Se qualcuno le
avesse chiesto di richiamare alla mente il periodo
più deprimente che ricordava di aver vissuto nei suoi sudati
venticinque anni , Amelia avrebbe pensato senza remora alcuna ad un
unico e solo periodo storico che l’aveva vista vittima delle
angherie più crudeli che una diciassettenne
spaurita potesse mai vivere sulla propria pelle .
Il
liceo .
Quella grottesca
costruzione in cemento armato dai tetti spioventi color melanzana che
l’aveva gettata in un serraglio di bestie bizzarre e
maleodoranti , un mondo parallelo nel quale non eri più
trattato come un essere umano , ma come l’esemplare
più brutto e disgustoso che ci potesse
essere su quello sputo di pianeta .
Lei stessa , nel
varcare quell’antiestetiche porte antincendio non era stata
più Amelia Grimaldi , ultimo esemplare di una cucciolata di
aitanti italiani bruni e affermati nel mondo del lavoro , figlia di due
Hippy poco cresciuti , espatriati dalla calda penisola a stivale per
cercare fortuna in quella fetta di mondo , nella decantata terra
promessa .
Al suono della
campanella , quando il suo viso dal pallore cadaverico aveva raggiunto
la stessa tonalità dei suoi strambi capelli arancioni , il
suo nome era come scomparso dall’anagrafe , sostituito dal
nomignolo che una stangona bionda le aveva affibbiato , indicandola con
le unghie laccate di rosso .
Amelia-
dai – capelli –strani .
Quello il nome che
l’aveva perseguitata per anni , persino
nell’annuario che Taylor Moore aveva gentilmente fatto
modificare con il soprannome che lei stessa aveva affibbiato alla
povera Amelia .
Taylor Moore poteva
essere vista come l’eccezione alla regola , la prova che a
quel mondo c’era qualcosa di immutabile , di certo ,
perché in ogni liceo c’era sempre la bionda
cheerleader , mangiatrice di uomini che ti trattava come
l’ultima ruota del carro , l’atteggiamento che la
ragazza aveva sempre riservato a lei e lei sola .
Sua madre Andrea
aveva minimizzato le crudeltà della cheerleader con la
scusante che erano ancora giovani , stupidi e non consapevoli del male
che le proprie azioni potevano arrecare agli altri , una
giustificazione che Amelia aveva adottato fino al punto di rottura .
La goccia che aveva
fatto traboccare il vaso , il colpo basso che la Moore le aveva rifiato
era stata la prima cattiveria che l’aveva portata a piangere
per la vergogna , ed era stata la prima volta che non aveva
reagito come suo solito , mandando al diavolo tutti e
controattaccando con degli scherzi che i suoi stessi fratelli
architettavano e le inviavano per fax , o via skype .
A pensarci bene
, anche a distanza di tanti anni , Amelia
continuava a pensarla come una bassezza , un gesto crudele che
l’aveva fatta scappare in lacrime dal ballo di fine
anno sotto lo sguardo derisorio di tutto il corpo studentesco .
Perché
tutte , almeno una volta nella vita avevano amato il belloccio del
liceo , il giocatore di basket dalla folta chioma bionda e dal sorriso
orgasmico , e persino lei era capitolata sotto gli occhioni blu di Adam
Miller , anche se con più discrezione .
E come ogni
adolescente che si rispetti , quando il ragazzo aveva mostrato un certo
interesse per lei , un vero
interesse per il suo bel viso e non per i suoi compiti ,
Amelia era caduta nella trappola con tutte le scarpe .
Adam
l’aveva corteggiata per un anno intero , ininterrottamente ,
inconsapevole delle bestemmie dei suoi fratelli e dei loro tentativi di
accoppare il giocatore con un colpo di spranga ben piazzata nelle
gambe o una borraccia di cianuro accuratamente nascosta nello
spogliatoio maschile .
Ed era stato un
sogno ad occhi aperti quando l’aveva invitata al ballo , a
quel ballo che tutte desideravano passare con la propria anima gemella
, il ballo che aveva visto lei con gli occhi di un panda per il mascara
sciolto dalle lacrime e la risata divertita di Adam a ricordarle quanto
fosse stata stupida .
L’aveva
presa in giro su consiglio di Taylor , aveva giocato con i suoi
sentimenti , l’aveva fatta innamorare per poi pugnalarla alle
spalle e ridicolizzarla davanti a tutti senza la minima sfumatura di
dispiacere .
Avevano esagerato ,
tutti quanti , e lei era scoppiata .
Non si era limitata
a fuggire via in preda ai singhiozzi , non era nel suo carattere
mostrare un lato tanto debole .
Fuori dalla palestra
addobbata aveva scassinato l’armadietto del giardiniere , e
rubata una tanica di benzina e un fiammifero dal giubbotto di un
giocatore aveva fatto saltare in aria la Land Rover grigio
metallizzata che Adam sembrava amare più di se stesso .
Una vendetta che le
era valsa l’aggiunta di un altro segmento al suo
già lunghissimo soprannome .
Amelia
-la-pazza-dai-capelli-strani .
Dopo tanti anni ,
Amelia aveva creduto davvero
di aver superato quella fase , di aver messo una pietra sopra a tutta
la sofferenza che Taylor le aveva causato .
Cazzate
, grandi , abnormi cazzate .
Non aveva perdonato
Taylor , anzi , se l’avesse avuta davanti le avrebbe tagliato
la fola con il taglierino che aveva in mano .
Non aveva
dimenticato il nomignolo , le prese in giro , le cattiverie , il senso
di soffocante solitudine che l’aveva accompagnata per tutto
il liceo .
Neanche ora che era
una stilista affermata , con una collezione in uscita nelle
boutique più in
di New York riusciva a non sentirsi sommergere da tutti quei ricordi ,
e al diavolo la maturità che doveva aver raggiunto alla sua
età , nessuno avrebbe potuto cancellare un passato orribile
come il suo .
Specialmente
ora , con quell’invito per una rimpatriata
con i vecchi
amici del liceo tra le mani , Amelia non
riusciva ad immaginare un lieto fine per se stessa e per
l’omicidio della Moore che il suo inconscio stava
già meditando .
Era impensabile
ipotizzare la buon riuscita di quella serata , in particolar modo se si
fosse presentata da sola al suo vecchio liceo , perciò aveva
visitato tutti gli studi fotografici di Manhattan
in cerca dell’unico vero amico sul quale potesse contare .
- Ehi Svein , hai
visite – gracchiò con voce stridula un
hair-stylist alla sua destra , ricevendo una parolaccia in norvegese
che l’uomo tutto ingellato incassò con un ringhio
sommesso .
- Fa come vuoi ,
manderò via Amelia . Coraggio bambola , il ghiacciolo del
nord non ha tempo per noi comuni mortali –
cantilenò civettuolo l’hair-stylist ,
sorridendo di sbieco nel sentire i passi frettolosi del
modello alle sue spalle .
Amelia si concesse
allora un sorriso caloroso quando Svein Ibsen le si parò
davanti in tutta la sua terribile bellezza , perché quel
ragazzo era davvero troppo bello per essere vero .
Ancora oggi si
chiedeva come diavolo avesse fatto per farlo diventare il suo
migliore amico nonché coinquilino di casa per la bellezza di
tre anni , un miracolo per il quale aveva
però dovuto sudare tutto il suo
guardaroba invernale e metà di quello primaverile .
Infatti , il loro
primo incontro era stato traumatico per entrambi , per lei lo era stato
di certo quando si era ritrovata a difendersi con ago e filo
dagli attacchi isterici del modello e da quegli agghiaccianti
lapislazzuli che il norvegese aveva come maledetti bulbi oculari quando
l’avevano freddata con un occhiata omicida .
Lui era stato il
primo vero
professionista che aveva avuto per indossare i suoi abiti
, mentre le case di moda , capito il suo potenziale se la
giocavano con regali e con modelli da dover vestire a suo piacimento ,
in stile barbie , e quello che le avevano inviato quella volta era
stato il peggiore di tutti .
Brusco nei modi ,
acido nelle risposte , arcigno negli sguardi e menefreghista negli
atteggiamenti , qualità che le avevano fatto partire un
embolo per la rabbia se non fosse stato per un piccolo e insignificante
particolare , Svein era tragicamente
bello , così bello da essersi giocata qualche coronaria
nell’osservarlo .
Perché
Svein Ibsen era schifosamente bello , così perfetto tanto
nel viso quanto nel corpo da rappresentare per lei la terra promessa ,
l’eden , la sua personale bambola da vestire e
svestire con le sue creazioni .
Perciò
non aveva demorso , ad ogni ringhio aveva risposto con un
grugnito , ad ogni maledizione in norvegese aveva risposto con le
peggiori parolacce del vocabolario italiano e alle sue
continue critiche sui suoi capelli aveva semplicemente alzato il dito
medio con un bel colorito ‘vaffanculo in
risposta .
A quel punto ,
qualunque persona sana di mente l’avrebbe giustamente mandata
a quel paese con un calcio nel posteriore , invece lui sembrava averla
presa in simpatia se per simpatia si intende una carezzina sulla testa
e un ghigno strafottente .
E seppure
fosse stato davvero
patetico da parte sua , se ne era innamorata perdutamente , persino
l’attrazione per Adam le era sembrata la cottarella di una
bambina dell’asilo , perché più che
della sua bellezza Amelia si era innamorata della sua anima , di quel
sorriso triste e amaro che a volte metteva sù pensando di
non essere visto , e in lei era cresciuto una insana voglia di
proteggerlo , di stargli accanto e farlo sentire amato .
Ci aveva provato ad
essere normale almeno
in quello , ma le cose le erano sfuggite di mano come
sempre , perché Amelia non aveva mezze misure , se diceva
che una cosa era nera poteva anche essere effettivamente blu
, ma per lei avrebbe continuato ad essere nera , per questo i
suoi modi di proteggerlo avevano lasciato molto a desiderare .
Il fotografo che
dietro le quinte del servizio gli aveva fatto capire tra le righe che
se voleva avere la sua foto in prima pagina avrebbe dovuto farsi fottere come
si deve , Amelia lo aveva rinchiuso nell’ascensore
per sedici ore , per dispetto .
Alla scrittrice che
era stata incaricata di pubblicare un articolo sulla sua vita
passata , e che lo aveva ricattato di far sapere a tutto il
mondo la sua infanzia da orfano malvoluto se non fosse andata a letto
con lui , aveva rasato i capelli nel sonno e ne aveva fatta
una gonnellina piuttosto graziosa per il barboncino della donna .
Il modello
che , per gelosia , aveva provato a fargli cadere addosso un enorme
muro di cartongesso usato nel videoclip che stavano girando ,
lei lo aveva tramortito con una mazza da baseball prima di abbandonarlo
in una comunità di barboni che gli avevano rubato portafogli
e carta d'identità .
Delle vere e proprie
spedizioni punitive che , ovviamente
, non erano passate inosservate , specialmente a Svein .
Sarebbe stato un
azzardo pensare che lui non se ne fosse accorto , questo Amelia lo
aveva sempre saputo , ma nulla le aveva impedito di sperare in qualche
miracolo o manna dal cielo che , come era altrettanto ovvio ,
non venne mai .
Anzi , Svein l'aveva
presa davvero male , tanto male da urlarle contro di farsi gli affari
suoi , di continuare a fare il suo lavoro e di non intromettersi ,
perchè lei non aveva nessun diritto di entrare nella sua
sfera privata , tutte
cose vere e giuste , eppure lei non aveva
più retto ed era scoppiata a piangere .
