Chiariamo subito

di tonksnape
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Chiariamo subito.

Io non mi sento buono, non voglio esserlo e non intendo cambiare.

 

Ho accettato di fare quello che ho fatto perché credo nella lealtà e nella fedeltà ai miei principi prima che alle persone.

Non mi interessa farmi amare o farmi ammirare dagli altri. Neppure da coloro che amo. Sarebbe deprimente poi accorgersi che io non sono all’altezza delle loro aspettative. O peggio ancora che loro non sono all’altezza delle mie.

Scusate, questo non è proprio corretto.

C’è stata una persona verso la quale posso dire di aver provato amore, anche se non conosco esattamente il significato di questa parola. Una persona che avrei voluto fosse stata più presente nella mia vita. E dalla quale ho ricevuto ammirazione e rispetto. E l’ho ricambiata. Per anni. Senza mai perdere la fiducia nei suoi confronti. Anche quando ritenevo che facesse scelte sbagliate o che si lanciasse in battaglie senza speranza di successo. Su molte cose siamo stati in disaccordo e l’ho sempre fatto presente. Uno dei pregi di questa persona era la capacità di ascolto.

Dico “era” perché questa persona non c’è più.

L’ho uccisa io.

Ripeto, non mi sento buono, non voglio esserlo e non intendo cambiare.

 

Anche da ragazzino ero così. Meglio solo che in compagnia di persone con le quali avrei potuto trovarmi bene, ammirare o alle quale avrei potuto addirittura voler bene. Non riesco proprio a vedermi come una persona capace di sentimenti positivi.

Io vivo meglio quando mi sostiene il desiderio di ferire qualcuno, non di amarlo.

Non ho mai capito esattamente il motivo che mi ha portato a vivere con questa convinzione.

Credo sia anche l’esperienza della mia infanzia. Ho cercato per anni di farmi amare e ammirare da due genitori che vedevano solo loro stessi. Mia madre mi difendeva dall’ira di mio padre quando era utile a farlo tornare da lei, a farlo ritornare tra le sue braccia. Anche ubriaco. Ma doveva essere con lei.

Mio padre in realtà non sarebbe stato capace di vivere senza di lei. La picchiava quanto picchiava me, ma io potevo rimare per ore fuori casa senza che nessuno si preoccupasse di dove ero, cosa stavo facendo o se stavo bene, mentre quando usciva lei di casa erano urla e oggetti rotti fino al suo rientro.

Io ho sempre fatto parte degli oggetti di casa. Quindi a volte, rompeva anche me.

È un vantaggio essere dei maghi in questa situazione. Impari presto l’arte della guarigione. Perché credete che io sia bravo in pozioni? Per questo. Ho imparato presto sulla mia pelle l’uso delle piante, delle radici, dei rimedi di guarigione. Prima di Hogwarts sapevo già preparare una pozione da nascondere nel cibo di mio padre che lo facesse addormentare e una che lo facesse diventare rosso se beveva vino nelle tre ore successive al pranzo. Avevo due genitori così attenti a me, che non hanno mai neppure sospettato che potessi essere io, e non il caso, che creava questi danni.

Con mia madre la situazione era un po’ diversa, in realtà. Intendo dire che aveva un minimo di istinto materno. Non mi ha mai picchiato. Neppure una volta. Passava ore senza rivolgermi la parola, ma mi preparava da mangiare e credo anche che sapesse riconoscere i cibi che preferivo.

Da quando sono entrato a Hogwarts li ho visti il meno possibile. Ho passato a scuola ogni momento delle vacanze invernali per sette anni e rientravo a casa solo per due mesi d’estate. Non annunciavo mai il mio arrivo, non era necessario. Mia madre mi salutava con un bacio, mio padre si meravigliava che fossi nuovamente in casa.

Però crescendo mi sono reso conto che lui aveva soggezione di me. Credo sia iniziato quando ho trasfigurato una bottiglia di vino in un serpente velenoso. Avevo 14 anni mi pare, o forse uno in meno. Comunque ero un genio in Trasfigurazione. Minerva mi ha sempre definito così. Ma non mi piace la materia, altrimenti la insegnerei io al posto suo.

Comunque, quando ho Trasfigurato la bottiglia in serpente, mio padre l’aveva già appoggiata alla bocca. E il serpente ha cercato di entrargli in gola. Meraviglioso. È stato solo un lampo, ma estremamente soddisfacente. Da allora ha cominciato a temere le mie abilità di mago. Ma io avevo perso interesse nei suoi confronti.

