sora
Prologo
Non ricordava quando avesse iniziato a sentirlo.
A casa, lontano dalla battaglia e dalle continue
botte di adrenalina per questo o quel mostro, ascoltare cosa
c’era nel suo cuore era stato più semplice. Nel suo cuore
c’era un’anima malinconica e triste. Qualcuno che si era
arreso ad essere soltanto l’ombra nel cuore di un ragazzo
fortunato. Qualcuno che aveva perso tutto.
Si era sentito in colpa, ma aveva fatto finta di
niente, perché aveva il terrore che aiutare lui avrebbe
significato perdere sé stesso. Si era perso tante di quelle
volte e tutte le volte un miracolo lo aveva acciuffato per la coda
prima che fosse troppo tardi. Non poteva continuare a sperare nei
miracoli, non poteva continuare a perdersi, prima o poi, non sarebbe
più riuscito a ritrovarsi.
La bomba l’aveva fatta esplodere Kairi.
Kairi che nella sua immensa solitudine non ricordava
come si facesse a stare tutti e tre insieme. Lui e Riku continuavano a
giocare, ridere, talmente euforici per essere riusciti a cavarsela; a
casa, tutti e due, normali, tutti i due. Due anni prima non ci avrebbe
scommesso nemmeno un capello, nonostante continuasse a ripetere che
l’avrebbe ritrovato e l’avrebbe riportato a casa. Lei li
guardava da lontano, anche se entrambi ce la mettevano tutta per
coinvolgerla.
«È strana.» aveva detto un giorno
a Riku guardandola mentre raccoglieva conchiglie sul bagnasciuga.
Lui aveva riso, prendendolo in giro come sempre.
«Non siamo più entrati nel posto segreto. Né tu,
né io, né lei.» aveva fatto forza sulle braccia per
sedersi sul tronco dove Sora stava appoggiato con la schiena.
«Siamo tutti diversi da tre anni fa.»
«Ma lei è quella più strana.»
Riku aveva scosso la testa osservandolo, non era
Kairi ad essere strana, non così tanto perché Sora se ne
accorgesse almeno; era lui che non riusciva a collegare qualcosa di
fondamentale, aveva diciassette anni ora, non quattordici, non gli
bastava più guardarla raccogliere conchiglie o stringere tra le
mani il portafortuna che gli aveva fatto.
Aveva guardato su, una palma ed i bizzarri frutti
paupou attaccati appena sotto le foglie. «Sbaglio o c’era
una cosa che volevi fare prima che un mostro si mangiasse la nostra
isola?»
Ci aveva messo una vita ad arrivare in cima, arrampicarsi sugli alberi
non gli riusciva più così bene, aveva perso
l’allenamento, in più aveva Riku che continuava a
prenderlo in giro e minacciarlo di fare prima di lui; per un attimo gli
era sembrato di tornare indietro nel tempo, tornare il ragazzino in
continua competizione con lui, perché, accidenti, Riku era
migliore di lui in tutto. Per un attimo aveva anche pensato di
ricordargli che l’aveva battuto, diverse volte, ma gli era
sembrato di cattivo gusto, perciò aveva lasciato perdere.
Kairi non si aspettava la sua visita e quando era andata alla porta
dopo che suo padre l’aveva chiamata, gli era sembrata curiosa e
sorpresa.
«Dovevamo vederci in spiaggia.» aveva detto sorridendo.
Lui non aveva trovato niente da rispondere, il che
era abbastanza sconvolgente, visto che era un chiacchierone. Era Riku
il silenzioso, il misterioso.
Tutto quello che avrebbe voluto dirle era
‘grazie’: per avergli donato il suo cuore quando lui aveva
perso il proprio ed allo stesso tempo, per aver pensato che il suo
cuore fosse al sicuro solo con lui; per aver abbracciato un Hertless ed
avergli mostrato come uscire da quell'oscurità in cui si era
invischiato; per aver dimenticato il suo nome, ma esserselo ricordato
dopo solo un aiutino; per essersi buttata in un buco nero per andarlo a
cercare, nonostante l’ansia per lei l’avesse quasi ucciso;
per averlo abbracciato, appena prima della battaglia finale, per
avergli fatto sentire quanto le era mancato, per avergli dato un motivo
in più per combattere, per avergli fatto credere che stesse
combattendo dalla parte giusta.
Non aveva detto niente invece. Si era solo tolto una
mano da dietro la schiena per mostrarle quello che nascondeva, non
c’era niente da dire, lo sapevano tutti e due.
Kairi era rimasta interdetta a guardare
l’enorme stella gialla nella sua mano. «È
un…»
«Si.» aveva annuito interrompendola.
«Wow…» aveva sorriso, ma i suoi
occhi luccicavano bagnati di lacrime. «non credevo fossero
così grandi.»
Per la prima volta Sora aveva capito tutto, tutto
insieme ed aveva trovato la giusta cosa da dire. «È da
dividere.»
Lei aveva sospirato, un sospiro pesante come un
macigno, che aveva aspettato fino a quel momento di poter lasciare
andare, poi gli aveva buttato le braccia al collo ed era scoppiata a
piangere. Sora l’aveva stretta, lasciando andare il frutto paupou
– gliene avrebbe colti mille se avesse voluto – e con il
viso immerso nei suoi capelli aveva riconosciuto il profumo di casa,
non si era mai sentito tanto bene in vita sua.
Kairi l’aveva baciato e lui non ricordava di
aver mai baciato nessun altro in vita sua, ma non gli importava,
comunque era lei che voleva baciare.
Solo quando era tornato a casa sua aveva iniziato ad ascoltare di nuovo
l’ombra nel suo cuore. Gli era sembrata confusa, non capiva.
Certo, che non capiva. Aveva controllato che in corridoio non ci fosse
nessuno, poi si era sdraiato sul letto con le braccia incrociate dietro
la testa, talmente in pace con il mondo da non capire quanto odio e
rabbia avrebbe scatenato spiegando quello che era successo.
«È una leggenda.» aveva iniziato
sentendosi un po’ stupido a parlare da solo, ma in realtà
non stava parlando da solo. «Se dividi un frutto paupou con
qualcuno le vostre vite rimarranno legate per sempre.»
Quando si era leccato le labbra il sapore salato
delle lacrime lo aveva sorpreso, non si era nemmeno accorto che stesse
piangendo e di sicuro lui non ne aveva motivo.
Anche io ho baciato solo una persona ed avrei voluto continuare a farlo…
Era stata la prima volta che lo aveva sentito
parlare ed anche la prima volta che il sapore delle lacrime gli aveva
ricordato qualcos’altro.
Ma di certo, non l’ultima.
boh...ci sono ricascata credo...mi mancavano!
non so bene cosa scrivervi...spero che vi piaccia!
fatemi sapere che ne pensate!
baci
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