Bianco. C’è
neve dappertutto, nient’altro. Sarebbe uno spettacolo
meraviglioso: niente traffico, niente rumore. Pace.
Erano mesi che
sognavamo l'estate e, finalmente, era arrivata. Questa settimana
toccava alla gita in montagna, soltanto per noi due.
Doveva essere una
semplice vacanza estiva. Doveva. E invece.
Un rumore sordo, poi
una corsa disperata. Niente di più stupido: non serve a nulla
e si sprecano energie indispensabili. Non è stato doloroso,
non me ne sono quasi reso conto. Ho avuto appena il tempo di gridare
il nome di Cristel, prima di venire investito da un’enorme
poltiglia di neve, ghiaccio e terra.
Quando apro gli
occhi, non vedo nulla: solo il buio totale. Sono morto? No, un dolore
lancinante alla gamba sinistra mi fa capire che non lo sono. Tento di
sollevarmi per controllare la situazione, ma non riesco ad alzarmi.
Abbasso nuovamente le palpebre, intimandomi di calmarmi: non devo
farmi prendere dal panico. Non sono un novellino: so cosa fare in
caso di emergenze come queste.
D’accordo, una
cosa alla volta.
Non riesco a muovere
la caviglia, probabilmente, mi sono fratturato il piede. Respiro a
fondo e, con entrambe le mani, cerco di capire quanto potrei
resistere qui sotto a livello di ossigeno. L’istinto mi porta a
smuovere un po’ di neve per trovare più aria, ma mi
fermo immediatamente: se lo facessi, non avrei più nessuna
possibilità di farcela, otterrei soltanto un altro piccolo
effetto valanga.
Resto sdraiato,
immobile. Mi concentro sulla respirazione; qualcuno arriverà,
no? Soltanto in questo momento mi assale il dubbio, dov’è
Cristel? Apro la bocca per chiamarla, ma le parole non vanno oltre il
cervello, si fermano prima di giungere alle corde vocali: non riesco
a parlare. Mi prende il panico e il cuore comincia a pompare più
velocemente. Picchio sul soffitto di neve più forte che posso,
fino a quando, stremato, non lascio scivolare le braccia a terra.
Gran bella mossa. Ora quanto tempo mi resta, prima di perdere del
tutto le forze? Sicuramente molto meno di prima. Il fatto positivo è
che ho un po’ di spazio per muovermi.
Mi concentro sul
silenzio che c’è intorno a me. Non sento neppure il
sibilare del vento e questo mi terrorizza. Sono completamente solo.
Mi basterebbe anche un fastidiosissimo ronzio, basta che sia un
suono…
Stringo le mani a
forma di pugno, fino a quando il battito cardiaco rallenta, forse
troppo. Decido di mettermi a contare mentalmente: devo tenermi lucido
in qualche modo. Arrivo fino a quarantatre, poi salto da una cifra
all’altra quasi senza rendermene conto.
Ho freddo, la mia
pelle è ormai secca e tutto il corpo è scosso
continuamente da brividi. Mi rannicchio su un fianco, in posizione
fetale, per trattenere il più possibile il calore corporeo.
Resto in questa posizione per qualche istante, non saprei dire
precisamente quanto sia passato, lo scorrere del tempo mi è
ormai impossibile da definire. Minuti? Ore? O forse addirittura
giorni? Poi, le palpebre si fanno pesanti… riprendo a contare:
non posso concedermi di addormentarmi, sarebbe la fine.
Sento una voce,
sembra che qualcuno mi stia chiamando. Cristel? Sì, la vedo.
Tende un braccio verso di me. Sorride e mi chiede di andare con lei.
È bellissima, sembra un angelo. Allungo la mia mano verso di
lei con un sorriso e chiudo gli occhi.
Niente più
paura, solitudine e silenzio. Ora sono in pace.
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