Decisamente
Forse
è passato un anno dalla mia ultima incursione nel fandom di
Sailor Moon. Non so nemmeno dire cosa mi abbia spinta a tornare,
soprattutto in un periodo simile in cui non riesco a scrivere nemmeno
una sillaba - e si sente, perché a me questa storia non
piace
affatto! - e l'ispirazione latita in modo indecente.
Credo che a convincermi sia bastata una cosa: il tema, ovvero
l'Originalità. In questo fandom si leggono spesso storie
incentrate sulla storia tra Usagi e Mamoru, sui mille modi in cui si
sono trovati, conosciuti e innamorati, e non ho potuto fare a meno di
gridare un "Bastaaaaaaaaaaaaaaa!" enorme dentro la mia testa. Partecipo
a questo contest non tanto per far leggere la mia visione
più
che particolare di un certo momento della vita di Makoto, ma per
leggere le altre storie,
quelle boccate d'aria fresca pregne di novità che mi
strapperanno sorrisi o lacrime, facendomi apprezzare autrici vecchie e
nuove.
Dopo questa premessa tediosa vi lascio alla lettura, che spero sia
almeno un minimo più divertente dell'introduzione.
A dopo!
Decisamente!
Quando Makoto Kino incrociò lo sguardo di Asanuma Ittou per
la
prima volta, pensò che assomigliasse in maniera davvero
strabiliante al suo senpai.
Abbassò le ciglia in fretta e furia, sorridendo
appena:
sentì una punta di bruciore agli occhi e fu sicura che le
sue
guance fossero diventate simili a pesche rosate, ma si ricompose in un
secondo. Alzò di nuovo la fronte, con espressione ferma e
sicura, e le sue labbra scandirono lentamente la parola frullato.
Frullato, si appuntò Asanuma. Frutta fresca, si
ripassò mentalmente, mentre un alto bicchiere si
materializzava
sul bancone, e una cannuccia verde acqua faceva capolino oltre il bordo.
A Makoto erano sempre piaciuti i frullati perché era la mano
un
po' callosa di Motoki Furuhata ad appoggiarli di fronte a lei. Le era
sempre piaciuta la frutta fresca, perché la nonna le aveva
ripetuto finché aveva fiato in corpo quanto fosse buona e
salutare. Quando al Crown aveva potuto coniugare alla perfezione le due
cose, si era sentita la persona più fortunata del mondo.
Poi, dal nulla era spuntata Reika: perfetta, femminile, adorabile. E
Makoto aveva scoperto una passione innata per i frappè al
cioccolato, perché in fondo troppo cacao faceva male,
proprio
come un'indigestione di Motoki.
Nell'esatto momento in cui aveva scorto gli occhi neri
di Asanuma,
però, si era ricordata di quanto fossero buone le pere, le
mele,
le banane - oh, Makoto,
non ti poteva venire in mente un altro frutto? - e frullato di frutta fresca le
era parsa l'unica cosa sensata da dire.
Il primo sorso la portò a pensare che leggeva troppi manga ecchi, soprattutto
per una ragazzina della sua età. Oh,
ma era così semplice, viveva in casa da sola e neanche si
doveva
premurare di nasconderli negli anfratti più remoti delle sue
stanze!
Il secondo sorso le fece venire in mente che il suo senpai non le
aveva mai dato neanche un bacio, e che era giunta l'ora di muoversi.
Il terzo sorso le andò di traverso.
Asanuma aveva finito di bere il suo caffè, aveva salutato
Motoki con una voce da orgasmo e... e lei leggeva decisamente troppi
manga.
Finì il suo frullato e si ritrovò a raccogliere
con la
superficie della cannuccia tutto il liquido più denso che
non
era riuscita a succhiare
via...
E sì, lei leggeva decisamente
troppi manga.
Se c'era qualcosa di veramente simile a una tortura, era ascoltare
Asanuma Ittou mentre discuteva dei suoi studi insieme a Mamoru e Motoki.
Sentirlo parlare di gravitazione universale ed equazioni di Maxwell con
la lascivia di una ciliegia umida di saliva appoggiata sulla pelle
calda - perchè
non la sua? perchè non la sua? - era quanto di
più eccitante potesse esistere al mondo.
Sentire contemporaneamente Usagi blaterare qualcosa su quanto odiasse
Mamoru rovinava decisamente
tutta la magia.
I suoi strilletti isterici si mescolavano al sottofondo perfino troppo
lieve della voce di Asanuma, e masse, molle e smorzatori si perdevano
nel tintinnio di coppe di gelato, nelle risate degli altri avventori,
nei mormorii incomprensibili di Ami che provava a studiare anche in
quel caos.
« Ehi, Odango Atama! »
Makoto rischiò di sbattere la testa contro il tavolo.
Dannato
Mamoru Chiba, se aveva un'utilità al mondo era quella di far
parlare Asanuma fino a fargli perdere la voce! E invece perdeva
tempo per bisticciare con Usagi, per darle della stupida per i suoi
voti atroci, per sprecare fiato inutilmente!
Evidentemente, il kohai
doveva
pensarla allo stesso modo, data la piega scocciata assunta dai suoi
lineamenti. Lo vide alzarsi e andarsene, premurandosi prima di pagare
il suo caffè e anche quello del senpai.
