white demon love song
Non sapeva se era la
forza
dell’abitudine o quella della disperazione che ogni sera la
spingeva a
ripercorrere gli stessi passi della notte precedente, alla ricerca di
un
conforto che la stordiva al punto da ottenebrarle mente e cuore.
Ogni
sera, lui trovava
sempre un ottimo motivo per defilarsi da casa loro, col suo solito
innato garbo
ed educazione, subito dopo cena… Già, quelle
poche volte nelle quali ancora si
ricordava di avere una casa cui fare ritorno, quando la sua musica o
lei non
voleva sapere cosa o chi altro lasciavano un po’ di spazio,
affinché lui si
ricordasse che la sua compagna era sempre lì in cucina ad
aspettarlo.
Ogni
sera, sempre più
spesso, consumava in silenzio e fra lacrime amare, pietanze prelibate,
cucinate
in gran quantità e destinate ad essere condivise con il suo
uomo, ormai sempre
più latitante da quelle quattro mura.
Era però il momento
prima
di coricarsi, quando la grande casa silenziosa era stata rassettata,
che fra
quelle mura gelide e buie la sua solitudine sembrava urlare fino a
farle
perdere completamente il senno. Guardava e riguardava quel letto tanto
grande,
nel quale nessuno l’aspettava per darle compagnia, e la
voglia di dormire
svaniva in un istante. Seguendo il consiglio di Francis, buttava
giù due o tre
bicchierini di qualcosa di forte, con la speranza di stordirsi, di
attutire il
dolore che provava proprio al centro del petto e che non le dava pace.
Sapeva
ormai che riempirsi di alcool non l’avrebbe aiutata a trovare
la calma, anzi,
accresceva in maniera indicibile la sua irrequietezza ed il suo senso
di
insoddisfazione. Era in quel momento che, complici i vapori
dell’alcool che la
privavano dei suoi freni inibitori, compiva gli stessi gesti, i
medesimi passi
che la conducevano sera dopo sera, senza neanche realizzare davvero
come, a
bussare alla porta dell’unica persona al mondo che sembrava
realmente
comprendere il suo dolore e la sua frustrazione nell’essere
rifiutata.
Nella casa di lui si
respirava la stessa aria di cupa solitudine a cui lei era ormai
abituata:
ognuno poteva leggere negli occhi dell’altro una tristezza
inesprimibile a
parole. Lui la invitava ad entrare e si sedevano lì, sul
divano in pelle verde,
una di fianco all’altro, in silenzio. Passavano
così interminabili minuti, nei quali
ognuno dei due sembrava troppo assorto a guardarsi attorno o a rimirare
la
punta delle proprie scarpe, per dire o fare qualsiasi cosa. Poi lui
d’un tratto
ritornava conscio dei doveri di un padrone di casa, così si
alzava e spariva
nel buio della stanza accanto, per poi tornarne fuori poco dopo con una
bottiglia di vino rosso d’annata e due calici.
“Altro
alcool”, si
diceva lei ironicamente, sogghignando, e mentre lui stappava la
bottiglia e
versava il vino, cercava di intavolare una conversazione banale sul
tempo o su
quello che avevano
mangiato a cena.
Entro
una manciata di
minuti, come ogni sera, quella innocua discussione si sarebbe
trasformata
nell’ennesimo sfogo disperato
dell’infelicità di lei che, fra le lacrime,
ancora una volta avrebbe rimpianto i giorni spensierati della sua
infanzia nei
quali credeva di esser un maschio ed insieme giocavano a tirare di
spada.
Lei non poteva fare a
meno di ripetergli quanto avrebbe voluto ancora essere considerata un
uomo,
proprio come faceva lui in quei tempi ormai lontani. Lo sguardo cremisi
del
ragazzo indugiava sulla figura della giovane donna: avrebbe voluto
dirle che
mai, nemmeno quando erano piccoli, lui l’aveva mai
considerata un uomo, e che
anzi sempre aveva trovato in lei la donna perfetta da desiderare ed
amare.
