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Salve a tutti!
Questa ff fu scritta tempo fa per un contest sul sito di Tolkien Tales (era
ancora il Tolkien Tales gestito da me e Wilwarind) dedicato al Fosso di Helm...
purtroppo sono più brava a scrivere qualcosa di buono quando ho l'ispirazione
piuttosto che su comando come per dei contest, infatti a me non entusiasma
moltissimo questa storia, però è tenera quindi perchè non pubblicarla lo stesso?
Magari a qualcuno diverso da me piace comunque :D
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-Sono un guerriero!-
-Non è vero non lo sei! Sei
una donna, non puoi essere un guerriero!-
-Invece si che posso e tu
sei un uomo rammollito!- scappò via ancora una volta. Quando ci allenavamo era
sempre la stessa storia: vincevo io, poi quando il combattimento era finito mi
prendeva alla sprovvista appena finito o dopo un po’, di modo che io non sapessi
mai quando mi avrebbe attaccato, e mi saltava addosso atterrandomi e urlando di
aver vinto.
-Sei sleale ecco cosa sei!
Sleale maledetta!- urlavo infuriato, con voce isterica. Quando faceva così non
ci vedevo più dalla rabbia. La odiavo, la odiavo con tutto me stesso.
-Perchè deve essere mia
sorella?!- chiesi quel giorno dopo il combattimento. Ero entrato nella sala del
trono di mio zio: ero infuriato come al solito, sbattendo le porte nell’aprire e
lasciando tutti a guardarmi con gli occhi spalancati. Era in corso una riunione,
molti uomini con le proprie divise ed armature stavano sulle comode seggiole
messe loro a disposizione intorno al solito tavolo rettangolare che riempiva il
centro della sala. Il posto a capotavola era vuoto, ma qualche metro più avanti,
sul trono rialzato dal pavimento da alcuni piccoli gradini bianchi, stava seduto
mio zio: re di Rohan.
Anche lo sguardo dei
guerrieri, seduti sui tavoli sotto le navate laterali della sala, è rivolto
verso di me. Che impressione dovevo dargli? Ero solo un ragazzino con una cotta
di maglia addosso e uno spadino di legno al fianco.
Il re, mio zio, mi guardò
cercando di nascondere la rabbia e l’imbarazzo della mia entrata nel bel mezzo
di una riunione –Eomer... ti sembra questo il modo di interrompere un’importante
riunione come questa?-
-Zio io...- mi calmai
subito, sentendomi in imbarazzo a lamentarmi ,per uno stupido bisticcio
infantile di mia sorella, davanti a tutta quella gente importante. Era davvero
vergognoso per un bambino come me, pieno di orgoglio, che io solevo definire
“puramente virile” per fare il gradasso con mia sorella.
Il re si alzò subito alzando
una mano, vedevo che gli tremava e sapevo che se non me ne fossi tenuto alla
larga per tutto il giorno sarebbe caduta per darmi uno schiaffo: non imparavo
mai a bussare –Eomer, se hai qualche problema ne parleremo in sede privata, ora
chiedi scusa a questi signori ed esci per favore-
-Ma no sire- disse uno degli
uomini al tavolo alzandosi in piedi tutto divertito –Possiamo concederci anche
una piccola pausa visto che è ormai passata la mezza giornata e noi ancora non
ci siamo rifocillati. Possiamo riposarci qualche ora per schiarirci le idee poi
continueremo la nostra riunione a mente riposata- alcuni guerrieri approvarono
distendendo le gambe indolenzite sotto il tavolo. Mio zio acconsentì e alcuni si
alzarono sospirando e uscendo dalla sala ringraziandomi scherzosi.
Non ascoltavo le loro
parole, ero troppo terrorizzato dagli occhi furibondi di mio zio che si era
accasciato nuovamente sul trono e tamburellava le dita sul bracciolo, nervoso,
attendendo che io mi facessi avanti –Zio, perchè deve essere mio fratello?!- mia
sorella entrò da una porta laterale meravigliando e divertendo quelli che ancora
non erano usciti. Dopo che ebbe fatto qualche passo nella sala, nostro cugino,
di poco più di un anno, si incamminò insicuro verso di lei per aggrapparsi al
suo vestito, ma capitombolò a terra. Si scatenò l’ilarità generale quando entrò
mia zia per riacchiappare quel bambino furbastro e lo rimproverò davanti a tutti
per essersi avventurato per la reggia approfittando di un suo attimo di
distrazione. Mentre tutti ridevano mio zio si passava una mano sul viso come a
non voler vedere ciò che accadeva –Eowin, ti ho detto mille volte di curarti di
Theodred se io mi devo assentare per un po’-
-E io ho detto mille volte
che non farò da balia ad un marmocchio!- rispose mia sorella spocchiosa –Non
voglio fare la castellana o la dama di casa!-
-Eowin per carità... lascia
stare questo discorso dei cavalieri una buona volta e rimani al tuo posto-
sospirò la zia mentre prendeva in braccio il bambino
-Va bene, va bene- disse il re alzandosi
dal trono e facendo gesti alle guardie alla porta del trono –Chiudete tutto,
chiudete immediatamente!- scese i gradini mentre parlava e appoggiò le mani al
tavolo centrale come fosse stato il suo bastone per non cadere. Appena le porte
si chiusero dietro di me alzò lo sguardo –Credo- disse cercando di moderare il