Cominciavo a vedere come stavano realmente le cose tra di loro e non mi interessava più dimostrare la mia superiorità. Messi a confronto con altri adulti, i professori in particolare, i miei genitori diventavano dei miserabili. Credo che mia madre sia stata in passato una strega molto brava, ma io l’ho sempre vista a testa bassa obbedire a mio padre. Miserevole.

 

Andando a scuola mi ero fatto dei nuovi nemici. Divertente vero? Tristemente divertente capire che la scuola era un luogo per farsi dei nemici.

Erano in quattro, quattro ragazzi molto diversi da me, ma anche bravi maghi e fedeli l’uno all’altro. Almeno fino alla caduta finale dell’Oscuro Signore, quando la loro perfetta realtà si è rivelata solo un castello di sabbia.

Comunque stavamo parlando degli anni della scuola..

Ero bravo per quel che riguarda le lezioni. Certo, non avevo altro da fare che impegnarmi a studiare. E migliorare. E cercare sempre nuove soluzioni, nuovi incantesimi, nuove possibilità di dimostrare le mie capacità.

Ve li immaginate i mesi di scuola per uno come me? Una persona che odia stare insieme agli altri, che cerca ogni motivo per non farsi vedere, per non farsi amare?

Ero un abile fantasma. In pochi si accorgevano della mia esistenza. Non davo fastidio a nessuno, non mi facevo notare.

Fisicamente ero e sono un’acciuga. Credo di potermi definire così. Sono alto e mingherlino e lo sono sempre stato. Ho i capelli e gli occhi scuri. Un’acciuga ricoperta di pece.

Chiaramente non era pensabile che potessi trovarmi una ragazza, anche ammettendo che mi interessasse trovarla. Intendo dire che voi donne cercate l’uomo attraente. Non ci sono eccezioni. Un uomo come me, alto, viscido e con la faccia perennemente arrabbiata non è da considerarsi attraente. E poi volete un uomo solare, sorridente, pronto a coccolarvi e amarvi. Io non ho nessuna di queste caratteristiche.

Non sono un uomo solare. Amo il buio. Nel buio puoi scomparire. Nel buio nessuno legge sulla tua faccia i pensieri che scalpitano nel tuo cervello. Nel buio puoi osservare gli altri e non farti guardare.

Non sono sorridente. Vi sembra che ci sia un solo motivo nella mia vita per il quale sorridere? No. E quindi io non sorrido. Semplice, mi pare.

Non so coccolare le persone. Nessuno ha coccolato me, quindi non ho potuto imparare. Forse qualcuno disposto ad insegnarmi ci sarebbe, ma dovrei sentire il desiderio di imparare e non mi pare proprio di sentirlo.

Amare. Ve l’ho detto anche prima. Amare significa farsi male. Se ami qualcuno ne senti la mancanza, sei sempre attento a non perderlo, devi preoccuparti per lui oppure devi impegnarti per farlo stare bene. Chiaro che anche lui dovrebbe fare questo per voi. È un sentimento che funziona meglio quando è reciproco. Se ami qualcuno che non ti ama allora sei decisamente da compatire.

 

Sapete, forse sto correndo troppo. Riuscite a seguire i miei ragionamenti? Perché io li sto facendo da decenni e cerco di semplificarli per voi, ma in realtà sono molto più complessi. Anche perché la fedeltà ai miei principi richiede che io stia sempre molto attento ad essi e controlli il mio comportamento in ogni momento, per non tradirli. Essere fedeli ai proprio principi è un compito estenuante.

Se sei fedele ad una persona, con lei puoi discutere, confrontarti, anche mediare se è necessario. Se sbagli cerchi di spiegare, di motivare. Inoltre una persona cambia nel tempo e anche il vostro rapporto si modifica. Con dei principi non puoi farlo. Quelli non cambiano e quindi anche tu sei costretto a rimanere sempre lo stesso, per non tradirli. E allora non smetti mai di ragionare, di pensare a quello che hai fatto e a quello che farai. Li usi come metro di misura per valutare gli altri e per valutare te stesso.

Quali sono i miei principi?

Beh, la lealtà ad essi prima di tutto. La fedeltà.. Il potere. Intendo quello vero, che nasce dalla capacità di guidare gli altri, non quello economico. C’è chi sa guidare con la pazienza e chi con la forza. Non ci sono differenze, a mio avviso. Le conseguenze sono diverse, quelle sì, in effetti. Direi che la pazienza è più produttiva, ma più faticosa. L’integrità. Il controllo di sé. Il rispetto del più forte, di colui che ti guida. E anche l’obbedienza. La capacità di pensare da soli.

Si contraddicono un poco questi due aspetti, ma secondo me, se una persona impara a ragionare da sola, impara anche a scegliere una guida alla quale obbedire con coerenza.

