Vi siete mai chiesti, come la vita di
una persona possa
cambiare da un giorno all’altro?
E’ la domanda che mi pongo
ogni giorno da esattamente un
anno.
Ma per rispondere a questa domanda,
dobbiamo tornare indietro
ad un anno fa.
Tutte le famiglie hanno i loro
battibecchi e litigi.
E’ ordinaria
amministrazione litigare in un nucleo
familiare.
Ma da un periodo a questa parte, io
non facevo più parte di
quei litigi.
Ogni giorno assistevo a delle liti,
ma non me ne
preoccupavo.
Ero ingenua, ma come potevo non
esserlo? Avevo solo
quattordici anni.
La tensione a tavola si poteva
tagliare con un coltello,
forse ero l’unica a non accorgermi della situazione che si
stava creando.
Credevo fosse tutto normale, credevo
che si sarebbe risolto
tutto.
Ma non si è risolto.
Eravamo arrivati all’estate
in batter d’occhio.
Ero in vacanza, libera dal peso dello
studio e dallo stress.
Tutto era perfetto, ma si sa che
quando tutto è perfetto
succederà qualcosa a rovinare quell’atmosfera.
Ero appena tornata da un pomeriggio
di mare, accompagnata da
mia madre.
Vi chiederete, perché solo
lei? Ovviamente i miei avevano
litigato anche quel giorno e così avevano deciso di passare
la giornata in
luoghi separati.
Si stava facendo sera e le persone si
accingevano a
mangiare, ma in cucina nulla era pronto.
La tavola non era apparecchiata, mia
madre non stava
cucinando e la tv era spenta.
Tutto taceva.
Mio padre era tornato a casa da poco
e stava sicuramente
parlando con mia madre.
Non stavano litigando, almeno di
questo ne ero certa.
Pochi minuti dopo, la porta della
cucina si chiuse
frettolosamente e mio padre mi guardava comprensivo.
Non capivo, perché mi
guardava in quel modo? Dov’era la
mamma?
“Dobbiamo
parlare” mi aveva detto facendo segno di sedermi.
Mi ero seduta accanto a lui e avevo
ascoltato curiosa cosa
doveva dirmi.
Quelle parole me le
ricorderò per sempre. Impresse nella mia
mente. Marchiate a fuoco.
“Io e tua madre non andiamo
tanto d’accordo, come ti sarai
accorta” ancora non riuscivo a capire il senso di quel
discorso.
“E’ un periodo
difficile per noi…non mi sento più a mio agio
in questa casa, se sono rimasto tutti questi mesi, l’ho fatto
solo per te. Quindi
abbiamo deciso di prenderci un periodo di pausa.”
Una pausa? Non ci stavo capendo
niente? Cosa significava?
“Vado a vivere dalla nonna
e poi quando tutto si sarà
risolto tornerò”
Si vedeva dai suoi occhi che non era
sicuro di quello che
stava dicendo.
“Io e la mamma ci
conosciamo da 16 anni ed io ho capito che
non la amo più come un tempo, le voglio bene come una
sorella”
Le voglio bene come una sorella?
Crack. L’avete sentito? Era
il mio cuore.
Come potevano quelle poche parole
fare così male?
Quindi lui se ne andava? Ci stava
lasciando?
Scossi la testa e cercai di reprimere
le lacrime, invano.
“Cosa? È uno
scherzo?” chiesi speranzosa, se era uno scherzo
non era divertente.
“no, non lo
è” cercò di accarezzarmi una guancia,
ma lo
respinsi.
“perché?”
chiesi in un sussurro.
Le lacrime ormai avevano preso il
sopravvento e mi
offuscavano la vista.
“mi dispiace”
questa è tutto quello che riusciva a dirmi?
I genitori dovrebbero essere quelli
che ti rendono felici e
ti sono sempre accanto, ma sono anche quelli che ti fanno soffrire.
Loro ci stavano riuscendo.
Corsi in camera e mi chiusi dentro,
fino a che non mi
addormentai, sfinita dalle lacrime versate.
Non ricordo molto di quel momento,
forse ho voluto
dimenticarlo perché troppo doloroso da sopportare.
Dopo qualche giorno mio padre aveva
fatto le valigie e se ne
era andato.
Suonava così strano dirlo.
Guardavo senza espressione gli armadi
ormai vuoti e sentivo
un vuoto dentro.
Da una parte sapevo che non sarebbe
tornato.
Se aveva deciso di andarsene voleva
dire che la situazione
era grave.
Le emozioni erano contrastanti in
quei giorni, passavo da
momenti di allegria ad altri di depressione e tristezza.
Stavo ore rinchiusa in camera con la
musica a tutto volume,
per estraniarmi dal mondo.