tono –Di aver più volte detto e ribadito che questo posto NON E’ IL SALONE DEI
GIOCHI!-. Ci fu silenzio mentre le sue ultime parole furono seguite da
brevissimi echi che rimbalzavano per le mura della sala. La sala del trono era
sempre stata la migliore dal punto di vista dell’acustica, per questo vi si
svolgevano sempre le feste con musiche o canti. Eowin incrociò le braccia
mettendo il broncio innervosita e arrabbiata –Mio signore, non è certo colpa mia
se vostro figlio segue Eowin dappertutto- disse la zia
-Per favore, non parlavo con
te- cercò di scusarsi lo zio Thoden –Sono questi due furfanti che ancora non si
fanno entrare in zucca le regole di questo palazzo. Ragazzi... vivete qui
praticamente da quando siete nati, com’è possibile che ancora non abbiate capito
cosa fare o non fare quando siete a corte e sapete che abbiamo in giro degli
ospiti-
-Io non lo sapevo- mi difesi
-Eomer!- mi rimproverò lo
zio –Quante volte ti ho detto di smetterla di dire le bugie! Se sei stato tutto
il pomeriggio e la sera di ieri ad osservare il viavai di cavalli e cavalieri
che entravano ed uscivano dalla città- arrossii, come al solito non pensavo mai
prima di parlare, se l’avessi fatto avrei trovato una scusa valida –In quanto a
te, Eowin, ha ragione tua zia: smettila di voler fare il guerriero. Se non vuoi
occuparti di tuo cugino non importa, ma, per favore, metti da parte queste tue
ambizioni mascoline!- sembrava supplicarla più che costringerla con un ordine a
far qualcosa
-No- rispose lei ostinata
–Non lo farò mai solo perchè voi uomini volete sentirvi superiori a noi donne!
Non voglio rimanere in casa a cucire, cucinare ed aspettare che i guerrieri
tornino con le loro glorie e vittorie, perchè io rimanendo qui non avrò nessun
merito!-
-Certo che si- disse il re
–Avrai il merito di essere una brava moglie- la guardò con un sorriso atto a
farla convincere delle sue parole
-Ma non per questo entrerò
nella leggenda e mi si daranno degli onori o la gloria!-
-Perchè? Non ti piace
l’appellativo di “miglior mogliettina di tutta Edoras”?- le chiesi acido
-Tu zitto, maledetto
fratello!-
-A chi hai detto zitto?! Non
aprire più quella boccaccia, se non per mangiare, capito? E non sono tuo
fratello, mai più!- le urlai di rimando
-E chi ti vuole, stupido
marmocchio!-
-Sleale! Sei la ragazzina
più sleale del reame! Torna a giocare con le pietruzze con le tue amichette!-
-Barbaro! Torna ad
azzuffarti nel fango per avere uno stupido dolcetto con i tuoi amiconi!
Ciccione!-
-Io non sono cic...-
-Basta!- la voce calma ma
forte di mio zio ci ammutolì. Capimmo che era il caso di smetterla perchè se era
così calmo sarebbe arrivata la tempesta –Uscite immediatamente di qui, andate
nelle vostre camere e uscitene solo per cena, poi andate subito a dormire-
-Ma- io e lo zio fulminammo
mia sorella con lo sguardo, per due motivi diversi, chiaro –C’è qualcosa che non
va?- chiese, scosse il capo e io feci lo stesso quando spostò lo sguardo su di
me –Bene, meglio così. Ora potete andare- indicò la porta dalla quale era
entrata mia sorella e uscimmo tristi e silenziosi. Quando richiudemmo la porta
ci scambiammo un occhiata d fuoco –Questa me la lego al dito maledetta- le
sussurrai arrabbiato
-Lo dici sempre, stupido!
Ecco perchè non riesci ad impugnare una spada: perchè hai le mani piene di nodi,
che scemo!- ringhiai quasi di rabbia alla sua battuta, poi me ne andai.
Mi faceva infuriare
tantissimo! Perchè lei era quella incapace, ma aveva sempre l’ultima parola e da
quello che diceva sembravo io quello che perdeva sempre, mentre invece era tutto
l’incontrario!
Ero nella mia stanza, seduto
sul letto. I miei occhi osservavano punti a caso nell’oscurità della mia stanza.
A gambe incrociate e con una mano su una guancia mugugnavo ancora arrabbiato per
ciò che era successo a cena “Femmina isterica” pensai “Lo so io qual’è l’onore
che ti deve, quello di finire trafitta da un coltello da cucina che passava di
lì per sbaglio... ti odio”. La guancia mi pulsava fortissimo. Bussarono alla
porta –Avanti!- dissi girandomi verso la porta
-E’ permesso?- entrò Lome,
un ragazzo della mia stessa età con cui avevo giocato spesso –Capitano, mi hanno
detto ciò che è successo- disse richiudendo la porta dietro le spalle –Verrò con
voi-. Lo guardai incredulo, nell’oscurità della stanza –Stai scherzando?- gli
chiesi
-No capitano, non scherzo
affatto- non vedevo il suo viso, se era serio o no
-Scordatelo...- gli dissi
dandogli di nuovo le spalle –Perchè dovresti rimetterci tu per uno stupido
errore commesso da quell’altrettanto stupida di mia sorella?-
-Perchè vi sono fedele
capitano e poi la nostra squadra non sarà più nulla nei giorni in cui sarete
via, preferisco seguirvi invece di annoiarmi con gli altri- mi spiegò con tono
pacato. Sorrisi contento di avere un amico simile e forse mi sentii anche
soddisfatto di quell’obbedienza che provava per me.
