Agosto '98
Agosto '98: quando ancora c'era
lui, purtroppo
Tre auto piene: corpi, zaini, teli, valigie, e il frigo rigido blu che
la mamma di Chiara prestava ogni volta si andasse al mare,
così che avessimo dove mettere l'acqua "che si mantenga
fresca".
In fila sulla statale con la
musica a
palla, in un infinito serpente di metallo, gomma bruciata e afa,
malessere e noia condivisi da centinaia di famiglie. e ragazzi
incazzati dentro i barattoli roventi e variamente colorati.
Ah, no, noi no non eravamo
incazzati.
Accaldati, assonnati, stretti fino a non respirare, ma incazzati mai
mentre raggiungevamo il mare. Era felicità allo stato
solido, con quindici giorni di notti insonni e sole davanti a noi, a
pochi chilometri raggiungibili a passo di lumaca. Agosto era
così: vacanze intelligenti annunciate dalla televisione.
Trascorrevi luglio a fare la spola di notte, ogni week end tornare a
casa dalla discoteca sulla spiaggia, che ai tempi era il must, ed era
una novità e "non si poteva non andare", cinque orette di
sonno tormentato dalla house ancora nelle orecchie, doccia, zaino in
spalla con qualcosa buttata dentro all'ultimo minuto e di nuovo in
viaggio, stessa strada, ma direzione contraria.
Agosto era un'altra storia. Si salutavano i genitori e si partiva per
il mare il primo giorno alle otto, una dozzina di sfigati verso lo
stesso appartamento, due coppie e otto single per cui l'amicizia
è la cosa migliore che si può avere dalla vita.
Pensare che la mamma di Chiara aveva tanto storto il naso il primo anno
di quelle vacanze: «ma
no, che facciamo le stanze separate per dormire!».
Certo. Chiara e Maurizio che contavano i giorni mancanti alla partenza
da quando prenotavamo l'appartamento a marzo e che ora dormivano
separati per tutti i 15 giorni di vacanza... Forse quando
sarò madre capirò perché e come si
possono prendere per vere certe bugie raccontate male. O forse sono
solo sottigliezze a cui ci si aggrappa, perché in effetti, a
dormire di notte erano separati, era di pomeriggio che noi
“altri” non potevamo tornare dalla spiaggia prima
delle sei, se non volevamo arrivare in momenti sbagliati e imbarazzanti.
Comunque, ogni anno
c’erano
da fare una quarantina di chilometri per raggiungere il sogno, con i
finestrini abbassati, cercando la stessa stazione radio,
così si ascoltava la stessa musica mentre il nostro mini
gruppo di auto avanzava sotto il sole. Non tutti con la stessa musica
se non ricordo male. La Golf nera no, perché Luca era l'uomo
della situazione, l'auto era sua e doveva decidere lui cosa ascoltare.
La sua Mara taceva, sorridendo dal finestrino (chiuso) quando per un
attimo ci affiancavamo, ma le facce di Chiara e Maurizio seduti nei
sedili posteriori non lasciavano dubbi. Clima pesante su quell'auto,
anche se era l'unica delle tre fornita di condizionatore.
Meglio la Punto verde
scassatissima di
Simona, dove mi infilavo sempre io, tutte donne, dove ascoltavamo la
radio cercando gli 883 e Baglioni, e cantavamo qualsiasi cosa ci
capitasse ad orecchio, rigorosamente a squarciagola.
