Nuova pagina 1
CAPITOLO I
Piattaforma 9 ¾
La piattaforma brulicava,
letteralmente.
Normale amministrazione da
partenza incipiente si potrebbe dire, se non fosse per l’effettiva originalità
dei particolari.
Come ogni anno, da molti anni, la stazione di Londra ospitava
uno stravagante campionario di esseri umani: ragazzini eccitati, gufi,
calderoni, cappelliere e bauli; voci, grida e saluti. Incontri e, ovviamente,
scontri. Madri che abbracciavano i figli confusi e padri frastornati che si
preoccupavano di tenere sotto controllo il carrello dei bagagli.
Qua e là volti noti e visi sconosciuti; un gruppetto di tre
ragazzi del sesto anno, alle prese come gli altri con i loro fardelli, era
preceduto, accompagnato e seguito da mormorii e occhiate di incuriosita
ammirazione.
-Era da tempo che non partivamo
con questo sole; speriamo che sia di buon auspicio per tutti!-, disse Hermione
Granger con il naso all’insù, scrutando il cielo azzurro sopra la locomotiva.
-Già!-, si limitò a rispondere
Ronald Weasley, trascinando a fatica un baule vecchio dall’aspetto decrepito.
-Mi servirebbero un paio di
occhiali da sole con le lenti graduate-, osservò Harry Potter, pensando
all’eventualità di dover affrontare Lord Voldemort proprio sulla piattaforma
9 ¾ e sotto quella luce accecante.
Eccolo, l’orgoglio di Grifondoro,
il terzetto magico, venerato da mezza scuola ma anche odiato da mezza scuola:
coraggiosi, onesti e sfacciatamente fortunati.
Ramel Simps scrutò i loro
movimenti frettolosi nascosta dietro la sua placida flemma.
Qualcuno le strinse una mano sulla
spalla magra coperta da uno spolverino estivo; Ramel, senza neanche voltarsi per
scoprire a chi appartenessero quelle dita, inclinò il capo, offrendo in tal
modo l’orecchio al suo gentile aggressore.
-Speriamo solo di non ritrovarci
nello scompartimento con quei tre, potremmo rischiare di essere confusi per spie
di Tu Sai Chi ed essere travolti in modo irreversibile dai loro temibilissimi…STUPEFICIUM!-,
le disse Boris Fokine in un soffio, abbracciando la piattaforma con un ampio
gesto del braccio.
Lei si girò appena per
rivolgergli un sorriso indulgente.
-Quale incredibile avventura
attende anche quest’anno l’Auror Clan? Chi, fra i professori salverà le
loro preziose chiappe? Chi, all’interno del Ministero lavorerà giorno e notte
per non farli spedire direttamente ad Azkaban? Chi, sconsideratamente giacchè
sarebbe un gran sollievo, strapperà i loro brillanti ingegni dalle accattivanti
grinfie della morte?-
Ramel scrollò le spalle.
-Boris, se continui così sarò
costretta a immaginare che soffri di una forma di gelosia acuta. In effetti
scusa, la cicatrice che hai sul labbro, sei sicuro che non sia un espediente per
somigliare al capo dell’Auror Clan?-
-Sciocchezze. Io sono un uomo
della steppa, cresciuto da mamma Russia fredda e implacabile come il ghiaccio.
Non sono un inglesino qualunque, fradicio di pioggia e the. Io sono nato su un
treno in mezzo ai babbani, non su un comodo letto al San mungo o chissà dove.
La mia città ha i canali ghiacciati e le cupole dorate, non mercatini
dell’usato e statue di cera!-
-Potresti rimandare l’invettiva
di qualche minuto? Non posso nemmeno prendere appunti!-
Ramel affondò le mani nelle tasche e riprese a camminare
scuotendo la testa divertita.
Boris le stava accanto,
spingendole lievemente il gomito.
A volte si stupiva a ridere da sola ripensando a qualche
considerazione irrazionale fatta dal suo amico, a come parlava di Michail, il
suo gufo, come se fosse l’unico essere intelligente che conoscesse, ai suoi
improvvisi accessi d’ira, a quando una volta in Sala Grande aveva scagliato un
boccale pieno di succo di zucca contro Gazza che lo rimproverava, beccandosi una
punizione affrontata con la più insolente aria di sfida.