A quei tempi eravamo ancora
giovani per far parte dell’esercito, la nostra età doveva essere intorno agli
undici anni. Erano anni in cui ancora ti è permesso di sognare le battaglie in
cui incontri miriadi di nemici, dove sconfiggi tutti con un solo fendente che
sibila nello spazio vuoto davanti a te, quando c’è una principessa nella caverna
del drago da liberare e non importa se la principessa alla fine non c’è, ma
l’emozione di arrivare stanchi e sudati fino alla botola della cucina reale era
unica.
-Va bene Lome- gli dissi
scendendo dal letto –Verrai con me, ma ad una condizione- gli dissi camminando
nell’oscurità e arrivando fino a lui per mettergli una mano sulla spalla –Anche
se in due, uniti come sempre-
-Si capitano-
-Contro il Nemico Chiaro
dobbiamo sempre essere insieme- sorrisi furbescamente. Lui non rispose, credo
che mosse solo il capo. Sapevo perchè non mi rispondeva, era evidente e lo
sapevo ormai da molti anni che si era infatuato di mia sorella nonostante fosse
il nostro nemico primario.
Passammo subito allo studio
del luogo. Ero riuscito a trovare la cartina di Fosso Helm nella biblioteca
della città. Era lì che saremmo stati spediti io e mia sorella, e Lome ci
avrebbe seguito. Ora che sapevo che sarebbe venuto con me l’idea mi piaceva già
di più e quasi ero contento del baccano che aveva fatto mia sorella a tavola con
tutti gli invitati. Mio zio era talmente infuriato che gli potevi vedere le vene
pulsanti sulla fronte. Aveva così deciso di punirci, saremmo stati tre giorni al
Fosso di Helm per rischiararci le idee sulla disciplina. Lì ci sono molti
bravissimi soldati e il capitano del forte è un uomo severissimo. Avevo vaghi
ricordi di lui, perchè quando io ero ancora più piccolo stava a corte e solo
dopo l’hanno trasferito laggiù, ora ne ho ancora di meno, tutto quello che posso
dire di lui sarà ciò che rimembro da questa avventura a Fosso Helm.
La cartina non era ben
chiara a dir la verità, ma la cosa non ci demoralizzò più di tanto: avremmo
provato nuove avventure ad esplorare e scoprire da soli quel luogo.
Qualcuno bussò alla porta
–Avanti- dico io dimenticandomi perfino di chiedere chi fosse. E quello fu un
errore grave. Sulla soglia apparve mia sorella, in camicia da notte con la
coperta tra le mani che strusciava per terra. Si fermò a fissarci rimanendo
appesa alla maniglia della porta troppo in alto per lei –Cosa vuoi?- le chiedi
seccato
-Fratello... non riesco a
dormire- si lamentò con quella voce insopportabilmente lenta e mielosa –Posso
stare con te per questa notte-
-Non se ne parla, tornatene
in camera tua!- le risposi acido prendendo la cartina che avevo posato sul letto
per mostrarla al mio amico
-Capitano, ma sei ha paura
non possiamo rimandarla indietro- mi disse perplesso Lome
-Vuoi scherzare? Io non
voglio dormire con quella bambinetta capricciosa- risposi irritato. Aspettavo
una reazione rabbiosa da parte di mia sorella, era quello il mio obbiettivo, che
lei si arrabbiasse e tornasse indietro, invece si mise a piangere. Mi voltai al
vederla singhiozzare, presi la cartina con me e la raggiunsi sulla porta –E
adesso perchè piangi?- le chiedi sbuffando con le mani sui fianchi
-Non voglio andare all’osso-
spiegò tra le lacrime –Non voglio andare via di casa-
-Eowyn- disse Lome
avvicinandosi a noi e piegandosi verso di lei –Si chiama Fosso, non osso-.
Sospirai, e io che credevo le avrebbe detto qualcosa di consolante visto che le
piaceva!
Sbuffai, tutti quei
piagnistei da una bambina che poi faceva l’antipatica, vigliacca e bugiarda, non
li sopportavo! La presi per il polso –Va bene, dormi con me, ma stai zitta, non
respirare e non muoverti- la minacciai. Annuì con il capo, io mi girai verso
Lome –Ci vediamo domani, partenza mattino presto-
-A domani capitano- disse –A
domani principessa- disse rivolgendo un inchino a mia sorella. Mi irritava anche
tutta questa ipocrisia nei suoi confronti solo perchè era una principessa e come
tale le si doveva rispetto: nessuno si accorgeva di quanto fosse meschina e
subdola?