Sapeva benissimo, però, che una simile esternazione
l’avrebbe fatta fuggire
all’istante, distruggendo in un attimo quello strano legame
che era nato fra
loro in quegli ultimi giorni, e lui non voleva assolutamente che
ciò accadesse!
Avrebbe taciuto, avrebbe tenuto chiuse dentro di sé quelle
parole e quei
sentimenti che lei non desiderava conoscere e si sarebbe avvicinato a
lei
nell’unico modo che gli era concesso, da qualche tempo a
questa parte.
Mi sono innamorato di te
Perché non potevo più
stare solo
Il giorno volevo parlare dei miei sogni
La notte parlare d’amore...
Le iridi di rubino
dell’albino si piantarono in quelle color smeraldo
dell’ungherese, mentre le
sue dita nivee giocherellavano con le onde dei capelli della ragazza.
“Ironico che
mi sia
concesso esprimere ciò che provo per lei solo in questo modo
e non con le
parole…”, si ritrovò a pensare Gilbert
Beilschmidt mentre la sua mano tracciava
il profilo del viso di Elizaveta Herdèvary fino a sollevarlo
verso il suo,
reclinava il capo e poggiava le sue labbra su quelle della giovane.
«Gilbert…»,
sentire il suo nome pronunciato da lei riusciva
sempre ogni volta a dargli i brividi.
Ancora non aveva ben
compreso per quale grandioso miracolo Eliza non
solo non respingeva i suoi baci, ma anzi rispondeva ad essi con una
passione ed
un trasporto che Gilbert aveva creduto potessero esistere solo nei suoi
sogni
migliori.
L’ungherese
si stringeva sempre più intensamente al prussiano, le sue
dita si divertivano a scompigliarne i capelli color argento e a
solleticargli
la nuca, mentre i suoi baci diventavano sempre più profondi
ed ardenti,
facendogli perdere del tutto la testa.
Gilbert
aveva un odore ed un sapore così buono: quando la teneva fra
le
sue braccia era come se non esistesse niente e nessuno al mondo:
c’erano solo
loro due ed il desiderio
di stare bene fra loro. Questo pensava Eliza mentre le
sue esili dita passavano in rassegna uno per uno i bottoni della
camicia del
giovane, slacciandoli e facendo spazio a quella pelle candida e liscia
come
l’alabastro, sotto la quale si agitavano possenti muscoli,
scattanti ad ogni
sua sollecitazione.
I respiri di entrambi
diventavano sempre più corti, mentre Gilbert,
scivolando a baciarle il collo, iniziava a slacciarle il corpetto del
vestito.
Anche quella sera il loro gioco si era spinto troppo in là
per poter tornare
indietro: lui la baciava ancora una volta sulla bocca con intensa
passione,
prima di prenderla fra le braccia e di portarla nella sua stanza da
letto. Lei
si lasciava docilmente prendere in braccio da lui, percorrendo con le
labbra il
profilo del suo collo, mentre lui camminava per corridoi bui fino a
posarla
delicatamente sul suo letto. Gilbert ed Eliza si scambiavano un
compiaciuto
sguardo di intesa, mentre si univano nell’ennesimo abbraccio
e si scambiavano
l’ennesimo bacio infuocato.
Come
attori di un
copione che non si sarebbero mai stancati di recitare, continuavano a
scambiarsi carezze e baci sempre più languidi, ad
assaporarsi l’un l’altra fino
a diventare una cosa sola, abbandonandosi completamente al piacere,
godendone,
fino a rimanere senza un briciolo di forze, spossati ma sorridenti,
addormentandosi
docilmente l’uno fra le braccia dell’altra.
Era ancora poco
più che
l’alba quando Elizaveta si svegliava dal suo sonno
ristoratore. Aprendo appena
gli occhi, vide così vicino a lei il volto rilassato del
giovane albino che
dormiva accanto a lei con un’espressione talmente beata da
sembrare un bambino
innocente. Sorrise appena, Eliza, mentre con la testa appoggiata sul
petto di
Gilbert, ascoltava il ritmico battito del suo cuore: aveva un qualcosa
di
misteriosamente ipnotico e allo stesso tempo rassicurante.