Non un pianto
silenzioso e dignitoso , ma un pianto osceno , con tanto di naso
gocciolante e guance rosse per lo sforzo di trattenersi , e lei gli
aveva vomitato addosso parole sconnesse , intervallate da vergognosi e
imbarazzanti singhiozzi , lasciandosi sfuggire una mezza confessione su
quanto lui fosse importante per lei , su quanto tenesse a lui
più di ogni altro , un insieme di squittii e tirate di naso
che le erano valse uno sguardo sconcertato di Svein .
Non si erano
più visti per una settimana , con lei che lo evitava e lui
che le stava alla larga come se fosse un appestata , fino a
quando non li
aveva visti .
Era stato una
coincidenza , un terribile e crudele gioco del destino che
l’aveva portata a correre dal direttore della casa di moda
nella quale Svein lavorava per dare le dimissioni e darsela a gambe
levate , solo che Amelia non aveva trovato solamente
il direttore , ma anche
il terribile norvegese che le aveva reso la vita impossibile e che baciava con
espressione rilassata il suo capo .
Una scena raggelante
che l’aveva lasciata con gli occhi che le ballonzolavano
fuori dalla orbite e un urlo oltraggiato incastrato in gola , e il suo
sogno d’amore era svanito , scomparso , cancellato da
quell’immagine che le si era impressa a fuoco nella cornea e
nel cervello .
Il ‘crack
del suo cuore era stato più silenzioso di quanto si sarebbe
mai aspettata , come era stata silenziosa la goffa fuga nonostante i
due uomini si fossero accorti di lei e di essere stati
scoperti .
E lei lo aveva
atteso fuori dallo studio con gli occhi bassi e il cuore in mano oramai
ridotto in brandelli , solo per chiedergli scusa e
poi emigrare in un altro Stato con la coda tra le gambe .
Aveva riconosciuto i
suoi passi ancor prima di alzare gli occhi lucidi , ma non aveva fatto
in tempo ad aprire bocca che lui le aveva accarezzato la testa con
dolcezza prima di strapparle la promessa di lavorare insieme da
lì in avanti .
Ed eccola
là , con un coinquilino omosessuale del quale era
perdutamente innamorata ma per il quale rimaneva solo Amelia-la-mia-amica-stilista .
Chissà se
ci sarebbe mai stata una volta in cui qualcuno l’avrebbe
trattata come Amelia-e-basta
, per il momento si limitava ad essere amica di
quell’adone , anche se era un grande ed
enorme spreco
per tutto il popolo femminile che proprio lui fosse
dell’altra sponda , lo pensava anche in quel momento mentre
metteva sù il suo ghigno affettuoso , un ossimoro inconcepibile .
Era bello Svein con
i suoi capelli biondissimi , lunghi e lucenti come una
cascata di raggi di luna , perfetto con quei lineamenti felini di un
tronfio gatto della Siberia .
Elegante
nel suo sorriso smorzato di labbra rosse e sottili e divino
nell’etero pallore della sua pelle .
- Che cosa
diavolo ci fai qui ?
E
tenero come potrebbe esserlo un morso alle palle .
Amelia
gonfiò le guance con aria offesa , rigirando
l’invito tra le dita affusolate mentre il modello con cui
Svein stava posando tendeva l’orecchio per ascoltare la loro
conversazione .
- Allora ? Non ho
tempo da perdere IO
!
Brutto zoticone senza cervello avrebbe
voluto ringhiare , ma lui le serviva , lui era necessario per
non cadere in una crisi isterica .
Per quello gli
sorrise accondiscendente , sfarfallando gli occhi nocciola e sperando
che la moltitudine di lentiggini che Svein aveva sempre trovato
tenere potesse in qualche modo andarle in soccorso .
Così
fu dal momento che il modello smorzò
l’aria arcigna per rivolgerle uno sguardo più
indulgente .
- Allora ?
- Bè-
tergiversò con aria contrita – ci sarebbe un
incontro con i miei compagni di liceo , con tutti i miei
compagni di liceo e volevo chiederti se…
- Se mi andava di
accompagnarti per evitarti di uccidere la Moore e crocifiggere Miller
con gli stuzzicadenti dell’aperitivo ? –
continuò per lei , zittendola con un occhiata saputa che le
fece saltare un capillare per il nervoso .
Ora Amelia capiva
che l’aver raccontato tutto
a quel farabutto di Svein era stata una terribile terribile
idea , così facendo si era scavata la fossa da
sola .
- In poche parole si
, ma se hai da fare capirei , potrei …
- Verrò .
Un ‘oh di
sorpresa stava per abbandonare le sue labbra quando vide il
collega del modello aprire e richiudere subito la bocca sotto lo
sguardo omicida del biondo .
- Sei sicuro di
essere libero ? – chiese con meno convinzione , sentendo
sfumare la possibilità di mettere in ridicolo Taylor .
Svein le
riservò uno sguardo altezzoso , sventolando la mano come per
scacciare una mosca particolarmente fastidiosa .
- Ho detto che
verrò . Punto . Ora tornatene a casa , vedremo di renderti
quantomeno umana per stasera – la canzonò con quel
suo accento straniero che normalmente le faceva battere il cuore ma che
in quel momento stava dando una scossa ai suoi neuroni scazzati da
tanto sarcasmo .
- Renderti quantomeno umana
– gli fece il verso , facendogli un gestaccio prima di
dirigersi verso l’uscita dello studio – ti faccio
vedere io chi è Amelia Grimaldi –
mugugnò infine , non accorgendosi del sorriso intenerito che
Svein le aveva lanciato prima di tornare a mettere la solita
faccia scura che sembrava tanto attirare le donne come api .
°°°
- Ti faccio vedere io
chi è Amelia Grimaldi ‘sto paio di palle !
– strillò un tantino isterica , facendo vibrare
persino lo specchio nel quale si stava rimirando da
più di mezz’ora .
Perché
erano le otto , ed Amelia era ancora in intimo , con dei terribili
bigodini rosa nei capelli e il volto stanco di chi ha dovuto
attraversare il deserto del Gobi in due giorni .
Non che avesse fatto
chissà quale sforzo sovrumano in quelle quattro ore , e
quello che la faceva strillare come una banshee assetata di
sangue era il fatto che , in effetti , non aveva davvero fatto nulla
se non mettersi lo smalto alle unghie e scegliere l’unico
completino intimo degno di quel nome .
Era sempre stata una
frana con il trucco , perciò non aveva osato metter mano
alla specchiera di Svein che sapeva ricolma di ombretti , rossetti e
phard , e non aveva trovato nulla da mettersi , lei ,
una stilista !
Gettò un
occhiata alla radio sveglia sul suo comodino e per poco non si
soffocò con la sua stessa saliva .
Erano le otto e
dieci e lei avrebbe dovuto essere al suo liceo alle nove !
Sapeva di trovarsi
sotto quintali di letame di mucca , e a rendere la situazione ancora
più disperata , Svein non era ancora tornato a casa , non
l’aveva neanche chiamata per avvisarla del suo rientro come
era solito fare .
Come se davvero il
suo coinquilino avesse udito le bestemmie in fiorentino che
gli stava tirando addosso , il telefono
cominciò a squillare , e senza esitazione
pigiò il tasto verde con un diavolo per capello .
- Tu –
cominciò , interrotta però da una voce maschile
che non era assolutamente
quella di Svein .
- TU brutto idiota !
Cosa significa che hai cancellato il servizio con Valentino , dico io ,
Valentino ! Cosa diavolo devi fare di così importante da far
infuriare uno stilista del suo calibro ?
Amelia
percepì distintamente la morsa alla stomaco che la costrinse
a prendere posto sul letto prima di tirare una capocciata contro un
comodino nel lasciarsi cadere a terra .
Perché
quella era la voce di Samuel ,
il suo capo , il presidente della casa di moda dove lei e
il suo coinquilino lavoravano , l’uomo che aveva baciato il
modello e che lei odiava sopra ogni cosa .
Lo stesso
presidente che la stava facendo sentire una dannata egoista , una
pessima amica e una donna senza arte né parte ,
perché Svein aveva disdetto l’incontro
più importante della sua carriera di modello per …per accompagnarla ad uno stupido
incontro con i suoi compagni di liceo .
Lui aveva dato buca
a Valentino
per accompagnare lei ad una festa pietosa .
L’istintiva
felicità nata a quella notizia fu completamente sotterrata
dal senso di colpa che ora le inondava gli occhi di lacrime , distrutta
dalla presa di consapevolezza di aver appena rovinato la carriera
all’uomo che amava .
Ecco , ora si
sentiva Amelia-la-stronza-sfascia-futuro
.
- Sono a casa
– la avvisò dalla sala principale la voce pacata
di Svein .
Ed io sono una stronza
, rispose prontamente la sua coscienza .
In uno slancio di
disperazione post-trauma si lanciò fuori dalla
camera da letto con il viso inondato di lacrime , fiondandosi
sull’alta figura dell’uomo che fu sul punto di
sfracellarsi contro il pavimento quando un piccolo vortice arancione si
arpionò alla sua camicia .
- Sono una stronza
– piagnucolò con il naso gocciolante , affondando
il volto nel tessuto morbido dalla camicia .
Il modello
inarcò un sopracciglio con aria stranita , dandole qualche
piccola pacca sulla schiena .
- Lo so .
- Ed un egoista .
- Ovvio .
- E stupida .
- Questa non
è una novità – le rispose prontamente ,
intensificando le pacche sulla sua testa .
Amelia a quel punto
si chiese se davvero lui la stesse ascoltando , decidendo allora di
testare la serietà del suo coinquilino .
- Ed ho appena
deciso di trasferirmi a Cuba e contribuire al commercio di stupefacenti
con le piantine che nonno Alfredo mi manda dall’Italia .
Le pacche smisero di
picchiettarle sul cuoio capelluto d’improvviso , sostituite
dal forte scuotimento di braccia con cui Svein la sballottolava come un
dannato pungiball prima di cominciare a riempirla di insulti in
norvegese .
E dal momento che
lei non capiva un accidenti di norvegese , decise di zittirlo con
grugnito di insofferenza che sembrò sortire
l’effetto sperato .
- Amelia ?
- Si ? –
mugugnò , fattasi piccola piccola sotto lo sguardo
inceneritore del coinquilino .
- Sono le otto
– la avvisò stizzito .
- Lo so .
- E tu sei ancora in
mutande .
- Lo vedo .
- E potresti
cortesemente spiegarmi perché ?
Svein cominciava ad
alterarsi , questo lo capiva dal modo in cui contraeva la mascella
nonostante la sua mimica facciale fosse difficile da tradurre , ma dopo
tre anni di convivenza poteva dire con certezza che si stava
arrabbiando , il che non era effettivamente
il suo obbiettivo primario nella vita .
- Perché
non voglio più andarci .
Amelia
capì di aver appena detto qualcosa di estremamente sbagliato
quando lo vide assottigliare quei dannati lapislazzuli , uno sguardo
che se avesse potuto l’avrebbe trasformata in una
frittatina bruciacchiata .
- Non credo di aver
capito bene – le sibilò a un millimetro dalle
labbra , facendole partire l’ennesima coronaria per lo
spavento .
- Non voglio
più andarci . Punto .- tornò alla carica ,
mettendo il broncio e dandogli le spalle per chiudersi in bagno .