E Makoto maledì l'amore. Sì, perché
era scritto in tutti i manga shojo
che
chi disprezza compra e che gli amori più grandi nascono tra
persone che mal si sopportano: per Usagi e Mamoru c'erano tutti i
presupposti per una vita duratura e felice, e forse anche per conigliate e conigliate
di pargoli, sempre se le Senshi fossero mai riuscite a sopravvivere
alla lotta contro il Dark Kingdom. Mentre per lei e Asanuma che vita si
prospettava, se neanche si parlavano?
Mentre si figurava una bambina dai ridicoli capelli rosa legati in due
codine ai lati della testa, pestifera come Usagi e un po' altezzosa
come Mamoru, pensò per l'ennesima volta che leggeva decisamente troppi
manga.
Lei e Rei alzarono gli occhi al cielo, Ami si indignò una
volta
per tutte per quel chiasso che la deconcentrava e chiuse il libro con
un tonfo sonoro della copertina. Si alzarono tutte e tre
contemporaneamente, senza dire una parola: Usagi e Mamoru non se ne
accorsero nemmeno, presi com'erano a punzecchiarsi.
Mentre usciva, Makoto scorse un'ombra appoggiata al muro. Intravide dei
capelli biondi, una cartella appoggiata mollemente sulle spalle e,
senza nemmeno girarsi, immaginò quella stessa chioma
oscillare
nel sole, mentre le andava incontro a passo svelto. Aspettò
l'impatto, l'abbraccio, il bacio - ma
andiamo, in tutti i manga il ragazzo si dichiara all'improvviso! -
ma niente di tutto questo arrivò mai.
Si voltò giusto in tempo per vedere che quei capelli erano
castano chiaro, che quella cartella era una borsa, e che quel ragazzo era una ragazza.
Non aveva neanche le orecchie lievemente sporgenti di
Asanuma!
Tirò un pugno contro la porta - mentre Rei ed Ami la
guardavano
un po' perplesse - e dopo un saluto frettoloso si diresse verso casa.
Aveva fantasticato su un possibile bacio da parte di una ragazza, si
sarebbe presa a schiaffi da sola per la sua stupidità.
E sì, era ufficiale: lei leggeva decisamente troppi
manga.
Quando Mamoru scoprì di amare Usagi, l'ignaro Asanuma scoprì
Makoto.
Non faceva neanche caldo quella notte, eppure lui si svegliò
sudato fradicio, col respiro affannoso e una mano evidentemente fuori
posto.
Tutto era iniziato con un frullato di frutta fresca, ed era
più
o meno sicuro di non esserselo versato addosso: allora
perché si
sentiva tutto bagnato, e non c'era odore di arance, di limoni o fragole
sulle sue coperte?
Quella ragazza con la coda... forse aveva preso un frullato alla banana
e glielo aveva tirato sui pantaloni. Chi sentirebbe profumo di un
frutto quasi inodore come la banana? Lui no di certo, col raffreddore
che si ritrovava.
Si rimise giù, mormorando che non doveva preoccuparsi, che
tanto
doveva passare dalla lavanderia, che no, non avrebbe accettato il suo
denaro come risarcimento, un gentiluomo non lo avrebbe mai fatto.
Certo che quel frullato era fastidioso proprio lì, stava
impiastricciando anche tutte le lenzuola...
Lenzuola?
Asanuma Ittou si alzò di scatto, avvicinando lentamente la
mano al punto in cui sarebbe stata evidentemente
fuori posto.
Il ricordo della ragazza con la coda gli bagnò
le dita.
Se c'era qualcosa di più imbarazzante di un sogno erotico
talmente intenso da portarlo al culmine di ogni virile resistenza, era
trovarsi di fronte l'oggetto di quella fantasia poche ore dopo aver
messo le lenzuola in lavatrice.
« Makoto! » esclamò Motoki, mentre
Asanuma prendeva appunti.
Chissà come l'aveva chiamata, quella notte. Keiko? Yuki?
Kotono? La k c'era
di certo: forse era riecheggiata nel Crown, ripetuta dalle oche
starnazzanti che le facevano compagnia.
« Un frullato » chiese lei, e lui
accavallò le gambe, stizzito.
« Frutta fresca? » incalzò Furuhata - come se ci fosse stato bisogno
di chiederlo.
« Banana!
» e Asanuma provò ad accavallare le gambe di
nuovo,
scordandosi per un momento di averne soltanto due e di non poter creare
una pila infinita di femori. E si maledì, perché
un piccolo femore
faceva capolino comunque: si appoggiò la cartella sulle
cosce,
mentre una smorfia lievemente dolorante gli smuoveva le labbra. Labbra. Quante e quali labbra
gli avevano fatto compagnia quella notte!
Gli parve che Makoto lo guardasse in tralice, mentre un
po'
impacciata si mordicchiava le dita: gli parve anche di non aver affatto
esagerato con certe dimensioni
quella
notte, mentre notava un bottone dell'uniforme soffrire in silenzio per
una tensione piuttosto innaturale per una ragazza giapponese. In fondo,
non gli dispiaceva più così tanto di aver perso
il
controllo: se non altro, aveva ceduto per delle tette di tutto rispetto.
« Un altro caffè » chiese dopo aver
ingurgitato il suo in un solo sorso e aver sbattuto la tazza sul tavolo.
