-Sei
una lagnosa lo sai? È la prima cosa che ho pensato da quando
sei
arrivata in questa scuola.- Ridacchia una voce sbruffona e infantile
mentre la bambina si tiene al gonnellina a fiori stretta nei
pugnetti. I suoi capelli castani cadono in dolci boccoli attorno al
suo viso rigato di lacrime. -Zitto Andrea!- Ribatte lei con una
vocina che sale di qualche ottava mossa dalla rabbia e dalla
frustrazione. -Dai alzati e vieni a giocare!- Il bambino dai capelli
scuri e gli occhi azzurri la fissa con un sorriso divertito tenendole
con impazienza la mano. La afferra e si alza seguendolo solo per
dimostrare a lui e ai suoi compagni cattivi che lei
non è
lagnosa.
*
-Sempre
a calcio dobbiamo giocare?- Si lagna la bambina, un anno dopo nella
palestra della scuola elementari imbronciata mentre guarda i suoi
amichetti maschi gioire e scappare a prendere il pallone. -Non
c'è
niente di più bello del calcio!- Esplode turbolento e solare
Andrea
quasi spintonandola. Lei lo fulmina con un'occhiataccia e lui
risponde facendole la linguaccia e urlandole un ridente. -Forza
Milan! Quando sarò grande giocherò nel Milan e tu
ti ricrederai!-
La bambina sbuffa innervosita mentre incrocia le braccia al petto.
-Sei un pallone gonfiato Andrea!-
*
Mentre
il fischio dell'arbitro risuona nella palestra e subito il rumore di
un pallone che rimbalza passo dopo passo prende il suo posto, la
ragazzina si scosta una ciocca di capelli dal viso. Ora si sente
grande, si sente matura, ignara che la terza media non sia poi un
passo così grande. Guarda le tribune sulle quali
è seduta semi
deserte e mentre lancia uno sguardo incerto alla sua amica si morde
un labbro. Non voleva venire a vedere la partita di Mattia. Non le
interessava passare del tempo chiusa in una palestra a sentire il
puzzo del sudore e un branco di maschietti ricorrere una palla
arancione.
Si
alza per andare in bagno e dopo averlo detto alla sua amica compie
qualche passo verso i gradini. Risale la tribuna finché
seduto su
una scalinata non incontra la sagoma di un ragazzo. I suoi occhi
azzurri incontrano quelli confusi della ragazza e immediatamente lo
riconosce nonostante indossa il cappuccio della felpa nera e ormai
sono passati tre anni. -Ciao.- La saluta lui con espressione intensa
mentre lei bloccata sui gradini arrossisce e risponde al saluto con
voce tremante. -Ciao Andrea.- Senza trovare la forza per dire altro
compie altri passi e si ritrova proiettata nel corridoio della
palestra diretta verso il bagno.
*
-Non
ci posso credere, ma dici sul serio?- Mormora con tono profondamente
addolorato la voce di sua madre dalla cucina. La ragazza si avvicina
con fare indifferente e in pantaloncini e canotta apre l'anta del
frigo estraendone una bottiglia d'acqua. -Ma quindi?- Continua sua
madre con un'espressione corrucciata. Lei inarca un sopracciglio
leggermente indifferente e poi con tranquillità pesca un
bicchiere
di plastica dalla trafila e se lo riempe d'acqua.
Si
volta verso sua madre che intanto ha messo giù. -Che
è successo?-
Le chiede dopo aver mandato giù un sorso d'acqua fredda. La
donna si
passa una mano fra i capelli e la guarda negli occhi dispiaciuti. -A
quanto pare Andrea, il ragazzo che veniva alle elementari con te,
è
malato di cancro al fegato.- Lei, ormai affacciata al quarto anno di
superiori, guarda sua madre con espressione sconcertata mentre il
bicchiere le scivola dalle mani.
*
Calde
lacrime le scivolano dalle guance mentre guarda quella bara chiara
passare al suo fianco. Osserva i suoi amici, i suoi compagni di
calcio piangere sconsolati e non può fare a meno di sentirsi
vuota.
Si morde un labbro mentre la sua amica al suo fianco piange disperata
e le parole del fratello maggiore tremano per quelle mura fredde. I
singhiozzi non tardano ad arrivare e la investono come un pugno nello
stomaco. -Adesso dimmi che sono una piagnona lagnosa Andrea, ti
prego.- Sussurra lievemente stringendo l'ennesimo fazzoletto tra le
mani e torturandolo mentre l'eco lontano delle risate del bambino che
era gli torna nella mente a torturarle l'animo.
Andrea,
sono sicura che ora stai giocando a calcio lassù beffandoti
delle
mie lacrime. So che vedere tutti i tuoi cari, tutte le persone che ti
hanno amato soffrire così tanto per la tua partenza,
ti
renderà triste e che non vorresti le nostre lacrime. Ma
credimi, il
vuoto che hai lasciato quaggiù sarà incolmabile.
Avevi
appena acquistato la maggiore età e la tua vita era piena e
preziosa
per tutti noi. La malattia ti ha logorato passo dopo passo privandoti
della possibilità di giocare al tuo amato sport, ma non
riuscendo a
strapparti dal viso il sorriso e dal cuore la speranza e la forza per
lottare. Molti possono pensare che la malattia abbia vinto,
portandoti via. Io invece penso che tu sia l'unico vincitore di
questa terribile battaglia. Hai vinto perchè hai saputo
lottare
sempre e con tenacia, confortando i tuoi genitori e i tuoi parenti,
dando tutto.
Ti
ricorderò per sempre come il mio scalmanato, folle e
sognatore
compagno di banco. Dedicata a te.
|