Boris non aveva bisogno di gridare, faceva un passo e l’aria
tremava.
Veniva considerato arido da molti,
da altri cinico. Aveva una fiera bellezza tartara: zigomi alti e pronunciati,
occhi vivi come il mercurio, le labbra sempre pronte a distendersi in un sorriso
di scherno, incise da una cicatrice della quale nessuno conosceva la reale
origine.
Solo con Ramel la sua indole da
animale in gabbia si placava.
Il loro rapporto andava oltre l’amore. Era amicizia pura, un
unico movimento, un unico respiro.
Si capivano al volo senza parlare,
a volte senza guardarsi: era Legilimanzia senza incantesimi.
Quando qualche anno prima il
professor Lupin insegnò agli studenti del quarto come invocare il proprio
Patronus concentrandosi sul ricordo più felice, lei si stupì nel richiamare
alla memoria l’immagine di Boris durante la cerimonia dello smistamento:
ancora piccoletto, stava seduto tutto impettito con il Cappello Parlante calato
sugli occhi tipo colbacco, mostrando un’espressione contrariata che gli dava
l’aria di un generale dell’Armata Rossa in miniatura.
Sebbene l’amicizia vera e
propria nacque tempo dopo, quel ricordo la riempì di gioia come una risata
cristallina e le fece invocare uno tra i più bei Patronus che si fossero mai
visti.
Non erano poche le persone che si
stupivano della loro rapporto: all’apparenza così male assortiti, così
diversi; eppure i loro caratteri l’uno all’estremo dell’altro si toccavano
e si combinavano precisamente, facce di una stessa medaglia.
-Forza Ramel! Un po’ di energia!
Non vorrei vedere le tue quattro ossa travolte da questo ronzante sciame di
ridicoli stregoni. Tanto per dirne uno: patetico tirolese ore 12. Dritto davanti
a noi.-
Otto de Fae-Strotten, un
Serpeverde alto e allampanato del settimo anno, veniva loro incontro. Camminando
a grandi passi, i vestiti lievemente stropicciati, gli occhiali di corno in una
mano, la bacchetta nell’altra, abbozzò un inchino con un cenno del capo.
-Salve Ramel. Boris. Mai vista
tanta confusione…e poi questo caldo, vero? Che chiasso insopportabile, non ne
posso più!-.
Si portò gli occhiali alla bocca,
mordicchiando la stanghetta.
Ramel lo guardò incuriosita,
notando le nocche bianche della mano che stringeva la bacchetta.
-Otto, sei sicuro di stare bene?
Non è che hai ingerito troppa pozione Ventiquattroresveglio? Hai delle occhiaie
che ormai tendono al blu pervinca!-
Otto le sorrise debolmente,
scoprendo i piccoli denti bianchi irregolari.
-Possibile…sai sono rimasto
molto indietro con i compiti di Pozioni…sono messo molto male. A proposito non
ti spiacerebbe dedicarmi due minuti? Anche dopo…è per Pozioni, insomma volevo
chiederti se mi dai una mano, magari ho sbagliato con qualche dose, credo di
essere nei guai, capisci? Ho
passato notti di inferno, temo di non avere via di scampo, Ramel. Allora posso
contare sul tuo aiuto? Eh?-
Boris spalancò gli occhi,
girandosi lentamente verso l’amica.
Ma lei non ci fece caso: c’era qualcosa nell’atteggiamento
di Otto che le comunicava disagio, tensione. Spostava il peso del corpo da un
piede all’altro, si grattava nervosamente la nuca, aveva il fiato corto.
-Ma certo!-, esclamò dandogli un
colpetto affettuoso sul braccio, -quando vuoi! Tanto lo sai qual è il nostro
solito scompartimento! Passa pure più tardi…-
Ma Otto non la guardava più.
-Otto?-, lo chiamò lei.
Il suo sguardo aveva assunto una
fissità spaventosa, il suo colorito era terreo.
Boris lo prese per le spalle e lo
scosse con vigore, approfittando della momentanea apatia per rifilargli un paio
di schiaffi.
Questa iniziativa parve sortire un
buon effetto, poiché si riprese e farfugliando qualcosa che suonava come –A
dopo-, Otto de Fae-Strotten girò sui tacchi e in un balzo salì sul treno.