« Calmo, Asanuma! » sorrise Motoki. «
Spaventerai la nostra Makoto... a proposito, vi conoscete? »
C'era da dire che su una cosa Motoki aveva ragione. Makoto era da paura, o
perlomeno lo era stata la sua versione incorporea - neanche troppo. E
la risposta alla seconda domanda era Sì, anche troppo
bene. E fu per questo che rispose di no.
« Piacere, Ittou Asanuma. »
A Makoto la cannuccia sfuggì di bocca un po' troppo
velocemente. Tossicchiò appena, mentre gli dava la mano.
« Kino Makoto, piacere mio. »
Asanuma Ittou pensava che le mani di Makoto fossero morbide, lisce,
curate. Trovò qualche dito bruciacchiato, punture d'ago,
unghie
rovinate. Gli piacquero immediatamente.
« Studi alla Juuban? »
Makoto annuì, e lui si sentì autorizzato a
partire con
una filippica sull'importanza dello studio e su quanto aveva intenzione
di impegnarsi per eccellere sia nella scuola superiore che
all'università. La vide concentrata, turbata, perplessa. Poi
la
vide incantata.
Asanuma non sapeva che Makoto voleva solo sposarsi e magari aprire una
pasticceria - o magari una serra, per le sue amate rose -, che
all'università neanche pensava e che si sarebbe accontentata
di un voto almeno decente agli esami finali.
Asanuma non sapeva neanche che Makoto provava l'impulso irrefrenabile
di darsi sollievo, e che sfregava le cosce sotto l'ampia gonna
dell'uniforme, senza farsi notare.
Se Makoto si era seduta di nuovo su uno sgabello, abbandonando i
formalismi e accavallando le gambe, era perché quei dannati
manga non le avevano insegnato proprio tuttotuttotutto. Che
diamine, i manga non parlavano!
« Sei veramente un
bravo ragazzo » sbottò alla fine, appoggiando
qualche yen
sul bancone sotto lo sguardo stanco di Motoki. « Adesso
però devo andare! Sai, lo studio... è...
è importante, no? »
« Ma... ma... »
Mentre Asanuma si chiedeva cos'avesse detto di sbagliato, Makoto era
già uscita dal locale sbattendo la porta.
Quello che lui non sapeva, era che Joule e Ampère non si
erano mai soffermati a studiare calore
ed elettricità
applicati su una donna. E che Makoto l'avrebbe ustionato dandogli anche
la scossa, se solo l'avesse sfiorata.
Qualche metro più in là, appoggiata contro un
muro in un
vicolo, Makoto fu costretta a correggersi ancora una volta.
Prima di tutto, doveva passare dagli ecchi agli hentai - e al
diavolo i limiti d'età, sembrava abbastanza adulta per
fregare un venditore sprovveduto.
Seconda cosa, era necessario che mettesse in conto diverse spesucce in
più.
In fondo, leggeva decisamente
troppo pochi
manga.
C'era una sola persona al mondo di cui Asanuma aveva un bisogno
viscerale, e quella era Mamoru Chiba.
Dopo averlo perso di vista per un po' di tempo, si era preoccupato
talmente tanto che aveva perso l'appetito, iniziato a soffrire di
tachicardia e dormito sonni poco ristoratori per giorni.
Come se non bastasse, era sparita anche lei.
Lei e le sue amiche non si facevano più vedere al Crown e,
se le
intravedeva per strada, avevano sempre volti talmente tirati da
sembrare le ombre sbiadite di quelle chiacchierone che animavano il
locale.
Poi, di punto in bianco, tutto era tornato come prima, senza una
spiegazione.
Mamoru l'aveva contattato per studiare in biblioteca, le ragazze
avevano ripreso a divorare gelati e frappè come se niente
fosse,
Makoto era tornata a divorare
lui semplicemente guardandolo.
Lo salutava ogni volta, e ad ogni ciao
lui si sentiva più irrequieto: lei gli sfilava un neurone
alla
volta, rendendolo quasi incapace di ragionare coerentemente. Oh,
Asanuma non era innamorato, affatto: semplicemente voleva prenderla per
le spalle e distenderla su un tavolo, prenderla per le braccia e
staccarle i bottoni a morsi, prenderla per i fianchi e tirarle via le
mutandine, prenderla per... Asanuma,
contegno!
Si ritrovò a rivolgerle l'ennesimo saluto
impacciato,
mentre lei, invece, sembrava più coraggiosa di sempre.
Propositiva, intraprendente, sicura di sè - oh sì, quanto gli
piacevano le donne decise!
« Asanuma è un cliente affezionato,
frequenta la prima alla Motoazabu! Ti si vede molto spesso qui, eh?
»
E lui avvampò, come un bambino imbarazzato. Almeno fino a
quando...
«
Guarda Asanuma, quella è Usagi, la ragazza di Mamoru, il tuo
compagno più grande che stimi tanto! »
Uno, due, tre, quattro schiaffi. Quanto potevano essere atroci diciassette
parole?
« Mamoru le è terribilmente affezionato!
»
Ventidue parole, ventidue.
Non solo il suo ideale di uomo era irraggiungibile prima,
adesso riacciuffarlo era un miraggio! E doveva anche spartirlo con
quell'insulsa bionda con gli Odango... chi avrebbe studiato con lui,
chi?!
