Sono sempre un po’ titubante quando posto in un fandom nuovo, ma è un brivido che mi piace! ^^
Spero che la fic possa
essere di vostro gradimento.
Questa storia si è classificata
terza (a parimenti con Lady Antares Degona Lenan e Ruta
Yawara) al contest “Rosa rosae”, indetto sul
Forum di EFP da Mirya, il cui tema era
scrivere una fic sfruttando il tema delle rose a
proprio piacere, ma con la dovuta rilevanza.
Nelle note finali, ulteriori
spiegazioni.
<>O<>O<>
Ad Andrea, piccolo
angelo arrivato fra noi.
Ti voglio bene,
piccolo.
~ Folium rosae ~
Una mano le toccava il viso, piccola e leggera.
Un profumo dolce di pelle di bambino e sapone, poi una voce femminile che
parlava al termine di una risata.
Il palazzo
della Reggenza di Aldenor era immerso nel pigro
silenzio del tardo pomeriggio, sonnacchioso e indolente, accompagnato dal
frinire delle prime, temerarie cicale che cadenzavano il passare delle ore col
loro frenetico, parossistico stridio.
Un delicato
venticello d’inizio estate diffondeva il pastoso profumo delle rose di maggio e
gonfiava le tende immacolate del salone, vezzeggiandole con sinuose dita impalpabili,
quasi che fossero state candide vele di un antico galeone a lungo trascurate da
una protratta bonaccia.
Lady Margaret Carlton Weiss riposava, adagiata sul velluto cobalto di
una chaise longue,
appesantita dal suo dolce fardello.
Forse ella doveva essersi appisolata un istante, colta dal
languore, poiché, quando riaprì gli occhi, non era più sola nella stanza: il
piccolo Axel Vandemberg,
secondogenito di re Jordan IV, Monarca della Nazione Sovrana di Aldenor e di Lady Jeriane Shaffer, sostava a pochi passi da lei e sembrava essere
rimasto in contemplazione della sua figura dormiente con abbondanza di tempo – sebbene
tale considerazione fosse un concetto relativo, data l’età dell’infante.
«Axel», lo chiamò allora, con tono materno, ed il piccino parve destarsi da un lungo e viscoso sogno ad
occhi aperti da cui si era lasciato irretire.
Sussultando
colpevolmente, il bambino si riebbe e nascose di scatto le manine dietro la
schiena, come se fosse stato scoperto a compiere una qualche marachella degna di
una punizione esemplare e tentasse tardivamente di celare le prove del
misfatto.
Lady Margaret gli sorrise gioviale e lo pregò di approssimarsi a lei,
benché il principino si stesse dimostrando inspiegabilmente reticente e timido,
cosa che, fino a quel momento, non era mai stata nella sua precoce e testarda
natura.
«Axel, tesoro, avvicinati». Gli ordinò, con gentile fermezza,
esortandolo incoraggiante, corroborando l’invito con un cenno del capo.
Il piccolo Vandemberg, riottoso ad assecondarla, scosse la massa di
ricci dorati che lo faceva assomigliare al più bello dei cherubini e, al
contempo, al più disobbediente dei monellacci e
rimase fermo dov’era, strappandole una smorfia di pacata
esasperazione.
«Temi che io
ti sgridi perché non dovresti essere qui?», tirò a indovinare la donna, sapendo
di aver fatto centro ancor prima di terminare la frase, poiché il visetto
paffuto del figlioccio era un libro aperto per lei. «Non lo farò,
Axel, stai tranquillo». Precisò, rassicurante.
In tutta
risposta, il bambino rilassò le braccia, che si misero a penzolare lungo i
fianchi, e si avvicinò cautamente, quasi con un timore reverenziale.
«Vieni, accomodati al mio fianco». Lo invitò la nobildonna, abbassando
le gambe distese sui cuscini imbottiti per fargli posto, e il principe si
accoccolò vicino a lei. «A quest’ora non dovresti fare il riposino con Bryce?», s’incuriosì. «Scommetto che sei sgattaiolato via,
senza che la tua balia se ne accorgesse». Ipotizzò, con semplicità.
