• NdA: Non so esattamente
perché le cose tra
Tobias ed Eileen siano andate male. Ho immaginato che il primo abbia
provato
una sorta di repulsione all'idea di essere sposato con una donna
'magica', che
fosse troppo per lui, e anche che si sentisse ingannato. Ad un certo
punto ho
scritto che Severus era il ragazzo più bravo del suo anno in
pozioni. Non ho
mai capito se fosse lui o Lily, in effetti, ma ho preferito segnalarlo.
DISCLAIMER: Severus e Tobias Piton sono di
proprietà di JK Rowling. La fic non ha scopo di lucro.
Le strofe riportate vengono dalla canzone
'Singhiozzo', dei Negramaro.
La citazione La pazzia, signore, se ne
va a
spasso per il mondo come il sole e non c’è luogo
in cui non risplenda appartiene
e Shakespeare.
Il titolo, infine, fa riferimento
all’omonima
canzone di Adele, che ho trovato appropriata ad una fanfiction come
questa.
Buona lettura!
Rolling
in the Deep
La
signora Bailey aveva sempre avuto tre punti fermi nella vita, come
amava
ripetere a chiunque fosse disposto ad ascoltarla: era sufficientemente
certa di
essere un'ottima osservatrice, una persona dall'intelligenza perlomeno
brillante, ed era convinta che l'essere curiosi riguardo gli altri
fosse un
dovere, oltre che un istinto naturale assolutamente indomabile. E
questi tre
punti erano esattamente il motivo per cui la signora Bailey era la
persona più
informata di Spinner's End circa qualsiasi avvenimento riguardante i
suoi
abitanti.
Non che fosse una donna pettegola, assolutamente. Diceva soltanto che
le
piaceva sentirsi la 'Sherlock Holmes' della situazione –
perché sì, la signora
Bailey era donna di ampie letture. E se poi occasionalmente si lasciava
sfuggire qualcuna delle informazioni che aveva collezionato lungo la
settimana
durante un tè con le amiche... beh, quella era una cosa che
riportava al terzo
punto del suo personalissimo vangelo. Chi era lei, per impedire ad
anime meno
smaliziate di lei di godere del pettegolezzo?
Si preparava già alla seduta di quel giovedì, che
sarebbe cominciata alle
quattro e mezza in punto, ora in cui la signorina Scott, adorabile
zitella con
un gusto terribile in fatto di cappellini, avrebbe bussato alla sua
porta. Poi
sarebbero venute la signora Kelly, la signorina Richardson, ed infine
la cara
Emma Harvey, ovviamente in ritardo.
Esaminò la stanza con sguardo critico: la teiera era
già pronta, le poltrone
posizionate... niente avrebbe potuto distrarla da quella serata di
piacevoli
pettegolezzi.
Niente, tranne vedere il suo vicino più interessante
passarle davanti agli
occhi, oltre la finestra della cucina, seminascosto dalla coltre di
nebbia che
era calata quella mattina.
Attraversò con agilità insospettabile il salotto
e si tuffò contro le tendine
in pizzo della finestra, per vedere il giovane Piton – che si
chiamava
Septimus, Secundus, o qualcosa di simile – arrivare davanti
alla porta della
propria casa. Arricciò il naso alla vista degli abiti del
ragazzo: quel lungo
mantello nero sarebbe stato più appropriato in un film
del... del... non sapeva
neanche di quale epoca, piuttosto che alla Spinner's End di quegli
anni. Si
sentì vecchia al pensiero di non capire più la
moda dei giovani.
Ad ogni modo, quel Septimus – sì, si
chiamava proprio Septimus – era
sempre stato un mistero, che lei fosse giovane o no. Ricordava
perfettamente i
suoi genitori e l'aveva praticamente visto nascere, ed era arrivata ad
un'importante conclusione: quel bambino non era normale. E non
c'entrava nulla
il fatto che indossasse sempre vestiti troppo grandi – che
erano sicuramente
stati consumati dal padre, prima che di essere passati a lui
–, o che avesse
quel ridicolo taglio di capelli. La signora Bailey le fiutava, le cose,
ed
aveva capito da tempo che quel ragazzo nascondeva qualcosa.