Lei si arrampicò sul mio
letto sistemandosi tra le pesanti coperte, l’inverno era avanzato ed erano due o
tre giorni che i bambini della città attendevano che cadesse la neve: io con
loro. Mi cambiai in fretta e spensi anche la candela sulla scrivania al fianco
della quale raccolsi celermente tutte le cose piccole ma importanti da portarsi
il giorno dopo, compresa la cartina. La raggiunsi e mi infilai al calduccio. Per
un po’ rimanemmo lontani l’uno dall’altra a guardare il soffitto con gli occhi
spalancati nel buio –E dì qualcosa stupida!- sbottai io dopo un po’
-Ma se mi hai detto di non
respirare addirittura!- replicò con la sua solita nota acida nella voce. Forse
la preferivo quando piagnucolava istericamente –Era un modo di dire sciocca-
borbottai
-Non sei mai contento tu- si
lamentò piano –Fratello- disse dopo un po’ –Credi che torneremo mai a casa?-
-Per tutti i Valar, Eowyn!
Stiamo via tre giorni! Uno, due e tre!- scandii le parole –Mica per tre anni-
-Si lo so... ma non ci siamo
mai allontanati da qui, io ho paura di sapere cosa c’è oltre le mura della
nostra città- mugolò muovendosi un po’ sotto le coperte
-Ci sono steppe... lunghi,
piani territori con tante altre città come la nostra, ma un po’ più piccole-
spiegai con voce calma
-Tu le hai viste?- mi chiese
-No, ho solo buttato
l’occhio fuori dai cancelli un giorno che giocavo con Lome e gli altri, ma non
sono sicuro che ci sia questo- ammisi, un po’ di ansia iniziava a trasmetterla
pure a me. Cadde il silenzio tra di noi, la mia ansia aumentava anche solo per
quel silenzio. Alla fine le diedi il permesso di dormire vicino a me, più per
sentirmi qualcuno vicino che per rendere contenta lei.
Il giorno dopo lasciammo
Meduseld e la città dove avevamo sempre vissuto.
Mi guardavo indietro mentre
il cavallo andava a avanti e per ingoiare le lacrime amare che il rimpicciolirsi
di quella confortevole visione sulla collina mi dava –Avanti- mi disse il
soldato che mi stava portando con sè sul cavallo –Presto tornerete signorino- mi
guardò sorridente, ma la cosa non mi toccò minimamente –Sono solo tre giorni e
se non contate oggi, dopodomani sarete di nuovo in vista della città... ma
quella volta la vederete avvicinarsi- ridacchiò un po’ fra sè. Non capii se
aveva detto quelle parole per sincero conforto o solo per prendersi gioco di me.
In quel momento non ci feci nemmeno caso perchè cercavo con gli occhi Eowyn.
Quando la vidi era su un
cavallo insieme ad un altro cavaliere come lo ero io, ma lei era zitta, immobile
e guardava davanti a sè come se alle sue spalle non stesse lasciando tutto ciò
che aveva sempre avuto. La cosa mi mise rabbia: perchè io, che ero un uomo,
dovevo sentirmi le lacrime agli occhi e la nostalgia e lei, femminuccia
capricciosa, era invece decisa e tranquilla? Doveva essere l’incontrario!
Strinsi fra le mani il
fagotto che mi portavo dietro osservandola con occhi di fuoco. Il suo capo si
girò, i suoi occhi incontrarono i miei. Tentai di nascondere il mio sguardo
ingelosito, non so se se ne accorse, ma mi sorrise lo stesso: un sorriso dolce,
che non avevo mai notato, uno sguardo conosciuto che non avevo mai apprezzato. A
lato di quel sorriso e di quel volto apparentemente felice scorreva una
silenziosa e nascosta lacrima.
“Sorella, perchè piangi?
Perchè piangi e sorridi insieme?
Torneremo a casa no?
Torneremo tra due giorni e come ha detto il cavaliere al nostro ritorno la città
si avvicinerà a noi invece di allontanarsi come ora”.
Non avevo idea di cosa ci
aspettasse.
Il Fosso di Helm era la
fortezza del nostro popolo che si rifugiava lì in caso di guerre, di siccità o
inondazioni, lì c’erano sempre rifornimenti di cibo, posti per dormire per tutti
nel mezzo di quattro mura al sicuro grazie ai soldati che montavano sempre di
guardia sulle mura e le pattuglie che giravano nelle zone limitrofe.
A quel tempo nulla mi
apparve così, anzi, mi sembrò solo una torre molto alza costruita tra le rocce
di una profonda gola, dietro una spessa ed imponente cinta muraria. Niente di
speciale insomma...
Entrammo superando il grande
portone oltre il ponte che superava un enorme e profondo fossato. Certo, quel
posto, con le sue enormi e grigie mura, le lunghe e larghe scale sulle quali
potevano salire anche i cavalli, il silenzio della gola, per un bambino come me
erano tutte cose inquietanti. Lanciai uno sguardo a mia sorella, sembrava
terrorizzata anche lei. Guardai Lome che invece di osservare intorno a sè
continuava a lanciare delle occhiate dietro di sé come se un’intera giornata di
cavalcata lasciasse ancora intravedere Meduseld all’orizzonte.
Entrammo nella leggendaria fortezza
passando dal grande arco che era l'ingresso principale. Il portale è in legno
massiccio e pesante, molto spesso e faticoso da aprire, infatti attendemmo
qualche secondo prima che quattro guardie (due per lato) aprissero i battenti.