Il suo migliore
amico non doveva però essere dello stesso avviso dal momento
la trascinò di peso nella sua camera , gettandola
sul letto con un ringhio sommesso , chiudendo la porta a chiave e
fulminandola con quei dannati occhi .
- Cosa diavolo
significa che non vuoi più andarci ?
Era spazientito , lo
dimostrava il fatto che aveva cominciato a camminare in tondo , eppure
poteva leggere una sorta di amarezza in fondo agli occhi azzurri di lui
, una specie di delusione che le rimescolò tutto
il sistema circolatorio .
- Non puoi
comportarti sempre come una bambina , prima mi costringi a venire e poi
ti tiri indietro , non è così che ci si comporta
Amelia – la sgridò con un lieve tremore nella voce
.
Solo che era lei
quella che tremava ora
.
Perché
lei non lo aveva costretto , non lo aveva ricattato , gli aveva solo
chiesto un favore , ma se lui vedeva ogni sua richiesta come una
costrizione era meglio mettere subito le cose in chiaro ed andare a
letto prima di allagare la stanza con le sue lacrime .
Gli avrebbe detto
cosa pensava di tutta quella situazione , lo avrebbe affrontato con
voce ferma e …
- Io non ti ho costretto a fare un
bel niente !
Si
schiaffò mentalmente il viso a quel pigolio imbarazzante ,
ma se le tremavano le corde vocali non era colpa sua , era colpa delle
parole di lui e del loro significato .
Non voleva essere
una palla al piede .
Non voleva essere
una costrizione , meno che mai per lui .
Svein
sembrò capire la gaffe quando tornò a guardarla
negli occhi scuri ora pieni di lacrime , perché lei proprio
non ce la faceva a rimanere impassibile , era sensibile LEI .
Il volto del modello
si adombrò in un misto di dispiacere e rammarico che le
mandarono in pappa il cervello , ma quello non era il momento per le
sue fantasie da svitata .
- Avresti fatto
meglio ad andare da Valentino piuttosto che sprecare tempo con una
bambina – si lamentò prima di sorpassarlo senza
guardarlo negli occhi , scassinando la serratura con una delle mille
forcine che aveva nei capelli .
- Ed io avrei fatto
meglio ad invitare qualcun altro , scusa per essere sempre una palla al
piede .
Il suo monologo
poteva dirsi concluso lì se non fosse stato per lo strattone
con cui Svein l’aveva letteralmente scaraventata contro la
parete opposta .
E fu allora che
Amelia si ritrovò a sbiancare vistosamente nel vedere quanto
fosse arrabbiato l’amico , e quanto le sue parole
sembravano avergli fatto male , perché sembrava ferito , ed
era furioso e amareggiato , un mix di sensazioni che la lasciarono
ansimante e sconvolta .
- Svein ?
– provò a richiamarlo , ma lui le
ringhiò di rimando , stritolandole un polso nella grande
mano gelida .
- Avresti preferito
invitare qualcun altro ? E chi di grazia ? Quell’idiota di
Sebastian che ti fa il filo ? O quell’altro svitato di Paul ?
– insinuò con voce melliflua , restringendo le
palpebre in una sottile striscia di azzurro intenso .
Cominciava
a farle paura , molta paura .
Il viso era
accartocciato in una smorfia irritata , mentre le labbra
rosse erano contratte in una linea così dura e dolorosa che
facevano male solo a vederle così tese .
- Svein , mi fai
male ! – sussurrò , irrigidita in quella presa che
le faceva male .
Fu allora che
l’amico tornò in sé .
Si scostò
da lei con le pupille dilatate e le labbra schiuse in una posa
incredula prima di nascondere sotto la frangia il suo sguardo .
- Vai di
là , ho portato l’abito di punta della tua
collezione, credo che sia perfetto per questa serata . Ti aspetto qui .
Amelia
annuì con poca convinzione , trascinandosi con aria
stralunata nel salottino dove le buste della sua boutique facevano
bella mostra di sé .
Ci mise cinque
minuti per indossare il grazioso abito color cioccolato , sistemando il
corpetto rigido e i boccoli arancioni
appuntati su un lato del capo con un delicato fiore di pesco in raso .
Non aveva
però voglia di tornare da Svein , era ancora
sconvolta dal suo comportamento , ma erano in ritardo , ed era tempo
per loro di cominciare ad avviarsi .
- Ehi ! –
lo chiamò , facendo capolino dalla porta con un sorriso
delicato in volto .
Svein le sorrise un
po’ rigidamente , invitandola con un cenno della mano a farsi
vedere, e quando lo fece , Amelia giurò di aver visto un
lampo di desiderio adombrare gli occhi di Svein prima che lui tornasse
ad indossare la solita espressione distaccata .
- Sei passabile .
Mise il broncio a
quell’uscita , battendo i piedi con fare stizzito .
- Sei il solito
cafone ! Ed io che pensavo di essere bellissima – si
vantò civettuola , smuovendo un po’ la
gonna svolazzante , per nulla convinta delle sue parole .
E di sicuro Svein
stava per darle il colpo di grazia con qualche altro insulto
, ma non fece nulla del genere , scosse la testa come per
togliersi dalla mente chissà quale pensiero molesto prima di
porgerle il braccio con un sorriso .
- Vogliamo
andare ? – la invitò con un portamento invidiabile
, facendola arrossire un po’ per l’imbarazzo .
- Tanto
sarà di una noia mortale – borbottò di
rimando , contenta però di riavere con sé il
solito e vecchio scorbutico Svein , l’impassibile e altezzoso
norvegese tanto dissimile dall’uomo istintivo e passionale
che l’aveva sbattuta contro la parete poco prima e che
sembrava volerla baciare , anche se quell’ultimo particolare
era probabilmente il frutto delle sue fantasie perverse e senza senso .
°°°
Se Amelia aveva erroneamente
pensato che la festa sarebbe stata di una noia mortale ,
capì di aver utilizzato un aggettivo estremamente ottimista
per quella serata che si preannunciava ancor più tragica di
quanto già non fosse .
Come c’era
da aspettarsi , la figura elegante di Svein aveva attirato gli sguardi
femminili e maschili di tutti i suoi vecchi di compagni che le si erano
rivolti con risolini imbarazzati e nomignoli agghiaccianti .
Per tutta la serata
si era sentita chiamare cara
, dolcezza e
tesoro da
quelle oche giulive che ai tempi del liceo la chiudevano nel bagno
delle ragazze , o che le nascondevano pacchi
di sigarette nella tracolla per farla sospendere .
Ma colei che si era
davvero superata era stata lei , Taylor
Moore , ossigenata come se la ricordava , ma con accanto
un vecchietto stempiato che le aveva fatto una enorme
tenerezza prima di sapere che lui era il marito
dell’ex capo cheerleader.
E poi
l’aveva chiamata amore
, proprio a lei , Amelia-dai-capelli-strani
, e c’era mancato tanto così dal ficcarle in gola
la forchetta della torta e sgonfiarle quei due canotti che aveva al
posto delle labbra .
Sapeva che tutti
l’avevano immaginata come una vecchia zitella senza uno
straccio di lavoro , invece era una delle stiliste più
promettenti , con stuoli di bellezze maschili a
portata di mano e con affianco un David di Michelangelo, anche se in
quel momento il suo coinquilino si era appena barricato nel bagno per
sfuggire alle avances delle sue amiche
.
Le sfuggì
un grugnito di divertimento a quel pensiero , ritrovandosi
però a gelare quando una voce calda e sensuale
sussurrò il suo nome con una cadenza che Amelia non avrebbe
mai potuto dimenticare .
Perché
lei aveva sperato che Adam Miller negli anni avesse subito
chissà quale disgrazia , un assalto di api assassine , un
attacco di acne irrecuperabile , un qualche attentato dai suoi fan che
potevano avergli strappato un sopracciglio , invece niente .
Quando finalmente
decise di voltarsi , l’uomo più attraente che
avesse mai visto le sorrise con quella solita aria canzonatoria e
quegli occhi blu che le avevano fatto fare un indigestione di gelato
dopo la loro tragica rottura
.
- Come stai ?
Come se mi avessero appena
ficcato un palo nel culo avrebbe voluto rispondere , ma
evitò di rendersi ridicola a quel modo ,
preferendo smozzicare un sorriso un po’ seccato .
- Bene . Tu
?
Adam non le rispose
, contro ogni legge del buon senso le si avvicinò
ulteriormente , respirandole ad un centimetro del viso mentre le sue
mani le accarezzavano dolcemente la graziosa acconciatura .
- Sei uno schianto ,
te l’ho mai detto ? – osò sussurrarle
contro la tempia , sfiorandole
inavvertitamente il fianco prima di ritrarsi e schiaffarle
metaforicamente il suo povero cuoricino turbato .
Il suo turbamento
però non c’entrava minimamente con il fatto che
Miller le avesse appena fatto un complimento e che ci stesse ovviamente
provando , ma più che altro era terrorizzata dalla
possibilità che il giocatore potesse provarci anche con
Svein , il suo Svein
.
Erano entrambi belli
da star male , prestanti e grandi seduttori , sarebbe stata scontata la
conclusione di quella serata per loro , ma lei non lo avrebbe permesso
, gli avrebbe morso le palle ancor prima di avvicinarle al suo coinquilino .
- Cosa
c’è ? Sei ancora arrabbiata per quel piccolo
scherzo ?
Il sorriso di
circostanza le tremolò leggermente sul viso ,
riuscendo però a riprendere il controllo di se stessa e
allungare il collo per graffiargli
accidentalmente la gola con il suo bel fermaglio .
- Figurati . Sono
cose che succedono . Tu invece che mi dici ? Sei qui da solo ?
Amelia comprese di
essersi scavata la fossa con le proprie mani quando un sorriso
deliziato curvò le labbra carnose dell’uomo , lo
sguardo malizioso puntato sul suo decolté .
- Si , sono solo . E
tu ? Ho visto l’uomo con cui sei venuta , ma suppongo lui sia
…
- Il suo fidanzato
– proruppe una voce alle loro spalle , graffiante come un
taglio inferto da un pezzo di vetro imbevuto di acido , e solo una
persona poteva essere così maledettamente antipatica
.
Svein , comparso
come per magia le circondò la vita con un braccio
, schiacciandola contro il proprio fianco mentre scoccava un occhiata
di avvertimento a Miller .
Amelia fu
però tanto abile da mascherare
l’incredulità dipintale in volto prima di farsene
accorgere da Adam , gli occhi blu ora oscurati da un luccichio
contrariato .
- Davvero ?
– domandò il giocatore con un sopracciglio
inarcato, fissando un tantino dispiaciuto la mano con cui Svein le
cingeva il fianco destro .
- Si . Sono il suo
fidanzato . Svein Ibsen , molto piacere .
Non che il tono
minaccioso del modello e la morsa stritolatrice nella quale rinchiuse
la mano del giocatore evidenziasse tutto quel piacere , ma al
momento lei aveva altri problemi per la testa , tanti , troppi problemi
.
Perché
lui non poteva affermare con tale convinzione di essere il suo
fidanzato , non poteva assolutamente stringerla in quel modo senza
farle prendere un infarto per l’emozione .
Semplicemente ,
Svein non poteva dare una tale mazzata al rigido
autocontrollo che esercitava da tre anni per mantenere una parvenza di
normalità nel loro rapporto , per salvaguardare la loro
amicizia pur di stargli vicino .
Non poteva e basta .
