Disclaimer: I
personaggi presenti in questa fan fic non
sono miei ma sono presi in prestito da Kaichou wa maid-sama!
Personaggi: Usui Takumi/Ayuzawa Misaki
Genere: Generale, Fluff,
Romantico.
Note: One-shot, Spoiler!
NDA: Stavo rileggendo per la terza volta il manga di KWMS! In attesa
che arrivi la traduzione del prossimo capitolo, quando sono rimasta a lungo a
fissare una scan in particolare e mi sono chiesta cosa provassero i due
protagonisti in quel particolare momento.
La one-shot è collocata nel nono volume, capitolo 37 dalla pagina
23 alla 33 (perciò se non avete letto il manga in inglese –in Italia non
so a quale volume siano arrivati- e non volete avere degli spoiler, vi
consiglio di girare al largo. Leggendo siete consapevoli del fatto che si
tratta di spoiler ed io non me ne assumo la responsabilità); il dialogo ed il
momento sono interamente presi dal manga, la descrizione dei gesti e delle
sensazioni è opera mia; è la prima volta che scrivo su quest’anime/manga che mi
ha catturato il cuore e ci tenevo a scrivere qualcosa a riguardo; beh, ora vi
lascio alla lettura, spero vi piaccia!
Sara.
P.S. I Pocky, per chi non lo sapesse, sono i Mikado Giapponesi –ma
credo anche Americani- XD http://www.uaekitten.com/pocky.jpg
P.P.S. qui trovate le scan dal momento in cui inizia la one-shot http://www.mangafox.com/manga/kaichou_wa_maid_sama/v09/c037/23.html
Pocky
game
“Presidente,
lo conosci il ‘Pocky game’?”
«Ti
ho già detto di non mangiare così sfacciatamente in questa stanza, vero?»
Era
talmente esasperata dal comportamento di quel ragazzo, che ormai arrabbiarsi le
sembrava quasi superficiale.
Da
quand’è che conosceva Usui Takumi? Non ne aveva la più vaga idea, ma Misaki
sapeva che da quando lui l’aveva vista uscire dal retro del Maid latte non l’aveva
più lasciata; tutti i giorni li aveva passati accanto a lui, anche se quegli
attimi duravano solo pochi e veloci minuti.
Ma
ora desiderava solo che lui le stesse lontano, almeno il tempo necessario alla
chiusura delle elezioni per il nuovo presidente del consiglio studentesco.
«E’
solo che Satsuki me li ha dati ieri e li ho lasciati nella mia borsa, il
cioccolato si sta sciogliendo» Rispose lui continuando a masticare il sottile
grissino ricoperto di cioccolato, come se quella scusa bastasse a chetarla.
In realtà, sapeva che niente l’avrebbe
chetata, perché era la sua presenza che le agitava l’anima come il
mare che si infrange contro gli scogli.
«E questa la chiami scusa?» Domandò Misaki in modo irritato.
Takumi continuò a sgranocchiare il suo dolcetto come se lei non
avesse parlato, gli piaceva l’espressione che assumeva quando si arrabbiava,
gli piaceva che lei lo guardasse con occhi carichi di sfida.
Misaki gli piaceva. Era la prima
ragazza che gli aveva scatenato quel fuoco dentro, quella passione che gli
divorava il cuore, quella voglia di scorgere ogni singola ed esitante emozione
in quegli occhi castani e carichi di un’ardente vita.
Era diversa da lui.
Lei abbassò gli occhi e poi li rialzò per guardare quel volto
rilassato, bello come il sole in primavera. «Tra quelli del primo anno si dice
che io abbia il vantaggio nelle elezioni perché tu sei al mio fianco» Confessò,
quasi se ne vergognasse. «Credono che la tua popolarità potrebbe influire sui
miei voti. Sapevo che una cosa del genere sarebbe successa prima o poi»
Lui la guardò, alzò gli angoli delle labbra in un accenno di
sorriso: aveva capito cosa voleva dirgli; masticò un altro dei suoi grissini e
poi parlò. «Vuoi che non pensino tu abbia qualche vantaggio?»
Misaki annuì mordendosi la guancia.
Perché all’improvviso si sentiva
nervosa? Perché non voleva che lui se ne andasse dal suo fianco, anche se solo
per poco tempo?
Notò l’atteggiamento di lei, le costava fargli quella
richiesta. Aveva dovuto imparare a leggerla, perché lei non diceva mai ciò che
in realtà pensava.
Stare lontano da Misaki, ce l’avrebbe
fatta? Quanto gli sarebbe costato non poterla prendere in giro? Non poterle
sfiorare i soffici capelli? Non poter baciare quelle labbra che solo poche
volte aveva assaggiato? Il tempo era breve ma, per lui, ogni attimo accanto a
lei era più prezioso dei diamanti.