L’arco è l'ingresso dello strano paese sorto all'interno delle mura, esso è
abitato da soli uomini e raramente da donne o bambini, le famiglie dei soldati.
Dopo pochi passi ci trovammo in una piccolissima piazzetta, un minuscolo
quadrato con un piccolo pozzo di fronte ad una porta. Quello era il corpo di
guardia, dentro all’edificio in pietra potevo vedere cavalieri andare e venire
davanti alla finestra, camminando veloci o lenti, chi parlando con qualcuno chi
da solo, messaggeri con notizie dei confini del regno, cavalieri che attendono
ordini, altri che li danno.
Il sorriso di un
cavaliere che ci venne incontro ci diede un silenzioso benvenuto che, ancora non
capisco come, mi riscaldò il cuore curandolo dal gelo della già presente
nostalgia di casa. Smontammo dai cavalli, ci fu un po’ di confusione tra
stallieri e cavalieri che tentavano di recuperare noi tre e metterci tutti
insieme in un punto. Superammo una porta, percorremmo un lungo corridoio
silenzioso e ci fermammo dinanzi ad una porta. Da lì finimmo nella sala dei
banchetti. Di fronte a me l'enorme camino di pietra luminosa, dentro al quale
scoppiettava allegro un caldo fuoco, al centro un tavolo rettangolare massiccio,
alti seggioloni, cassapanche intorno alle pareti. Appoggiate al muro stavano
delle armi lucidate e splendenti. Dalle finestre piovevano obliqui i raggi di
sole sul pavimento di quella, ormai comunissima, pietra grigia. Nonostante la
cura che impiegavano per tenere in ordine quella stanza notai subito una leggera
aria di abbandono, non dovevano fare molti banchetti tra di loro. Ripensavo alla
sala del palazzo di Meduseld e se chiudevo gli occhi e lasciavo andare la
fantasia sentivo lo scalpiccio dei servitori recanti vassoi colmi di cibi, una
musica lontana, l'acciottolio dei piatti.
Non ci fermammo
qui. Si aprirono davanti a noi una lunga serie di stanze. Proseguimmo e
arrivammo ad una scalinata, iniziammo a salire. Al piano superiore c’erano
alcune stanze da letto. Aprirono una porta: nella stanza c’erano due piccoli
letti pronti, con le lenzuola pulite –Voi dormirete qui- disse uno dei cavalieri
che ci aveva scortato da casa fino a lì, probabilmente era quello che aveva
portato mia sorella –Qui non vi sono le stesse regole che a palazzo- disse
–Potete girare per la rocca quanto volete durante il giorno, tutti i cavalieri
sono stati avvisati della vostra presenza quindi anche se vi perdete tutti
sapranno ricondurvi in un luogo che avete visto per arrivare fin qui. Mangerete
nella sala dove avete visto il grande camino appena il sole sarà totalmente
scomparso dietro le colline. C’è un solo divieto qui: non girate da soli di
notte, perchè nella Rocca da un po’ di tempo ci si sente…- completò dicendo le
ultime parole quasi a bassa voce e noi non le sentimmo. Gli altri che ci
accompagnavano sembrarono rabbrividire o cambiare gamba sulla quale poggiarsi
con un movimento nervoso, quasi come se fossero infastiditi da quelle parole.
Noi però non avevamo capito assolutamente nulla! Eowyn fu accompagnata ad una
stanza qualche porta più lontana dalla nostra.
Dopo esserci
riposati un po’ cenammo al momento stabilito nella grande sala dei banchetti.
Eravamo per lo più soli, qualche volta passava un cavaliere e ci faceva
compagnia, ma per il testo eravamo solo noi tre. Eowyn si era messa a mangiare
con il piatto in mano seduta sul basso gradino oltre il quale scoppiettava il
fuoco. Non mi piaceva che stesse lì, avevamo sempre mangiato a tavola a casa
nostra –Ehi mocciosa! Torna a mangiare qui- le disse autoritario
-Lasciami stare-
rispose senza nemmeno guardarmi in faccia
-Cos’hai? Te ne vai
di casa e già dimentichi le buone maniere? Sono tuo fratello maggiore stammi a
sentire e se mi parli guardami negli occhi!- si voltò, il suo sguardo era
agghiacciante
-Lasciami in pace-
disse sempre con voce calma e poi tornò a guardare il fuoco davanti a sè.
Dopo cena andammo a
dormire stanchi per il viaggio lungo della giornata. Casa già mi mancava mentre
salivamo le scale per andare alle camere –Buona notte- salutò Lome quando noi
arrivammo davanti alla porta della nostra camera ed Eowyn continuò verso la sua.
Non rispose al saluto, il che avrebbe dovuto irritarmi, invece mi preoccupò.
Forse ero più concentrato sul fatto che non ero contento che lei dormisse in una
stanza lontana da noi in un luogo che non conoscevamo. La osservai arrivare fino
alla sua stanza, si alzò in punta di piedi per afferrare la maniglia della porta
e poi entrò. Feci come lei solo quando sentii la sua porta chiudersi e non
riaprirsi per qualche secondo.
Era notte, era notte fonda.
Un rumore, o almeno tale mi parve, mi cacciò dispettoso fuori dai miei sogni.