Per non parlare dei genitori, poi. Tutti insieme davano l'idea di tre
persone
incontratesi per caso, magari su un autobus affollatissimo –
se non altro,
questo avrebbe giustificato le loro espressioni omicide. E dire che
avrebbero
dovuto essere una famiglia.
L’anziana signora scosse pazientemente la testa. Forse erano
semplicemente
pazzi.
'La pazzia, signore, se ne va a spasso per il mondo come il
sole e non c’è
luogo in cui non risplenda', recitò tra
sé.
Dopo avere raggiunto questa importante conclusione coronata da
citazione
letteraria, complimentandosi con se stessa per la propria sterminata
cultura
che non la faceva mai sfigurare davanti alle amiche, tornò
in salotto a
controllare che anche la più insignificante delle notevoli
miniature appese
alle pareti fosse perfettamente lucida.
Avrebbe dovuto ricordare e riferire quella frase. Calzava proprio come
un
guanto a quegli strampalati dei Piton.
E se anche il sole risplendeva assai di rado su Spinner's End, la
signora
Bailey non aveva dubbi che la pazzia l'avesse sempre illuminata
più di quanto
facesse in ogni altro luogo, vagando per le strade sulle gambe di un
bambino
che indossava vestiti smessi.
Fu così che, quel pomeriggio, il tè
cominciò con il suo annuncio:
« Penso che non siate ancora state informate riguardo i
Piton. Oh, ve lo devo
proprio raccontare, e devo partire da qualche mese fa... ».
Un vuoto d'aria nella gola
non riesco a dir non riesco a dire
se quel che manca è la parola ormai
aiutami a capi- aiutami a capire
e un singhiozzo di pensieri
che non mi fa parlare
che non mi fa parlare...
La nebbia non piaceva a Severus. Non era molto diversa dai fumi delle
pozioni
che aveva distillato fino a poco tempo prima, da studente, e come tale
portava
con sé ricordi che avrebbe voluto non avere.
Non avrebbe saputo dire se rimpiangesse i tempi di Hogwarts o no: di
sicuro
quella era stata la sua vera casa, un posto che, nel bene e nel male,
l'aveva
sempre accolto e protetto. Immaginava che fosse così per
tutti i maghi inglesi,
o almeno per quelli che avevano passato l'adolescenza tra quelle mura,
eppure...
Eppure non poteva nascondere che evitare certi incontri fosse stato un
cambiamento in meglio.
Era irritato quando entrò in casa. Il Marchio Nero
continuava a pulsare, anche
se l'Oscuro non lo stava chiamando, ed il braccio sinistro gli doleva.
La vista
di suo padre abbandonato su una poltrona col capo basso, i capelli
troppo
lunghi che gli ricadevano davanti alla faccia, non migliorò
la situazione.
Sentì risalirgli in gola un fiotto di bile a vederlo in quel
modo, e strinse le
labbra al pensiero che, meno di un mese prima, sua madre gli avrebbe
fatto
cenno di lasciarlo in pace.
Sua madre, che nell'ultimo periodo non aveva neanche
più parlato, mentre
Tobias continuava a fingere che non esistesse.
Tobias rimaneva lì, in quella posizione, per intere
giornate. Severus
all'inizio si era chiesto vagamente per quale motivo, prima di
realizzare che
forse, adesso che non aveva più nessuno da incolpare delle
proprie disgrazie,
si sentiva sperduto. Contrasse la mascella al pensiero di tutte le
volte in cui
lo aveva sentito mormorare contro la magia, contro Eileen, contro tutti.
Da piccolo si era chiesto perché sua madre lo avesse
sposato. Perché avesse
deciso di farsi del male, perché avesse lasciato la sua
famiglia per dividere
la propria vita con una persona del genere. Poi, con gli anni, si era
detto che
non doveva essere stato sempre così, ma aveva continuato a
non capire.