Le facevano male
quelle dolci bugie , la ferivano , perché erano solo quelle
, bugie , crude e semplici bugie .
E lei non poteva accettarlo
.
Svein dovette capire
il suo disagio dal modo in allentò la presa sul suo fianco ,
invitando il giocatore a scomparire dalla sua vista con un cenno
eloquente del capo prima di tornare a guardare lei .
Gli si
allontanò come scottata , evitando di guardarlo negli occhi
per correre all’angolo degli alcolici .
Aveva bisogno di
bere qualcosa prima di dare di matto , e lo sguardo fisso di Svein
sulla sua schiena rigida non le era d’aiuto .
Così come
non lo sarebbe stato il notare come lo sguardo di lui somigliasse
tanto allo sguardo ferito di un uomo innamorato .
°°°
Va bene , bere non
era stata una grande idea , specialmente per lei che non reggeva una
goccia di vino , ma Amelia aveva bisogno di dimenticare quella serata ,
di dimenticare tutti
, specialmente Svein che la fissava ballare al centro della pista con
sguardo crucciato .
Quella era forse una
delle cose positive della sua vita , perché la sbronza le
permetteva di rimuovere ogni evento spiacevole , di cancellarli dalla
sua memoria come se fatti e avvenimenti non fossero mai esistiti .
Di solito evitava di
ubriacarsi per paura di trovarsi a dormire sotto un ponte ,
sbadata com’era , ma c’era sempre stato Svein con
lei , e lui non le avrebbe mai permesso una cosa simile , come non si
sarebbe mai approfittato del suo stato confusionale , anche se quello
era un suo intimo
e ricorrente desiderio
.
Perciò
ingurgitò il quinto bicchiere di tequila con un sorriso
gongolante , dando della zoccola
alla Taylor sotto lo sguardo sconcertato dei suoi amici , sfocando la
sua rabbia contro Adam contro il quale scaraventò una cassa
del dj , promettendogli di dar fuoco alla sua nuova auto , e vomitando
tutto il suo rancore nei loro confronti .
Perché
loro se ne sarebbero ricordati per tutta la vita , lei il giorno dopo
non avrebbe ricordato neanche il suo nome .
Era libera , libera
di esprimere il suo malessere , il suo disagio , la sua insofferenza
per la sua situazione sentimentale piuttosto ingarbugliata .
Lei che era scesa a
patti con se stessa pur di stare vicino a Svein , lei che soffriva come
un cane nel poterlo avere ad una stanza
di distanza e non poterlo toccare , baciare , amare come avrebbe
voluto , come voleva da una vita .
E faceva male quella
consapevolezza .
Guardare ma non toccare ,
un auto imposizione che l’avrebbe portata prima o poi al
punto di rottura come era successo con Adam .
Ma quando quel
giorno sarebbe arrivato , Amelia si sarebbe già trovata ai
Caraibi per la meritata vacanza che si voleva regalare il prossimo anno
.
Lontano da tutti , lontano da lui .
Stava giusto
appiccando fuoco ai capelli della Moore con una candelina della torta
quando Svein la prese di peso , caricandosela come un sacco
di patate con un sibilare minaccioso che convinse i suoi amici a non
avvicinarsi ulteriormente .
Si
addormentò nell’auto sotto gli insulti di Svein ,
desiderosa di dimenticare presto quella brutta giornata e ,
perché no , sognare qualcosa di bello e di dolce.
Solo che quel sogno in
particolare aveva smesso di farle visita da qualche mese , mentre ora
si ripresentava nel suo stato inconscio con la forza di un uragano .
Perché
Svein non l’avrebbe mai portata in camera sua , non
l’avrebbe mai baciata come se ne andasse della sua stessa
vita , non l’avrebbe guardata con quei lapislazzuli cangianti
, combattuti e incredibilmente dolci .
Il suo era
semplicemente un sogno, e quella notte voleva goderselo appieno , voleva amarlo almeno in quel
mondo .
Rispose alle sue
carezze , seguì i suoi movimenti decisi e insicuri
nell’insieme , lo avviluppò tra le sue braccia
come avrebbe voluto fare nella realtà .
La sua prima volta
era stata disastrosa e imbarazzante , con Adam ovviamente , quando
pensava di esserne innamorata , mentre ora , almeno nei suoi sogni , si
sentiva appagata tra quelle braccia , desiderosa delle sue carezze ,
affamata dei suoi baci .
Lì Svein
non le avrebbe fatto del male come Adam , lui non
l’avrebbe mai tradita con una tale cattiveria e
crudeltà .
Fu proprio in un
moto di rabbia che smozzicò tra le labbra il nome del
giocatore , sentendo le spalle di Svein irrigidirsi
d’improvviso come se lo avessero pugnalato al
cuore .
Perché
era quello lo sguardo ferito che le aveva rivolto nel prenderla ,
nell’affondare in lei , un misto di gelosia , rabbia e
possessività che lo Svein del suo sogno manifestò
nei suoi gesti più irruenti , nei suoi affondi
più violenti , nei baci voraci.
A quel punto , il
dolore di non poterlo avere davvero le causò uno strappo
allo stomaco che la portò a lasciare un segno sul
collo dell’uomo con le labbra ,
accucciandosi poco dopo l’illusorio orgasmo nel lato del
letto , per dar sfogo al suo pianto silenzioso .
Era un bel sogno ,
un sogno con il lieto fine , allora perché , prima di
perdere conoscenza , vedeva Svein di spalle , con la schiena
che sussultava e le mani nei capelli , che piangeva ?
°°°
La mattina
dopo , tutto ciò che Amelia riusciva a ricordare
era cosa avesse mangiato per colazione il giorno precedente , niente di
più , niente di meno . Per questo , quando
capì di essere sola in casa percepì un brivido di
disagio salirle per tutta la schiena .
Si sedette a tavola
con sguardo stralunato , aggrottando le sopracciglia quando
sentì la televisione darle il buon giorno alle sette di
mattina .
Sette
di mattina ?
Amelia si
irrigidì sulla sedia con il cuore in gola , le mani gelate
per il nervosismo e gli occhi dilatati dal terrore .
Perché
Svein non si svegliava mai prima delle dieci , neanche se ad attenderlo
alla porta ci fosse stato il Santo Padre , niente e nessuno poteva
smuoverlo dal suo letto se non quando voleva evitare qualcosa o
qualcuno .
E chissà
perché , Amelia sapeva di essere lei quel qualcuno .
L’unica
cosa che le restava da capire era perché Svein la volesse
evitare , e per quanto tempo intendesse farlo , perché se
voleva riproporre lo
scappa e fuggi degli anni passati era proprio sulla
strada sbagliata .
Non gli avrebbe
permesso, di nuovo
, di allontanarsi e lasciarla fuori dalla sua sfera privata , non solo
perché ne aveva diritto in quanto sua amica , ma
perché non lo avrebbe permesso . Punto .
Purtroppo per lei ,
le abilità del suo coinquilino nel tagliare la corda si
erano affinate negli anni , per questo , quando al dodicesimo studio
fotografico le esibirono una faccia da gnorri , capì che era
arrivato il momento di utilizzare il suo asso nella manica .
Svein poteva averli
corrotti con la sua agghiacciante bellezza e con qualche moina , ma lei
era una stilista , e per le stiliste c’era un solo modo per
venire a capo di un dilemma del genere.
Il regalo esclusivo di
una delle sue borse della collezione autunno-inverno .
Una stilettata al
cuore la colse nel porgere la sua bellissima creazione
nelle mani di una sciocca costumista dal gusto raccapricciante ,
tuttavia , sebbene il suo cuore ne avesse sofferto ,
quell’oca petulante iniziò a sciorinarle il
passa-parola che c’era stato tra i costumisti , i cameraman e
gli stilisti , l’assoluto divieto di far entrare Amelia
Grimaldi nello stesso stabile dove si trovava Svein Ibsen .
Un compito che tutti
stavano svolgendo egregiamente , cacciandola con occhi diffidenti e
accusatori , come se fosse stata lei a fare
qualcosa al modello , come se fosse lei quella
da punire .
Ma lei non
aveva fatto nulla , o almeno non se lo ricordava .
Per questo lo
cercava con tanto affanno, per chiedergli spiegazioni e malmenarlo per
quello che le stava facendo passare .
Era sempre stata
sola in quella casa di moda , con il suo stesso capo che la odiava a
morte ma che la coccolava per non farsi scappare un contratto
da miliardi di dollari , persino i suoi colleghi la trattavano
freddamente , un contesto che le ricordava tanto il liceo .
Svein non era
però Adam , lui non l’avrebbe mai tradita
, anche se si stava comportando come un bambino ,
perciò se incrociarlo a lavoro sembrava impossibile , lo
avrebbe aspettato a casa , nella sua stanza .
L’attesa
fu snervante e lunga secoli , ma lei non si mosse da
lì, stette in piedi fino a quando le dita indolenzite dei
piedi non le chiesero un po’ di tregua , portandola ad
appisolarsi contro la parete gelida , raggomitolata su se stessa per
combattere il freddo che sentiva dentro .
Poi lo scatto della
serratura la invitò a socchiudere gli occhi , ed eccolo
lì il bastardo .
Svein le
lanciò un occhiata incredula prima di contrarre il viso in
una smorfia contrariata nel sorpassarla , probabilmente per dirigersi
in bagno a fare la pipì , o a chiudercisi dentro
le gridò la sua testa .
Balzò in
piedi un po’ traballante , afferrandolo per la camicia per
trattenerlo e farsi spiegare cosa diavolo gli fosse preso , ma ancor
prima di riuscire a urlargli un sentito vaffanculo la mano
dell’uomo fu più veloce della sua lingua
.
La spinse
bruscamente all’indietro , e lei , intorpidita
com’era dal sonno si schiantò con un gemito di
dolore contro la scrivania , facendo ribaltare la sedia che le si
rovesciò addosso , picchiandole la fronte con un colpo secco
che la portò a strizzare la palpebre per il dolore
.
Le lacrime presero a
rigarle il viso ancor prima che il suo cervello registrasse il pulsare
frenetico dello strato di pelle bianca che cominciava a gonfiarsi sotto
le pupille dilatate di Svein , sbiancato tanto da sembrare sul punto di
perdere i sensi per il terrore .
Ma era lei quella
ad essere stata gettata come una scarpa vecchia , era lei quella
che si sentiva morire dal dolore per quel gesto e per il suo
significato .
Se davvero non
voleva averla tra i piedi tanto da gettarla
letteralmente fuori dalla sua vita , tanto valeva che
morisse solo come un cane , lei ne aveva abbastanza per quella sera .
Tornò in
piedi a fatica , reggendosi alla parete ed evitando con uno sguardo
disgustato la mano che Svein le aveva porto nel chinarsi su di lei con
quello sguardo ferito e colpevole che la infastidì .
Diamine ! Era lei
quella ferita , possibile non smettesse mai di pensare solo e soltanto
a se stesso !
- Amelia
io…
- Cosa diavolo vuoi
ora – gli ringhiò contro , schiaffeggiando via la
mano che aveva nuovamente allungato nella sua direzione –
vuoi scusarti ? Non me ne frega un cazzo delle tue scuse , e grazie per
la manata , scommetto sarai un ottimo wrestler in futuro !
Si
trascinò alla porta con una mano al volto , schiacciata
sull’enorme bernoccolo che cominciava a dolerle da matti
.
Passi frettolosi
accompagnarono la figura elegante di Svein che tentò di
abbracciarla da dietro , ma lei lo evitò
accuratamente , abbassandosi e spingendolo lontano con la mano libera .
