Kings of medicine
King of
Medicine { He's Pickin'up pieces of me}
Non capiva bene cosa l'avesse attratto così tanto in quel
locale dal fargli parcheggiare la sua adorata macchina in quel
quartiere malfamato. Forse erano le candele alla citronella disposte in
circolo che ne illuminavano l'entrata, forse erano le luci rosse che,
soffuse, lo chiamavano a gran voce o, forse, quella voglia di birra
gelata che gli graffiava la gola arsa dalle numerose sigarette fumate
una dietro l'altra, come ciliege. Era entrato cercando di non bruciare
i suoi costosi pantaloni del suo - ancor più costoso-
completo di Armani con la fiamma delle candele. Si chiedeva ancora cosa
facesse lì dentro con quei vestiti costosi, aveva un
appuntamento di lavoro dall'altra parte della città ed
invece si trovava in quel posto a prendere una birra di dubbia
provenienza.
La prima cosa che aveva notato in quel locale era l'assenza di persone,
non c'era nessuno sui divanetti zebrati o sulle sedie che somigliavano,
terribilmente, a quelle dell'inquisizione, nemmeno dietro al balcone
c'era qualcuno pronto a servirlo. Stava per tornare in macchina, quando
la porta dietro al bancone si era aperta.
«Cosa desidera?
» gli aveva chiesto un ragazzo mentre puliva con una pezza
nera - che un tempo doveva essere stata bianca- un bicchiere con la
grande scritta "Guinness".
« Una birra.
»
Il ragazzo si era voltato verso l'orologio che con prepotenza segnava
le otto della sera.
« Si, lo so,
è presto per una birra... » aveva commentato con
voce monotona mentre si chiedeva cosa gli importasse, precisamente, a
quel tizio se voleva una birra prima di cenare, lo stomaco era il suo,
se si fosse bruciato non erano comunque affari suoi.
« Non ho
guardato l'orologio per questo, signore. L'aspettavo per le sette,
veramente. » aveva detto l'altro mentre apriva una Corona, la
sua preferita.
« In ritardo?
Io sono capitato qui per caso! Non
abito nemmeno qui vicino ed è la prima volta che la vedo. Si
sta sbagliando! »
Il ragazzo aveva cominciato a ridere mentre tagliava una fetta di
limone e la posizionava nel collo della bottiglia.
« Il caso non
esiste. » aveva commentato criptico prima di passargli la
bottiglia e di sparire, nuovamente, dietro alla porta.
Aveva bevuto la birra con pochi sorsi, aveva lasciato una banconota sul
bancone e si era diretto verso l'uscita. Non aveva alcuna voglia di
rivedere quello strano ragazzo così fatto da scambiarlo per
un'altra persona, aggravando la sua posizione con frasi ad effetto e di
dubbia valenza, come "il caso non esiste". Che grande sciocchezza! Se
il suo costoso navigatore satellitare non avesse deciso di impazzire
proprio quella sera lui non sarebbe arrivato lì, quella era una prova
dell'esistenza del caso.
« Signore, non
può uscire. » aveva commentato calmo e pacato il
ragazzo, stranamente troppo vicino a lui.
« E
perché mai? Io ho un importantissimo appuntamento di lavoro
dall'altra parte della città, come pensa che ci arrivi se
non mi fa uscire da questo locale? » aveva chiesto scorbutico
mentre continuava a dirigersi verso la porta. Ma sembrava allontanarsi
più che avvicinarsi, ogni passo verso la porta era un passo
lontano dalla porta, credeva che quello strano tizio avesse messo
qualcosa di strano nella sua birra, eppure tutto il resto
dell'arredamento di quel locale non sembrava così sfocato e
lontano come quella porta.
« Come le ho
già fatto notare, signore, lei è in ritardo. Non
vorrà mica che lui
si spazientisca? Vero? » aveva chiesto il
ragazzo frapponendosi fra lui e la porta.
« Lui chi?
»
« Oggi
è ancora peggio delle altre volte, possibile che nessuno di voi si
ricordi di lui? Stupidi umani. » aveva
commentato a bassa voce, ma non troppo bassa da non farsi sentire dalle
orecchie "aguzzate" dell'altro « Lui, signore,
il re. E
poi, signore, perché si è vestito
così? Quel suo completo attira troppo l'attenzione, non vorrà mica uscire
di qui rinchiuso in una busta di plastica, vero? »
« Ma come si
permette? Io non sono mai venuto qui e non conosco nessun re! Ma di
cosa diavolo sta parlando? » aveva chiesto sbattendo il pugno
sul balcone, non si era nemmeno reso conto di essere tornato indietro.