Gli tremò la voce, nel rispondere. «
La sua ragazza... Mamoru ha TROPPO! Non solo è un ottimo
studente, che riesce benissimo anche negli sport... ma è
anche
cordiale con noi delle medie! Io, Ittou Asanuma, voglio diventare come
lui! »
Si spaventò da solo, mentre pronunciava le ultime parole con
un orgoglio e una determinazione degne di un samurai.
Poi, notò che sia Makoto sia un'altra ragazza bionda, che
prima
aveva visto solo di sfuggita, lo guardavano adoranti. E rimase in posa
un altro po', così, per vedere l'effetto che faceva.
Nel mentre, Makoto ringraziò ancora una volta la larghezza
della
sua gonna. E pregò di poter andare in bagno al
più presto.
Nei giorni seguenti, Asanuma non riuscì a fare a meno di
pensare che aveva
bisogno di una donna.
Oh, che
diamine, doveva averla:
Mamoru aveva la ragazza, lui voleva
la ragazza.
Al Crown, studiò per ore e ore un piano per avvicinare
Makoto e
possibilmente uscire vincitore da quell'approccio: aveva stilato un
elenco con frasi a effetto, situazioni propizie da creare, battute da
gentiluomo d'altri tempi con cui affascinarla.
Si logorò talmente tanto che alla fine di quelle ore aveva
perso
il coraggio di mettere in pratica una qualsiasi di quelle azioni.
Poi, cominciò a piovere.
E a Makoto
lo portò qualcosa
di molto meno nobile: la stessa cosa che gli aveva fatto scambiare un
imprevisto notturno per un frullato alla banana.
In uno starnuto, lei quasi gli svenne addosso, e lui si
sentì discretamente ben
disposto ad accompagnarla a casa.
Dopotutto, Mamoru avrebbe fatto lo stesso: il raffreddore era proprio
una brutta bestia per una donzella in difficoltà.
Quando Makoto si ritrovò spalmata addosso ad Asanuma, la
prima
cosa che pensò fu che quegli stramaledetti manga finalmente
erano serviti a qualcosa.
Oh, c'era qualcosa che le impediva di godersi quel contatto con
serenità, ma... no,
no, no, contatto NO!
L'urlo di Asanuma le confermò ciò
che temeva: in
una tempesta simile, lei non poteva che essere elettrica come
un'anguilla, quando invece l'anguilla... oh, l'anguilla!
Il ragazzo aveva preso la scossa fin troppo presto - e si
ritrovò a pensare che Ampère non l'aveva scritto
proprio
da nessuna parte, che erano le donne
a condurre corrente - ma ciò non aveva impedito
a lei di
sentire ciò che bramava fin da troppo tempo.
E mentre blaterava qualcosa sulla sua costituzione fisica carica
d'elettricità, sperando
di esser credibile, lo shock dell'anguilla rischiò di farla
svenire. O forse era un corto circuito, ma chi poteva dirlo?
Per fortuna, Asanuma la tampinava ancora, a una distanza troppo esigua
per non permettergli di prenderla in braccio al volo.
Volo che, casualmente, gli consegnò un paio di tette fresche
fresche tra le mani.
Per l'emozione,
Asanuma
lasciò cadere senza preavviso l'ombrello e le tette. E
Makoto,
che solo allora ricordò essere il prolungamento naturale di
quella quarta piena di reggiseno.
Mamoru non avrebbe mai fatto una cosa simile!
Si maledì più volte, mentre Makoto
lo fulminava - lo fulminava davvero.
E con le dita bruciacchiate la prese per un braccio, in un silenzio di
tomba, finchè davanti all'ingresso della sua abitazione le
cercò le chiavi nella borsa, lasciando che si appoggiasse
allo
stipite.
« Beh, io... »
« Vieni dentro, sei tutto bagnato » disse
semplicemente lei, facendogli strada, non senza difficoltà.
« Tutto bene? » Si tolse le scarpe lentamente, non
senza una punta di timidezza.
« Mai stata meglio » fu la risposta, con una dose
di ironia che si sarebbe anche potuta tagliare a fette. «
Vuoi del tè? »
« Sì, sì, sì, voglio te.
»
Makoto rischiò di accasciarsi al suolo. Sì,
sì, sì, doveva decisamente mettere
quei manga in cassaforte!
« Ho quello alla rosa » balbettò
avvampando. « Torno subito. »
Asanuma passò i cinque minuti successivi a chiedersi come
cavolo
si approcciava una donna: che cavolo, non poteva esserci una legge di
attrazione Coulombiana anche per le persone? A lui sembrava
più
che altro di respingere Makoto qualsiasi cosa dicesse o facesse! Okay,
doveva restare calmo e abolire le frasi
a effetto.
Doveva passare alle situazioni
propizie.
E fu così che finse di saper fare il cameriere.
« Lascia che ti dia una mano, Makoto! »
Volarono in terra due tazze, emozionate per la sua incursione
aggressiva in cucina. E Makoto si chiese quanti soldi avrebbe potuto
risparmiare se solo non avesse comprato tutti quei manga inutili.
La risposta era una sola: decisamente
tanti.
Dove diamine era l'uomo perfetto di quei disegni? Quello che diceva
sempre la cosa giusta, il vero amore di una donna, l'unico in grado di
capirla, amarla, rispettarla e blablabla?
Non aveva mai odiato tanto il suo senpai
come in quel momento.
« Ittou-san, vai in soggiorno e restaci »
gli intimò mentre raccoglieva i cocci.