Quell'estate me la ricordo così, con le aspettative e il
fermento di qualcosa che stava arrivando, con quel viaggio di andata
che, come nei migliori romanzetti, rimane la parte migliore
dell’intera vacanza, sospesa in quel bilico di
felicità e attesa che caratterizzava il nostro essere
gruppo, finalmente diciottenni o quasi, per la prima volta
completamente autonomi per quanto riguardava auto e soldi. Nei nostri
sogni sarebbe stato tutto meraviglioso. Nei miei ricordi
quell’estate da quasi maggiorenne è stata tutta
meravigliosa. Probabilmente la voglio ricordare così,
brillante e perfetta come un diamante. Se guardassi meglio vedrei lui,
nella Punto grigia di Simone, un po' immusonito perché forse
sperava che avrei rinunciato alla vacanza, io. Perché mi
aveva lasciato il pomeriggio di San Valentino con una serie di chicche
di correttezza e rispetto:
«Sono
in ritardo perché mi sono organizzato la serata»,
«Davvero,
non credevo di dovertelo dire, pensavo avessi capito»
«No,
non sono stronzo, è solo che bacio te e penso a lei».
Si deve essere divertito quella
sera
con i suoi amici, a ricordare la mia faccia mentre mi prendeva a calci
il cuore con sadico piacere. Però io ero sopravvissuta.
Anzi, erano passati mesi ed eravamo ancora nello stesso gruppo, amici
di infanzia e di scuola. Cordone ombelicale difficile da tagliare
quello di certe amicizie, anche se avevo cercato di conoscere nuova
gente.
E ora la vacanza insieme, come
già l’anno precedente, ma con un nuovo dolore con
cui convivere...
Nei miei ricordi invece è tutto perfetto.
Persino quella sera, quando sulla
spiaggia si sono avvicinati un gruppo di ragazzi evidentemente ubriachi
a chiedere se qualcuna di noi era libera e disponibile. I ragazzi erano
andati tutti a prendere le paglie, ma sono arrivati quasi subito e per
toglierci di impiccio senza risse e casini, tutti hanno finto di essere
accoppiati. Non proprio tutti. Non c'erano i numeri per farlo. Simona
aveva detto che anche se era libera con loro mai, Roberta si era messa
a ridere più sbronza di loro e lui, che mi aveva guardato
per un attimo appena capito la piega che prendeva la serata, era
arrossito e aveva iniziato a fissare intensamente il terreno.
Interessanti i granelli di sabbia, Manuele? Avevo spiegato ai tipi che
il mio ragazzo lavorava e quindi non era presente. Convincente, o forse
troppo poco interessante perché insistessero: la mia bugia
è bastata.
O a San Lorenzo. Apriti cielo su noi che restiamo a fissarti cercando
le tue lacrime d'argento, mentre aspettiamo l'alba per l'ennesima
volta, mentre cerchiamo un lettino libero senza calpestare chi le
stelle le vede negli occhi dell'innamorato, o nelle sue parti
più tentatrici e invitanti!
Mi ha chiesto che desiderio stavo
esprimendo ad ogni stella. Gentile no, interessato ai miei desideri.
Sperava forse di farne ancora parte? Ne ho viste 75 di stelle
quell'anno, completamente interessata a qualsiasi cosa che non fosse
chi era sdraiato nel lettino di fianco al mio, e sempre lo stesso
pensiero, ad ogni stella. Ora che si è avverato lo posso
dire. Non ho chiesto di dimenticarlo, non ho chiesto che si innamorasse
di realmente di me. Per una qualche grazia divina, non ho chiesto di
lui, ho chiesto di me: ad ogni stella ho chiesto di essere forte, e
migliore, così che quando avrei incontrato qualcuno per cui
valeva la pena innamorarsi di nuovo, e rischiare, e soffrire, e anche
piangere di notte e smettere di mangiare, sarei stata pronta. Ho
chiesto di trovare qualcuno che mi illuminasse la giornata, qualcuno a
cui illuminare la giornata, qualcuno a cui scaldare il cuore e da cui
lasciarmi coccolare.
Se di quell'estate ho un ricordo così meraviglioso e
perfetto, è perché alla fine qualcuno
è arrivato, e in quel momento ho capito che il mio cuore era
diventato sufficientemente forte ed era pronto per buttarsi senza
alcuna protezione nel fuoco.
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