alessandro non ci fu scampo: così come lo possedeva con vigore e
bramosia, durante i loro amplessi, allo stesso modo l’energia dei suoi
muscoli, sovrastava con facilità quella dell’imperatore.
Fu una lotta carica di angoscia, più che di ogni altra sensazione, come
se un baratro avesse fagocitato i loro amorevoli abbracci, un sortilegio
appassito i loro baci interminabili, una tempesta frantumato i loro
sorrisi felici.
Quel tempo sembrava svanito, anzi, mai esistito.
Sputando sangue e lacrime, Efestione sferrò l’ultimo affondo, spingendo
Alessandro contro un tavolo, che si rovesciò, portandosi appresso non
solo lui, ma anche alambicchi e ciotole in terracotta, colme di petali
di fiori ed essenze oleose.
Ora erano come due belve, vinte e deluse, ma soprattutto inconsapevoli
di un terribile inganno: Clito si era rimesso la tunica ed era pronto a
difendersi, ma Alessandro neppure lo degnava di uno sguardo.
Efestione brandì la propria spada, puntandola contro Clito: “Diglielo … DIGLIELO!!!”
“Cosa … mio adorato Efestione?”
“Digli che non ho ceduto alle tue lusinghe!!” – urlò affranto.
“Non posso mentire a sua maestà e non certo dopo questa notte … i segni
della nostra passione, sono così evidenti sulla tua pelle …”
Il collo e le scapole di Efestione ne erano ricoperti, ma lui conosceva
le proprie viscere nel profondo e sapeva che Clito non lo aveva
posseduto, come invece voleva fare credere ad Alessandro, che stava
ansimando furente, nell’immaginare quella che era invece una menzogna.
Si rivolse così a lui, che amava oltre ogni ragionevolezza: “Alessandro …
mio … Alessandro … credi a me, vero? Tu … tu mi devi credere …”
Gli zigomi del figlio di Olimpiade tremavano convulsamente.
“No … NO!! La lussuria alberga nei vostri animi, non solo hai perduto
ogni mia fiducia Efestione, ma anche la tua dignità, come l’ultima delle
meretrici!!!”
“Alessandro …” – e crollò in ginocchio.
“Che tu sia maledetto.” – ed uscì, senza aggiungere altro.
Tre giorni dopo …
Tolomeo irruppe nella stanza, dove Alessandro stava discutendo con i
propri luogotenenti di una possibile missione verso l’India.
Un progetto, sul quale aveva fantasticato con Efestione, tenendolo sul
petto, sino a qualche giorno prima di quello spiacevole episodio, che
coinvolgeva anche Clito.
Quest’ultimo era stato convocato, alla stregua degli altri
comandanti, senza che l’imperatore gli facesse ulteriori
rimproveri.
“Ed Efestione? Sei solo Tolomeo?”
“Pensavo mi avesse preceduto.”
Alessandro aggrottò le sopracciglia folte, su quello sguardo gonfio ed
arrossato, per la disperazione causata da quel tradimento: si era
isolato completamente, ma anche Efestione, una volta confrontate le
opinioni degli altri, sembrava essere svanito.
“Clito, tu devi sapere dov’è!” – gli
disse con veemenza Alessandro, in preda ad un’improvvisa angoscia.
“Assolutamente … come il resto di voi, non l’ho più veduto dopo …”
“Va bene, andate a cercarlo, sarà nella sua camera!”
Le ricerche furono inutili.
Efestione era davvero sparito.
Trascorsero due settimane, durante le quali i soldati lo cercarono
ovunque, a chilometri dalla residenza di Alessandro, che non sapeva più
cosa pensare.
“Esistono dirupi … e corsi d’acqua … ora temo il peggio …” –
accasciatosi tra guanciali e stoffe, Alessandro imprecava contro la mala
sorte, il destino, la sua stupidità.
Nel vederlo così disperato, Clito confessò.
“Per quanto possa servire … la verità è
questa Alessandro ed ora puoi anche uccidermi.” – disse
prostrandosi.
“Un valoroso guerriero come te … drogare un innocente, che da sempre ti
respinge! La tua insolenza, l’arroganza, traboccano dal tuo animo
putrido Clito!!”
“Non l’ho sfiorato con un dito mio signore …”
“TU MENTI!! Hai profanato le sue carni, con baci lascivi, per marchiarlo del disonore più vile!!”
“Non ho resistito … al suo profumo … inebria ogni
senso, tu lo sai Alessandro …” – replicò con
voce arrendevole.
“So soltanto che ho abusato dei suoi sentimenti, al punto di fargli
compiere un insano gesto, ormai ne sono certo!” – disse singhiozzando.
