Ed eccomi con una nuova storia... La protagonista si chiama Alyssa, ha vent'anni e non mi soffermo tanto su di lei, tanto la imparerete a conoscere nel corso della storia... Devo dire la verità: ho tante idee per questa ff e questo primo capitolo mi piace davvero tanto... Spero piaccia tanto anche a voi, o almeno un po' di quanto piace a me... Un abbraccio e buona lettura
I CAPITOLO
Una ragazza normale, dovrebbe avere degli amici e
divertirsi, ma per Alyssa non è così: lavora ed ha una (e ripeto una) sola
grande amica: Elenoir! La sua vita è cambiata dal giorno di quel dannato
incidente.
L’ultimo vero ricordo che aveva di quegli attimi
orribili, era la luce accecante dei fari della macchina sulla corsia opposta su
una strada di Phoenix, la città dove era cresciuta. Tornava da una scampagnata
felice con i genitori se non ricordava male.
Fatto sta, che il nero che venne dopo lo scontro era
silenzioso e freddo, avrebbe messo paura a chiunque, anche a se stesso.
Furono attimi di panico quelli che seguirono:
immobilizzata dalla paura e dalle lesioni che riportò in seguito all’incidente,
la ragazza perse i sensi. Il tunnel nel quale venne catapultata, sembrava non
avere vie d’uscita, né tanto meno campanelli di allarme a cui ricorrere per
chiedere aiuto, per lei e per i suoi genitori che erano intrappolati in
quell’inferno con lei.
Eppure, quando anche le minime speranze sul quale
aveva fatto affidamento fino a quel momento sembravano svanire del tutto, il
viso di un angelo a lei apparentemente sconosciuto, le si avvicinò e le sussurrò
qualcosa all’orecchio: -Ci sarò io con te-
Alyssa non riuscì a dare una giusta interpretazione
a quelle parole, forse non ce l’avevano neanche, o addirittura non voleva
trovarne, o forse ancora stava impazzendo, in fin dei conti perché parlare al
futuro se non si è neppure certi di averlo: il suo unico desiderio in quel
momento era quello di farla finita con tutta quella sofferenza, anche se quello
voleva dire mettere fine alla sua vita.
Ma il futuro invece Alyssa ce l’aveva avuto: si era
risvegliata dal coma dopo 3 mesi, senza nessun danno grave, se non il dolore
atroce, insopportabile e troppo profondo per la morte di entrambi i genitori.
Decise allora di trasferirsi in un altro posto, a Casa Grande più precisamente; non si
spostò di tanto visto che Casa Grande si trova approssimativamente a metà
strada tra Phoenix e Tucson, ma che ci volete fare, l’unica casa disponibile
che trovò in vendita e che poteva permettersi con i soldi che aveva ereditato
dai genitori defunti erano quelli che erano. E poi la speranza era sempre e
solo quella: poter dimenticare più in fretta, smettere di soffrire e riniziare
a vivere; il suo obiettivo era solo quello, il resto non le importava gran che.
Ed ora eccola lì, a vent’anni si trova sola, in una
casa dai muri bianchi perché qualcuno una volta gli aveva detto che “rallegrano
le giornate più buie”, ma la verità era che le ricordavano tremendamente le
pareti di un ospedale e lei non aveva per niente un bel ricordo degli ospedali…
Dai parliamoci chiaramente, a chi è che piacciono gli ospedali? Non scomodatevi
a rispondere, già si sa: nessuno!
Proprio per questo motivo si trovava con una tuta
bianca stile CSI e un secchio di vernice grigia: “Che razza di colore è il
grigio?” continuava a chiedersi tra sé e sé; però l’aveva visto in un film, le
era piaciuto e aveva avuto l’idea di prendersi qualche giorno dal lavoro per
pensare a sé e a cambiare quel colore così… così… Non sapeva classificare il
bianco fra i colori, non riusciva neanche ad immaginare che il bianco fosse un
colore.
Comunque quando stava per intingere il pennello
nella vernice, qualcuno suonò alla porta; solo lei suonava in quel modo e solo
lei, unicamente lei suonava alla sua porta: Elenoir!
-E’ qui la festa?- chiese l’amica dando una
spallata a Alyssa per spostarla ed entrare -Accomodati pure- le rispose lei scherzosamente,
ma l’amica incurante della battuta ricevuta ci ripensò, la prese per un braccio
e la trascinò fuori casa, -Aiutami a portare dentro i secchi di vernice- disse
l’amica aprendo il portabagagli della sua macchina -Ma l’ho comprata già io la
vernice- cercò di ricordarle lei, ma subito quella ragazza dai capelli rossicci
l’ammutolì -E’ grigia, me l’hai detto, e proprio per questo ho comprato altra
vernice: sei colori, tutti diversi… un colore per ogni stanza. Alla faccia di
chiunque di abbia detto che il bianco rallegri le giornate più buie-
Alyssa cercò di fermare l’amica, ma le fu
impossibile: sui secchi di vernice lesse rosso, arancione, viola, celeste,
giallo e verde, -Beh, almeno i colori sono decenti- pensò ad alta voce.