«… Ed è un così breve e prezioso tempo» Mormorò a se stesso a
voce tanto bassa da credere che lei non avrebbe potuto sentirlo.
«Hai detto qualcosa?» Infatti, chiese la ragazza.
«Nulla» Rispose con un sorriso.
Sapeva che quello sguardo non
significava “nulla”. Sapeva che il suo cuore stava iniziando a dolere come il
suo, che nel suo petto di donna si stava squarciando come trafitto da mille
spine di rosa.
«Quell’espressione non significa “nulla” …» Stava cercando di
strappargli la verità dalla gola ma, ancora una volta, lui l’aveva sorpresa.
«Allora, facciamo un gioco» Aveva proposto.
«Ma cosa…?»
«Presidente, lo conosci il “Pocky game”?» Disse, mostrandogli
il grissino che aveva appena estratto dalla scatola.
«Che razza di gioco è?» Domandò lei osservandolo annoiata.
«Come mi aspettavo da te» Rispose lui allegro, prendendola in
giro.
La sua dose quotidiana di
felicità.
«I due giocatori devono mordere il bastoncino
contemporaneamente da ogni lato. I due continuano a mordere finché non si
arriva alla fine. Quello che non lascia andare fino alla fine, vince» Spiegò.
Misaki lo guardò con un sopracciglio alzato, poi si portò una
mano sotto al mento ed alzò il viso verso il soffitto, pensando.
Non era neanche vagamente consapevole
dell’attrazione che scatenava in lui ogni qual volta si muoveva così
innocentemente. Era la sua sirena ingenua ed inconsapevole.
«Aspetta … questo significa che…» Disse lei sovrappensiero,
poi, come improvvisamente illuminata dall’ispirazione, arrossì e si portò un
braccio a coprirsi la bocca, iniziando ad urlare «Sei… Sei un idiota
pervertito! Solo tu potevi inventare questo gioco!» Esclamò al limite dell’imbarazzo.
Le sue gote rosse, i suoi occhi
lucenti… poteva sentire persino il suo cuore martellarle nel petto; l’immagine
aveva scatenato il desiderio nel suo stomaco e lei, come sempre, sopprimeva le
volontà del suo stesso corpo.
“Non è sbagliato”, pensava
Takumi, “Se lo desideriamo entrambi, non è sbagliato”.
«Purtroppo non l’ho inventato io. Allora, farò ciò che vuoi
solo se mi batterai a questo gioco» Disse tranquillo.
Lei sbatté le mani sul banco «E’ ovvio che non gioco!»
Il cuore le bloccava la gola,
parlare era diventato uno sforzo titanico ma di fronte a lui doveva mantenere
la sua solita compostezza, doveva dimostrargli che non era attrazione quella
che provava per lui, mostrarsi debole in sua presenza.
«Davvero? Allora vinco a mani basse, ignorerò qualsiasi tua
richiesta»
Quell’espressione sagace sul
volto perfetto ed intelligente, gli occhi verdi come mare che si prendevano
gioco di lei, quel sorriso che avrebbe tanto voluto cancellare a suon di
schiaffi.
Era perfetto.
«E’… un inganno» Disse, cercando di fargli cambiare idea,
quando Takumi la sfidava era una questione di orgoglio.
Ed era proprio per questo che lui
la provocava ogni minuto in cui era in sua compagnia: non sopportava di
perdere, specialmente se era stato lui a lanciare la sfida.
«Come credi» Le sorrise tenendo il grissino fra le labbra, le
mani poggiate sulla cattedra, in piedi di fronte a lei.
«Tu… tu manterrai davvero la promessa … giusto?» Sentiva che il
viso le era andato a fuoco, la gola le bruciava perché il nodo era fin troppo
stretto, sentì l’improvviso impulso di aprire le finestre e cercare l’aria che
scarseggiava nei polmoni.
«Finché lo vuoi tu, ti starò lontano» Ripeté Takumi, cosciente
di aver vinto due premi in quella sfida.
Misaki aprì leggermente la bocca e si sporse verso l’altra metà
del bastoncino già incastrato fra le labbra del ragazzo che gli stava di
fronte, ma poi si ritirò: «Solo per essere sicuri, vinco se riesco ad arrivare
fino alla fine»
Aveva capito le regole ma quel
breve momento le serviva per prendere coraggio, per prepararsi a ricevere quel
sapore tanto agognato.
«Proprio così» Rispose lui, consapevole del fatto che le
servisse qualche momento.
«D’accordo» Gli occhi le si infiammarono, il cuore le batteva
veloce nel petto.
Un bacio d’addio, ecco cosa le
aveva chiesto.