Axel annuì di rimando, chinando la testolina e oscillando i
piedini che ciondolarono sospesi oltre il bordo della poltrona.
Lady Margaret
gli fece una carezza di sincero affetto, lisciandogli la zazzera bionda.
«Ti andrebbe
di fare merenda con me?», propose, stimando quanto fosse vuoto quel pancino.
La proposta
stupì il bambino, che nondimeno si mostrò lusingato.
«Se rimani qui
per un po’, nessuno avrà da ridire». Gli chiarì la dama. «Tuttavia,
è buona cosa non far preoccupare chi ti vuol bene. Mi concederesti il permesso
di avvisare la tua bambinaia?», chiese, con solenne rispetto
e femmineo garbo. Ed egli acconsentì.
Il tintinnio argentino
di un campanello risuonò ridente tra le pareti della stanza e una cameriera
comparve, solerte, ricevendo le dovute istruzioni.
Quando Margaret
dedicò nuovamente la sua attenzione al piccolo ospite, si accorse che questi
stava fissando con evidente interesse il suo ventre prominente, dimostrandosi,
per la prima volta da che era iniziata la gravidanza, veramente incuriosito dalla faccenda.
La nobildonna
non aveva mai dato molto peso alla sua indifferenza giacché, si era detta, i lattanti
non erano una novità per Axel Vandemberg:
il suo fratellino Bryce, il terzogenito figlio del Re
di Aldenor, aveva solo un anno in meno di lui e
condividevano ogni cosa da che era venuto al mondo.
Quel
pomeriggio, tuttavia, sembrava che Axel si fosse
dilettato in comportamenti inconsueti: la sua comparsa imprevista, la titubanza
sorprendente e quella neonata curiosità per il suo grembo fiorente.
«Vorresti
toccarlo?», si ritrovò a chiedere, più per
gentilezza che per reale convinzione, ma inaspettatamente lo vide annuire.
«Sì».
Le sue manine scattarono
senza indugio, incuranti di sgualcire gli inserti di merletto sulla veste
ricamata di pregiata mussola; parvero
essere rimaste in attesa di quel momento da sempre, da prima ancora di aver
concepito quell’idea e forse persino quella creatura
stessa.
Il contatto
durò un solo istante e poi Axel squittì, spaventato e
confuso, sgranando gli occhioni di cielo e strappando
le ditina come se si fosse scottato.
Lady Margaret
rise in risposta del suo sconvolgimento.
«Il bambino si
è solamente mosso». Gli spiegò, paziente,
accarezzandosi in modo rassicurante. «Senti, sta scalciando!», lo incitò,
afferrandogli un polso e guidandolo verso la fonte del movimento, incurante del
suo turbamento interiore.
Axel spalancò la boccuccia in una perfetta ‘O’ sdentata, prendendo
l’iniziativa personale di posare anche l’altra mano, venendo
gratificato in ciò da una scarica di colpetti.
«-ose». Esclamò,
come se volesse comunicare con il feto dentro la pancia.
«No, tesoro».
Lo corresse la donna, sorridendo, stupita dalla sua intraprendenza. «Rose è un nome bellissimo; ma se sarà
una bambina, la
chiameremo Eloise».
Il principino
increspò le labbra, contrariato. «-ose». Ripeté, abbracciando il pancione come se fosse stato
un’enorme boccia di cristallo, schioccando un sonoro bacio alla sua sommità.
La passione di quell’abbraccio era come il sole cocente, avvolgeva e
toglieva le forze, riempiva tutto di una luce troppo intensa per
poterla sopportare.
***
Lady Margaret
Carlton Weiss riposava, adagiata fra le coltri del suo letto a baldacchino,
stremata dalla fatica che, solo poche ore prima, l’aveva resa madre.
Ella sorrideva radiosa, col pensiero volto alla sua creatura
che finalmente aveva stretto al seno
e che, in quel momento, dormiva nella culla di pizzi accanto a lei.
