Puoi?
Sono in punta di piedi, di
fronte a Ron, le mani sulle sue spalle, le mie labbra incollate alle sue.
In mezzo alla sala comune di
Grifondoro.
Davanti a tutti i nostri
compagni.
In un silenzio assoluto.
Adesso faccio un passo
indietro e vi spiego come sono arrivata a questa imbarazzante situazione.
Nella mia vita ho sempre
seguito una semplice regola, quella di chiedermi, prima di fare una qualunque
cosa, se la potevo fare veramente. Mi chiedo sempre, prima di gettarmi a
capofitto in una impresa, “ Hermione puoi? ”
Se la risposta è sì, allora
vado avanti tranquilla, mi impegno tantissimo, se necessario, e in genere sono
sicura di farcela.
Se la risposta è no, allora
lascio stare.
Lo so cosa state pensando
adesso, che questo non è un buon modo di agire, che nella vita si deve sempre
tentare, non importa il risultato. Ma siamo sinceri, a nessuno sano di mente
piace fallire. La frase “ l'importante è partecipare, non vincere ” l'ha
inventata quasi di sicuro una mamma per consolare il figlio che, nella sua prima
gara all’asilo, è arrivato secondo. Quello stesso bambino, alla prima
competizione vinta, si è reso conto che non è assolutamente vero. Perdere fa
schifo, quando si perde ci si sente…un perdente, appunto.
Così stanno le cose
realmente, almeno dal mio punto di vista.
Arrivata a questa
conclusione ho deciso che la cosa migliore nella vita è quella di imparare a
conoscere se stessi, sapere cosa si è in grado di fare e cosa no, e poi
adeguarsi e agire di conseguenza.
Così mi chiedo:
Posso essere la migliore del
mio anno?
Sì posso.
Posso essere una brava
giocatrice di Quiddich?
No, non posso.
Posso infrangere le regole
qualche volta per aiutare i miei amici?
Sì posso.
Posso vincere a sacchi
contro Ron?
No, non posso. Qui i più
precisi di voi mi faranno notare che qualche volta gioco a scacchi con lui, e si
chiederanno il perché, dato quello che ho appena detto. La risposta non la so,
so solo che quando vince e mi guarda con il volto e le orecchie arrossate
dall’eccitazione del momento, gli occhioni blu lucidi per la gioia di avermi
battuto in qualcosa, mi scatta qualcosa dentro che mi fa persino dimenticare la
sconfitta.
E qui viene la pecca al mio
infallibile metodo.
Due giorni fa ero nella Sala
Comune con Ron, stavamo litigando furiosamente come al solito, attorno a noi si
era fatto il vuoto. Tutti i nostri coraggiosi compagni Grifondoro infatti, non
appena vedono che le orecchie di Ron diventano rosse e sentono il mio tono di
voce alzarsi un pó, se ne vanno in gran fretta; persino Harry non ne può più e
scompare tutte le volte che le cose che si mettono male.
Non mi ricordo neanche più
per cosa stessimo litigando questa volta, ma mi ricordo che è finita come al
solito, senza che nulla si fosse risolto tra di noi, con Ron uscito di fretta
dalla Sala, rosso di rabbia, e io che rimango là, in piedi, tremando e con le
lacrime agli occhi per quanto sono furiosa e frustrata.
A questo punto comincio il
mio catechismo.
Posso andare avanti in
questo modo?
No, non posso. Non ce a
faccio più. Mollo. Mi arrendo. Mi dichiaro sconfitta. Non posso più di
continuare così, devo risolvere la cosa o impazzisco. Forse esiste qualcuno che
può andare avanti a litigare in continuazione con un amico, o meglio ancora, con
il migliore amico che si abbia mai avuto, ma non io.
Posso aspettarmi che anche
Ron non ne possa più e faccia lui il primo passo per risolvere la cosa?
No, non posso. Conosco bene
Ron, forse lo conosco meglio di chiunque altro, lui non fará mai nulla di
simile.
Posso essere io a fare il
primo passo?
No, non posso.
DEVO.
Ecco la pecca, per la prima
volta so di non poter fare bene qualcosa, ma devo farla per forza, non ho
scelta. Devo scegliere il male minore tra impazzire continuando così, o darmi
una mossa e fare qualcosa, pur non avendo voglia di farlo e non sapendo
minimamente come agire.
Stabilito di non avere
scelta, credo che il mio primo passo sensato sia capire perché Ron e io
continuiamo a litigare su tutto, per tutto, per tutti, ogni ora, di ogni giorno.
Non crediate che non lo
sappia, lo so benissimo IO. Volevo aspettare che anche lui capisse, insomma non
è poi così difficile da comprendere, lo hanno fatto tutti, poteva arrivarci
anche lui.
Mi piace Ron e io piaccio a
lui.
L'ho detto finalmente.
Continuiamo a litigare perché siamo attratti l'uno verso l'altra da troppo
tempo, dobbiamo scaricare in qualche modo la tensione che si crea in questa
situazione e i libri e il Quiddich ormai non bastano più.
Quindi ricomincio:
Posso parlare a Ron come
fosse una persona adulta e metterlo di fronte al dato di fatto che siamo cotti
l’uno per l'altra e che ci stiamo facendo letteralmente impazzire a vicenda,
cercando di negarlo?
No, non posso. Ve l'ho
detto, lo conosco bene, non servirebbe a nulla, in qualche modo riuscirebbe a
farmi arrabbiare anche in una situazione simile e finirei per non concludere
niente, quindi non mi rimane che dimostrarglielo. In un luogo pubblico, davanti
a tutti, in modo che non ci possano essere dubbi in proposito, che lui non possa
evitare di parlarmi o sviare il discorso in qualche modo.