Deglutì e lui si sporse verso di lei, che schiuse le labbra per
poi afferrare il grissino fra i denti.
Quegli occhi così belli, quel
profumo delicato, tutto le ottenebrava i sensi. Sentiva il rumore del dolcetto
che veniva fatto a pezzi nelle loro bocche, contava i centimetri che la
separavano da quelle labbra invitanti come se fossero state il frutto proibito
e lui il serpente.
Takumi la guardò negli occhi e Misaki resse lo sguardo.
Così grintosa ma così timida allo
stesso momento; cosa gli hai fatto, piccola e dolce ragazza che odia gli uomini?
Come hai fatto a scatenare quell’attrazione che adesso gli faceva volare le
farfalle nello stomaco e che la notte occupava i suoi sogni? Come aveva fatto
Misaki così ingenuamente a prendere il posto centrale nel profondo del suo
cuore?
La distanza si accorciava; lei strinse i pugni, lui combatteva
l’istinto di chiudere gli occhi, lasciar cadere quel piccolo pezzo di
cioccolato che li divideva ed afferrarle il viso per poterla baciare come non
aveva mai osato.
Misaki espirò in un tremito, i polmoni le dolevano, stava
trattenendo l’aria e non la lasciava andare; le palpebre le tremarono e lo vide
avvicinarsi di un altro morso.
I nasi si sfiorarono e lui piegò la testa verso destra.
Perché lui le aveva cambiato così
tanto la vita? Perché nei suoi pensieri non esisteva altri che lui? Per colpa
di suo padre odiava il genere maschile, perché Takumi rappresentava l’eccezione?
Cosa c’era nei suoi modi che l’attraeva tanto?
Sentì il respiro di Usui sulla guancia e ormai decisa, lo afferrò
per la cravatta che penzolava dal collo di lui ed il ragazzo socchiuse gli
occhi: un ultimo pezzo di cioccolato divideva le loro labbra e quando Takumi lo
fece sparire nella sua bocca, avvicinò le labbra dolci a quelle di Misaki
senza esitazione, senza temere che qualcuno li scoprisse; c’erano solo loro due
in quel momento, nella loro bolla fatta di un amore non ancora ben compreso, di
un sentimento nuovo e sconosciuto sia per lei ma soprattutto per lui.
Takumi chiuse gli occhi e lei tirò la cravatta per tirarlo più
verso di lei, per assaggiare meglio quelle labbra al sapore di cioccolato ed Usui:
chiuse gli occhi e schiuse leggermente le labbra e lui accolse l’invito silenzioso;
la sua lingua prese ad accarezzare quella di lei e sul palato sentì quel sapore
tanto cercato e tanto raro. Il sapore del suo amore.
Misaki si lasciò scappare un gemito trattenuto a lungo fra le
corde vocali.
Una mano calda le si appoggiò sul
viso e lei si rilassò: era calda, grande, profumava di fiducia e tenerezza.
Quelle mani erano la sua morte, desiderava toccarle come se fosse stato
proibito e lei voleva disobbedire ad un ordine muto.
La lingua di Usui l’assaggiò per un’ultima volta prima di
leccarle il labbro inferiore sporco di cioccolato ed allontanarsi dal suo viso,
senza staccarle la mano dalla guancia; lei stringeva ancora la cravatta rossa e
teneva gli occhi chiusi che aprì lentamente.
Con un dito le pulì il labbro dal cioccolato e poi lo portò
alle sue labbra per leccarlo; la guardò negli occhi castani improvvisamente
arrabbiati e le disse «Odi davvero perdere, eh?»
Non era rabbia quella che provava
lei in quel momento, era soltanto sforzo di sopprimere il desiderio di poter
assaggiare ancora e ancora le labbra di Takumi, era voglia di tirarlo per la
cravatta e chiedergli silenziosamente di poter far l’amore con lui.
Si accorse di stringergli ancora la cravatta e così lo lasciò
andare; lui si mise dritto, le scompigliò i capelli e si abbassò per scoccarle
un bacio sulla fronte che la fece arrossire, per poi andar via e chiudersi la
porta alle spalle mentre con l’altra mano la salutava distrattamente.
“Non andare via!” Voleva
urlargli. Voleva corrergli dietro per poi abbracciarlo nascondendo il viso
sulla sua schiena e supplicarlo di restare con lei; il cuore le faceva male nel
petto, diventato improvvisamente stretto come una gabbia troppo piccola.
Misaki si coprì il viso arrossito con una mano «Dannazione… Come
se potessi sopportare di perdere contro te!» Mormorò lasciandosi andare contro lo
schienale della sedia.
“Solo pochi giorni.” Si ripeteva.
“E poi saremo di nuovo insieme.”