Cassandro lo smentì, portando buone nuove.
“Alessandro gioisci, lo abbiamo trovato!”
“Portatelo a me! Subito!!” – disse illuminandosi, ma la sua gioia fu breve.
“Non è qui … neppure lo abbiamo visto, ma una donna
ci ha rivelato dove possiamo trovarlo di certo, a poche ore di
cammino.”
“Quindi è in salute … vero?”
“Sì … suppongo di sì. Pare che si sia unito
ad una carovana di saltimbanchi e fiere ammaestrate, danzatrici e
suonatori …”
“Cosa …?”
“Lei pare fosse la veggente, ma ha preferito trovare una fissa dimora al villaggio in fondo alla valle.”
“Poco importa chi abbia seguito, noi ora andiamo a riprendercelo!”
“Alessandro ascolta, temo non sia tanto semplice. Un uomo che stava
ascoltando la nostra conversazione, si è intromesso, spiegandoci meglio
…”
“Mi nascondi altri particolari Cassandro?? Avanti parla!!”
“Al seguito di questo circo, pare ci sia un esercito armato pesantemente
e che sia comandato da un re, quindi ne deduco sia un popolo, come
quello che seguiva Dario … certo meno numeroso.”
“Abbiamo sconfitto le armate persiane e pensi che due giocolieri e quattro puttane, possano spaventarmi!!?”
“Loro no maestà, ma di questo re, si raccontano inquietanti leggende.”
“Spiegati …” – mormorò stranamente intimorito.
“Ha … poteri misteriosi, appare al calare delle tenebre, per poi
scomparire all’alba, governa impavido su uomini e lupi sanguinari, dai
quali non si separa mai, soggiogando anche l’animale più selvaggio, come
una tigre, ma anche i falchi od i serpenti … sembra ne beva il veleno e
resti immune da qualsiasi avversità. Fisicamente, la sua forza è
spaventosa.”
“Ha un nome?” – domandò perentorio, come se il saperlo potesse rappresentare un vantaggio per lui.
“Sì … Vlad. Si chiama Vlad.”
“Niente e nessuno potrà impedirmi di riprendere Efestione!”
“Ancora una cosa …”
“Quale …?”
“Efestione è entrato da subito nelle sue grazie. Questo re
ne è rimasto … folgorato, così si è
espressa la fattucchiera …”
“Almeno non gli farà del male …” – e due lacrime rigarono il suo viso stanco.
“Ora si sono fermati in una piana, resteranno per poco, il tempo di fare
abbeverare cavalli e fare scorta di acqua al fiume … Dobbiamo muoverci
Alessandro.”
“Andiamo.”
La luna era piena.
Alessandro la fissava, mentre i fuochi dell’accampamento di Vlad si stavano avvicinando.
Clito, Cassandro e Tolomeo lo stavano scortando.
Scelsero una radura molto vicina ad un punto poco sorvegliato, dal quale
potevano entrare a sorpresa e ricondurre Efestione a Babilonia.
“Sempre ammesso che lui voglia così.” – disse polemico Clito.
“Ti consiglio di tacere!” – tuonò Alessandro.
“Maestà … forse … Clito non è in torto.”
L’imperatore sospirò – “Non puo’ restare qui … non deve …”
“Eccolo!” – bisbigliò Tolomeo con un sorriso.
Alessandro scostò i compagni di avventura e si sporse, per vedere meglio.
Efestione era sorridente, raggiante addirittura.
Si muoveva tra bambini giocosi, che lo coinvolgevano in giochi e scherzi, che parevano divertirlo molto.
Le madri, gli porgevano frutta fresca ed insieme, si riunirono intorno ad un tavolo, su quale c’erano ricche libagioni.
“Si trattano bene … di certo non avrà sofferto la
fame il mio Efestione.” - disse rassicurato da quella visione.
I rami delle siepi che celavano Alessandro, sembrarono fremere,
improvvisi: un vento gelido attraversò le loro ossa ed ebbero una
sensazione di paura, senza comprenderne la ragione.
Si guardarono smarriti.
“Che succede?!” – chiese irritato Clito.
“Non lo so … avete sentito anche voi?” – ribattè Cassandro nervosamente.
“E’ lui …?” – sussurrò Alessandro, indicando un uomo, che un attimo prima non c’era.
“Vlad? Forse … ma è venuto dal nulla?” – intervenne Tolomeo.
Era poco più alto di Efestione, se ne resero conto quando questi si
alzò, appena si accorse di lui, andandogli incontro ed abbracciandolo.
Aveva occhi turchesi ed un volto affascinante, muscoli evidenti, a mala
pena nascosti da una veste leggera, chiome scure, ma cortissime.