- Sono stanca Svein
, sono troppo stanca !
E lei sapeva che
quell’essere
stanca non era solo riferito a quella sera , ma a tutta la
situazione .
Era
stanca di quell’amore a senso unico .
Era
stanca di dover elemosinare le sue attenzioni .
Era
stanca di quella vita infelice .
Perché
lei lo era con lui , una
donna infelice .
Ne aveva abbastanza
, di se stessa e di lui .
Forse Svein , nella
sua ingenuità , non poteva capire la vera portata di quella
frase , o forse si a giudicare dallo sguardo allarmato che le rivolse .
Tuttavia ,
per quella sera ne aveva avuto abbastanza , magari
domani avrebbe provato a parlarci di nuovo , ma ora voleva
andare via da lì .
Uscì
dalla stanza senza neanche un saluto , lasciandosi cadere sul proprio
letto con gli occhi gonfi delle lacrime che da lì a poco
avrebbe versato , e così si addormentò
, vestita di tutto punto , con i capelli incasinati e il viso
umido di lacrime .
Sognò
anche quella notte , un sogno triste , scandito dal pianto silenzioso
di uno Svein che la abbracciava con forza , steso con lei sul letto
, il collo bagnato dalle lacrime del modello e le mani
intrecciate a quelle di lui .
Un sogno
amaro , amaro come le lacrime di Svein che le bagnarono le
labbra per tutta la notte .
°°°
Il giorno seguente
fu ancora più drammatico del precedente .
Amelia non aveva
dormito bene , aveva continuato ad agitarsi e a gettare
qualche maledizione alla Moore in un groviglio di stanchezza , ansia e
rabbia , e con quegli stessi sentimenti si era svegliata .
Era sola di nuovo ,
lo poteva dire con chiarezza nel non sentire il familiare trafficare di
vestiti nella stanza accanto , perciò la sua sfuriata non
era servita ad un cavolo , ed aveva pianto di nuovo per una stronzata .
Che andasse al
diavolo Svein e il carattere di merda che si portava dietro !
Per lei poteva anche
morire assiderato per quel che le importava , e poteva anche fare una
figura di merda nell’essersi dimenticato gli abiti per il
servizio a giudicare dalla vistosa busta nera che aveva trovato in
cucina .
Si , poteva venire
messo in ridicolo per la sua sbadataggine , poteva venire additato come
un idiota , poteva…gettò un occhiata caustica a
quella busta prima di maledirsi per l’anima da buona
samaritana che si ritrovava .
Al diavolo il suo
spirito da crocerossina !
Non lo avrebbe
aiutato, non lo meritava , non dopo quello che le aveva fatto , non
dopo…ma si ritrovò comunque infagottata in un
cappotto pesante fuori dal suo appartamento , gli occhiali da sole a
coprirle le orribili occhiaie , un enorme e orrendo cerotto a
nascondere il suo bernoccolo , e la busta dei vestiti stretta nella sua
mano ghiacciata .
E siccome nessuno di
quei grandissimi stronzi dei suoi colleghi le avrebbe detto in quale
studio fotografico Svein lavorasse quel giorno , si decise ad andare
dall’ultima persona che voleva vedere in quel
momento .
La stessa
ostilità del suo sguardo adombrò le iridi scure
di Samuel quando entrò nello studio , stravaccato nella sua
bella poltrona di pelle con le dita intrecciate davanti al viso e
l’espressione scazzata di chi l’avrebbe cortesemente
accoltellata alla schiena .
- Ma che piacere !
Ma che faccia di bronzo
avrebbe risposto , ma il suo buon senso era più forte della
sua lingua biforcuta , e benché lui la odiasse quanto e
forse più di lei , Amelia sapeva di essere
un’inesauribile fonte di denaro per l’uomo ,
perciò le avrebbe accordato ogni richiesta .
- Dove si trova ora
Svein ?
Un
sorrisino di scherno si delineò sul volto diafano del
direttore , i riccioli neri che gli accarezzavano la fronte e gli
oscuravano lo sguardo canzonatorio .
- Cosa
c’è ? Tu e il tuo amichetto del cuore avete
litigato di nuovo ? – la prese in giro con una evidente vena
derisoria , enfatizzata dalla smorfia divertita che gli illuminava ora
il volto .
La voglia di
tranciargli la carotide con il tagliacarte sulla scrivania era tanta ,
troppa , e fu forse la sua poca inclinazione alla reclusione forzata in
un carcere di massima sicurezza per omicidio a dissuaderla dal suo
intento .
Mise sù
il suo solito sorriso di circostanza per camuffare il ringhio che
soffocò tra i denti .
- Potresti
cortesemente rispondermi senza girarci attorno ?
Samuel
alzò le spalle come se davvero potesse importagliene
qualcosa dei loro problemi , porgendole un plico di fogli prima di
rispondere alla sua domanda .
- I tuoi
sono italiani vero ? – si volle informare mentre lei dava un
occhiata ai disegni dei suoi abiti che , a giudicare dalle
informazioni su quel documento , sarebbero stati presentati alla
settimana della moda di Milano .
- Si , e allora ?
– borbottò senza realmente comprendere dove lui
volesse andare a parare , anche se un idea già ce
l’aveva .
- Che ne diresti di
andare tu di persona a presentare la tua collezione ? Sono sicuro che i
tuoi genitori sarebbero contenti di sapere della tua visita –
snocciolò tranquillo , con quella faccia da schiaffi che le
faceva venire sempre voglia di ficcargli una cannuccia nella gola e
lasciarlo soffocare .
Ed eccolo
lì il suo sordido piano .
Voleva allontanarla
il più possibile da Svein , e dal momento che Milano si
trovava dall’altro lato del mondo , di sicuro quel farabutto
avrebbe attentato
alla virtù
del suo coinquilino in sua assenza .
Ma se davvero
credeva che gli avrebbe lasciato campo libero con lui
sbagliava di grosso , avrebbe pedinato Svein anche in bagno
per evitare che i due si incrociassero anche per sbaglio .
Gli sorrise , di un
sorriso malevolo e arcigno che riuscì a mascherare bene
prima di strappargli l’indirizzo e dirigersi a passo marziale
verso l’ultimo piano dell’Empire .
La dea
bendata sembrava avercela con lei quel giorno quando fu costretta a
prendere le scale per il malfunzionamento degli ascensori , e lei ,
claustrofobica cronica non ne aveva voluto sapere , anche se
l’attico dell’edificio era ad un piano con
così tanti numeri da non riuscire neanche a ripeterli .
Sudò
sette camice prima di giungere a destinazione , e il caos che vi
trovò all’interno la portò a rendersi
irriconoscibile con uno scialle che aveva rubato da una gruccia e con
il quale si era coperta il capo per nascondere i suoi
bizzarri e facilmente riconoscibili capelli .
Girovagò
un po’ per la sala , zigzagando tra le attrezzature
e i camerini improvvisati nel bel mezzo del set fotografico contornato
da alcuni riflettori spenti , e fu proprio dietro di questi che lei si
accucciò , osservando stranita la moltitudine di impiegati
che facevano avanti ed indietro come piccole trottole impazzite .
Poi lo vide ,
lì , in quella calca , che svettava su tutti con la sua
altezza spropositata e la bellezza nordica che lo rendeva facilmente
riconoscibile anche a chilometri di distanza , l’immagine che
invece non le piacque particolarmente fu l’avvicinarsi di una
sinuosa figura femminile , il secondo essere umano che Amelia odiava
dopo Samuel .
Maggie Evans , una
rossa inglese delle orribili ciglia finte che a lei erano sempre
sembrate peli di vacca incollati con la saliva di un lama , delle
mostruosità che la modella metteva costantemente in risalto
con lo sbattere quasi meccanico e rigido delle sue palpebre bianche ,
rigide come delle porte computerizzate che si abbassavano e alzavano a
comando.
Non le era mai
piaciuta , sia perché era più acida di uno yogurt
scaduto , sia perché ci provava spudoratamente con Svein che
, a dir la verità , non la calcolava di striscio con somma
gioia di Amelia .
Anche se , a ben
pensarci , il modello non avrebbe mai degnato di uno sguardo nessuna
donna per la sua inclinazione
, uno svantaggio e vantaggio allo stesso tempo .
Per questo , quando
la flessuosa inglese gli si avvicinò con passo felino , per
lei più bovino che altro , lo sguardo
dell’intera troupe si catalizzò su di loro , alti
, belli e incuranti del mondo che li circondava .
- Guarda chi si
rivede , il pupillo
del capo – gracchiò la modella , con una
vocetta fastidiosa e gli occhi blu che seguivano con interesse
l’irrigidimento delle spalle del collega .
- Allora ? Che ne
pensi del mio vestito ? – chiese civettuola , volteggiando
nel delizioso abito di chiffon azzurro che lei aveva creato
per la settimana della moda di Milano e che quella indossava
con la leggiadria di un tricheco spiaggiato .
La
possibilità di infilzarla con un ago era
allettante , ma ora era più interessata alla faccia scura di
Svein e al modo in cui tutta la troupe aveva cominciato a far finta di
lavorare con un orecchio teso alla loro conversazione .
-
è stupendo non credi ? E non è forse te che
dovrei ringraziare per aver circuito la nostra brava stilista ?
Circuito
?
Amelia
assottigliò le labbra con gli occhi che le lampeggiavano
dalla rabbia , stritolando tra le dita la busta degli abiti che si era
quasi accartocciata sotto la sua presa .
Svein
l’aveva circuita ? E quando ? Mentre dormiva ?
Soppresse una
risatina isterica per non farsi scoprire , agitandosi leggermente
quando colse l’occhiata di ammonimento che il modello
lanciò alla rossa .
Maggie sorrise di
rimando , ancheggiando con fare provocante .
-
Cos’è quello sguardo ? Non è forse vero
che il nostro Svein ha seguito alla perfezione gli ordini di Samuel ?
Non sei stato tu quello incaricato di sedurre quell’italiana
per farle accettare il contratto con la nostra casa di moda ?
Una costumista
sussultò appena nel sentire il suo gemito di sorpresa , ma
si tappò la bocca con la mano prima di attirare
l’attenzione della donna .
La sua era stata una
reazione spontanea , una reazione che ora la faceva sorridere .
Perché
Svein non avrebbe mai mentito per strapparle una
semplice firma, non avrebbe finto per tutti quegli anni di
essere omosessuale per tenerla buona e al guinzaglio , lui non era
così crudele , ed ora avrebbe anche negato le
assurdità della modella .
Solo che quando
alzò lo sguardo speranzoso , l’ansia dipinta sul
volto di Svein le gelò il sorriso e le ossa ,
facendole contrarre la bocca in una smorfia incredula .
Indietreggiò
di un passo , sbattendo contro un riflettore che fu sul punto di cadere
al contatto con il tremore del suo corpo, reggendosi con le
mani al lungo palo di metallo per non crollare in ginocchio .
Si sentiva male , un
malessere che partiva da dentro e che le stava rimescolando gli organi
come una mano che rovistava nel suo petto , tentando di
captare il battito di quel cuore che non sentiva più .
- Scommetto che te
la sei portata a letto dopo una settimana ! O la piccola ha resistito
di più ?
La voce di Maggie
cominciava a risultarle insopportabile , storpiata dal fischio acuto
che prese a ronzarle in testa quando la modella scostò con
un sorrisino vittorioso il collo del maglione di Svein , mettendo in
mostra un succhiotto piuttosto vistoso , un succhiotto che prese a
fissare con sguardo allucinato .