Elenoir le sorrise.
-E le sorprese non sono finite qui- parlò ancora -Ho
chiesto dei giorni di ferie a lavoro, sarò con te 24 ore su 24, mangeremo,
dormiremo, rideremo, faremo esattamente tutto ciò che un giorno noi
racconteremo ai nostri figli e poi ai nipoti e poi ai pronipoti…-
-Ok, ok, ho afferrato l’idea grazie- la fermò
Alyssa.
Ci misero un po’ a decidere come spartire i colori
nelle varie camere, e ce ne misero altrettanto per pitturarle (tre giorni
precisamente) ma la casa, una volta finita, beh…… meritava!
-Ottimo lavoro socia- ruppe il silenzio Elenoir
dandole il cinque con la mano, -Grazie- rispose di rimando Alyssa, buttandosi
fra le braccia dell’amica.
-I tuoi genitori sarebbero orgogliosi di te- le
sussurò l’amica nell’orecchio, mentre l’abbraccio continuava ancora, e ancora,
e ancora… In fondo, che motivo c’era di interrompere quel momento.
-Ora una bella doccia però!- disse Alyssa, per
rompere quella situazione un po’ troppo malinconica per i suoi gusti.
Che portento di ragazza, aveva trovato il modo di
interromperlo!
Non fece in tempo a mettere piede fuori dalla
doccia che il suo iphone iniziò a squillare
-Chi diamine è che mi chiama?- disse la ragazza
mentre a piedi scalzi e naturalmente come suo solito, ancora bagnati, corse
verso il tavolo dove era poggiato l’aggeggio che continuava a “cantare” la sua
canzone preferita: “Iris” dei Goo Goo Dolls.
-Pronto?- chiese Alyssa con tono interrogativo portando
il telefono all’orecchio -Ciao Aly, sono Liza. Lo so che ti sei presa dei
giorni di permesso, ma dobbiamo assolutamente vederci. Ti devo parlare-
concluse la donna dall’altro capo del telefono, -Ok, dammi il tempo di vestirmi
e sono da te- chiuse la telefonata la ragazza ancora in accappatoio e senza
avere la minima idea di cosa indossare.
Spostò il telo impolverato che aveva messo
sull’armadio per proteggerlo dalla vernice, riuscì ad aprire leggermente l’anta
per tirarne fuori a mosca ceca, un jeans stretto, una maglietta “total white” e
il giacchetto di pelle che tanto amava. Ai tacchi di certo non riusciva a
resistergli.
Tornò in bagno per vestirsi in fretta e furia,
senza smettere però di maledire il giorno in cui aveva avuto l’idea di voler
pitturare casa.
Uscì di casa con i capelli ancora umidi, “Finiranno
di asciugarsi da soli” si riprometteva sempre lei quando doveva compiere
quell’azione che odiava tanto, ma che purtroppo le era indispensabile compiere
se non voleva sentirsi ronzare le mosche sulla testa; “Dio che schifo” pensò
ancora nella sua testa cercando di cancellare l’immagine che si era appena
fatta di sé.
Per fortuna casa sua non era tanto distante da quel
palazzo in cui sorgeva l’ufficio della direttrice della sua agenzia, così tempo
un quarto d’ora e fu lì, pronta a chiamare l’ascensore premendo il pulsante
rosso sul muro color avorio.
-Salve signor Finchel- salutò Alyssa l’uomo con i
capelli brizzolati che uscì dall’ascensore per fare spazio a lei.
Stranamente quel giorno nessuno chiamò l’ascensore
mentre lei vi era dentro, “Strano” pensò la sua testa, “Miracolo” precisò lei.
Le porte dell’ascensore si aprirono, lei si stampò
un sorriso in faccia ed iniziò a percorrere il corridoio di parquet lucido,
fino ad arrivare alla porta con la targhetta oro che recitava “Mrs Liza Chole -
Direttrice” per bussarci sopra e aspettare quella voce al suo interno che
diceva –Avanti-
La situazione che trovò lì dentro era la solita:
scrivania coperta di fogli in disordine con dietro una donna con le sue mani
nei capelli color cenere, disperata e….senza speranze! O almeno era quello che
pensava sempre Alyssa
-Liza…- attirò la sua attenzione la ragazza
-Siediti! Ho un lavoro per te…-
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