-Ho sempre sostenuto che il
tirolese non avesse tutte le rotelle in ordine. Un Serpeverde che chiede aiuto a
una Corvonero! E per Pozioni, poi!Come se avere Piton come direttore della
propria casa non rappresenti un nulla osta sufficiente verso la gloria. Che
bisogno aveva di chiedere consiglio a te? Ad una figlia di babbani professori di
storia babbana?-
-Idiota! Non hai capito che non mi
stava chiedendo un aiuto per Pozioni? Era una richiesta di soccorso. Aveva paura
per qualcosa. O dovrei dire…di qualcuno?-
Una
luce divertita le attraversò gli occhi
-Guarda là in fondo, vicino all’Auror Clan: chi vedi?-
Boris si voltò e vedendo
l’oggetto dell’allusione scoppiò a ridere, seguito da Ramel che tentava di
camuffare i singhiozzi con un attacco di tosse: Kimberly Patson e Ralph Renaul
si dirigevano tenendosi orgogliosamente per mano verso la carrozza sulla quale
era salito Otto, superando con sdegno il Clan impegnato in una fitta
conversazione con Geresh Bugow, un Grifondoro del settimo.
Lui, Ralph, un Serpeverde
abbronzato, vantava possedimenti in vari angoli del globo e una personalità
pallida e insignificante come la polo che indossava; non bellissimo ma molto
ricco.
Lei, Kimberly, una Corvonero
spigliata e ambiziosa, aveva un carattere detestabile accompagnato da un
intelligenza poco vivace; di origini modeste, riscattava il suo misero conto
alla Gringott con un’avvenenza particolare, che sfoggiava come se fosse
l’opera d’arte di un maestro italiano quattrocentesco. La sua sterile
antipatia era diventata ormai proverbiale: i pettegolezzi su come si fosse
vendicata del suo ultimo ragazzo, reo di averla lasciata prima dell’estate, si
rincorrevano e si arricchivano di particolari talmente raggelanti da mettere
seriamente in discussione la sua ottusità.
Il suo ultimo ragazzo, la sua ultima vittima, era proprio Otto
de Fae-Strotten.
Le chiacchiere più fresche vedevano anche il suo nuovo
fidanzato, Ralph, impegnato nella cosiddetta “Operazione o con me o morto”,
come era stata chiamata da Ginny Weasley in un articolo dello “Spioscopio”,
giornale di Hogwarts specializzato in ciarle e malignità.
Kimberly e Ralph ostentavano
un’aria di compiaciuto sussiego, attraversando la piattaforma come se fosse la
loro personale passerella.
Boris osservò quella sfilata con
malcelato divertimento, stringendo un poco gli occhi per metterli meglio a
fuoco.
-Sembra proprio che Ralph sia
stato messo al guinzaglio!- esclamò una voce
squillante e vivace.
Una ragazzina dai capelli rossi e lunghi gettò le braccia
attorno al collo di Ramel, stampandole un bacio su una guancia.
Sempre scarmigliata, con uno stuolo di ragazzi al seguito,
costantemente sintonizzata su onde positive Ginevra Weasley era una polveriera
pronta a esplodere.
Ramel le rivolse uno sguardo
raggiante.
-Sono davvero felice di rivederti,
piccola pazza…anche se non mi hai ancora dedicato nemmeno due righe vagamente
maligne su quell’insulso giornaletto. E io che ti reputavo mia amica!-
-Per mille bezoar, Simpsy! Per te
e per il tuo aspetto da falsa clemente ci vuole un allegato speciale! Ma ti
smaschererò uno di questi giorni!-, le disse agitando l’indice con fare
minaccioso.
Poco più in là il Clan stava
osservando la loro conversazione, lanciando occhiate impazienti in direzione di
Ginny.
-Ora vado.- disse lei
intercettandone una particolarmente contrariata del Capo Clan. -Ci vediamo alla
bicocca o sul ferrovecchio.- indicò con il mento la locomotiva e si allontanò.
Ramel sorrideva ancora quando
Boris attirò la sua attenzione tirandole la cinghia della borsa.