Asanuma non ebbe niente da obiettare.
Qualche isolato più in là, Mamoru stava
certamente facendo la cosa giusta.
Che fosse dire una parolina dolce, fare un gesto da eroe, risolvere
un'equazione impossibile, Chiba-san stava certamente agendo nel modo
più appropriato, e questo pensiero stava logorando almeno un
fegato - c'era da dire che anche Umino Gurio non era troppo entusiasta
del trionfo così schiacciante dell'uomo nel cuore della sua Usagi.
E così, ad Asanuma non restava che cercare nel profumo del
tè alla rosa uno stimolo per pronunciare almeno una sillaba
che
non fosse un'atrocità, o il coraggio di fare quello che
sognava
da qualche mese: affondare in quelle tette e respirare la pelle di
Makoto e poi... e poi
doveva decisamente calmarsi. Doveva
esserci una possibilità su un milione di aver salva la vita,
se
solo si fosse avvicinato a quella zona più che circoscritta.
« Vado un secondo a cambiarmi, sono tutta bagnata. »
Quella fu decisamente un'autorizzazione firmata e controfirmata per la
definitiva dipartita del suo cervello.
Di tutto quello che poteva legare alla parola 'bagnata', gli era venuto
naturale di mettere a tacere i suoi bassi istinti pensando all'acqua e
a cosa aveva studiato al riguardo. Chissà perché,
quella
sera al massimo riusciva a pensare alla spinta di Archimede.
La vide ancheggiare fino alla camera - e no, Makoto non
ancheggiava mai, non
le riusciva! - e sparire dietro una parete: lui rimase lì, a
specchiarsi nel tè, e a ripassare tutte le battute da gentiluomo
che aveva in repertorio.
Si schiarì la voce. « Ehm... lo sai che stasera
sei carinissima? »
Lei si affacciò solo per guardarlo male. « Sto
male, non respiro, a malapena mi reggo in piedi. Non attacca, proprio no
» rispose scocciata e disillusa, mentre decisamente pensava
al bel falò che avrebbe ricavato dalle pire di
manga-spazzatura in fiamme.
E fu allora che cadde l'ultima speranza di Asanuma. E gli cadde anche
altro, ma era poco carino da dire.
Figurandosi Makoto mezza nuda a pochi metri da lui, parlò
nell'unico modo che il suo corpo fosse in grado di concedergli, col
cervello spostato un po' più giù.
« Makoto-san » scandì lentamente, mentre
qualcosa scivolava di mano all'interpellata, atterrando rumorosamente a
terra. « Mi chiedevo se... »
Lei si affacciò, turbata. Doveva forse bruciare qualche
quintale di carta in meno?
« Se... se hai dello zucchero. Mi piace con lo zucchero.
» Tacque per un momento, prima di vedere l'espressione di
Makoto ancora più amareggiata. « Te, intendo!
Cioè, il tè! Mi piace dolce, tanto dolce.
» Deglutì, sudando freddo, e l'unica risposta che
ottenne fu il dito della ragazza puntato contro la dispensa.
« G-grazie. V-vado subito. »
Doveva aver nascosto qualche altro giornaletto sotto al letto: la
pulizia che avrebbe fatto necessitava di molta attenzione.
« Makoto, vuoi che vada a prenderti un frullato alla banana?
» lo sentì urlare mentre si agganciava l'ultimo
bottone
della camicia. Si chiese se l'avesse fatto apposta, a chiederlo, e gli
venne subito in mente il suo personaggio preferito, una certa Fujiko
che non aveva peli nè sulla lingua nè altrove.
Certo che
lei non aveva la stessa sfrontatezza.... un tuono proveniente da fuori
la riscosse. La senshi della forza e del fulmine messa in crisi da
un'anguilla? Nossignore!
« No, ma se vuoi andartene fai pure! »
Fujiko faceva la stizzita, provocava con doppi sensi d'ogni tipo ed era
eccitante anche se respirava soltanto. Makoto riusciva ad imitarla solo
nel primo comportamento, e sperò di essere capace almeno in
quello.
« No, no, non intendevo questo! Io... oh, Makoto, mi farai
diventare pazzo! »
Finì la frase montandole addosso, mentre la terza tazza -
questa volta piena! -
atterrò sul pavimento in una pozza di tè.
Quello fu il primo bacio di Makoto, e fece schifo.
Asanuma poteva anche avere la voce più eccitante del mondo,
ma
lo stesso non si poteva dire della cavità che la emetteva.
La bocca e le labbra del ragazzo parevano ventose impazzite, con una
lingua incapace a dimenarsi come una forsennata e dei mugolii tremendi
di sottofondo.
« Nononononononono.... NO! » sbraitò
Makoto, allontanandolo senza troppa difficoltà. «
Adesso tu ti siedi, mi corteggi, mi accarezzi e poi mi baci per
bene! »
Neanche questa volta Asanuma ebbe il coraggio di obiettare.
Spostata più in là, Makoto ricordò la
passione di sua nonna per Jessica
obasan no jikenbo: adesso sapeva con cosa impiegare il
tempo libero che non avrebbe più speso nella lettura dei
manga.
E, decisamente,
avrebbe avuto spunti significativi per trovare il modo di togliersi di
mezzo Asanuma una volta per tutte.