E fu allora che
tutti i sogni dimenticati , gli avvenimenti passati la sommersero come
una valanga di dolore e umiliazione che la portarono ad inciampare nel
tentativo di correre via da lì.
L’infrangersi
del faretto al suolo fece sussultare più di una
persona mentre Amelia si muoveva nervosamente sul pavimento ,
tirando sul volto lo scialle che le scivolò via dal capo
quando si ferì ad una mano con un pezzo di vetro .
Il suo gemito di
dolore fu però sovrastato dal sussurro sconvolto con cui
Svein aveva chiamato il suo nome , quel nome che ora voleva solo
dimenticare .
Tutti la fissavano ,
tutti la compativano , tutti la ridicolizzavano mentre quelle due
algide figure le riservavano uno sguardo sorpreso .
E fu catapultata
indietro negli anni .
Le pareti spoglie
della stanza si tinsero di rosa confetto , i soffitti color panna si
coprirono di palloncini colorati , e il silenzio imbarazzato della sala
venne sostituito dall’ultimo lento della serata .
Era al liceo , nella
stessa identica posa che aveva assunto non appena Adam le aveva
sbattuto in faccia la sua stupidità , ed erano proprio
lì , Adam
Miller e Taylor Moore , con nomi diversi , con
il volto dell’uomo che amava e della donna che odiava , di nuovo .
Un dejavù
grottesco che le fece venire voglia di vomitare e di piangere mentre
tentava di asciugare il sangue che le colava dal taglio della mano con
le dita tremanti .
- Amelia ?
– la richiamò preoccupato Paul ,
l’assistente costumista che però fece
indietreggiare con una supplica tremolante, continuando instancabile ad
arrotolare la mano nella camicia di seta che aveva disegnato per Svein
ma che ora non gli sarebbe più servita .
Gli occhiali da sole
le cascarono giù dal naso quando mosse nervosamente la mano
sotto gli occhi lucidi , tentando di rendere la sua vista meno
offuscata .
Alzò il
viso rigato di lacrime con un sorriso triste , asciugandosi un occhio
con la manica del cappotto .
- Deve essermi
finita qualche scheggia nell’occhio , sarà meglio
che corra in bagno – biascicò con un risolino
isterico incastrato in gola , correndo fuori da quella stanza con la
morte nel cuore e il nulla negli occhi .
Percorse i corridoi
dell’Empire di corsa , fiondandosi nei bagni
dell’ultimo piano con una tale fatica da reggersi al
lavandino per non scivolare sul lucido pavimento in marmo .
E
lì da sola potè lasciarsi andare ad un
pianto disperato che soffocò nelle proprie braccia ,
scompigliandosi i capelli con il respiro ingolfato dalle lacrime e il
pulsare della ferita che le pizzicava le terminazioni nervose con una
ferocia animale .
Eccola lì
, intrappolata di nuovo in un incubo che questa volta era
più ingarbugliato di una telenovela spagnola , le
mancava solo di scoprire che aveva un figlio in Argentina di nome
Pablo , ma era in America , e lì i colpi
di scena erano più tradizionali , come la ricomparsa del
bastardo che ti aveva spaccato il cuore a metà .
Quando lo schianto
della porta portò con sé il respiro affannoso e
il profumo d’oceano di Svein , Amelia si
limitò a concludere il suo sfogo con un sospiro pesante ,
tornando in piedi per sciacquarsi il viso e tornare a casa .
Si
tamponò il viso con l’asciugamano pulita ,
osservando il proprio riflesso attraverso lo specchio .
Sembrava che un
vagone merci l’avesse appena messa sotto stanca
com’era , con il viso bianco come uno straccio e due occhiaie
violacee a contornarle gli occhi nocciola e scurire le lentiggini sulle
gote .
Gli stessi occhi che
si ritrovò a socchiudere quando intravide la sagoma scura di
Svein alle sue spalle .
- Amelia –
la chiamò con voce esitante , zittito però dal su
ringhio contrariato .
- Cosa
c’è ? Vuoi che ti firmi un contratto anche per
utilizzare la carta del cesso ? – gli sibilò
contro , scrollando le spalle quando l’amico provò
a richiamare la sua attenzione .
Vide lampeggiare
quei lapislazzuli di una furia ceca prima di ritrovarsi con le braccia
intrappolate tra le mani grandi e forti di Svein , il viso contratto
dalla rabbia e la bocca tesa in una linea dura e frustrata .
- Stammi a sentire
– le ordinò perentorio , ma lei non lo voleva
ascoltare , non voleva più sentire le sue bugie .
Dal momento che il
modello non sembrava intenzionato a lasciarla andare ,
caricò il colpo con la testa prima di tirargli una
capocciata sul naso che costrinse l’uomo ad abbandonare la
presa su di lei e portarsi le mani al volto .
- Amelia ! Sei
impazzita per caso ! – le urlò contro in
uno slancio di dolcezza pura che la portò ad afferrare le
saponette profumate e giocare al tiro a segno con la sua bocca .
Perché la
fase depressa cronica
era appena passata , sostituita dall’ uccidi-il-bastardo-di-una-morte-lenta-e-dolorosa
, la sua preferita .
Non aveva macchine
da distruggere come era accaduto con Adam , perciò non le
restava che renderlo tanto brutto da fargli venire un infarto ogni qual
volta provasse a guardarsi allo specchio .
- Tu ! Tu ti sei
finto gay per tenermi buona ! – gli rinfacciò
furiosa , afferrando anche il porta saponette in vetro e
lanciandoglielo contro con gli occhi iniettati di sangue .
Svein lo
evitò torcendo dolorosamente il collo e puntandole addosso
due spilli azzurri .
- Io non ho mai
detto di esserlo , sei tu che hai tirato le tue conclusioni !
Il flacone di crema
rischiò di scivolarle dalla mano per
l’ovvietà di quella frase , perché era
vero , lui non aveva mai detto di essere omosessuale , aveva solo baciato il suo capo
davanti ai suoi occhi !
Glielo fece presente
con una faccia schifata , e lui le diede un'altra e ovvia constatazione
.
Per farsi
un nome nel mondo della moda bisognava mettere mano ad ogni mezzo pur
di rendere noto il proprio talento , e lui aveva fatto lo stesso
facendo qualche moina al presidente della casa di moda .
Amelia
abbassò il braccio con sguardo accusatorio , tornando
però a urlargli contro quando le tornò in mente
un altro piccolo
particolare .
- Tu hai
approfittato di me quando ero ubriaca ! Tutte le volte che ero ubriaca
! Quanto devo averti fatto schifo per farti desiderare di venire a
letto con me sapendo che il giorno dopo non avrei ricordato nulla ?
A quella domanda
però Svein non le rispose , abbassò lo sguardo
con le ciglia biondissime che sfarfallavano tristemente su quelle iridi
chiare oscurate alla sua vista .
Fu proprio quel
gesto , quell’arrendevolezza a farle capire quanto davvero
fosse stata stupida quella volta , quanto tempo avesse sprecato a
sperare in un qualcosa che poteva anche esserci ma che lui stesso non
aveva voluto .
Perché
ora non aveva
più nulla da dire , più nulla da fare .
Svein poteva aver
avuto le sue motivazioni per comportarsi a quella maniera , ma erano
tre anni che lei reprimeva i suoi sentimenti , tre anni che voleva solo
cancellare dalla sua memoria .
- Sai qual
è la cosa più triste di tutta questa storia
– cominciò con voce spenta e gli occhi tornati
lucidi fissi in quelli di Svein – mi sono innamorata di te
dal primo momento , ti ho amato per tre anni e tu non te ne sei mai
accorto .
Una confessione che
l’aveva svuotata di tutto , rabbia , dolore , tristezza , ora
, l’unico sentimento che la portava a sorridere sofficemente
era l’amarezza .
L’amarezza
che si rifletteva nei suoi occhi scuri .
Fu impagabile
l’espressione di pura incredulità di Svein
che sembrava tanto un bambino con quegli occhi lucidi e
sgranati , le guance rosse per la sorpresa e le labbra schiuse in una O
perfetta .
Era dolce ,
così dolce da farle venire le lacrime agli occhi .
- Torna
all’appartamento , io ho già pensato ad un posto
in cui stare . Credo che sia meglio per entrambi
stare lontani l’uno dall’altra per un po’
.
Breve, coincisa e
sicura , non ebbe neanche un tremolio delle corde vocali e quella
sobrietà la inorgoglì .
Allontanò
con un sorriso la mano dell’amico , incamminandosi verso
l’uscita con il sussurro confuso di Svein lontano mille
miglia da lì .
Nascose il naso nel
colletto del cappotto quando il gelo di Manhattan la investì
, pizzicandole le guance indolenzite da tutte quel sorridere .
Era
stanca di New York .
Era
stanca del freddo .
Era stanca di tutti quei volti
estranei .
Voleva
calore , voleva facce amiche , voleva la sua casa
.
Digitò il
numero di Samuel con occhi asciutti , inghiottita dal caos delle strade
alla quale era sempre stata insofferente , anche se si trovò
a ringraziare la mancanza di curiosità per quei passanti
dall’aria triste e depressa com’era lei in quel
momento .
Era stata brava , si
era comportata da donna matura almeno all’ultimo .
Inforcò
gli occhiali da sole con l’eleganza di una stilista del suo
calibro prima di parlare .
- Samuel , sono
Amelia . Accetto il lavoro a Milano . Parto questa sera .
Chiuse la chiamata
ancor prima di sentire la risposta , camminando a testa alta verso
l’aeroporto .
Perché
lei era Amelia Grimaldi , stilista affermata , donna in
carriera , ultima di una cucciolata di aitanti italiani bruni
.
Amelia-la-pazza-dai-capelli-strani
.
Amelia-la
- stronza - sfascia-futuro.
Amelia-e-basta ,
una donna che poteva annoverare alla fine di quell’anno un
cuore spezzato , un contratto cancellato e un nuovo futuro da stilista
indipendente con una propria casa di moda .
Ci voleva stile
anche nel saper perdere e nel rialzarsi dopo una caduta , e lei ci era
riuscita ancora una volta .
°°°
Furono necessarie
due hostess e l’altoparlante dell’aereo per
svegliare Amelia dal sonno in cui era crollata dall’inizio
del volo , e quando aprì gli occhi stanchi , il sole
dell’Italia la abbracciò attraverso la piccola
finestrella .
- Signorina ?
– la richiamò debolmente un hostess nel mentre che
si calcava il cappellino da baseball sulla chioma aranciata per
scendere dall’aereo .
- Bè
– inziò un po’ titubante la donna
– il suo cellulare non ha smesso di squillare
dall’inizio del decollo , credo che dovrebbe rispondere .
Toh , non
se ne era accorta minimamente con i tappi alle orecchie che aveva
appositamente comprato prima del viaggio .
Diede uno sguardo al cellulare e si stupì di
notare come le trecentoquarantasei chiamate perse fossero
tutte di Svein .
Probabilmente aveva
ricevuto la visita della ditta di traslochi che aveva chiamato la sera
prima per inviarle le sue cose lì in Italia , tanto meglio .
Gettò il
telefonino nella borsa , trotterellando allegra fino alle scalette
sulle quali fu però costretta ad arrestarsi quando un nugolo
di turiste lanciò qualche commento osceno sulle
bellezze italiane .