Fino a due settimane prima, quando aveva visto sua madre spegnersi
lentamente,
e lui continuare ad ignorarla. Allora aveva capito che non c'era nulla
da capire.
Severus fece per salire le scale, diretto verso la propria camera.
Aveva fame,
era infreddolito e voleva togliersi di dosso quel mantello.
Ma suo padre lo fermò.
« Ragazzo... ».
Un sussurro tanto fioco che poteva essere stato solamente immaginato.
Ecco cosa
sentì Severus, prima di decidere di ignorarlo.
Non voleva parlargli.
« Severus ».
Si fermò di riflesso, a quel punto, bloccato sul posto dal
nome che aveva
sentito pronunciare da quelle labbra forse solo un'altra decina di
volte.
Non ha mai accettato neanche il mio nome, dato che l'aveva
scelto lei.
Si voltò lentamente, contraendo la mascella e serrando i
pugni. Suo padre lo
osservava da dietro una frangia di capelli striati di grigio. Severus
non
represse un ghigno, al pensiero che Tobias, in quel momento, non
sapesse cosa
fare.
Lui ovviamente non l'avrebbe aiutato. Era tardi per fingersi un padre
premuroso
ed un figlio devoto.
Tobias sembrava pentito del gesto appena compiuto, ed era evidentemente
in
imbarazzo. Si passò una mano tra i capelli e si
schiarì la voce, e forse pensò
di lasciar perdere.
Severus l'avrebbe preferito. Tutto, così, sarebbe tornato
alla normalità, a
come era stato per diciannove anni, ed entrambi avrebbero potuto
fingere che
quegli attimi non fossero mai esistiti. Era l'unica cosa che rimaneva
da fare.
« Sei bagnato » mormorò Tobias tuttavia,
senza guardare Severus negli occhi.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio, senza nessuna intenzione
di nasconderlo. Sei
bagnato, gli aveva detto.
Aveva aspettato diciannove anni per mostrare il minimo interesse per la
sua
condizione. E l'aveva fatto esclusivamente per una sorta di tardivo
senso di
colpa, per ripulirsi la coscienza. Forse avrebbe dovuto fargli pena,
quella
carcassa di uomo, ma Severus non gli avrebbe permesso di cancellare
tutto
quello che c'era stato con un colpo di bacchetta – Tobias
avrebbe detto 'con un
colpo di spugna', probabilmente, ed avrebbe rimproverato sua madre per
essersi
lasciata sfuggire un'espressione 'anormale'
–, di sentirsi in pace con
se stesso.
Non lo meritava.
« Curioso... Pensavo di stare per ricevere delle patetiche
scuse ed invece mi
trovo a parlare del tempo. Con te »
rispose quindi lentamente,
soppesando le parole.
Severus non era tipo da lasciarsi sopraffare dalla rabbia. Piuttosto la
incanalava in qualcosa, per sfruttarla al meglio.
E di rabbia nei confronti di suo padre ne aveva tanta.
« Scuse? » ripeté Tobias.
Severus lo osservò: l'espressione confusa, stupida, quasi
gli fece perdere il
controllo.
Non era mai entrato tanto in confidenza con sua madre da chiederle
perché
quella situazione esistesse. La sua infanzia in effetti era piena di
silenzio.
Non aveva mai avuto modo di parlare davvero con qualcuno fino a quando
non
aveva incontrato Lily. Sapeva solo che, da quando aveva memoria, Eileen
lo
vestiva, zitta, lo faceva mangiare e poi lo mandava a giocare fuori.
Oppure gli
diceva di non uscire, perché stava piovendo, e quindi lo
faceva rimanere in
casa. Oppure gli chiedeva di aiutarla e tagliuzzare e dosare erbe, e lo
guardava con una scintilla di orgoglio mentre le obbediva. Non si
scambiavano
mai molte parole – tranne che per Hogwarts. Era stata lei a
parlargliene, a
fargli sognare quel mondo in cui sarebbe scappato non appena ne avesse
avuta
l'opportunità. Quando Tobias non c'era, Eileen raccontava, e
Severus non osava
interromperla, felice di sentire riempito il proprio silenzio.