L’aveva
ammirata solamente per qualche istante, la
sua Eloise, ma era certa che fosse
semplicemente perfetta. La sua piccina
aveva la pelle d’alabastro, così liscia e chiara da non aver eguali tra le Novem Nationes, con l’unica
eccezione di una minuscola voglia, dal color rosa pallido appena un po’ più
scuro del suo incarnato. La cosa bizzarra
consisteva nella sua forma di petalo di rosa.
L’Archiatra Reale,
ad ogni buon conto, l’aveva rassicurata garantendo che
quel minimo difetto sarebbe scomparso presto da sé, ancor prima dell’incedere dell’autunno.
Ma chissà come, le parole di Axel
e quel suo comportamento di due mesi addietro le tornarono alla mente come un
tarlo pronto a rosicchiare la sua gioia di madre.
«Rose». Aveva detto lui, con una
convinzione così tenace da sfociare quasi nel presagio.
Le leggende antiche avevano sempre
sussurrato questo – tra le nebbie dei gelidi inverni accanto a focolari spenti,
in refoli di respiro condensato che avviluppavano il cuore –, avevano bisbigliato
di persone segnate sin dalla nascita; parlavano di Prescelti destinati a grandi
cose e, al contempo, a grandi sofferenze.
Del resto, al mondo non erano mai esistite le rose senza spine.
Lady Margaret
scacciò quel pensiero angoscioso, lo chiuse fuori dal petto e si fece il segno
di croce.
Quello non era il tempo di lasciarsi
suggestionare, era il tempo della gioia, il tempo
della festa.
Un discreto
bussare alla porta contribuì a distrarla ed ella
concesse al visitatore il permesso d’entrare.
Il suo
orgoglioso consorte fece capolino, inaspettatamente accompagnato dall’incolpevole
fautore dei suoi turbamenti: il piccolo Axel Vandemberg lo tallonava, infatti, con le ditina aggrappate strette ad un
lembo della sua redingote.
«L’ho scovato
qua fuori». Spiegò l’uomo, mettendo una mano sulla spalla del figlioccio come a
rassicurarlo. «Il principino sembrava curiosamente ansioso di conoscere la
nostra primogenita!», precisò poi, dandogli una
paterna spinta affinché prendesse coraggio.
Il bambino incespicò
per qualche passo, impreparato; gonfiò successivamente
il petto, raccattando brandelli di ardimento e precoce intraprendenza, e si
diresse verso la culla, sollevandosi sulle punte dei piedini per riuscire a
sbirciare il suo prezioso contenuto – la
novità che aveva messo a soqquadro l’intero palazzo della Reggenza, in un andirivieni infinito di persone, quasi
che il castello fosse stato un enorme formicaio calpestato.
Aggrappandosi
con forza ai bordi ricamati, egli cercò di scorgere il fondo della cesta, eppure
arrivò a malapena a intravedere il lenzuolino decorato prima che il suo gesto
facesse oscillare il lettino sospeso, risvegliando la piccola occupante che riempì
l’aria di assordanti vagiti.
Dalla sorpresa
egli scattò all’indietro e per poco non sarebbe atterrato sul sederino, se la
presa salda del Lord Cancelliere di Aldenor non
l’avesse salvato da un penoso capitombolo.
Domenic Weiss rise del suo sconcerto, sollevandolo in aria
sopra il paniere di vimini.
«Vedi com’è
bella?», domandò retorico, avvicinandolo alla figlia.
Un giorno lontano, avrebbero raccontato ad Eloise che, aprendo gli occhi
sul mondo, ella aveva visto come prima cosa Axel Vandemberg.
Il principino
allungò le manine verso di lei, quasi che fosse stata una bambola da
raccogliere e stringere a sé.
«Vuoi
prenderla in braccio?», gli propose Lady Margaret, intromettendosi fra loro, scambiando
uno sguardo con il marito che sottintendeva un lungo dialogo silenzioso.
«Sì». Le
rispose Axel, immediatamente, senza neppure un dubbio,
mentre ancora penzolava tra le braccia del migliore amico di suo padre.
«Allora vieni
a sederti qui sul letto, tesoro, sarà più sicuro». Gli spiegò la puerpera, con
materno buonsenso, ed il piccolo eseguì l’ordine non
appena tornò coi piedini per terra, correndo ad arrampicarsi sul copriletto di
eccellente fattura, sospirando soddisfatto quando riuscì nell’impresa.