Sogni di bambino, i più dolci, i più puri e candidi, quelli che molti vorrebbero
fare per sentirsi meglio dopo momenti orribili. Tesi le orecchie, ancora un po’
assonnato mi misi a sedere. Anche la seconda giornata alla rocca era stata piena
di scoperte e cose da fare. Il rumore si ripetè “da un po’ di tempo, ci si
sente”. Mi risentii le parole del giorno prima, capii solo allora cosa volessero
dire: una fantasma!
Pensai subito a mia sorella,
ma mi accorsi che i passi andavano nella direzione opposta: verso le scale...
quando li sentii scendere i gradini più in basso svegliai Lome –Ehi Lome, Lome
svegliati-
-Chi... cosa.. che succede?-
-C’è un fantasma! Lo dicevo
che c’era qualcosa di strano qui... magari è il guardiano di un tesoro andiamo a
seguirlo!- gli sussurrai eccitatissimo. Lui sbuffò ancora mezzo assonnato e
scese dal letto. Ci vestimmo veloci e uscimmo dalla porta finalmente tutti e due
molto contenti e pronti per vivere una vera avventura invece che immaginarcela
solamente!
La mia eccitazione svanì in
un colpo. Stavo richiudendo la porta della nostra stanza con tutta calma,
facendo attenzione a non sbatterla nè a farla scricchiolare o il fantasma
avrebbe potuto sentirci e sarebbe svanito per non farsi più vedere. Quando la
finii di chiudere il mio sguardo cadde sulla porta di mia sorella... era aperta
–Capitano!- disse Lome con un urlo strozzato mentre mi dirigevo di corsa verso
la porta. Guardai nella stanza, le coperte rivoltate, il letto vuoto, il
lenzuolo che pendeva giù dal materasso e strusciava a terra in direzione della
soglia sulla quale ero bloccato, come ad indicarmi da che parte andare –Il
fantasma Lome, il fantasma ha preso Eowyn- farfugliai a metà tra il
terrorizzato, l’arrabbiato e l’incredulo.
Ci precipitammo silenziosi
giù per le scale e quando scendemmo, l’unica cosa che vedemmo su l’ultimo lembo
bianco di un vestito che spariva oltre la soglia della sala dei banchetti. Ci
avvicinammo piano e rimanemmo attaccati al muro sul quale vi era la porta,
incapaci di trovare il coraggio di guardare al di là. In quel momento solo ci
accorgemmo di una musica nelle nostre orecchie che allo scendere era diventata
più forte –Capitano... capitano, cos’è questa musica?- mi chiese con voce
strozzata il mio amico, feci segno di non saperlo scuotendo il capo. La musica
andò avanti per un po’ poi il suo volume diminuì e sentii una voce limpida -Tu
mi vedi?- chiese la voce
-Certo- rispose qualcuno.
Riconobbi la voce, era quella di mia sorella che rispondeva. Mi feci coraggio e
dopo aver fatto un gran respiro trattenni il fiato e mi girai ad osservare la
scena. Un uomo, con una lunga veste rossa dai bordi dorati stava seduto sul
gradino del camino, dentro il quale le lingue di fuoco danzavano ancora come
appena riavviavate, senza consumare il legno, come generate da un incantesimo.
Teneva tra le mani un piccolo strumento a corde, come una piccola arpa. Davanti
a lui vi era mia sorella, nella sua camicia da notte di un bianco candido che
risaltava nell’oscurità dell’ombra dell’uomo, lei si trovava davanti a lui, non
illuminata dal fuoco.
-Cosa ci fai qui?- gli
chiede mentre quello la osservava continuando a suonare piano
-Il mio nome è Noitiam
Eselgh- disse lui con un cenno del capo –E tu, piccola bambina, chi sei, che hai
seguito la mia musica a quest’ora?-
-Mi chiamo Eowyn signore, e
vengo da Rohan- fece una riverenza, la scena mi faceva così paura ma allo stesso
tempo mi sembrava buffa. Non resistetti più e tornai contro il muro anche se
avevo il timore che potesse succedere qualcosa mente non guardavo –Piccola
Eowyn, io sono qui perchè fui ucciso da un marito tradito. La mia fine ignobile
e vergognosa, la mia indegna sepoltura mi condannano a vagare in eterno per
queste mura fino a quando un anima candida non verrà a liberarmi- poichè lei non
ripose nulla proseguì, io decisi di guardare il muro a fronte del camino che
potevo vedere bene senza sentirmi angosciato, l’ombra di mia sorella vi era
proiettata bene e avrei subito notato se le accadeva qualcosa di male, certo era
più difficile visto che era l’uomo la minaccia e lui non aveva ombra. – Sono
anni che vago per queste mura, piccola, suonando la mia arpa con le musiche più
dolci e soavi. I primi anni chiunque poteva vedermi e io ho sempre chiesto
aiuto, ma fuggivano tutti, nessuno escluso, anche se erano cavalieri grandi e
grossi con armi e armature. Continuai a vagare e a piangere supplicando la pietà
di chiunque mi incrociava, ma nessuno mi rispose. Allora in preda allo sconforto
chiesi ai Valar di poter essere visto solo da anime buone e gentili, ancora
candide e pure, come la tua. Ho atteso a lungo sai, fino ad oggi, per avere il
tuo perdono- la vidi muoversi, ma si piegò solamente da un lato, mentre la
musica dell’uomo continuava, ora comunque la sagoma scura di lei era leggermente
più nitida sul muro, segno che era ancora un po’ vicina al fondo della stanza e
non vicina allo sconosciuto -Se tu non mi aiuti vagherò in eterno- mormorò
piano, ma la sua voce era come se venisse dall’alto e noi la sentimmo bene.