Quando alla conclusione del primo anno era tornato da Hogwarts, le
aveva detto
soltanto una cosa, senza presunzione: che era il più bravo
del suo anno in
pozioni. Gli era sembrato che l'epressione di sua madre, per un attimo,
si
fosse illuminata.
« Evidentemente... »
sibilò Severus, serrando i pugni; suo padre
abbassò
lo sguardo. « Mi sbagliavo. Evidentemente
non ti senti in colpa per la
malattia di mia madre. Forse non te la ricordi neanche, tutto preso
com'eri a
fingere che non esistesse. Evidentemente non ti sei
accorto che stava
morendo e che, forse, ti avrebbe voluto accanto a lei almeno prima di
morire,
dopo una vita a punirla per... »
Per cosa?
Severus si interruppe, sentendo che la rabbia stava crescendo. Sarebbe
bastato
un attimo per far esplodere qualcosa involontariamente, e non voleva
dare a
Tobias la soddisfazione di vederlo in quel modo.
« Ma, altrettanto evidentemente, mi sbagliavo. E nonostante
la tua
preoccupazione per il mio stato di salute mi commuova,
immagino che sia
meglio lasciarti solo ».
Scese le scale in fretta, calandosi di nuovo il cappuccio umido sulla
testa. Fu
sicuro di aver sentito suo padre richiamarlo.
Fuori, la nebbia avvolgeva ogni cosa. Forse non era vero che lo
infastidiva,
dopotutto. Forse, perdercisi in mezzo era quello di cui aveva bisogno
al
momento, per dimenticare che sua madre era morta da due settimane e
che, ne era
sicuro, a farla ammalare era stato suo padre.
Dimmi pure « Amore,
prova almeno a respirare,
piano piano amore,
non c'è niente da temere,
solo freddo, amore ».
E tu lasciami scaldare
mentre il mondo cade
come cade cado anche io
senza le parole
che vorrei poterti dire...
Sì, vorrei poterti dire dire dire
che son stanco da morire.
Severus non si riteneva un eroe romantico. Aveva letto qualcosa su
quegli
idioti che riempivano pagine di lettere d'amore e si lanciavano in
dichiarazioni melense sotto il balcone delle proprie innamorate
– che,
ovviamente, dopo un'iniziale reticenza si scioglievano alle loro parole
come
tutti si sarebbero aspettati da un’eroina di carta
– ed aveva deciso di averne
avuto abbastanza.
Eppure si trovava anche lui sotto un balcone, in quel momento; con la
nebbia che
gli si infilava anche tra le ossa, lo sguardo verso la sua finestra ed
una
remota speranza che lei scegliesse proprio quel
momento per affacciarsi.
Perché anche solo vedendola di sfuggita si sarebbe calmato,
lo sapeva.
Sapeva altrettanto chiaramente di essere patetico, e che sicuramente
sembrava
anche più stupido di quegli illusi di cui lei
gli aveva raccontato,
sognante. Scoprì che non gli importava poi molto,
considerato che era additato
come lo strano del quartiere fin da quando era nato.
Avrebbe voluto parlarle di nuovo. Ci aveva anche provato. Ma sapeva che
da
quando aveva preso il Marchio – che ancora pulsava sotto il
mantello, doloroso
– non c'era stato più niente da fare.
Una notte, durante uno scontro, l'aveva anche vista. Ad attrarre
l'attenzione
erano stati i suoi capelli, rossi, che sembravano prendere tutta la
luce della
notte. Aveva sperato che nessun incantesimo la colpisse.
Mentre guardava in alto un'ultima volta, si chiese se avrebbe preso la
stessa
decisione, nel caso in cui alla fine della scuola fossero stati ancora
amici.
Forse no. Forse in quel momento il suo braccio sinistro sarebbe stato
ancora
pulito.
Prima di voltare le spalle alla casa, gli parve per un momento di
vedere un
guizzo tra le tende della sua stanza. Non si voltò di nuovo,
non ne aveva il
diritto.