Un istante
dopo, il principino si era ritrovato a sorreggere un caldo fagottino, contemplando
due occhietti illanguiditi dalle lacrime appena piante, gocce di sale sulle
lunghe ciglia scure, come la rugiada dell’alba sulle castagne lustre che
facevano capolino dai ricci, nel colorato autunno delle Nationes
settentrionali che sarebbe giunto di lì a poco.
Eloise smise di piagnucolare, cullata dal suo dondolio,
mentre Axel rimaneva incantato da lei, dal miracolo
umano che ella rappresentava, e le sorrideva
estasiato, orgoglioso ed emozionato.
«Avrai cura
della mia bambina?», gli chiese Lady Margaret, ricevendo un sì così solenne, totale e assoluto, che
solo a quell’età lo si poteva dare senza tentennare.
Lord Langemburg si unì all’idilliaco quadretto, accarezzando una
spalla della moglie, vigilando su di loro come un buon capofamiglia.
Immerso in una
quieta serenità, il principe si chinò in avanti, per annusare il profumo buono
che emanava la creaturina e sfiorare con le labbra la
piccola voglia a forma di petalo di rosa sulla guancia destra della neonata.
Fu come rimanere
sospesi sul ciglio di un brivido.
Quella bimba sarebbe stata sua. Tutta sua. Solo
sua. Non di Bryce
o di Fabian, né dei suoi genitori. Solo sua.
Eloise gorgogliò in risposta ai
suoi pensieri, facendogli traboccare il cuore.
Axel Vandemberg aveva appena
tre anni e ancora non poteva saperlo, ma quel giorno
se ne innamorò perdutamente.
«Va bene, Axel. Hai
vinto tu. E’ tutta per te».
Tutta per te.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto
non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel
fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro da
parte mia.
Note finali: La traduzione del titolo
latino è “Petalo di rosa”.
Per scrivere questa fic, ho unito
tre cose che amo profondamente: i bambini molto piccoli (meglio
ancora se neonati), le storie pre-serie (sono sempre
troppo poche, a prescindere dal fandom) e il concetto
di profezia, di presagio. La predestinazione, poi, è un’idea che adoro, ogni tanto la
uso nelle mie storie. Così mi son detta: «Se Eloise
ha il potere di comunicare con esseri ultraterreni, perché non stabilire una
sorta di contatto pre-nascita con l’anima che le è
più affine?».
La storia è divisa in due
momenti, ma rimane una one-shot,
e l’inizio simile di entrambi è chiaramente voluto.
La frase d’introduzione della fic è copiata fedelmente dalla fine di pag. 24 di “Black Friars.
L’Ordine della Spada”,
di Virginia de Winter; la frase finale è il suo seguito diretto (inizio pag. 25) e la frase a metà racconto, prima degli asterischi di divisione, è
una riproduzione di uno stralcio di pag. 374.
Vi è poi un riferimento, stavolta
indiretto, di alcune righe: pagg. 146 e 325.
“Sul ciglio di un brivido” è un tributo all’omonima fanfiction di Dreamhunter.
L’intero bando del concorso si può leggere qui:
http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9678600&tid=6cc5d3cd53f65453f1756580ebe66cdd108bf0ab78e3b4f4b27788270cb862e4
Ringrazio sentitamente Mirya, per il
suo giudizio e le sue bellissime parole che – come autrice – mi hanno riempito
il cuore. *O*
Ringrazio quanti leggeranno la fic,
e mi congratulo con le altre partecipanti. ^^
Finirò di leggere tutte le storie della sezione al più
presto, ma oggi voglio aggiornare perché è più di un mese che non posto nulla. Ç_ç
Per chi fosse interessato, ho appena inaugurato la mia prima fic anche sul fandom di Queer as Folk (USA) (non ha
bisogno di presentazioni, vero?) “Fathers And Sons”
e con il cap 41 di ‘The He in the She (l’Essenza dentro
l’Apparenza)’ su Merlin.
Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
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recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)
Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.
Grazie (_ _)
elyxyz