-Cos’hai fatto per essere
ridotto così?- chiese la voce calma di mia sorella. Al sentirla mi venne
l’angoscia... e se lei non avesse potuto fare nulla? Se l’uomo si fosse
arrabbiato e l’avrebbe uccisa? Non potevo lasciare che le torcesse un solo
capello!
Mi preparai a scattare per
entrare nella stanza, afferrare mia sorella e tornare su in camera nostra dove
nasconderla sotto le coperte e difenderla –Facevo parte di un gruppo di giovani
uomini senza casa nè famiglia, andavamo in giro allo sbaraglio. Gli uomini di
questo luogo, tempo fa, ci accolsero ospitali per una notte, con loro c’erano le
loro famiglie venute a trovarli dopo mesi di lontananza di casa. Alcuni di loro
ci invitarono a bere e rimanemmo con loro. Poi da bravi cavalieri tornarono al
loro lavoro, ma noi, che eravamo giovani e sciocchi, continuammo... ormai
ubriaco mi feci portare altro da bere, mi servì una ragazza che aggredii e
tentai di portar via con me, nel luogo che i gentilissimi cavalieri ci avevano
dato per dormire. Il suo fidanzato corse in suo aiuto al sentirla urlare e, non
riuscendo a farmi ragionare, non gli rimase altro che uccidermi per evitare che
io facessi del male alla giovane. Nessuno dei miei compagni si preoccupò di me,
ne avevamo persi tanti per strada e io fui sepolto in segreto su una delle
colline della vallata che si estende davanti a questa Rocca.
Ho sofferto per anni di
solitudine, di questa maledizione... la giusta punizione per la sciocchezza che
ho commesso, per il mio grave errore e per tutti quelli commessi da me prima...
non ero un brav’uomo in vita-
-Cosa volete che io faccia?-
chiese lei dando del voi al fantasma. Le mie membra erano bloccate per il troppo
terrore e, anche se mi ero ripromesso di farlo, rimanevo fermo pronto a scattare
ma senza riuscirci.
-Devi solo perdonarmi
gentile Eowyn, con il vostro perdono sarò libero- rispose smettendo di suonare.
La musica finì e io mi risvegliai dalla mia paura. Scattai finalmente –No!
CAPITANO!- l’urlo di Lome rimbombò per tutto il corridoio e io mi fermai
spaventato sulla soglia: entrambi si voltarono verso di me.
-Eomer... cosa ci dai qui?-
-Eowyn, cosa ci fai tu qui!
Perchè sei uscita dalla stanza? Ti avevano detto di non uscire!-
-Ma mi ha chiesto aiuto-
rispose piano indicando l’uomo con un gesto della mano
-Cosa volete da lei?- chiesi
con voce arrabbiata, riuscivo a parlare solo perchè la troppa paura mi portava a
dar fiato alla gola
-Solo perdono, giovane
ragazzo... voi siete adirato con me. Non farò nulla a vostra sorella, non dovete
temere- mi disse alzandosi in piedi e facendo un profondo inchino. La sua figura
mi intenerì quasi, i muscoli del mio corpo si rilassarono –Va bene- risposi
riprendendo a respirare normalmente.
Fece qualche passo verso di
lei e si inginocchiò –Eowyn, dolce bambina, vi prego datemi il vostro perdono e
io sarò libero-
-Vi perdono Noitiam Eselgh,
siate libero e riposate in pace- disse lei sorridendo. L’uomo le sorrise e
riprese a suonare la piccola arpa che aveva in mano –Ti ringrazio, che i Valar
ti proteggano sempre- sussurrò con una piccola lacrima che gli attraversava la
guancia. E piano sembrò cadere in avanti verso di lei. Feci uno scatto in avanti
per andare a fermarlo e lei intimorita si fece indietro, ma prima che arrivasse
al suo corpo, nella sua lenta e finale caduta si dissolse nel nulla.
Eowyn cadde in ginocchio
singhiozzando mentre la musica permaneva nelle nostre menti, la raggiunsi
abbracciandola. Appoggiò il capo sulla mia spalla e la consolai accarezzandole i
capelli –Ho avuto paura fratello, ho avuto tanta paura anche se non sembrava
cattivo- disse tra le lacrime con la voce che le saltava
-Si Eowin- le risposi –Ora
non hai nulla di cui preoccuparti... io sono sempre stato qui e ti giuro che
avrei vinto tutte le mie paure per salvarti-
-Scusa fratello- disse
abbracciandomi –Non litigherò più con te, non voglio morire con il sentimento di
rabbia nei tuoi confronti che mi pesa sul cuore!-
-Si, nemmeno io. Non
litigheremo mai più e faremo tutto quello che è in nostro potere per essere
sempre un fratello e una sorella perfetti come non mai. Ti proteggerò da
qualsiasi pericolo-. Quando mi accorsi di aver detto quelle parole mi sorpresi
da solo: chiusi tra le mura della nostra città, del nostro palazzo, non sapevamo
cosa fosse davvero il pericolo e quella piccola avventura, che agli occhi di
bambino sembrava una delle più grandi mai vissute, scosse entrambi nell’animo,
non saremmo più stati gli stessi di prima -E io seguirò i tuoi consigli
fratello, non ti disobbedirò più se mi darai una mano quando mi serve-
-Certo che te la darò
sciocchina- le arruffai i capelli e lei ridacchiò contenta. Tornammo in camera
nostra trascinando Lome che si era addormentato alla musica soave del fantasma.