Accarezzò il braccio
sinistro col quale l’uomo l’abbracciava e la
stringeva al suo petto, e si
ritrovò a pensare che non si era mai sentita più
serena e più protetta come in
quei momenti trascorsi fra le braccia di Gilbert. In tutta la sua vita,
lui era
sempre stato l’unico che l’aveva davvero
considerata nel modo esatto nel quale
lei desiderava esserlo: quando erano piccoli, lui era il solo che la
trattava
come un maschio, senza storcere il naso di fronte a quella bizzarra
richiesta
di una bambina confusa e spaventata dal futuro quale lei era. Ora che
era
cresciuta ed invece non desiderava altro che essere considerata una
donna che
Roderich avesse potuto considerare degna del suo amore,
quell’austriaco
preferiva il suo pianoforte e la sua musica a lei. Gilbert, invece,
nonostante
si divertisse spesso e volentieri a punzecchiarla, meritandosi
più di una volta
le sue proverbiali padellate sulla testa, le aveva dato costante e
continua
prova di un amore incondizionato, il cui ardore non si spegneva neanche
di
fronte ai rifiuti più duri e alle parole più
sprezzanti e taglienti di lei.
Quando i suoi occhi color rubino si posavano su di lei, Eliza si
sentiva
davvero una donna amata e completa.
Cercò di
svegliare le
sue membra dal languore che quei pensieri avevano generato in lei e,
con
estrema delicatezza, si divincolò dalla stretta del
prussiano. Si alzò dal
letto e camminò silenziosamente per la stanza raccogliendo
gli abiti che,
svestendosi in preda alla passione, aveva sparso sul pavimento la notte
precedente;
sempre cercando di non fare il benché minimo rumore si
rivestì in tutta fretta,
pronta per tornarsene a casa prima che qualcuno potesse sorprenderli
insieme.
Si avvicinò
al letto
nel quale Gilbert ancora riposava beatamente per percorrere con lo
sguardo,
ancora una volta, quel viso così dolce e allo stesso tempo
superbo, quel corpo
possente e caldo che giaceva fra quelle candide lenzuola.
“Perché
non sono
rimasta al suo fianco ancora un po’ ?”, si stava
chiedendo Eliza. Nella sua
mente fantasticava su che spettacolo sarebbe stato vedere la sorpresa
negli
occhi del prussiano che, appena aperti, la trovavano per una volta al
suo
fianco. Questo sogno ad occhi aperti era destinato a durare solo un
attimo:
l’ungherese infatti sapeva bene cosa avrebbe significato per
Gilbert trovarla
accanto a lui al suo risveglio. Sarebbe stato l’inizio di
qualcosa di più
grande ed importante rispetto allo storia di solo sesso che entrambi
avevano
creato come giustificazione ai loro ultimi incontri. Ma la loro poteva
essere considerata
davvero una semplice questione di sesso? Sapeva benissimo che per il
prussiano
non si era mai trattato solo di quello, lui glielo aveva ripetuto fino
alla
nausea che la amava… e lei? Quali sentimenti si agitavano
nel suo cuore?
Sperava ancora di riconquistare il cuore di Roderich? No, non era
ingenua fino
a questo punto: sapeva benissimo che ormai le cose fra loro non si
sarebbero
più aggiustate. Allora perché non lo lasciava
andare? Ne era ancora innamorata,
forse? A questa domanda lei non sapeva darsi una risposta certa:
dopotutto
aveva trascorso molti anni assieme all’austriaco, e
benché lui le avesse reso
gli ultimi tempi un vero inferno in terra, proprio non riusciva ad
odiarlo.
E allora
perché ogni
sera andava da Gilbert? Perché passava ogni notte con lui?
Era davvero solo
mera attrazione fisica o forse un modo poco ortodosso per sfogare la
sua
frustrazione? No: non era né l’uno né
l’altro: sentiva che c’era dell’altro,
che c’era di più di quello… Lo
percepiva in ogni sguardo ed in ogni gesto che
si scambiavano.