Non aveva neanche quello di sperare che lei lo
riconoscesse. Eppure,
mentre si avviava solo tra le villette a schiera, cercando di far
passare il
tempo, non poté impedirsi di farlo.
Sapeva che era ora di tornare indietro, a casa. La luna illuminava
lattiginosa
la strada, un'infinità di spazio oltre la nebbia. La sentiva
tutto intorno a
sé, ed i suoi quasi venti anni gli pesavano sulle spalle
come non mai.
Sapere che non ci sarebbe stato nessuno ad aspettarlo gli faceva male.
Sua
madre non gli aveva mai chiesto nulla, si era sempre limitata a
scoccargli
un'occhiata sollevata al momento del rientro a casa. Intuiva quello che
stava
succedendo, pur avendo troppa paura per chiedere di più. Del
resto, nel loro
rapporto i messaggi si trasmettevano in silenzio, e Severus sapeva che
lei
aveva capito molto più di quanto desse a vedere.
Da quando lei era morta aveva sempre trovato suo padre a casa. Sempre
nella
stessa posizione, quasi un tutt'uno con la sua poltrona. E lui, a
differenza di
sua madre, faceva domande, diventava invadente, a volte sembrava quasi
preoccuparsi per lui.
Severus decelerò il passo. Era semplicemente stanco. E, come
un bambino, voleva
tornare a casa, anche se avrebbe significato salire nuovamente le
scale,
sentire il respiro pesante di suo padre in camera, addormentarsi per
poi
svegliarsi, ancora, con la nebbia.
Aprì la porta, attraverdò l’ingresso e
si chiuse il prima possibile nella
propria stanza. Scivolò in un sonno agitato prima che
potesse rendersi conto
che, di sotto, non aveva sentito il padre respirare.
Non
ti accorgi che sono io a farlo scivolare,
ciò che chiedi è sotto il sole tutto il resto
muore
senza neanche avere il tempo il tempo di provare
a far tornare indietro il sole, senza più rancore.
Mi ripeti « È freddo ». A- amore ho
perso le parole
che vorrei poterti dire e vorrei poterti dire dire dire dire?
Che son stanco da morire.
Di Tobias Piton
si sarebbero
potute dire tante cose. Che avesse sprecato una vita, ad esempio. Che
fosse
strano. Che fosse un pazzo.
Ma che fosse un illuso non l'aveva mai detto nessuno.
Era stato con quella convinzione che, quella sera, aveva fatto le
valigie.
Fatto le valigie era una parola grossa, dal momento che non aveva quasi
nulla,
ma aveva preso le sue cose, le aveva messe alla rinfusa in un borsone
scucito e
se ne era andato.
Gli rimbombavano nelle orecchie le parole dette dal figlio. Una parte,
rabbiosa, della sua coscienza urlava che lui non sapeva niente. Niente.
Che neanche immaginava la repulsione che aveva provato per quella
donna, dal
momento in cui aveva scoperto che era una strega – dettaglio
che gli era
stato tenuto nascosto fino all'ultimo, ovviamente. Avrebbe potuto
manipolarlo a
proprio piacimento, allora, e chissà che quel bambino che
era nato non fosse il
frutto di qualche strano intruglio magico.
Non aveva mai degnato Severus – neanche il nome gli
apparteneva, lo aveva
scelto lei dal suo mondo – di uno sguardo
perché per lui semplicemente
non era mai stato suo figlio. Non aveva lasciato prima quella casa
perché era
un fallito e non avrebbe avuto dove andare.
Ed anche perché, in fondo, gli occhi neri di quel bambino lo
incuriosivano. E
la notte, a volte, preso da un immotivato bisogno di legami, sentiva il
desiderio di andare a vedere se stesse dormendo bene.
Avrebbe potuto mentirsi fino alla tomba, ma quel ragazzino era suo
figlio.