La coerenza delle proprie azioni, delle proprie scelte.

 

Comunque stavamo parlando del mio periodo a scuola.

Donne vi chiederete. Mi spiace che non possiate vedermi, altrimenti capireste perché le donne sono sempre state una conquista impossibile per me. Lo capireste. Non sono attraente, ve l’ho già detto. Uomini? Non sono il mio tipo. E con il mio carattere solitario non avevo molte possibilità di trovare una compagna.

A parte Lily, naturalmente. Ma non le piacevo io. Lei odiava quello che mi facevano. Direi che la differenza è notevole. Ma questo non mi ha impedito di volerle bene. Ecco, se dovessi indicare quale è la mia capacità di amare userei proprio quel momento della mia vita. Credo di essermi innamorato allora. Come è successo a suo marito, del resto. Era uno dei quattro di cui ho parlato prima, uno di quelli che si divertiva a torturarmi, fisicamente e psicologicamente, come solo gli adolescenti sanno fare con i loro simili. Beh, se non altro posso dire che la mia presenza ha permesso a loro di innamorarsi.

Sono all’origine della salvezza del mondo dei maghi. Senza di me non sarebbe mai arrivato il loro figlio, colui che salverà il mondo dei maghi.

E senza di me non sarebbe neppure diventato l’orfano più conosciuto del mondo magico, non sarebbe diventato lo strumento potente quale è in realtà.

Allora mi posso considerare il principio di tutto quello è accaduto. Sono io che ho permesso loro di sposarsi, sono io che ho fatto rimanere orfano il loro figlio.

È un pensiero del tutto inutile. Nessuno sarebbe d’accordo con questa lettura, a parte me stesso.

 

Direi che ho divagato parecchio. Il punto principale è che ho ucciso una delle due persone che hanno cambiato la mia vita. Ho scelto una delle due e l’ho uccisa. Perché dovevo. Per coerenza. Per fedeltà. Per la mia integrità.

E adesso sono qui, per non essere ucciso a mia volta. Comunque morirò. Ho tradito una delle mie due guide e non posso pensare di sfuggire all’ira di coloro che mi ritengono colpevole di tradimento. Anche se spiegassi non mi capirebbero. E allora aspetto, chiuso qui, rinchiuso in una prigione di incantesimi che non mi permettono di uscire. Non è facile capire se mi stanno difendendo da un pericolo esterno oppure se devono evitare la mia fuga. Sono amici o nemici? A volte mi confondo anch’io. Per questo riesco a capire la loro confusione.

Non capiscono quello che ho fatto.

 

L’unico momento piacevole della giornata è il suo arrivo. Quando mi porta i pasti. Entra nella stanza con il vassoio, altera come sempre. È molto diversa da Lily e ancora non capisco perché mi sento attratto da lei. Eppure risveglia tutto il mio interesse in questi giorni monotoni e senza fine. Anche se è un’Auror non l’ho mai vista con la divisa. Immagino che ce ne sia una, anche se non ne sono sicuro. Ma qui arriva con i soliti jeans, il solito maglione, i soliti scarponi colorati. E i capelli rosa. Terrificanti. A volte sono tentato di cambiarne il colore. Anche se mi hanno preso la bacchetta sono in grado di agire senza, per fare incantesimi stupidi come quello.

Recitiamo sempre la stessa storia, immancabile. Ci sono stati dei giorni in cui ho intravisto un sorriso, ma non ne conosco il motivo.

Quando entra dalla porta iniziano le battute del copione.

“Severus…”

“Ninphadora….”

“Preferirei Tonks…”

“Allora chiamami Snape. Per quel che riguarda la stupidità dei nomi, direi che siamo simili…”

Lascia il vassoio sul tavolo, sotto la finestra. Lancia un ultimo sguardo alla luna.

Già, la luna. Per lei è il centro del mondo. Il ciclo della luna decide sulla sua vita, dato che adesso ama un licantropo. Sempre uno dei quattro amici di prima. Ancora una volta le donne preferiscono loro a me. Ne sono già morti due, il terzo vive di sotterfugi e il quarto è un topo. Letteralmente e metaforicamente. Forse ho ancora qualche speranza. Non con lei, chiaramente. Anche se a volte mi sorride. È strano che accada con una donna.

Seriamente, è strano che accada comunque.

 

Ecco un altro dei miei principi, quello che mi mantiene in vita. Una malefica ironia per leggere il mondo.

E la convinzione che io non mi sento buono, non voglio esserlo e non intendo cambiare.

 

Scusate, ma la cena si raffredda.

Buonanotte.





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