Da quel giorno non litigammo
mai più, da quel giorno la difesi sempre fino a quando non trovò un altro uomo
che era capace di difenderla come io feci per tutti quegli anni, ma nel mio
cuore rimane la mia piccola sorella Eowyn, a cui nessuno potrà fare del male e
senza la quale non me la sento di continuare a vivere.
********
-Capitano!- continuavano a bussare alla
porta della camera –Capitano avanti!-. Aprì gli occhi lentamente, si girò su un
fianco e sospirò piano ancora a metà tra il sonno e la veglia –Arrivo,
arrivo...- boffonchiò
-Come? Vi siete svegliato?
Cos’avete detto?-
-Ho detto che arrivo!- sputò
fuori quell’urlo con violenza poi si tirò le coperte fin sopra la testa. Il
calore del letto, la quiete dei primi momenti della giornata, la tentazione del
sonno che sembrava tendergli di nuovo la mano e invitarlo gentile a farsi
cullare di nuovo tra le sue braccia –Insomma!- una voce lo fece riprendere di
colpo, ma rimase nascosto –Non vorrei offenderla, ma credo che lei sia
abbastanza grande per non aver bisogno della balia che vi tira le coperte via
dal letto per svegliarvi!-
-Lome, come ti permetti di
entrare in camera mia! Ho detto che mi sveglio e lo faccio no?!- rispose facendo
capolino dalle coperte
-Allora sbrigatevi- e se ne
andrò a grandi passi chiudendo piano la porta dietro le sue spalle.
Sospirò più forte guardando
il soffitto con gli occhi fissi: il sonno era sparito, il dolce tepore del letto
sembrava quasi svanire e lui ora era perfettamente sveglio. –Accidenti a lui!-
disse secco spostando le coperte con un gesto pieno di frustrazione.
Afferrò i vestiti e
incominciò ad indossarli davanti allo specchio. Finita l’operazione si guardò
qualche minuto indugiando sul riflesso della figura e guardandola come se non
fosse nemmeno la sua. I lunghi capelli biondi ricadevano ribelli sulle spalle,
gli occhi scuri e bui, il fisico imponente, i muscoli ben sviluppati. Un mezzo
sorriso sotto i corti baffi che qualche anno prima non sarebbe mai apparso.
Èomer, nuovo Re di Rohan.
Slacciò i primi bottoni
della camicia che sembravano strozzarlo poi raddrizzò la schiena e si guardò
negli occhi per darsi coraggio.
Arrivò nella stanza del
trono e si sedette ad un tavolo pronto per mangiare qualcosa –Capitanoooo- gli
disse una voce canzonatoria –O si dorme o si mangia, lo sa bene che dobbiamo
partire-. L’uomo rimase fermo, poi trattenne a fatica un grugnito di rabbia e si
alzò a malincuore dal tavolo avviandosi verso la porta d’uscita e passando di
fianco al soldato –Lome... oggi è la volta buona che ti faccio esalare l’ultimo
respiro- gli sussurrò irritato uscendo dalla sala. Il soldato lo seguì ridendo
di gusto –E’ sempre la volta buona, ogni giorno! Ma sapete meglio di me che vi
sono indispensabile-
-Si, per svegliarmi la
mattina e farmi partire a stomaco vuoto- disse sarcastico il re scendendo le
scale.
Nelle stalle reali molti
uomini stavano fissando gli ultimi lacci dei fagotti e delle selle, appena lo
videro entrare si fermarono e si inchinarono al suo passaggio. Egli sorrise a
tutti poi si voltò verso Lome –Ecco la prova che non servi affatto a far entrare
nella zucca di questi soldati che possono anche non inchinarsi-
-Non è colpa mia Capitano,
siete voi che non volete far rispettare loro le regole- rispose discolpandosi.
Èomer guardò in silenzio il soldato, poi si girò e sellò il cavallo in silenzio:
quella giornata iniziava male.
E dire che l’idea di recarsi
a Fosso Helm era stata sua! Mentre cavalcavano verso la fortezza malediceva il
momento in cui aveva preso quella decisione, ma da una parte era assolutamente
indispensabile andarci: doveva effettuare il cambio delle guardie, controllare i
lavori di ricostruzione dei muri e della nuova galleria attraverso le montagne.
Si voltò a guardare i figli
di Lome: un maschio e una femminuccia... litigavano in continuazione, sorrise e
poi tornò a guardare davanti a sè. Chissà se laggiù anche loro avrebbero trovato
il loro Suonatore della Rocca.
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