-Come fai?-
-Faccio cosa?-
-A trovarla divertente.-
-Non la trovo divertente. Ginny è
divertente. E poi ammettilo: hai riso anche tu quando ha descritto gli
innumerevoli rotoli della pancia di Pansy Parkinson, chiamandola Espansa
Porkinson!-
-Andiamo, Ramel: la Weasley è una
dell’Auror Clan! Tronfia, presuntuosa, convinta di avere le carte in regola
per salvare il mondo!-
-No. Ginny è a posto. La tua è
un’antipatia di principio. Come per Otto. Non lo sopporti perché non vuoi
ammettere di trovarlo gentile e cordiale. Non sopporti Ginny proprio perché non
puoi detestarla, non hai trovato un buon motivo-
-Rinuncio a capirti. Il
procedimento che utilizzi per tentare di dipanare la matassa delle mie antipatie
è un po’…- agitò la mano come per tentare di afferrare la parola giusta -
ostico e capzioso-
-No, è molto semplice: ti limiti
a detestare se non hai una ragione plausibile per disprezzare.-
Boris si strinse nelle spalle.
-Forse. In ogni caso solo un
numero limitato di persone arriva a meritarsi il mio disprezzo, ma ritengo che
per adesso non ci sia una sola persona all’altezza del mio odio.-
Ramel sollevò le sopracciglia e
sospirò rassegnata.
-Ugualmente- continuò con un tono
più basso nella voce guardandola dritto negli occhi -concedo raramente il mio
affetto.-
Il fischio del treno riempì
l’aria, accompagnando il sorriso di Boris.
-E adesso diamoci una mossa:
abbiamo temporeggiato come due allegre comari.-
Sollevò Ramel di circa un metro
per farla dolcemente atterrare sul pavimento della locomotiva, con una facilità
tale da farla apparire fatta di carta velina. Lei si girò tendendo il palmo
della mano verso il suo cavaliere, il quale spiccò un salto rimanendo un attimo
sospeso per aria, immobile come una fotografia babbana.
Un secondo dopo sparì dietro la
sua amica inghiottito dai corridoi della locomotiva.
Pansy Parkinson sbirciò con
invidia la scena, chiedendosi se Tiger e Goyle fossero in grado di issarla con
eguale leggiadria, ma soprattutto se Draco Malfoy, il suo eterno fidanzato,
fosse capace di spiccare un salto così dinamico e perfetto da riuscire a
mozzarle il fiato come aveva appena fatto Boris Fokine. L’immagine di un
furetto bianco che si contorce nel disperato tentativo di volare, spazzò via
con crudeltà le sue fantasie.
La piattaforma 9 ¾ si svuotò
lentamente. Gli ultimi ritardatari raggiunsero i loro posti.
I calderoni e i bauli erano stati
caricati. I ragazzini del primo anno appiccicavano i visetti sui vetri per non
perdersi un ultimo sguardo carezzevole dei loro genitori, un ultimo sventolio di
mano.
La locomotiva finalmente sbuffò,
stanca di quel perpetuo indugiare, e partì lasciandosi dietro una scia di fumo
e sorrisi.
Prossima fermata: omicidio
GAZZETTA
DEL PROFETA
Londra. In un’aula affollata
del Wizengamot si è concluso ieri pomeriggio il processo contro i Mangiamorte.
Arrestati a giugno all’interno del Ministero della Magia, gli indagati sono
stati condannati ad una pena detentiva di diciannove anni da scontare ad Azkaban.
“Dimostrerò l’innocenza e
l’onestà di questi maghi. Non ho dubbi sulla loro irreprensibilità.
Presenteremo un’istanza d’appello, e allora l’intero Wizengamot si renderà
conto del clamoroso errore che ha compiuto nel condannare tre persone
dall’animo retto e virtuoso.”, ha dichiarato Gregory Jugson, avvocato della
difesa.
“Per ora”, ha affermato
Fredrick de Fae-Strotten, giudice primario del Wizengamot nonché Direttore
dell’Ufficio Applicazione della legge sulla Magia, “ci riserviamo di
condurre indagini anche sulle testimonianze presentate dall’avvocato.”
Lucius Malfoy, William Nott e
Peter Tiger non hanno dato alcun segno di turbamento alla lettura della
sentenza, limitandosi a salutare i rispettivi familiari.