E le
bastò notare gli sguardi sognanti di tutte quelle donne per
capire che tutti i suoi fratelli erano venuti a prenderla .
Le
sorpassò con un sorriso estatico , addolcendo lo sguardo
quando intravide le chiome brune di Marco , Andrea , Francesco , Paolo
e Salvatore Grimaldi allineate sulla pista di atterraggio .
- Lia !
Saltò il
braccio al maggiore con un risolino divertito , tempestandogli il viso
di baci sotto lo sguardo allucinato delle americane .
- Ehi ! Ci siamo
anche noi qui ! – si lamentò Paolo , il
più piccolo della combriccola .
Amelia gli
volò tra le braccia con un tenero broncio , lasciandosi
spupazzare dal resto della cucciolata con il cuore più
leggero e sereno , almeno lo fu fino a quando il telefonino non
cominciò a squillare ,
e lei sapeva già chi fosse.
- Chi è ?
– si volle informare Andrea , assottigliando gli
impressionanti occhi grigi nel notare come lei non avesse ancora
allungato una mano nella borsa .
- Nessuno !
Marco fu
più svelto di lei , le sequestrò la borsa e il
suo contenuto con una luce curiosa nelle iridi verdi , imbronciando la
bocca quando vide chi stesse chiamando .
- Svein ? Non
è il tuo coinquilino gay ? Perché non rispondi ?
Amelia si morse il
labbro inferiore con occhi lucidi , affondando il volto nel petto di
Salvatore sotto gli sguardi sconcertati dei suoi fratelli .
- Lia ,
cosa…
- Non è
poi tanto gay – biascicò con un filo di voce ,
pronta per lo scoppio della bomba , anche se quella che
seguì fu una bestemmia irripetibile che non
riuscì neanche a sentire grazie alle mani di Salvatore ,
poggiate con fare protettivo sulle sue orecchie .
Perché se
i suoi fratelli avevano accettato il fatto che lei convivesse
con un uomo era stato solo per
l’inclinazione sessuale del suo coinquilino , per nessun
altra ragione .
Non potè
neanche sentire le parole che suo fratello urlava al telefono visto
com’era infagottata nelle braccia di Salvatore , gli occhi
neri duri e severi mentre le mani gentili le accarezzavano la testa .
E pianse tra le sue
braccia , pianse le ultime lacrime che ancora le rimanevano , nascosta
dalle ombre confortanti dei suoi fratelli , avvolta da quel calore
umano che riusciva , in qualche modo , a sovrastare il gelo che sentiva
premerle ancora da dentro .
Ricominciare una
nuova vita non era mai semplice , e neanche per lei lo era stato .
Erano passati due
mesi , e in quel lasso di tempo aveva cancellato il contratto con
Samuel , si era trasferita nella vecchia villa di famiglia con i
fratelli , in Toscana , e aveva preso contatti con sua zia
Clotilde , decidendo di iniziare ad ingrandire la boutique di cui sua
zia era proprietaria .
La sfilata di Milano
le aveva permesso di far conoscere il suo marchio , ed era riuscita ad
accaparrarsi una numerosa clientela non solo italiana ma
anche internazionale .
Svein aveva
continuato a chiamarla , le aveva inviato lettere , le aveva scritto
e-mail , ma lei non gli aveva mai risposto .
Le
sue scuse non sarebbero servite , la sua pietà non le
serviva .
Era tempo di
ricominciare , era tempo di cambiare , per questo quando Clotilde le
aveva chiesto di cucire un abito da sposa aveva colto al volo
l’occasione , accettando anche di indossarlo per il catalogo
che la zia avrebbe inviato ai loro clienti .
E poi , lei e suo
fratello si sarebbero divertiti a far venire un infarto ai loro
genitori che si trovavano in qualche villaggio sperduto della
Cambogia con la foto di loro in
prossimità dell’altare , ed era sicura che a sua
padre sarebbe partita la dentiera per la sorpresa .
Quel lavoro era una
ventata d’aria fresca , la compagnia di suo fratello e gli
scherzi orditi contro loro zia erano una ventata d’aria
fresca .
Dopo tanto tempo si
sentiva bene , tranquilla , serena , realizzata , e non avrebbe
permesso a nessuno di rovinarle quel momento .
Neanche ad
un certo modello norvegese che aveva appena letto sul New
Yorks Time l’improvviso matrimonio della stilista Amelia
Grimaldi con un aitante italiano dagli occhi grigi .
Lo stesso modello
che aveva dato le dimissioni da due mesi , che girovagava per
Manhattan con occhi tristi e che ora si trovava su un volo diretto per
Firenze , nel tentativo peraltro disperato di annullare quel matrimonio
e riprendersi la donna che amava .
°°°
La villa di famiglia
era stata scelta come set fotografico per
quell’evento perché perfetta con il suo
enorme giardino fiorito e il gazebo in legno sotto il quale avrebbe
affiancato suo fratello .
Amelia si trovava
nella sua stanza, vestita di tutto punto e intenta a sistemare il velo
sui vistosi capelli arancioni che aveva acconciato in morbidi boccoli .
Sistemò
con una mano lo strascico , sorridendo di sbieco all’immagine
riflessa .
Era strano indossare
quel vestito , la faceva sentire in qualche modo
più bella .
Il corpetto rigido
le accarezzava morbidamente le forme piene del seno , stringendo sui
fianchi e discendendo nel tessuto liscio della gonna tanto simile ad
una cascata di panna .
Raramente indossava
qualcosa di così vistoso , ed un vestito da sposa era forse
l’ultimo abito che pensava di indossare , ma ora si sentiva
stranamente euforica .
Un tonfo sordo la
fece sussultare leggermente mentre il rumore di passi dietro la porta
la avvisava della venuta di Clotilde .
Probabilmente la zia
era venuta a controllare perché ci mettesse tanto a
prepararsi .
Diede un ultima
occhiata al trucco , pestando i piedi per vedere se i tacchi
vertiginosi che indossava l’avrebbero retta ,
quando le porte della sua stanza si spalancarono e l’ultima
persona che si sarebbe aspettata di vedere ricambiò il suo
sguardo incredulo con uno furioso .
Amelia
sbiancò di colpo , rimpicciolendosi sotto i freddi
lapislazzuli che gettavano lampi di rimprovero e fastidio nella sua
direzione , e sebbene lo avesse davanti agli occhi , lui non poteva davvero essere
lì , non poteva . Punto .
Eppure Svein Ibsen
era proprio lì , a Firenze , nella sua stanza ,
più trasandato di come lo ricordava , con i capelli
biondissimi lunghi fino alle spalle legati da un codino e una
leggera barbetta a renderlo più mascolino .
Per lui non aveva
sperato in qualche calamità fisica, ma che almeno gli fosse
spuntato qualche brufolo per la panciera di nonno Alfonso !
Quell’uomo
era diventato ancora più bello in quei due mesi , e questo
non la aiutava per nulla .
- Che diavolo ci fai
qui ? Tornatene subito a New York ! Non abbiamo più nulla da
dirci !
La sua sfuriata non
doveva però avergli fatto molto piacere a
giudicare da come aveva contratto la mascella .
Lanciò un
urletto quando Svein la caricò come un toro , ed era sicura
che l’uomo l’avrebbe malmenata in preda a qualche
colpo di testa , o che avrebbe ricambiato la capocciata
dell’Empire , ma non si aspettava di certo che la prendesse
di peso e se la caricasse come un sacco di patate sulla spalla prima di
correre fuori dalla villa .
Lo shock iniziale
che l’aveva ammutolita si volatilizzò quando
in lontananza vide la figura elegante di Andrea chiacchierare
allegramente con Clotilde , ed urlò il nome del fratello con
quanto fiato aveva in gola , attirando l’attenzione dei
familiari sull’uomo che la stava rapendo .
- Lia !
Ma la figura di
Andrea era già un puntino nel verde del
giardino mentre Svein scorrazzava tranquillo per le vie di
Firenze , attirando l’attenzione dei suoi compaesani
che lanciavano occhiate stranite a lei , vestite da sposa , e
al bellissimo straniero che continuava a bestemmiare in norvegese .
- Lasciami !
Lasciami ho detto – strillò imbarazzata ,
tirandogli i capelli per farsi lasciare , ma il modello le
ringhiò di rimando , aumentando la presa su di lei .
- Sta zitta !
- Sta zitto tu !
– sbottò offesa – come ti permetti di
venire a casa mai e fare i tuoi comodi ? Non sei nessuno , non ne
hai alcun diritto , e non devi impicciarti degli affari miei !
Sembrava un
orribile remake delle sfuriate che Svein le aveva sempre
imposto durante la loro convivenza , quando usciva fuori di testa e la
prendeva a pesci in faccia , ma ora lei voleva solo essere lasciata in
pace , nient’altro .
Allungò
le mani per ancorarsi ad un lampione e frenare la corsa forsennata del
norvegese che la strattonò come un indemoniato , facendo
leva con una gamba per scollarla da lì .
- Smettila di fare
la bambina ! Ho solo bisogno di parlarti ! – le
urlò in faccia con un espressione sempre più
esasperata .
Amelia
provò a mordergli una mano , scalciando e cercando con lo
sguardo qualche aiuto da parte dei suoi compatrioti per
quell’ attacco straniero , e fu per pura fortuna che vide il
restante dei suoi fratelli seduti ai tavolini di un bar .
Cominciò
a sbracciarsi e urlare i loro nomi , attirando l’attenzione
del vecchio padrone , zio Remo , che la fissò con occhi
stralunati .
- *Oh bischero !
L’è normale che la piccola Amelia
c’ha il moroso ?
Paolo fu
il primo a seguire lo sguardo del vecchio barista , sgranando
gli occhi nel vedere sua sorella vestita da sposa strattonata dal falso
coinquilino gay che era diventato peggio di uno stalker in quei mesi .
Richiamò
Salvatore , Marco e Francesco con una gomitata ,
rovesciando la sedia nel vedere come quello stronzo avesse ripreso a
correre verso i resti dell’antico porto di Firenze .
- Lia !
-Chi sono quegli
energumeni – sbottò d’improvviso Svein
nell’adocchiare i suoi tre inseguitori .
- I miei fratelli !
Ed ora mettimi giù prima che ti prendano a botte !
Riprese ad agitarsi
come un anguilla , pizzicandogli il braccio con il quale la teneva
ferma e riuscendo a strappargli un gemito di dolore che non la fece
sentire minimamente in colpa .
D’un
tratto i suoi piedi toccarono finalmente qualcosa di solido , ma
ciò che i suoi tacchi raschiavano non era il
rugoso marciapiede , ma lo scassato fondo di una barchetta ormeggiata .
Svein fece leva con
il piede per prendere il largo nel corso dell’Arno ,
lasciando i fratelli Grimaldi con tanto d’occhi alla
riva .
Solo allora ,
lontani dalla strada , lontani dal mondo , in mezzo a quel fiume ,
Amelia tornò a guardare Svein negli occhi dopo
tanto , troppo tempo .
Si tolse il velo con
un gesto secco , gettandolo in acqua e osservando il loro riflesso
tremolante sul pelo dell’acqua .
Era un immagine
storpiata , opaca , offuscata , come i suoi sogni che non lo erano mai
stati , come gli occhi velati di lacrime che la sorprendevano
nell’ombra delle fredde notti di New York .
Lì
invece c’era sempre il sole , come quel
giorno , ma sentiva ugualmente freddo , lo stesso freddo che le
intorpidiva i sensi e rallentava i movimenti .