« Allora, regola numero uno. »
Asanuma annuì, in ginocchio di fronte a Makoto.
« Il ragazzo deve guardare la ragazza di sotto in su,
estasiato. »
Lei alzò il mento, fingendo di essere emozionata. Lui la
guardò un po' perplesso, e più che un'espressione
ammirata gliene uscì una incredula. « Ma sei
sicura di averlo davvero
letto da qualche parte? »
« Decisamente
» e gli aggiustò gli angoli della bocca,
arricciandoli
all'insù - facendolo rabbrividire lievemente, per
quel
tocco umettato e imprevisto. « Ecco, così va bene.
Aggiusta gli occhi! »
« Che diamine vuol dire 'aggiusta gli occhi', Mako-chan?
»
« Oh, Asanuma, migliori velocemente! Seconda regola: il
ragazzo deve trovare alla ragazza un soprannome carino! »
« Ma non era un... » Si bloccò,
stupefatto: Mako-chan gli piaceva proprio. E aggiustò perfino
gli occhi!
Lei battè le
mani, al settimo cielo. «
Sìììììì!
Questa è la
faccia che volevo vedere, Asa! »
« Asa?! No, Makoto, non credo proprio che... » Fece
per alzarsi - tra l'altro, le ginocchia gli facevano anche male.
« Sì, Asa » lo ghiacciò lei,
rimettendolo giù. « Asa va più che bene
» finì prendendolo per le spalle e portandoselo
vicino, in quello che credeva un intimidatorio atto di forza.
Asanuma, d'altro canto, accettò di buon grado il soprannome,
data la visuale che Makoto gli offriva. Fu in quel momento che
desiderò di morire ad
altezza tette, per finire in una bara aperta col sorriso
sulle labbra.
Makoto, di fronte a lui, si rese presto conto dell'errore. C'era
qualcosa nel modo in cui Asanuma respirava
che la faceva impazzire, o forse le faceva semplicemente il solletico.
E... no, quello non era decisamente
solletico.
« Bene! » urlò un po' troppo
rapidamente, spingendolo lontano. « Terza regola: chiedere il
permesso prima di baciare una donna. »
« Il permesso? Il permesso?! Makoto, ma ti senti quando parli?
Perché dovrei aver bisogno del permesso?
»
« E io?! Perchè dovrei aver bisogno di baciarti?
» replicò stizzita.
Asanuma si infervorò, alzandosi in piedi. « Ma
perché tu mi vuoi! »
« Io cosa?!
Makoto Kino non ha mai avuto bisogno di nessuno, tantomeno di un uomo!
» E un pezzo di cuore le si staccò, mentre il
volto armonico del senpai
della vecchia scuola compariva nei suoi pensieri, permaloso e
arrabbiato.
C'era un che di maestoso nel modo in cui Makoto, stringendo le braccia
al petto, aveva fatto risaltare la sua sensualità. E
sì,
forse Asanuma tendeva decisamente
alla sottomissione - prima Mamoru, poi lei - ma non aveva mai visto
prima una donna così eccitante. Certo, c'era da dire che di
donne ne aveva viste tutto sommato poche, e che Makoto era stata
l'unica ad avere il privilegio di farlo risvegliare in un letto
bagnato, ma...
Le fu addosso in un secondo.
« A-Asanuma, mancano ancora una decina di regole! »
strillò lei, evidentemente in difficoltà.
« Al diavolo! » E smise definitivamente di respirarle sul
seno, per tastarlo in un modo molto più tangibile.
Si beccò uno schiaffo in pieno viso. E non perché
non le
fosse piaciuto almeno un decimo di quello che aveva provato, ma
perché, che cavolo, lei meritava un corteggiatore coi
fiocchi!
Asanuma, con la guancia in fiamme, si ritirò mesto.
« Che pianeti...
» mormorò solo, sovrappensiero.
« Che hai detto?! » chiese lei, nel panico.
« Niente, niente. Facciamo come vuoi tu. Quarta regola?
»
« Beh, ci sarebbe stato un passaggio nel mezzo. Io che dico
di sì. »
L'ipotesi di Makoto in abito bianco rischiò di farlo
svenire. « Sì? »
« Sì. Il permesso. Il permesso di baciarmi!
»
« Oooooooh, giusto. Il permesso, sì. Che stupido.
Quindi? »
« Devi darmi la tua parola che non lo racconterai mai a
nessuno. »
« Sì, sì, chiaro. E' tua. E tu, me la
dai? »
« Asanuma! » strillò imbarazzata.
« Senti, vuoi darmelo questo bacio o non se ne fa nulla?
»
« Oooooh, e va bene! » Incurvò le
labbra, sporgendosi verso di lui. « Mmmmoooaaa! »
« Eh? » ridacchiò.
Makoto tolse il sigillo alle labbra, liberandole dalla posizione comica
che avevano. « Ho detto 'Forza'! »
E Asanuma la baciò davvero.
Lo fece piano, con calma, con lentezza, con adorazione. Ad occhi
chiusi, rapito. Si lasciò trascinare dai sensi, smettendo di
usare
la vista ed esaltando tutti gli altri. Ed esaltandone un sesto, non
certo l'acume.
Makoto - ad occhi chiusi, regola
numero cinque: tenere le palpebre sigillate mentre si bacia qualcuno -
fu sua. Non perché ne fosse innamorata - figuriamoci, il suo
senpai indemoniato
e verde di rabbia era pur sempre parte di lei - ma perché
quello, in fondo, era il suo primo bacio e ne avrebbe fatto tesoro a
lungo.