Narcissa Malfoy, scoppiata in
un pianto che ha lacerato il silenzio sospeso dell’aula, è stata portata via
dal giovane figlio.
Il processo, reso pubblico per
volere del Consiglio, ha contribuito a squarciare il velo di silenzio imposto
dal Ministero della Magia, sulla spinosa questione del ritorno di
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Nel giugno dello scorso anno infatti,
durante la finale del Torneo Tre Maghi, Harry Potter dichiarò di aver assistito
alla rinascita del mago…( continua a pag. 2)
Gli occhi di Terry Boot, una
graziosa ragazza di Corvonero del sesto anno, scorrevano avidamente le righe
della Gazzetta del Profeta. Sporgendosi dalla sua poltrona anche Boris leggeva
l’articolo.
-Gira pagina!- le ordinò tentando
di afferrare il giornale.
-Aspetta! Io non ho ancora
finito!- sbottò Terry, torcendo il busto dalla parte opposta per impedirgli la
lettura.
-Hai sentito? Condannati.
Diciannove anni di reclusione. Sembra che almeno per un po’ qualche Serpeverde
metterà in soffitto la spavalderia!- disse quello girandosi verso Ramel,
intenta a riporre la borsa nel portabaule.
-Per ogni Mangiamorte catturato,
due nuovi Mangiamorte arruolati- disse sedendosi vicino all’amico.
– Tu Sai Chi ingrossa le sue
fila e dal momento che ha potuto farlo indisturbato per un anno intero mentre il
Ministero si limava le unghie, non vedo come possano tentare di arginare ora il
problema.-
-Per quanto mi riguarda eviterei
di allarmarmi troppo: non ritengo il Mago Oscuro molto più malvagio di altri.-
-Sei impazzito? Come puoi fare
certe affermazioni?- chiese Morag Mac Dougal con veemenza, sporgendosi
dalla poltrona.
-Nel mondo babbano ci sono
personaggi di una ferocia tale da far sembrare il Mago Oscuro un agnellino
indifeso - replicò Boris.
-Questo è vero - ribattè Ramel
-Ma noi viviamo in questa realtà, fatta di maghi e streghe.
Ne traiamo vantaggi incredibili, privilegi inimmaginabili per un comune
babbano. Tuttavia questo mondo non è esente da insidie. Il fatto che
l’universo babbano si sia macchiato nella storia di efferati delitti, non
esclude che anche Tu Sai Chi sia malvagio e senza scrupoli, e che rappresenti il
nostro nemico comune.-
Boris non rispose. Cambiò
posizione sulla poltrona, incrociò le braccia sul petto e rivolse la sua
attenzione al paesaggio che scorreva veloce.
Morag mostrava ancora un’ombra
di stupore. Sua madre, ai tempi di Voldemort, venne accecata da una maledizione
scagliata da un Mangiamorte introdottosi clandestinamente in casa loro.
Ramel l’aveva conosciuta
un’estate di tre anni prima alla stazione.
Una donna che conservava intatta
la sua bellezza: lunghi capelli biondi e un’espressione cordiale nei modi e
nella voce. Si stringeva al braccio del figlio e gli parlava piano. Quando Ramel
si presentò alla signora Mac Dougal non ebbe il coraggio di guardarla in
faccia, per quanto gli occhi fossero nascosti da un paio di occhiali scuri. Dopo
tre anni il ricordo di quel suo atteggiamento la infastidiva ancora: non si era
mai sentita così infantile.
*
* *
*
Proseguirono per qualche minuto
senza parlare.
Le voci degli altri scompartimenti
arrivavano attutite. Michail, il gufo, dormiva nella sua gabbia coperta dal
mantello che il padrone aveva adagiato sopra.
Terry leggeva silenziosamente,
Morag succhiava concentrato una caramella e Boris continuava a guardare fuori
dal vetro, facendo ciondolare una gamba con indolenza.
-Boris?- Ramel gli sfiorò il
braccio.
Lui voltò lentamente il viso,
soffermandosi per un istante a osservare il maglione a rombi di Morag per poi
fissare lo sguardo sugli occhi dell’amica.
Rimasero così per qualche
secondo, fino a quando lui non le prese il mento tra il pollice e l’indice.
-Sei tu l’erede di Albus
Silente. Saggia e noiosa come lui-, la lasciò andare e lei sorrise cauta.