Lei però
era troppo
impaurita per guardarsi dentro per davvero: aveva sofferto troppo a
causa di
Roderich, ed ora restare al fianco di Gil anche solo per qualche ora in
più
l’avrebbe inevitabilmente costretta a fare chiarezza nel suo
cuore… e lei aveva
un terrore enorme di innamorarsi di nuovo e ricominciare a
soffrire… Quindi
sarebbe fuggita via da quella stanza come un ladro che scappa via dal
luogo nel
quale si è consumato il suo reato.
La porta della stanza
da letto si era richiusa dietro Eliza. Rimasto solo, Gilbert
aprì gli occhi:
ora poteva smettere di fingere di dormire. Benché
impercettibili, i movimenti
della ragazza che si liberava dal suo abbraccio lo avevano svegliato,
come ogni
mattina. E, come ogni mattina, aveva finto di dormire, limitandosi a
guardarla
di sottecchi mentre lei gli dava le spalle: tutto questo al fine di
evitare
alla donna che amava il penoso compito di doversi giustificare per
fuggire da
lui e dall’amore che avevano fatto solo qualche ora prima.
Leggeva nei
movimenti dell’ungherese una certa esitazione, del dubbio, ed
in cuor suo, il
ragazzo dai capelli argentati aveva sperato ancora più
intensamente che lei
avesse finalmente deciso di restare al suo fianco, di dargli
un’opportunità. Il
cuore gli batteva forte in gola mentre lei, dopo essersi vestita, era
andata
accanto al letto e aveva indugiato per lunghissimi minuti sulla sua
figura, poi
si era seduta sul bordo del giaciglio e si era chinata su di lui, fino
a
poggiargli un delicato bacio sulle labbra. Aveva dovuto far ricorso a
tutta la
sua forza di volontà per rimanere immobile e ad occhi
chiusi: avrebbe voluto
rispondere a quel bacio, stringerla forte fra le braccia ed implorarla
di
restare con lui! Era stato così doloroso tenere tutto questo
nel suo cuore, con
la donna che amava alla follia così pericolosamente vicina a
lui! Non aveva
tuttavia potuto fare diversamente: una simile dichiarazione
d’amore avrebbe
fatto sentire Elizaveta braccata, senza via di fuga, facendola fuggire
irrimediabilmente via da lui. In fondo Gilbert l’aveva capito
che lei, a modo
suo, lo amava, ma era spaventata a morte dai suoi stessi sentimenti e
dai
vincoli che essi generavano: per questo ignorava deliberatamente
ciò che invece
il suo corpo urlava ogni volta che loro due erano insieme. Sospirando
profondamente, lui lo ripeté ancora una volta a se stesso:
ne era sicuro, un
giorno o l’altro al suo risveglio avrebbe incontrato gli
occhi verdi pieni di
amore consapevole della sua bella Eliza!
Fino ad allora, lui
l’avrebbe aspettata: l’avrebbe accolta con un
sorriso ogni sera, amata con
tutto se stesso ogni notte e lasciata andare senza neanche provare a
fermarla
ogni mattina.
Mi
sono innamorato di
te
E
adesso non so neppur
io cosa fare
Il
giorno mi pento di
averti incontrata
La
notte…. Ti vengo a
cercare...
... Dedicata dalla prima all'ultima parola alla dolcissima fangirl pro _Ayame_chan!
Era da tempo che avevo in
mente di scrivere una Prungary: ed eccola finalmente qui!
Per il titolo ho preso ispirazione da una canzone dei The
Killers
"White Demon Love Song", in riferimento al colore di capelli e al
caratterino di Gilbert, poi, mentre scrivevo la fic, ho riascoltato la
bellissima "Mi sono innamorato di te" di Luigi Tenco, e ne ho inserito
due strofe all'interno della storia. Queste parole sembrano
rappresentare così bene i sentimenti che legano
Gil ed
Eliza, le loro speranze ed aspettative, i loro timori...
Spero che vi piaccia!
{
Questa storia partecipa al The One Hundred Prompt Project con il prompt
088.desiderio}
|