Il ragazzo lo guardava stralunato con i suoi occhi marroni e la sua
bocca socchiusa, come se volesse dire qualcosa, ma qualcuno glielo
impediva.
« Signore..
» aveva cominciato deglutendo « Forse
è meglio che lei mi segua. »
Aveva scosso la testa, deciso a rimanere incollato al bancone senza
neanche muovere un muscolo, ma le sue gambe seguivano il ragazzo come
se si fossero ribellate alla sua supremazia motoria. Lo aveva seguito
dietro alla porta, dove lo scenario cambiava, non c'erano
più le luci rosse, ma luci bianche, pure, così
brillanti da rendere difficile la visione dei vari oggetti che
componevano l'arredamento. Tutti gli oggetti riflettevano la luce
bianca delle lampade e la rimandavano nei suoi occhi, sembravano essere
tanti fari di una stessa macchina e lui aveva l'impressione di essere
una di quelle volpi che attraversando la statale rimanevano impotenti
ed abbagliate dai fari, così tanto da non riuscire a muovere
un muscolo per non morire.
« Mi aspetti
qui, signore, il re arriverà tra poco. La supplico di non farlo
innervosire. » aveva commentato mostrando una
piccola ferita sul braccio, forse una frusta o qualche oggetto
scagliato contro il suo corpo esile con tutta la potenza che un corpo
poteva avere.
Aveva deglutito non appena il ragazzo era uscito dalla stanza
attraverso una porta che si trovava al lato opposto di quella stanza.
Si era stropicciato gli occhi, pensava che così si sarebbero
abituati alla luce bianca di quella stanza, ma non era successo niente,
continuava a non vedere. La porta non si era aperta per molto tempo,
gran parte del quale lo aveva speso alla ricerca di un qualche ricordo
che lo collegasse a quel posto, ma non ricordava nulla. Non ricordava
di averci mai messo piede, anzi, lui quella strada non l'aveva mai
fatta e soprattutto non sarebbe mai caduto così in basso dal
cercare una puttana in quel posto! A lui piacevano solo le puttane di
prima qualità ed era impossibile cercarle nella periferia, a
meno che non si volevano prendere malattie e cose simili.
« Il re
l'attende nell'altra stanza. Faccia
come dice lui, oppure la busta di plastica l'attende. »
Le sue gambe continuavano a camminare contro il suo volere, aveva
persino evitato due o tre ostacoli senza che i suoi occhi potessero
realmente vederli, c'era qualcosa di strano e di magico in quel posto,
ma non riusciva a comprendere cosa fosse. La sua mano tremante si era
aggrappata al pomello bianco della porta, troppo bianco per essere
visto dai suoi occhi accecati o comunque distinto dal resto degli
oggetti che componevano la stanza, tutti bianchi. L'aveva aperta. Era
buio in quella stanza, i suoi occhi pizzicavano per via di quel cambio
di luce. Tutto intorno a sé vedeva dei luccichii, tutto
frutto della sua mente, ma erano così tanti e
così veloci da fargli girare la testa. Odiava il buio fin da
piccolo, quei luccichii non lo aiutavano a sentirsi meglio.
« Sei di nuovo
qui. »
Si era girato di scatto verso la direzione dalla quale quella voce
suadente e calda sembrava provenire. Troppo buio per distinguere
qualche forma.
« Non
è passato troppo poco tempo dall'ultima volta? Sai quanto
pericolose siano queste cose... »
« Io non ci sono mai stato qui. »
La risata cristallina lo aveva colto alla sprovvista, provocandogli un
piccolo spavento, proveniva da un punto più vicino rispetto
alla voce di prima, fin troppo vicino.