-E…guardandoti bene,- continuò aggrottando la fronte -hai
addirittura un principio di barba bianca!-
Ramel gli rivolse uno sguardo
cupo, ma non riuscì a trattenere una risatina traditrice.
Terry ripiegò il giornale con un
fruscio e lo offrì a Boris.
-Tieni! Ora è tutto tuo!-
-No, basta. Non mi interessa più!-
disse lui sbrigativamente e lo lanciò in un sedile vuoto.
- Ramel, che fine ha fatto il tuo
gatto?- fece Morag notando l’assenza di una gabbia nella rastrelliera. Terry
si chinò in avanti incuriosita.
-Oh! Rufus è morto…- rispose
con naturalezza.
Morag si portò le mani alla bocca
e spalancò gli occhi.
-Scusa! Non lo sapevo!-
-E’ una notizia terribile!-
-Anche Michail quando l’ha
saputo ha avuto la vostra stessa reazione!- concluse Boris indicando la gabbia.
-Sei proprio un insensibile.-
disse Terry scrutando Ramel, come se avesse paura di vederla scoppiare a
piangere da un momento all’altro.
-Oh, sai, era un gatto molto
vecchio e molto malato.- la rassicurò. - Il
veterinario ha detto di non averne mai conosciuto uno così longevo…-
-Era un animale simpatico!- esclamò
Morag pescando fra i ricordi. - Non dava fastidio a nessuno.-
Ramel si alzò e prese la borsa
dal portabauli; frugò in una tasca ed estrasse una fotografia per porgergliela.
-Gliel’ha scattata Colin Canon
l’anno scorso.- lui sorrise nell’osservare i baffoni del vecchio Rufus che
si alzavano e si abbassavano al ritmo del suo russare.- Dormiva per la maggior
parte del tempo!-
Terry chiese di poter vedere la
foto, scoccando uno sguardo di rimprovero a Boris.
- Potresti chiedere a Gazza di
prestarti Mrs. Purr. O se preferisci puoi occuparti della pulizia della gabbia
di Michail- le propose lui, tirandola per la manica, sorridendo come se avesse
avuto un’idea grandiosa.
- Tienitelo tu quel vecchio
barbagianni!- rifiutò lei fingendo una smorfia disgustata.
- No, non mi hai capito: non
Michail, ma la sua gabbia!-
Lei lo ignorò sfacciatamente.
Boris si poggiò allo schienale
della poltrona e seguì i movimenti fluidi di Ramel mentre alzava le braccia per
rimettere a posto foto e borsa. La vide ridere a una battuta di Terry, piegando
la testa all’indietro e osservò la linea del collo flessuoso esaltata dalla
luce del sole che proveniva dalla finestra.
Ramel si voltò a guardarlo con i
grandi occhi stretti in un’espressione interrogativa.
Boris estrasse la bacchetta e la
agitò mormorando qualcosa sottovoce.
Si materializzò in aria un gatto
in bianco e nero, come se fosse l’immagine di una vecchia pellicola. Fluttuò
in aria, fatto di fumo. Non sembrava il vecchio Rufus, era solo un gatto.
Avvicinò il muso impalpabile alla guancia di Ramel per farle le fusa. Lei vi
soffiò contro e il gatto svanì.
Boris non si
scompose.
- Magia da dilettanti- disse lei
con sufficienza.
Tornò al suo posto e si immerse
nella lettura di un vecchio numero dello “Spioscopio”.
*
* *
*
Il paesaggio aveva lentamente
cambiato aspetto: dopo la periferia londinese industriale e suburbana,
attraversavano pascoli che rilucevano al sole settembrino.
Un gran frastuono annunciò loro
l’arrivo del carrello delle cibarie. Uscirono dallo scompartimento
riversandosi sul corridoio affollato.
I ragazzi delle quattro Case
invadevano la corsia del treno ordinando dolci, salutando amici, discutendo
sull’ultima partita dei Cannoni di Chudley.
Morag comprò caramelle in quantità,
una sua personale passione, aiutato nella scelta da Terry, mentre Boris ordinò
solo una tazza di caffè nero bollente.