Si chiuse alle spalle la porta. Se fosse stato un nostalgico, si
sarebbe
voltato a guardare un'ultima volta la casa in cui aveva passato tanti
anni. Se
fosse stato un nostalgico si sarebbe commosso scrivendo un'ultima
lettera a
Severus. Se fosse stato un nostalgico, lo avrebbe abbracciato un'ultima
volta.
Ma Tobias Piton non avrebbe fatto niente del genere. E non lo avrebbe
fatto
perché non avrebbe mai avuto il coraggio di chiedere perdono
al figlio.
Si incamminò per la strada silenziosa, sentendo il rumore
dei propri passi
sull'asfalto bagnato.
Avrebbe dovuto, rifletté. Un vero uomo avrebbe almeno dovuto
cercare di farsi
perdonare. Glielo doveva, almeno quel tentativo, anche
perché sentirsi dire
quelle cose l'aveva impressionato.
Lui in fondo non c'entrava nulla. Eileen gli aveva mentito e lo aveva
ingannato, ma il ragazzo...
Scosse la testa. Ormai era tardi. Ed anche se una parte di lui sarebbe
voluta
tornare indietro a cercare di capire un po' di più il figlio
che aveva sempre
rifiutato di conoscere, in cuor suo sapeva di star facendo la cosa
giusta
lasciandolo.
Sarebbe stato tutto normale. Severus se la sarebbe cavata da solo, nel
suo
strambo mondo. E lui sarebbe semplicemente sparito, lasciando
nient'altro che
una camera da letto vuota.
Aspettando l'autobus che l'avrebbe portato lontano di lì,
Tobias arrischiò
un'ultima occhiata a Spinner's End.
E non poté trattenersi dall'augurare buona fortuna a chi
stava lasciando.
E non voglio più
restare,
almeno lasciami il perdono
di un singhiozzo e non di un pianto
io non so gridare....
« E
così se ne è andato? ».
La signora Scott aveva sgranato i grandi occhi color nocciola.
« Sparito? All'improvviso? »
La signora Bailey sorrise tra sé.
« Proprio così. Del resto, lo sapevano tutti che
era strano, quel Piton... »
rispose, portando alle labbra la sua tazza di tè.
« Strano davvero, per lasciare solo quel povero ragazzo...
».
« Mia cara, ma era solo questione di tempo: non ho mai visto
persone più sole
di loro, pur vivendo tutte insieme. Tu non hai visto crescere quel
povero
bambino, ogni volta che poteva andava a giocare con la bambina degli
Evans di
Privet Drive, quella che ora è una bella ragazza con i
capelli rossi. Non stava
mai in casa, non lo vedevo mai con il padre... Come avresti pensato che
si
potesse concludere una tale storia di solitudine? »
La signora Bailey vide con orgoglio di avere impressionato le altre. Si
offrì
di preparare dell'altro tè, lasciando loro il piacevole
compito di assicurarsi
vicendevolmente che l'avevano sempre saputo che per quel povero Severus
– Severus,
non Septimus! – sarebbe finita male.
Ma quando arrivò in cucina, la signora Bailey dovette
trattenersi
dall'aggrottare la fronte al pensiero di quello che era successo.
Perché sì,
era una follia che un padre avesse lasciato casa a quel modo; che non
se ne
fosse più saputo niente per mesi; che ad un certo punto,
davanti quella casa,
fossero arrivate quasi per magia le sue cose, ma di
lui nessuna traccia.
Ma non era ancora più folle che suo figlio non le avesse
volute con sé? Che le
avesse lasciate lì per una settimana, prima che si decidesse
a farle sparire?
E soprattutto, non era folle che non le avesse semplicemente gettate
via, a
quel punto, ma probabilmente alla fine le avesse prese in casa
– la signora
Bailey aveva controllato nel bidone dell'immondizia, e non ce ne era
traccia-?
La pazzia se ne va a spasso per il mondo come il sole e non
c’è luogo in cui
non risplenda.
La signora Bailey, dall'alto della sua esperienza, scosse il capo.
Sperava solo
che in quel momento la follia, stanca, riposasse in pace con il vecchio
Piton,
e potesse lasciar finalmente riposare Spinner's End.