E, decisamente, quello
non era solo un bacio, perché il primobacioidealediMakoto
era un bacio d'amore, innocenza e purezza. Ma lei e Asanuma
quando mai erano stati innocenti?
Si staccarono, piano.
« Allora? » chiese subito lui, teso.
« Fragrante. »
« Un bacio fragrante? »
Lei annuì. «
Non puoi capire, ma è un complimento. Fragrante come il pane
appena fatto, come una crostata che profuma di arance, come...
»
Asanuma la baciò di nuovo,
forse semplicemente per farla tacere: era uno scienziato lui, non
poteva perdersi con certe baggianate culinarie. « Sesta
regola? » chiese curioso quando riaprì gli occhi e
riprese a respirare.
« Rimetti la mano dov'era.
» Makoto glielo disse solleticandolo, con voce un po'
più roca.
Lo vide cambiar faccia mentre, senza pensarci troppo, le toccava di
nuovo quei pianeti
che aveva gradito così tanto. Regola numero sei: mano sulla
tetta e via alle danze. Doveva conoscerla bene anche lui,
dato l'impegno con cui svolgeva il suo compito.
« Dimmi che mi vuoi » azzardò Asanuma
dopo un po', mentre di fronte a lui Makoto si rilassava sempre di
più.
« Mmmmm... »
« Dimmi che mi vuoi. »
« Mmmmm... »
« Makoto, ci sei? Vogliamo cominciare?! »
Lei si tirò su di scatto. « Cominciare? Cominciare
cosa? »
« Ma come cosa, Makoto... noi siamo qui per... » Si
grattò la testa, con lo sguardo basso. «
Sì, dai, lo sai perché siamo qui... il frullato,
la banana... » Quali
cazzo di parole avrebbe usato Mamoru in quella situazione?
« Noooooo! » disse lei scuotendo la
testa a più non posso. « Noooo! NO! Per me basta
così! »
« PER TE BASTA COSI'? E dove siamo, dal fruttivendolo?
Sì, un'altra, un'altra... lasci, così basta!
»
« E tu perché eri qui, Asanuma? Per corteggiarmi,
no? »
Si schiaffeggiò, sperando in un brutto sogno. «
C-c-corteggiarti?! Ma io avevo comprato anche... oh, lascia stare!
»
Poi la sentì ridere. « ...Scherzavo. Oh, ma non
voglio fare tutto... cioè, non voglio... il frullato
completo, ecco. »
E ad Asanuma parve un compromesso più che giusto. E poi, lei
lo
accarezzava talmente tanto con quella voce, che poteva dire
ciò
che più le pareva.
« Vorrei solo che tu... mi facessi sentire una donna. Oh,
Asanuma, il modo in cui mi guardi è... e la tua voce....
» Fece un gran respiro. « Asa, toccami. Scoprimi. Sei
abbastanza buono e affidabile da fermarti quando... non voglio
più, vero? »
L'altro annuì, perché
in fondo Mamoru non avrebbe mai approfittato di una donzella in
difficoltà.
« Mako-chan... nonl'homaifattoprima
» sparò in un solo soffio di voce.
« Oh, succede spesso anche nei manga, sai... » Si
gelò, tappandosi la bocca.
« Manga? Tu hai studiato
sui manga? »
Makoto ripassò tutte le scuse più credibili che
aveva in
repertorio - e maledì quella stronza di Fujiko, i frullati,
le
banane e quella voce - almeno fino a quando Asanuma non la
stupì.
« Pensi che... potremmo prendere ispirazione? »
chiese dubbioso, quasi a voler analizzare matematicamente le
probabilità che una guida
all'uso potesse essere davvero efficace.
« P-potremmo provare, sì. »
Si alzò lentamente, per saccheggiare la sua riserva segreta.
E quando aprì il cassetto dei suoi tesori,
pensò che non ne avrebbe gettato neanche uno.
« Ecchi o
hentai?
» chiese, pensando che non avrebbe più riaperto
bocca per tutto il tempo, quando la vergogna l'avrebbe uccisa.
Asanuma valutò in un attimo tutte le sue conoscenze, tutti i
suoi timori e tutte le possibilità che aveva di fare un buon lavoro.
E per la prima volta fu abbastanza modesto da non voler
competere con Mamoru.
« Ecchi...
decisamente! »
E per la prima volta, fu Makoto a non aver niente da obiettare.
Si sedettero vicini, prendendo fiato e cercando il coraggio di trovarsi.
Passarono i minuti, forse un'ora, poi fu un provvidenziale evento a
farli scontrare.
Uno starnuto le gonfiò talmente tanto le tette che, che....
Oh, Asanuma quasi svenne, ma poi la baciò tutta, per intero.
NOTE:
Asanuma Ittou è un personaggio secondario del Manga. Compare
brevemente nell'anime (episodio 169) ma nel Black Moon Arc del manga ha
un ruolo ben definito e anche discretamente ampio. Vi rimando qui
e qui
per ulteriori informazioni.
Nell'anime sono Usagi e Rei ad essere fissate con i fumetti, ma...
nessuno ha mai detto che Makoto non lo sia.