In fondo al treno, vicino alla
toilette, Otto sventolò la mano nella loro direzione. Tentò di aprirsi un
varco tra la folla, ma il caos era davvero troppo per lui che sembrava già
abbastanza provato; roteò l’indice come per dire “ a dopo” e fece dietro
front dirigendosi al bagno.
Cho Chang passò davanti a Ramel
facendo ondeggiare i capelli neri e rivolgendole un saluto poco caloroso.
- Ciao.- rispose Ramel in tono
piatto.
- Quest’anno la squadra avrebbe
bisogno di nuovi giocatori.- disse Cho facendo una pausa come se le costasse
continuare. –Non è che qualcuno di voi è interessato a fare i provini? Si
terranno la settimana prossima.-
Boris, che aveva poggiato la
spalla sullo stipite della porta sorseggiando il caffè, rifiutò laconicamente
la proposta, liquidando con un – Preferisco fare altro nelle mie ore libere-
la questione Quidditch.
Cho proseguì per la sua strada,
superando un gruppetto di Grifondoro: Harry Potter aveva fissato al di sopra
della spalla di Geresh Bugow tutta la scena.
Ginny si staccò a fatica da una
conversazione con Hermione, che sembrava non avere altra preoccupazione al di
fuori della limitata vastità del programma di Aritmanzia.
-E’ troppo poco! Alla fine
dell’anno ci ritroveremo con una preparazione scarsa e inutile!- continuava a
ripetere.
Ramel aveva sempre pensato che
assumesse quel tono da cervellona per tentare di giustificare l’aspetto
trasandato e i capelli crespi.
Ron, rimasto l’unico spettatore
di quel monologo incessante, alzò gli occhi al cielo e scappò nella cabina.
Ginny riuscì a sgattaiolare e
raggiunse Ramel. Aveva le guance accese e un sorrisetto malizioso.
-Hai visto come Potter vi studiava
con attenzione? Mi sa tanto che è ancora innamorato della Chang! Ho fatto fare
a Colin una marea di foto, così le pubblichiamo nel prossimo numero con tanto
di articolone strappalacrime sui loro cuori infranti! Sai che smacco per tutti e
due?- rise Ginny.
Ramel la invitò a entrare, ma lei
disse che doveva ancora finire il giro delle sette chiese: si trattava di andare
a salutare tutte le sue talpe, studenti di Hogwarts che le passavano
informazioni top secret per il giornale.
Ramel pagò un succo di zucca e si
girò per tornare nel suo scompartimento.
Vicino al bagno notò Malfoy,
Tiger, Goyle e Nott parlare sommessamente, lanciandosi sguardi foschi e
passandosi una copia della Gazzetta del Profeta. Nott si accorse di essere
osservato e sospinse gli amici all’interno della cabina, indirizzandole
un’occhiata indecifrabile.
Lei rientrò e si sedette.
Ripensò a quei ragazzi e ai loro
padri condannati. Immaginò l’ostilità della scuola che premeva contro di
loro. Hogwarts, sempre pronta ad accogliere i giusti e i puri di cuore, sempre
incline a celebrare con fasti i probi e gli onesti. Ma Hogwarts sapeva anche
voltare la faccia e rendere la vita difficile a chi aveva il padre ad Azkaban,
facendo pagare un conto amaro fatto di solitudine e pregiudizio.
Per quanto Ramel non avesse mai
trovato neanche lontanamente sopportabile Draco e la sua gang,
concluse fra sé che quei ragazzi con tutta la questione dei Mangiamorte,
non avevano nulla a che fare.
*
*
*
*
Il treno continuò a sferragliare
per qualche ora; molti si assopirono cullati dal movimento ritmico della
locomotiva sulle rotaie. Un conciliante brusio accompagnò Ramel in un sonno
leggero senza sogni, dal quale ogni tanto si destava, sbirciando da sotto la
palpebra socchiusa quanto mancasse all’arrivo.
Quando il sole era ormai
tramontato, i movimenti e le chiacchiere di Terry la svegliarono del tutto.
-Dobbiamo già cambiarci?- disse
allungando braccia e gambe per stiracchiarsi ma si ritrovò avvolta in qualcosa
di nero e pesante dalla testa fino alle ginocchia.
Boris la liberò dal suo mantello
col quale l’aveva coperta durante il suo sonno, facendolo fluttuare in aria
per poi adagiarselo sulle spalle.