Le sue mani si intrecciarono a quelle di Efestione, che appoggiò la gota
destra sul suo cuore, per poi ridere e dirgli qualcosa, di cui anche
Vlad rise.
Ormai Alessandro era certo si trattasse di lui.
Vlad avvolse Efestione in un mantello tempestato di pietre e filamenti dorati, quindi lo condusse nella propria tenda.
“Se ne vanno … presto spostiamoci!”
“Alessandro non compiamo inutili follie, aspettiamo l’alba e …”
“Taci Clito! Non lascerò che quel maiale tocchi Efestione!”
“A me non sembra un maiale ed Efestione sembra felice accanto a lui, se proprio vuoi saperlo!”
“Sarà vittima di una stregoneria non mi hai detto tu Cassandro che Vlad ha poteri sconosciuti??!”
“Se mi è stato riferito il vero, abbiamo ben altro da temere, prode Alessandro!”
“Sono pronto a sacrificare la mia vita per Efestione … lui lo sa … non puo’ averlo dimenticato.”
“E sia, andiamo!” – concluse Clito, facendo strada agli altri, affinchè
trovassero una comoda postazione, dalla quale vedere cosa stesse
accadendo oltre quei pesanti tendaggi di colore nero.
Ebbero fortuna.
Potevano anche ascoltarli, restando in assoluto silenzio.
Efestione si tolse degli anelli, che Alessandro non aveva mai visto.
“Scegline altri … non risparmiarti.” – disse Vlad, ammirandolo incantato.
“Ti ringrazio, ma questi sono sufficienti a placare la mia insana vanità.”
“Vieni a me, dunque, se non vuoi dileggiarti né con il mio scrigno e
neppure con le sete, che stamani il mercante ha lasciato per il tuo
abito nuziale.”
Efestione rise, inginocchiandosi al suo fianco e posando un bacio
leggero sulle sua bocca, che divenne subito più avida, trovando
nell’altro piena soddisfazione.
Vlad si era coricato su di un grande tappeto fatto di lana bianca, soffice e vaporosa.
Si staccarono lentamente, ignari dell’ira che stava salendo in Alessandro, che agli astanti appariva come pietrificato.
“Sposarci dopo il tramonto Vlad … che strana usanza.”
“Sai che la mia malattia non mi concede altra scelta.”
“L’ultimo matrimonio a cui ho assistito era in pieno
giorno, ma, a pensarci bene, era ed è tetro più di
qualsiasi crepuscolo …”
“Quel tuo … Alessandro?”
“Sì, lui. Rossana era come una vittima predestinata, ma, in fondo,
chissà, così simile a quell’arpia della madre, ecco la cagione di una
simile incauta scelta ahahahha”
Vlad si sollevò sui gomiti, poi completamente e spogliò Efestione,
lasciandolo con degli ampi calzoni, stretti da un blando cordino
intrecciato: brandendo i suoi fianchi, lo portò sopra le sue gambe: egli
era nudo, la sola intimità ricoperta da un drappo colore blu scuro.
Efestione si piegò in avanti, prendendo dei cuscini enormi, per
infilarli sotto alla schiena di quel re misterioso, che approfittò del
gesto amorevole, per impadronirsi dei capezzoli dell’altro e
succhiandoli con esperienza, farlo gemere – “Asp… aspetta mio signore …
lo sai che …”
“Sì lo so, dolce Efestione … ho … attraversato gli oceani del tempo per
trovarti ed ora saprò attendere un ultimo sole, per averti, dopo la
cerimonia dove mescoleremo il nostro sangue e saremo eternamente uniti
in un vincolo inscindibile.”
“E’ ciò che voglio.” – e lo baciò appassionato.
Alessandro si sentì sconfitto, amareggiato, ma era pronto a combattere
per riconquistare l’unico amore della sua esistenza, divenuta vuota ed
insulsa, da quando Efestione se ne era andato.
Doveva soltanto decidere come e quando agire, ma un imprevisto inficiò qualsiasi sua strategia.
Tolomeo inciampò in un arbusto, mentre si stava spostando per udire
meglio lo scambio di battute tra Efestione e Vlad, che come un felino
balzò in piedi, ma, inspiegabilmente, arrivò sino a loro, con un
movimento velocissimo, prendendoli tutti insieme e buttandoli al centro
di quell’ambiente, che dall’esterno non sembrava così vasto.
Ad Efestione si spezzò il respiro, quando incontrò gli occhi di
Alessandro, traboccanti di amarezza e ludibrio per lui: “Come gli hai
potuto permettere di toccarti …?” – sembrava chiedere, in quella muta
rassegnazione.