« Voi umani, non imparate mai la
lezione, eh? » aveva chiesto retoricamente « Ti ho detto
mille volte di non prenderne troppa, Frank. »
« Ma prenderne troppa di cosa? Io
non mi drogo, non so chi sei tu o cosa hai fatto a quel ragazzino, ma
sicuramente una volta uscito da questo posto te la farò
pagare. »
Ancora una volta la risata, questa volta un po troppo stridula, di quel
ragazzo gli era parsa troppo vicina. Aveva sentito una mano prendergli
il polso, aveva avuto l'istinto di liberarsi, ma non aveva
più il controllo del proprio corpo.
« Io non ho
fatto nulla a quel ragazzo, Frank, è lui che me l'ha
chiesto. »
« Figlio di puttana, è
un bambino! Avrà sedici o diciassette anni, come ha potuto
chiederti qualcosa del genere? » aveva ringhiato prima di
sentire una mano scivolargli sulla guancia.
« Se avessi una
madre potrei sentirmi ferito, ma non ho madre... quindi touche.
» aveva commentato.
Frank sentiva il suo respiro colpirgli il viso. Era così
caldo...
« E poi... tutti venite qui a chiedermi
qualcosa. Chi vuole la fama, chi vuole i soldi, chi vuole una stupida
moglie da amare... siete tutti così uguali.
» aveva commentato prima di accendere la luce.
Frank ci aveva messo troppo tempo ad abituarsi a quella piccola luce,
troppo tempo persino per guardare quel ragazzo, perché si
trattava di un ragazzo sulla ventina, un normale ragazzo per giunta,
forse uno schizofrenico che si era appena inventato una
realtà tutta sua. Un ragazzo alto, dai capelli argento e
dalla pelle diafana, forse troppo chiara rispetto a quella degli altri
umani. Giusto gli occhi erano strani, sembravano violacei, oppure
indaco?
« Hai mai
sentito parlare dei bambini indaco, Frank? Quei bambini con poteri
speciali? Quei bambini che sanno tutto? Che hanno il dono della
conoscenza? » aveva chiesto mentre continuava ad accendere
luci, ogni luce che accendeva i suoi occhi tornavano normali, quasi
verdi.
Frank aveva annuito, conosceva quella teoria strana dei bambini indaco,
da piccolo più di una persona lo aveva chiamato in quel
modo, non sapeva bene il perché.
« Certo che lo
sai, vero Frank? Ti hanno detto, più volte, che tu sei uno
di noi. Ed
è forse per questo che non ricordi di essere stato qui, hai
perso quella tua consapevolezza. »
Frank continuava ad avvicinarsi a quel ragazzo, fino a sedersi sulle
sue gambe senza realmente volerlo.
« Sei venuto
qui, la prima volta, quattro anni fa. Eri un ragazzino con troppi
grilli per la testa, le persone ti avevano trattato come un bambino
speciale fino a pochi anni prima, fino a quando non si erano
dimenticati di quanto speciale tu fossi. Sai una volta cresciuti non
siamo più così speciali, perdiamo quella sorta di
"magia", forse è colpa della barba. » era ironia
quella che percepiva nella sua voce « Comunque, sei
arrivato qui per caso, come oggi, sei entrato ed hai chiesto aiuto.
Volevi tornare ad essere speciale come eri una volta, perché
vedi è una
droga, più sei speciale e più vuoi esserlo. Ti
ho dato quello che volevi e non mi aspettavo di vederti così
presto. »
« Io non ho mai
messo piede qui dentro, non so neanche come ti chiami, e
perché ti definiscono un re... »
« Conosci la storia di Peter Pan?
Il bambino che non voleva crescere? Io sono simile a lui.
Ho smesso di crescere, ho tenuto il viola dentro ai miei occhi ed
è per questo che non posso uscire di qui. Non sono cresciuto
come hai fatto tu, ho conservato il bambino che era in me, ecco
perché sono il "Re". »
Frank sbatteva le palpebre, mentre il suo cervello cercava di
assimilare tutta quella storia senza provocare sorrisi o gesti di
"compassione" verso quel povero pazzo.
« E cosa avrei
chiesto? »
« Successo.
Solo quello ed il vestito che porti adesso mi fa capire che lo hai
ricevuto. Solo che non ti ho fatto poi così contento, no?
Sei tornato, cosa stai cercando? Qualche nuovo pezzo di te? »
aveva chiesto accendendosi una malboro.
Frank non era riuscito a trattenere una risata, se era un essere
così tanto magico e potente, allora perché aveva
questi "vizi" puramente umani e brutalizzanti?