I manga ecchi sono
a sfondo erotico, e vietati ai minori di quattordici anni. Gli shojo sono pensati
per un pubblico femminile: trattano di amore, sentimenti e problemi
adolescenziali. I manga hentai
sono fumetti porno, VM 18.
La materia preferita di Mamoru è Fisica. Data la venerazione
che
Asanuma ha nei suoi confronti, ho immaginato che fosse anche la sua, e
tutte le 'parole strane' che trovate qui, vengono dai miei terribili
libri di Fisica (gravitazione universale, equazioni di
Maxwell,
massa-molla-smorzatore, Joule, Ampère, legge di attrazione
Coulombiana, spinta di Archimede).
Nel manga, Minako è la Inner Senshi che compare per ultima,
per
questo non c'è nella 'seconda scena', quando ancora Usagi e
le
altre neanche conoscono la vera identità di Mamoru.
Mia personale fantasia: la ragazza che Makoto scambia per Asanuma
potrebbe essere Haruka. Non c'è un motivo ben preciso, se
non la
somiglianza estrema dei due personaggi disegnati da Naoko Takeuchi: del
resto, questo è ininfluente ai fini della trama, quindi
vedetela
un po' come volete.
« Asanuma è un cliente affezionato, frequenta la
prima alla Motoazabu! », «
Guarda Asanuma, quella è Usagi, la ragazza di Mamoru, il tuo
compagno più grande che stimi tanto! », «
Mamoru le è terribilmente affezionato! »
son frasi tratte tali e quali dal manga (Act 14).
Costituzione fisica
carica d'elettricità è tratta
dall'Act 15.
Tè/te: gioco di parole ripreso da La Carica dei 101.
Fujiko è un personaggio di mia invenzione. Sono una totale
ignorante in tema di manga di qualsiasi tipo, ho letto Sailor Moon per
l'adorazione viscerale che ho sviluppato per l'anime e mai mi sono
avventurata a leggere altro. Ho scelto il nome di Fujiko ispirandomi
alla donna di Lupin, che a quanto ricordo era decisamente tosta. Ma
potrebbe chiamarsi anche Ermenegilda, cambierebbe poco.
Jessica obasan no
jikenbo: è La Signora in Giallo,
nell'adattamento italiano, la serie con protagonista Jessica Fletcher,
alias Angela Lansbury. Da dove mi è venuta questa invenzione
cretina, di nonna Kino sparaflashata di fronte alla tv a godersi un po'
di delitti? Boh, parlatene col mio cervello!
Perché
la nota AU?
Perchè si accenna solamente alla 'Prima
Guerra', quella
contro Metaria e Beryl, mentre ho 'congelato' gli avvenimenti relativi
alla Saga della Black Moon per lasciare a questa storia la freschezza e
la serenità di un momento di tranquillità e
riposo per
tutte le guerriere. Senza contare che nel manga Asanuma scopre la vera
identità delle guerriere e di Mamoru, e che Makoto viene
rapita
dai nemici proprio nella stessa sera del tè preso con
Asanuma -
la parte relativa al raffreddore, all'ombrello e all'invito a casa Kino
è invece ricalcata abbastanza fedelmente sugli avvenimenti
narrati dalla Takeuchi.
Perché
questa storia?
Perchè a quindici anni non ci si innamora. O
meglio,
può capitare in rari casi, oppure si può
scambiare per
amore l'attrazione nei confronti di qualcuno, ma, per come la vedo io,
a quindici anni bisogna divertirsi. Non mi è mai piaciuto
l'amore costruito 'quasi a tavolino' tra Usagi e Mamoru - anche se
questa riflessione un po' disincantata è nata dopo anni di
metabolismo di manga e anime... non nego di essere stata trascinata dai
sentimenti manovrati magistralmente dalla Takeuchi più e
più volte! - così come non mi piace il fatto che
l'unico
sogno di Usagi e Makoto in primis, e poi anche delle altre Senshi in
misura minore, sia trovare un uomo con cui sposarsi e creare una
famiglia. Oh, son nata indipendente e cinica, che ci posso fare: io a
quindici anni pensavo a divertirmi e a fare le prime esperienze, non
certo a pannolini e biberon. :) Da qui la scelta di lavorare proprio su
Makoto - Usagi è troppo inflazionata - per trasformarla
nella
Senshi perfetta: lei resta la mia preferita -il mio nick non
è
certo casuale! -, ma dovevo un po' ritoccarla
per renderla ancora più a mia immagine e somiglianza. Da qui
la
scelta dell'impiego dell'avvertimento OOC: non credo di averla
stravolta molto, ma per come è dipinto il 'mondo delle
Senshi'
nel manga e nell'anime (Usagi che si accasa subito e le altre a
struggersi in amori resi impossibili dalla loro stessa funzione di
guerriere), un'avventuretta 'in amicizia' per scoprire che siamo fatti così
(cit.) è una narrazione un po' azzardata. Concludo dicendo
che
spero di non aver esagerato: mi sono divertita a modellare Asanuma come
preferivo - è caratterizzato talmente poco che potevo
sbizzarrirmi a mio piacimento! - e a rendere Makoto un po'
più
intraprendente... soprattutto scegliendo di usare un certo linguaggio e
un certo tipo di narrazione 'colorita'.
Queste note non finivano più.
Sono logorroica, me ne rendo conto anche da sola.
Un bacio!
Morea
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