Vlad comprese all’istante che era lui il suo avversario.
Gli si parò davanti: “Quindi sei tu ad avere in ostaggio
il cuore del mio Efestione.” – disse sorridendo.
Alessandro si rialzò – “Tu … confondi le
circostanze, semmai è il contrario!” –
protestò.
Efestione si interpose tra loro – “Vattene da qui.”
“Ma è pura follia … amore mio … sei caduto in una sorta di incantesimo o …”
“No! Nessuna astrusa magia Alessandro. Io lo amo.” – disse con serenità.
“E … e lo sposerai … ?”
“Sii felice per me, perché con lui non conoscerò
più sofferenze ed incubi … non sarò più
solo …”
Alessandro si avvicinò, prendendogli delicatamente i polsi
– “Tu non puoi … volerlo davvero …”
– disse flebile.
Efestione si liberò da quella morsa tremante, senza irruenza, tornando
da Vlad, che sembrò custodirlo, nello sfiorargli le tempie con un bacio
ed il busto con carezze paterne: “Lui mi ha dimostrato che merito tutto
l’amore del mondo, senza che io debba elemosinarlo, contenderlo o
pretenderlo. Capisci Alessandro?”
“Non è possibile …” – quella frase straziò l’aria.
“E’ la semplice verità.”
“No … finchè un unico respirò abiterà le mie membra, non permetterò a
nessuno di averti, preferirei perire di mia stessa mano!” – disse
furioso.
Efestione inclinò il capo, guardandolo con disprezzo –
“E dunque … fallo, MIO Alessandro …!”
Una sensazione febbrile scosse l’imperatore, che afferrò il pugnale di
Clito, tagliandosi di netto il collo, all’altezza della giugulare: un
grido echeggiò, lacerando ogni cosa incontrasse.
Gli oggetti, i profumi, le suppellettili intorno a lui erano familiari.
Alessandro era madido di sudore, sconvolto ed allucinato: un tocco lieve sulla scapola sinistra lo fece sobbalzare.
“Anima mia … hai fatto un brutto sogno …?”
“Efestione …”
“Sì, sono io, anche stamattina …” – e rise, attirandolo a sé, baciandolo sul petto.
“Io … io ho avuto un incubo … Vlad ti aveva … no tu eri andato con lui e …”
“Lui? Vlad? Stai vaneggiando, ieri il banchetto per le nozze di
Tolomeo è stato troppo ricco di vino ahahahah”
“Tolomeo si è …?”
“Gli Dei si sono distratti, la tua memoria è debole …”
“Ma il mio amore per te è solido, tu devi credermi Efestione!”
“Io ti credo. Hai mantenuto la tua promessa …”
“La mia …?”
Efestione lo baciò con veemenza adorabile.
“Ti voglio dentro di me … Alessandro …”
“Io ti appartengo Efestione … ed è lì il mio posto … per sempre.”
“Sì. Per sempre.”
La roccia era di un granito colore dell’avorio, che divenne di colpo cremisi.
Efestione sorrise.
“Vorrei credere che siano gli ultimi raggi del sole, ma, fortunatamente sei tu …”
“Sì, mio dolce amico.” – sussurrò l’uomo alle sue spalle.
Efestione si voltò – “Sei venuto a salutarmi?”
“Ed a chiedere se tutto è andato come volevi.” – disse Vlad, dopo avergli baciato la fronte.
“Sì … Alessandro l’ha fatto, è morto per me.”
“Ha creduto di esserlo, ma non è fondamentale, a noi
interessava il gesto … estremo.” – e ricambiò
il sorriso.
“Grazie Vlad.”
“Quando ti ho raccolto in quel torrente, esanime … “
– “E mi hai riportato alla vita … Ti devo tutto
Vlad.”
“No, non mi devi niente, ma lui non lo saprà mai, che tu per primo hai mantenuto il tuo impegno Efestione.”
“Poco importa … Le tue facoltà sono incredibili …”
“In realtà sono una maledizione … Devo andare.”
“Tornerai da me, prima o poi Vlad …?”
“Sarò sempre con te Efestione.” – e scomparve, in un’aurea violacea.
Alessandro stava sopraggiungendo ed arrise al suo compagno, che gli
corse incontro, mentre all’orizzonte un temporale iniziava a
lampeggiare, come un triste presagio, a cui loro non diedero importanza.
Il loro amore avrebbe sedato tutti timori ed annullato le avversità, di
quel destino già segnato, al quale non potevano sottrarsi: ma c’era
ancora un poco di tempo, sì. Un poco di tempo.
THE END
EFESTIONE
VLAD
CLITO ED ALESSANDRO
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