«
Perché ridi? »
« Mi chiedevo
come facesse un essere superiore come te ad avere un vizio tanto
ignobile. »
Il ragazzo dai capelli argentei aveva riso, scrollando il capo e
avvicinando una mano alla guancia di Frank, l'aveva accarezzata
dolcemente.
« Hai perso
proprio tutto, eh Frank? Persino la voglia di credere in qualcosa di
magico! Ti avevo avvisato, però, che il successo senza amore
porta anche a questo. »
« Tu sei solo un povero pazzo che
crede in qualcosa che non esiste. » aveva
commentato acido mentre tentava di riprendere il controllo delle sue
gambe per uscire da quella stanza.
«
Tendenzialmente potrei essere pazzo, ma no, non lo sono. »
aveva commentato buttando fuori il fumo dalla bocca « Vuoi l'amore,
Frank? »
Frank aveva scosso la testa, lui non aveva bisogno dell'amore e nemmeno
dell'aiuto di quel povero pazzo. Chissà cosa avrebbe tirato
fuori dal suo cilindro magico... Cocaina? Lsd? Eroina? Non voleva avere
niente a che fare con quella roba.
« Secondo me il
tuo corpo lo vuole. Guarda come le tue mani sono avvinghiate al mio
corpo, Frank... il tuo corpo vuole l'amore ed io soddisfo sempre i miei
clienti. »
« Ho detto che
non voglio l'amore! » aveva gridato prima che il suo corpo si
alzasse, spontaneamente, da quello dell'altro e si avvicinasse ad una
grossa ampolla trasparente, una di quelle che solitamente conteneva i
pesci rossi, solo che stavolta era colma di piccole mentine.
« Vediamo quale
sceglie il tuo corpo. » aveva commentato eccitato l'altro
ragazzo prima di avvicinarsi a lui e di guardare la scena.
Frank aveva guardato la propria mano destra prendere una mentina rossa
tra le tante, l'aveva seguita fino a quando non era arrivata alla sua
bocca che si era aperta di scatto e contro la sua volontà.
Persino quando l'aveva ingoiata non era padrone del proprio corpo.
« Alla prossima
volta che vorrai qualcosa, Frank. »
*
« Hey. urli
come una bambina nel sonno, lo sai? »
Aveva aperto gli occhi, destato dalla voce del compagno e dall'odore
del caffè.
« Non urlo come
una bambina, io! E poi cosa avrei urlato? » aveva chiesto
prima di posare le sue labbra su quelle del ragazzo dai capelli neri
seduto di fronte a lui.
« Qualcosa come
"figlio di puttana" e " tu sei un povero pazzo". » aveva
risposto l'altro divertito « Hai sognato
nuovamente mio padre che ti da del frocio? »
Frank aveva scosso la testa, non ricordava cosa aveva -precisamente-
sognato, si ricordava solo che non era qualcosa di tanto piacevole.
« Sei pronto
per una nuova ed estenuante giornata al magazzino? » aveva
chiesto l'altro mentre gli porgeva la sua tazza di caffè
ancora fumante.
« Quanto un
condannato a morte è pronto a morire, Gerard! »
aveva risposto mettendo il broncio « Ma fortuna
per me ho te.. e non credo che un lavoro migliore possa colmare la tua
assenza... »
Gerard, così si chiamava il ragazzo moro con qualche frezza
argentea, gli aveva sorriso prima di togliere la tazza dalle mani del
ragazzo e di spegnere qualche luce.
« Che fai?
» aveva chiesto sorridente Frank.
« Mancano
ancora due ore al tuo turno... pensavo che si poteva fare qualcosa di
costruttivo.. magari
per farti sentire la mia presenza nella tua vita. »
Frank aveva sorriso, prima di spegnere persino quella luce e di
lasciare l'intera stanza al buio, tranne per qualche raggio di luce che
entrava tra le fessure della serranda, creando l'atmosfera giusta. Gli
aveva sfilato la maglietta del pigiama, prima di guardarlo negli occhi.
Sembrano violacei, ma sicuramente era colpa della poca luce che
entrava, sicuramente
quegli occhi violacei e quelle frezze argentee non centravano nulla con
quei pochi ricordi del sogno che aveva fatto...
* Bambini indaco : http://it.wikipedia.org/wiki/Bambini_indaco
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