- Ma non stava sulla gabbia del
tuo gufo?-
-Si, ma ho notato che stavi
andando incontro a un principio di assideramento e mosso da pietà ti ho salvato
la vita.- rispose armeggiando con l’alamaro della chiusura.
La luce fioca della cabina gli
illuminava solo una parte del viso mettendo in risalto la cicatrice sul labbro
superiore. Con la divisa e il mantello, Boris aveva un magnetismo feroce, quasi
irreale. Ramel notò che anche Terry era rimasta impigliata nella trama di
quelle radiazioni; i loro sguardi si incrociarono ed entrambe ebbero la netta
sensazione di avere stampata in faccia l’espressione rapita di chi vede la
bellezza da vicino.
Terry annuì lentamente e le andò
vicino con l’intenzione di porgerle la divisa.
- A volte è così bello che mi
mette quasi in imbarazzo!- le bisbigliò in un orecchio ridacchiando e
passandole la cravatta nera e blu.
Boris armeggiava con i bagagli;
prese quelli di Ramel con un braccio e con l’altro i suoi.
Morag tentò di occuparsi della
borsa di Terry ma la afferrò maldestramente, facendola atterrare con un tonfo
sinistro sul pavimento.
Qualcosa di fragile all’interno
andò irrimediabilmente in mille pezzi.
I lineamenti fini e delicati da
bambino di Morag si contrassero in una smorfia di costernazione, i boccoli
biondi parvero afflosciarsi. Ramel scoppiò a ridere, Boris si girò appena per
valutare se l’episodio fosse degno della sua attenzione e Terry guardò la
borsa come se non la riconoscesse.
- Mac Dougal.-
mormorò - Pagherai per questo gesto da sprovveduto. Reparo!-
Agitò la
bacchetta verso la borsa.
-Morag! Stavo
scherzando! – gli disse ridendo e abbracciandolo.
Gli occhi
azzurri e limpidi di Morag ripresero un’apertura normale e un po’ di colore
tornò sulle sue guance.
Boris si girò
verso Ramel scuotendo i capelli.
-Ma quanti anni
hanno?-
Hogwarts
apparve dietro la collina.
-Esattamente
quanti ne abbiamo noi, mese più mese meno.-
Una
pioggia sottile tamburellò sul vetro.
-Mentalmente,
intendo.-
Il treno
cominciò a rallentare.
-Perché,
quanti anni mentali credi di avere in più?-
Si accesero le
luci del corridoio.
-Intorno ai
quindici.-
-Illuso.-
Poi un urlo
lacerò l’aria.
Coprì il
fischio del treno. Trapassò le pareti, fece vibrare i vetri e le rastrelliere.
Risvegliò i gufi, spalancò bocche, perforò orecchie. Atterrì cuori e
muscoli.
Harry Potter
fece l’unica cosa sensata: lanciò le scintille rosse di pericolo verso il
cielo blu cobalto.
In un istante
riapparve la folla sulla corsia, ma questa volta non aleggiava nessuna
spensieratezza.
I ragazzi
accalcati facevano domande alle quali nessuno seppe rispondere. Solo una notizia
certa giunse da uno scompartimento in fondo al corridoio.
Un ragazzo era
morto.
-Ma chi?-
chiese Ramel dalla soglia della sua cabina.
Infine, ecco,
la risposta arrivava. Poteva quasi vederla rimbalzare di bocca in bocca, e la
colpì come uno schiaffo in pieno volto.
-E’ morto
Otto. Otto de Fae-Strotten. L’ha trovato Millicent Bulstrode. E’ lei che ha
urlato.-
La folla perse
i contorni, Ramel non vedeva più nessuno.
Serrò la
mascella e dilatò le narici. Boris vide i suoi lineamenti farsi di ghiaccio.
Ramel strinse i
pugni e si girò verso di lui.
-Fai tornare
tutti negli scompartimenti.- aveva nella voce la freddezza dell’acciaio.
Boris uscì,
implacabile e autoritario.
I ragazzi si
ritrassero sgomenti sotto il suo sguardo severo.
Il treno era
ormai giunto a destinazione.
La piattaforma
della stazione di Hogsmeade brulicava, letteralmente.
Ma di paura e
terribili aspettative.
|