Non volevo vedere e sentire nessuno.
Le persone intorno a me di certo non
mi aiutavano.
Mi dicevano che capivano come mi
sentivo, ma avrei voluto
urlargli in faccia che non potevano farlo.
Loro non erano nella mia situazione,
non dovevano dirlo che
mi capivano.
Mi dicevano che sarebbe passata in
fretta e che ero grande
per capire che sono cose che succedono.
Ma io non ero grande! Avevo solo
quattordici anni! I miei
amici andavano al mare e si divertivano con gli amici, come farebbe
ogni
adolescente, invece io me ne stavo rinchiusa in casa.
Ricordo di aver pianto solo una
volta, solo la sera in cui
mio padre mi disse che se ne sarebbe andato.
Poi basta, niente più
lacrime, niente di niente.
Forse alcune persone penseranno che
ho esagerato, come mi
hanno detto alcune persone.
C’è chi mi ha
detto di andare da uno psicologo, chi mi ha
detto di uscire e chi che ero una stupida a soffrire in silenzio.
Ma che diritto avevano altre persone
di giudicarmi? Loro non
sapevano il mio dolore, non potevano comprenderlo e io non avrei voluto
essere
compresa, il dolore era il MIO.
Pensavo di essere riuscita a superare
quel momento.
E così ci ritroviamo a 10
mesi dopo che mio padre se ne era
andato.
Come avrete capito, non era tornato a
casa.
Ma non ci ero rimasta male , me
l’aspettavo.
Tutto era più o meno
tranquillo e arrivò un’altra notizia a
sconvolgermi.
Loren era incinta. Chi era Loren?
La fidanzata domenicana di mio padre.
Tanti aghi affilati che mi tagliavano
la pelle e bruciavano.
Erano passati solo 10 mesi e lui si
era già rifatto una
famiglia?
Non riuscivo a crederci.
Nel corso dei mesi avevo scoperto che
mio padre si
frequentava con questa donna, quando ancora stava con mia madre.
Ma forse definirla donna è
errato!
Ragazza sarebbe più
appropriato, vista la sua giovane età.
Ventiquattro anni, dieci in
più di me.
Potrebbe essere mia sorella fu la
prima cosa che pensai.
Non ero felice di questa gravidanza,
ne tanto meno di
conoscere quella ragazza che mi stava già antipatica a pelle.
E di nuovo altre persone a giudicarmi.
“se tuo padre è
felice, dovresti esserlo anche tu. Non
essere egoista”
La domanda era: a mio padre importava
della mia felicità?
Forse no o forse si, ma non mi
importava.
Io non volevo una sorella, anzi la
volevo, ma lei sarebbe
stata la mia sorellastra.
Sorellastra. Che brutto nome da dire!
Ma era la semplice verità.
Abbiamo parlato solo di mio padre, ma
ora scriviamo due
parole su mia madre.
Forse quella che aveva sofferto di
più era lei, ero io che
dovevo tirarla su di morale quando invece sarebbe dovuto essere il
contrario.
Alla fine a febbraio, anche lei aveva
iniziato a vedersi con
un uomo.
Lo conoscevo, perché
l’avevamo conosciuto in vacanza.
La famosa vacanza che avevamo fatto
per non pensare alla
situazione in cui ci trovavamo.
Dopo la vacanza avevano iniziato a
sentirsi per telefono e
poi si erano messi insieme.
Era una relazione a distanza, dato
che lui abitava a Milano
e noi in Emilia Romagna.
Dopo avervi raccontato tutta questa
storia, torniamo alla
domanda iniziale.
Vi siete mai chiesti,
come la vita di una persona possa cambiare da un giorno
all’altro?
Io me lo
chiedo tutt’ora
e non so darmi una risposta.
So solo che
è
possibile.
Ogni giorno
è diverso
da un altro e ogni giorno porta nuove felicità o nuovi
dolori.
Io pensavo
che
saremmo rimasti per sempre insieme come nelle favole.
“E
vissero felici e
contenti”
Ma noi non
siamo
nelle favole, questa è la vita reale e io che lo voglia o
no, dovrò
accettare che i miei genitori non staranno più insieme, che
hanno dei nuovi
compagni e che a settembre nascerà Giulia, la mia futura
sorellastra.
Note dell’autore:
Scusate se ho scritto
questa storia, probabilmente ad
alcune persone non importerà molto ma ne sentivo il bisogno.
Questa storia
è vera ed è la mia.
Scusate se ci sono
degli errori, ma non ho avuto tempo
di rileggerla e forse nemmeno la voglia.
Perché
alcune parti della storia, mi fanno tornare
alla mente quei ricordi.
Beh spero vi sia
piaciuta e se avete avuto esperienze
simili, scrivetemi cosa avete provato!
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