Ma non era un
fattore atmosferico , era Svein che le trasmetteva tutto quel gelo , solo lui
.
- Allora ? Volevi
parlare , parla – lo invitò , raccogliendo le
gambe al petto e dondolandosi avanti e indietro - chiedermi
scusa non servirà a nulla . Per quel che vale ti ho
perdonato , ora puoi avere la coscienza pulita . Io non ho bisogno di
altre bugie .
Non lo aveva
guardato in viso neanche una volta per paura di leggere
comprensione nei suoi occhi , aveva giocherellato con i laccetti delle
sue scarpette da principessa , perché lo era con quel
vestito , una principessa senza un principe .
Una bella
principessa che tentava di mascherare le ferite del suo cuore .
Ed il silenzio
persisteva , un silenzio colmo di disagio e imbarazzo , lo stesso
disagio che non le faceva scollare lo sguardo dal fondo della barchetta
.
- Io non ti ho mai
mentito .
Chiuse gli occhi per
nascondere il lampo di dolore che le aveva offuscato la vista .
- è vero
, all’inizio ti ho avvicinato perché Samuel me lo
aveva ordinato , ma le cose sono cambiate .
Mi sono
sentito attratto da te , dalla tua creatività , dalla tua
sensibilità , dalla tua bellezza . E non ti ho avuta per
cacciarmi uno sfizio , ma perché volevo sentirti mia , e non
volevo vedere il rimorso nei tuoi occhi la mattina dopo .
Erano belle parole ,
e sembravano anche sincere , ma credergli avrebbe significato tornare
ad essere infelice , ad essere divisa a metà .
- Amelia .
Fece un
po’ di resistenza quando Svein provò ad alzarle il
mento con un dito , restia a concedergli un'altra
possibilità .
- Guardami .
Lo fece ,
perché la sua voce era densa come miele e tenera come un
bacio a fior di labbra , perché continuava ad
amarlo nonostante i suoi difetti , i suoi sbagli .
- Non
permetterò a nessun uomo di averti , e se pensi che non sia
capace di rapirti e portarti in Norvegia con me sei fuori strada . Sono
disposto a tutto pur di saperti con me , anche a prendere a pugni ogni
abitante di questo posto .
E…
- Era mio fratello.
Lo sguardo confuso
del modello la fece sorridere sofficemente , mentre la barca scivolava
leggiadra sull’acqua del fiume .
- Non stavo per
sposarmi , mi sono offerta di posare con mio fratello per le foto di un
catalogo . Era tutto finto .
Va bene , la sua
uscita aveva rovinato il romanticismo di quell’attimo , ma
era stato più forte di lei .
La reazione di Svein
fu istantanea .
Aggrottò
le sopracciglia come se non capisse veramente , schiaffandosi poi il
viso con espressione a metà fra l’incredulo e il
divertito primo di scoppiare a ridere di cuore .
Ed era una risata
piena , dolce come una cascata di zucchero , tenera come
l’abbraccio di un bambino , sollevata come quella di un uomo
innamorato .
- Puoi
perdonarmi ? – le domandò con il riso ancora nella
voce , l’espressione più rilassata e le labbra
rosse curvate in un sorriso pieno di speranza .
Era schifosamente
bello , lo era sempre stato , ma quella sfumatura insicura la
inteneriva , le stringeva il cuore .
- Per quel che vale
, cercheremo entrambi di essere buoni amici .
Un sopracciglio
biondissimo rischiò di schizzargli via tanto lo
inarcò in un moto di offesa che la portò di
rimando ad aggrottare le sopracciglia , confusa .
- Amici ?
– gracchiò infatti il modello con voce strozzata .
- Certo –
commentò ovvia – non è forse per questo
che sei venuto fin qui ? Per tornare ad essere amici ?
Svein
cominciò a massaggiarsi le tempie con una faccia scura ,
fulminandola con gli occhi che grondavano sarcasmo .
- Non dirmi che non
hai capito , ti prego , dimmi che stai scherzando – la
supplicò , incredulo .
Amelia si
imbronciò , colpita dal rossore che aveva cominciato a
colorare le guance bianchissime dell’uomo .
- O diavolo ! Credi
di essere l’unica ad aver amato in segreto per tre anni
pensando di non essere ricambiato ? – sbottò
d’un tratto , rosso come un pomodoro e così tenero
da farle venire voglia di morderlo .
Ma ora il problema
era un altro , ben più grosso per di più .
Poi quando le
rotelline arrugginite del suo cervello cominciarono a scricchiolare nel
muoversi , la lampadina fulminata nella sua testa prese di nuovo vita .
Tornò in
piedi con un salto olimpionico , facendo ondeggiare pericolosamente la
barca e il povero Svein che soffriva di mal di mare ma che aveva
tentato di sopprimere il suo malessere pur di confessarle i suoi
sentimenti .
Non poteva essere
vero , non poteva …
- Tu ! Tu non
…- Svein le prese la mano con la quale aveva provato a
schiaffeggiarlo , baciandole i polpastrelli e soffiandole sul palmo un
bacio pieno di sentimento .
- * Jeg elsker deg –
le sussurrò con un filo di voce , stringendosela al petto e
affondando il naso nella chioma aranciata .
Era una frase che
molti avrebbero preso come una parolaccia , una bestemmia , ma per chi
come lei aveva dovuto sorbirsi tre anni di scleri in norvegese del
coinquilino straniero , era stato ovvio prendere qualche lezione per
capire quando l’uomo la mandasse a quel paese .
Quelle parole
però la colpirono dritto al cuore .
Più di un
ti amo nella
sua lingua , più di un bacio passionale , più di
un anello di rubini .
Lasciò
che l’uomo la stritolasse tra quelle braccia dal profumo di
oceano per qualche altro secondo prima di percepire
l’incombere di un pericolo sulle loro teste .
Perché la
barca aveva continuato a muoversi , ma dalla direzione opposta a quella
desiderata dal norvegese, e quando la punta cozzò con il
marciapiede , fu come rivivere il tragico affondo del
Titanic.
Amelia fu presa di
peso da Andrea mentre nel cielo limpido di Firenze
un uomo bruno si appena lanciato con un paracadute da un aereo
privato .
Un uomo con un
chè di isterico che attirò lo sguardo allucinato
di Svein e quello allarmato dei suoi fratelli .
E quando Antonio
Grimaldi , il capostipite della stirpe toccò
terra , si aggiustò con sguardo scazzato il
gonnellino di paglia che indossava , puntando con la lancia dalla punta
di pietra il suo povero amico .
- Tu ora me la sposi
!
°°°
Cinque
anni dopo…
Svein non aveva mai
capito la necessità di quel gioco di ruolo che Amelia
ordiva ad ogni rimpatriata tra compagni di liceo , a dir la
verità , non la capiva quasi mai .
Men che meno ora che
era costretto a far finta di non interessarsi al suo arrivo e al
vestito dorato che le aderiva deliziosamente al fisico
affusolato .
Era bella
come sempre , con i capelli arancioni tirati in un chignon e un sorriso
amorevole che le faceva brillare gli occhi scuri , il sorriso che la
donna riservava alla piccola palletta di carne che lei amava chiamare figlio .
E mentre alla donna
era spettato il ruolo di madre single , a lui era toccato il ruolo
del modello miliardario che aveva accompagnato
l’amica di una vita .
Non che quel gioco
fosse stata una sua idea , era la punizione che la stilista gli faceva
scontare ogni anno per le bugie passate e i suoi attentati
serali alla virtù di lei .
E a nulla
erano servite le sue spiegazioni , le sue giustificazioni ,
perché lui l’aveva amata davvero dal primo attimo
, da quando quella piccola italiana lo aveva infilzato con un ago da
cucito per farlo stare zitto , ma ci aveva messo un po’ di
più a capirlo .
Solo che
quando ci era riuscito , la paura lo aveva fatto scappare a
gambe levate , e quando si era presentata l’occasione di
creare un fraintendimento che potesse comunque fargliela avere vicina ,
aveva accettato la visione che Amelia aveva avuto di lui .
In verità
non gli era mai andato giù il fatto che lei lo vedesse solo
come un amico , lo nauseava , ma sembrava che la figura di Adam Miller
la assorbisse ancora .
Quella del giocatore
era stata un ombra costante nella vita di Amelia , lo era sempre stata
, e aveva cominciato ad infastidire anche lui dal momento che si
sentiva sempre paragonato a quell’idiota .
Lui amava veramente
la stilista , ma lei sembrava amare ancora il ricordo di
quell’uomo , perciò aveva continuato a sopprimere
i suoi sentimenti , approfittando di lei nei momenti di debolezza .
Perché il
terrore che lei lo cacciasse dalla sua vita lo aveva sempre frenato dal
confessarle tutto quanto , ora però poteva dar sfogo ai suoi
desideri , come il prendere a calci Miller che ci stava nuovamente
provando con Amelia .
Aveva resistito su
per giù quindici minuti , ma quando il giocatore le aveva
sfiorato la mano con un sorriso malizioso , le sue gambe si erano mosse
da sole e il suo pugno aveva accidentalmente
cozzato contro la guancia dell’uomo .
- Giù le
mani da mia moglie ! – gli sibilò con
voce grave , attirando l’attenzione di tutta la sala su di
sè .
Sua moglie gli si
affiancò con un sorriso divertito , tirando in braccio il loro bambino che
fissava la sua nemesi con lo stesso sguardo scazzato .
- Ha ragione
papà , sei una *akterdekk !
Era sempre
stato orgoglioso di suo figlio , ma ora lo era più che mai .
Mandò a
quel paese la Moore che aveva continuato a provarci con lui , dando un
taglio a quella messinscena per tornare finalmente in Toscana , da suo
suocero che gli aveva dato il coprifuoco
di cenerentola .
Prima di lasciare il
parcheggio però , l’esplosione di una Land Rover
grigio metallizzata attirò la sua attenzione e quella di sua
moglie che prese a fissarlo con rimprovero , ma davvero lui non era
stato quella volta .
Per pura
curiosità diede un occhiata al piccolo di cinque anni sul
sedile posteriore , sgranando gli occhi chiari nel vedere suo
figlio nascondere dei fili recisi sotto il seggiolino ,
sfarfallando gli occhi tanto simili ai suoi sotto le carezze di Amelia
.
A quanto sembrava ,
lo spirito da piromane di sua moglie era stato ereditato anche dal
figlio , sperava solo che il suo piccolo non attentasse alla sua vita
quando suo suocero gli avrebbe raccontato come i suoi genitori si erano
incontrati .
Tempi duri si
prospettavano all’orizzonte , ma se sua moglie poteva dare
lezioni di stile su come riprendersi da una mazzata , lui poteva darli
ai poveri mariti che come lui si sarebbero trovati con qualche ossa
rotto e un viaggio di sola andata per il martirio .
The End
*Oh bischero !
L’è normale che la piccola Amelia
c’ha il moroso ? : Amo Firenze , che
questo sia chiaro , e ho tentato di rendere credibile e
divertente questa frase nella speranza di strappare una risata e di non
offendere nessuno , spero di esserci riuscita .
* Jeg elsker deg :
Ti amo
* Akterdekk : Cacca
Storia senza pretese
o scopo alcuno se non quello di farvi passare qualche minuto diverso
dal solito .
Ringrazio in
anticipo chi leggerà , commenterà e
aggiungerà tra le varie sezioni .
Un abbraccio , Gold
eyes
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