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NOTTE PRIMA DEGLI
ESAMI
Cap. 1. Stress da
esame
Sha Gojyo
girò la chiave nella toppa per tre volte, poi fece leggera pressione con la
spalla destra, e la porta s’aprì, cigolando sui cardini.
Da quanto
tempo non metteva più piede in casa? Dieci, quindici…ventiquattro ore? Uno,due
giorni? Non ne era sicuro, aveva ancora la mente annebbiata dall’alcool.
Ma
d’altronde, ubriacarsi, quella sera, era forse stata la cosa migliore da fare.
Non essere
ammessi all’esame di maturità… che disonore. E non se l’aspettava. O forse si,
ma solo un pochino.
Trascinandosi in cucina, appoggiò il pacchetto di sigarette semi-vuoto sul
tavolino pagato da suo fratello, e la lattina di birra –anch’essa semi-vuota-
venne riposta alla bell’e meglio nel frigorifero.
Poi,
inesorabilmente, il suo sguardo cadde sull’orologio a muro giallo canarino
appeso sopra il frigo.
Le 9.00.
Dokugakuji, suo fratello, stava sicuramente lavorando. Chiamarlo in fabbrica per
dargli una così brutta notizia…? Gli sembrava stupido, inutile.
No, forse
avrebbe potuto rimandare, gliel’avrebbe detto una volta che fosse tornato a
casa.
Si, era la
cosa migliore da fare.
Intanto,
ad un isolato di distanza, nella sua stanza, Son Goku lanciava occhiate desolate
alla pila di testi scolastici sulla sua scrivania, seduto sul letto a gambe
incrociate, gli auricolari ben piantati nelle orecchie, note di musica punk-rock
nel cervello.
No, non
poteva crederci. “Che incubo” si disse, mentre il suo stomaco cominciava a
brontolare, segno inequivocabile che era ora di concedersi l’ennesimo spuntino.
Come
tipico di lui, non mancò di accontentare la pancia, e s’alzò, diretto in cucina,
già intento a scegliere tra un tramezzino al prosciutto e uno al salmone.
Scelta
difficile, si disse, una volta davanti al frigo aperto. Davvero difficile.
Ma almeno,
per quanto riguardava i tramezzini, avrebbe potuto scegliere. Liberamente.
Non come
per l’esame di maturità, non come per lo studio.
Il tanto
detestato studio.
Quando era
andato a vedere i cartelloni, era rimasto stupito d’essere stato ammesso. Cioè,
lui ci aveva sperato sino alla fine, ma vedere le sue richieste accontentate
l’aveva lasciato stordito. Ma ne era stato felicissimo, certo, in quanto aveva
passato metà della settimana precedente chiuso nella sua stanza a pensare e
ripensare ai suoi scarsi profitti nelle materie scientifiche, e l’altra metà in
chiesa a pregare (la cosa gli dava un po’ di conforto).
Gli era
sembrato bello leggere “ammesso” su quel cartellone. Davvero bello.
Ma poi,
tornato a casa, aveva dovuto fronteggiare l’amara verità.
Le nozioni
ora, avrebbe dovuto studiarle davvero, ma non aveva ancora iniziato. Si era
detto “dopo, dopo” … ma quel dopo, non era mai arrivato. C’era sempre stato un
altro “dopo” a cui aggrapparsi.
Ed ora,
ora sapeva di doversi dare una svegliata, se voleva passare questi dannati
esami. Necessariamente.
Biblioteca
comunale, vuoto, silenzio. Il luogo ideale per ripassare in pace, e per stare
soli, soli con i propri pensieri. E poi, ci si concentra bene, qui, pensava Cho
Hakkai, lo sguardo attento puntato sul libro di filosofia. Si, davvero bene.
“Credi che
il tema storico sarà sulla seconda guerra mondiale, Hakkai?” gli domandò
improvvisamente Genjo Sanzo, seduto alla sua destra, il capo biondo chino su un
tomo incredibile, che altro non era che il libro di storia.
“Si, può
darsi. Ma non è detto” gli rispose l’amico, sfogliando ancor distrattamente
qualche pagina. Platone… Aristotele.. roba vecchia, ma non si sa mai che ti può
capitare, all’esame, e Hakkai era sempre stato un tipo previdente.
“Ovvio che
non è detto” rispose brusco Sanzo, che, anche se non voleva ammettere davanti
all’amico, era molto più agitato di lui.
Dalla sua
parte, sicuramente, il fatto che, senza fare alcuno sforzo, Sanzo era in grado
di non far trasparire alcuna emozione su quel bel viso, quasi femmineo.
Ma Hakkai,
conoscendolo da anni, poteva facilmente indovinare gli stati d’animo del suo
migliore amico.
“Sta’
tranquillo, andrai bene” cercò di rassicurarlo, essendo ben consapevole di
quella che sarebbe stata la reazione di Sanzo alle sue parole.
Infatti,
la rispostaccia non mancò ad arrivare. “Io sono tranquillo!”
Ehehe,
ridacchiò sotto i baffi Hakkai.
Tipico di
Sanzo. Era sempre stato così, o almeno da quando l’aveva conosciuto.
Frequentavano la stessa classe da sempre, e si erano subito trovati, forse
perché entrambi erano riservati, e non amavano parlare troppo di se stessi.
Però, a
differenza di Sanzo, Hakkai era abbastanza socievole, e aveva parole gentili e
sorrisi per chiunque.
La ricerca
della calma assoluta, quella, osservò Hakkai, li rendeva simili.
“Lirin,
forse dovresti fare una pausa” Yaone lanciò un’occhiata preoccupata alla ragazza
dai capelli color carota che sedeva al tavolo del salotto, l’aria quasi
esasperata, lo sguardo allucinato, stanchissima.
Lirin
scosse il capo, senza alzare lo sguardo dal libro di tedesco. “No, non ci penso
neanche. Sto bene, non preoccuparti”
Non che
fosse vero, in realtà. Ma Lirin contava sul fatto che Yaone le avrebbe creduto
sulla parola.
“No,tu non
stai bene. Questi esami ti stanno massacrando, anche tuo fratello se n’è
accorto. Dovresti prenderti una pausa, d’altronde sei sempre stata brava a
scuola”
Si, era
vero. Ma se per caso gli esami fossero andati male? Se quella pausa avesse
contribuito in negativo alla sua prestazione? No, non poteva permettersi alcuna
pausa, non poteva proprio.
E si
domandava perché la ragazza di suo fratello non riuscisse a comprenderlo, e
perché anche suo fratello stesso, il suo unico fratello, non riuscisse a farlo.
Kougaiji
aveva affrontato l’esame di maturità l’anno prima, e non è che avesse studiato
molto, Lirin se ne ricordava. Eppure, era riuscito ad ottenere l’onorevole 100 e
lode.
D’altronde, suo fratello era un genio, Lirin ne era sempre stata consapevole.
E ora? Ora
toccava a lei fare del suo meglio. Kou si aspettava sicuramente molto da lei.
E non
l’avrebbe deluso.
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