Prima
classificata al City
Contest indetto da Alchimista
e Bellis
sul
forum di EFP.
Pacchetto scelto: Praga -> Severus Piton, solitudine, nebbia.
Ringrazio di nuovo le giudici e faccio un po’ di
pubblicità alle altre
partecipanti che hanno pubblicato – prima o poi
recensirò anche io:
Il
gioco di
Dio, di Lalani;
Un'altra occasione, di HarryJo
1°
CLASSIFICATA
̴ Rolling in the Deep - _Mary
Giudizio di _Alchimista_@
• Grammatica e sintassi 9.5/10
• Caratterizzazione dei personaggi 10/10
• Uso del pacchetto 10/10
• Uso della citazione 5/5
• Originalità 10/10
• Stile 9.5/10
• Gradimento personale 15/15
• Canzone 1/1
Per un totale di 70/71
*-* Questa storia mi ha conquistata. Letteralmente! Ma andiamo per
ordine.. la
grammatica, come al solito, piange l’abuso delle virgole,
stanche di lavorare
per altri o addirittura inutilmente, ma a parte questo, il resto
è davvero ok!
Tanto Severus, quanto il padre sono perfetti: ottima, ottima
caratterizzazione
– ho amato anche il circolo di vecchiette con i loro
pettegolezzi! La citazione
è perfetta! Perfetta per la storia ed originalmente
utilizzata, mi hai stupito
e l’ho molto apprezzato. Anche
l’originalità ha il massimo: beh, un momento del
genere non l’avevo mai visto. Lo stile è molto
piacevole, non pesante, ma
neanche sciacquo. Davvero ben fatto! Il momento della nebbia
– ottimo uso del
pacchetto – è il mio preferito: quello in cui va
da Lily, per intenderci! Davvero
– ti ripeto – un ottimo lavoro! I miei complimenti!
Giudizio di Bellis
• Grammatica e sintassi 9/10
• Caratterizzazione dei personaggi 10/10
• Uso del pacchetto 10/10
• Uso della citazione 5/5
• Originalità 10/10
• Stile 9/10
• Gradimento personale 15/15
• Punto bonus 1/1
TOTALE 69/71
Primo appunto: la signora Bailey è un personaggio di una
simpatia incalcolabile
e di una flemma tipicamente inglese.
Secondo appunto: i suoi ragionamenti sono di una logica impeccabile :-P
Lasciamo perdere l'assurdo e passiamo al vero commento.
Il tuo racconto mi è piaciuto moltissimo. Trovo innanzitutto
eccellente la
differenza tra la terza persona incentrata sulla Bailey (sottilmente
ironica e
pervasa di tutto il garbo dovuto ad una signora britannica durante il
suo
passatempo preferito: il gossip) e quella incentrata, invece, sui reali
avvenimenti che hanno coinvolto la famiglia Piton.
Quella che racconti è una storia commovente, uno squarcio
d'introspezione
profondo ed assai credibile su Severus Piton e sulla sua giovinezza,
sul padre,
questo personaggio oscuro che emerge, poche volte, dai flashback
dell'ultimo
libro.
Il tutto immerso nell'atmosfera di assoluta normalità di
questo villaggio
inglese, Spinner's End. Quella che hai voluto rendere è una
sensazione di
rovesciamento quasi Pirandelliana, sbaglio? I Piton sono ritenuti
"anormali", mentre i rapporti che legano padre e figlio sono -
purtroppo - giustificati dal sentimento dovuto alla loro situazione
familiare
ed ai drammatici trascorsi. La britannica indifferenza della signora
Bailey,
invece, è ritenuta "normale" - benché si avvicini
più ad un inumano
cinismo.
Non posso esimermi dal farti un piccolissimo appunto: inserisci sempre
la
punteggiatura alla fine del parlato, all'interno del discorso diretto.
A parte
questa pignoleria, ottimo lavoro: complimenti!
TOTALE
COMPLESSIVO 139/142
|