Devo solo aspettare il
momento migliore per agire, in fondo questa situazione tra di noi dura da anni,
è vero che siamo arrivati quasi al punto di rottura, ma forse possiamo resistere
ancora per qualche giorno. Non devo agire subito, rischio di fare male le cose,
mi serve del tempo, devo elaborare un piano, trovare una situazione giusta.
E così torniamo ad oggi,
mentre sto pensando a come creare la situazione che mi serve l’entrata della
Sala Comune si apre, entrano Harry, Ron Ginny e tutti gli altri ragazzi della
squadra di Quiddich di Grifondoro. Hanno passato la serata ad allenarsi e dai
loro volti devo presumente che anche questa volta le cose non siano andate
benissimo. Harry mi vede e mi raggiunge strascicando i piedi, viene a sedersi
vicino a me sulla poltrona a fianco, tentando di scaldarsi un po’ al tepore del
fuoco, prima di arrampicarsi per la scala che porta al suo dormitorio per
prendere i libri e finire la marea di compiti che ancora deve fare per domani.
- Ciao, - dico io, smettendo
di far finta di leggere un libro.
- ‘Ao, - mi risponde lui.
- Come è andata sta sera?
- Insomma.
- Ron?
Non mi risponde ma dallo
sguardo che mi lancia deduco che sia ancora lui il problema.
- Dov’è adesso? - chiedo un
po’ preoccupata. E’ sempre di pessimo umore dopo aver giocato male e la cosa mi
innervosisce parecchio.
- E’ andato a prendere il
libri per finire i compiti, - mi risponde Harry, proprio mentre Ron compare
dalle scale e si dirige verso di noi. Si trascina dietro una pila di libri, dai
quali intuisco che anche lui non è ben messo con il lavoro per domani e si
siede, o sarebbe meglio dire crolla, sulla poltrona alla mia destra, cominciando
a tirare fuori pergamena, libro di trasfigurazioni e calamaio.
Odio questi momenti, so
perfettamente cosa sta per succedere e mi da fastidio. Anche io ho impegni
extrascolastici ma i compiti li faccio sempre, possibile che lui non riesca mai
a finirli? Mi basterebbe una volta che non mi chiedesse di copiare per tirarmi
su di morale e riacquistare un po’ di fiducia.
- Hermione mi passi il
compito di trasfigurazione?
Eccolo.
Lo sapevo, lo sapevo, lo
sapevo che sarebbe successo anche questa sera.
Alzo lo sguardo dal libro,
lentamente per prendermi il tempo di decidere cosa fare: gli passo il compito e
mi evito una scenata che so per certo che arriverà, oppure tengo duro, e lo
faccio per il suo bene non perché sono sadica, e non gli passo il tema?
- Ron davvero dovresti
cercare di farlo tu, come fai ad imparare se lo copi da me?
Lui mi guarda fisso. – Lo
sapevo che non me lo avresti passato. Lo trovi divertente vero, stare a
guardarmi fino a notte fonda, mentre annego letteralmente tra le pergamene?
- Non dire scemenze, lo sai
che lo faccio per te.
- Non farmi ridere Hermione,
se vuoi veramente fare qualcosa per me passami quel compito.
- No, è ora che tu impari ad
organizzarti meglio.
- Non mi venire a dire cosa
devo fare, - dice alzandosi in piedi e facendo crollare sul pavimento della sala
la pila di libri che tiene in grembo.
- Te lo dico invece, magari
alla fine mi stai anche a sentire, - rispondo con tono un po’ più alto del suo,
alzandomi e guardandolo negli occhi.
Certo tu sai sempre tutto
vero? Sei veramente insopportabile quando ti comporti così Hermione, lo so che
sei più brava di me, non c’è bisogno che tu me lo faccia anche pesare.
Vagamente mi accorgo che
attorno a noi cala il silenzio, hanno capito tutti cosa sta per succedere: le
orecchie di Ron sono rosse, la mia voce è alta…altra litigata in arrivo.
Harry cerca di farsi piccolo
piccolo nella poltrona, evitando di intercettare lo sguardo di Ron o il mio, per
paura di essere costretto a prendere le parti di uno dei due.
Sta succedendo di nuovo,
prima di quanto pensassi. Non lo avevo previsto, non so cosa fare.
E poi decido.
Ora.
Mi avvicino a Ron, alzo le
braccia, vedo che si sposta di un millimetro in dietro, forse temendo un ceffone
in arrivo, appoggio le mani sulle sue spalle per non cadere mentre mi sollevo in
punta di piedi e appoggio le labbra sulle sue.
Lui spalanca gli occhi, sono
sicura che si aspettava di tutto ma non questo.
Tiene le mani lungo i
fianchi.
Non mi sfiora con un dito.
Non si muove.
Non risponde al bacio.
Non posso essermi sbagliata
in questo modo, di sicuro, su quello che provo io, non mi sono sbagliata
minimamente.
E infine, dopo quello che a
me è parso un tempo lunghissimo, anche se non possono essere passati più di una
manciata di secondi, sento che alza le braccia, mi abbraccia e risponde al
bacio, sorridendo. Restiamo così forse per un minuto, nel silenzio della Sala
Comune che ancora si protrae, poi lentamente le voci riprendono; i nostri
compagni tornano a farsi gli affari loro.
Ci stacchiamo, entrambi
senza fiato, con il cuore che batte nel petto come se avesse deciso di schizzare
fuori da un momento all’altro, rossi come peperoni. Vedo dietro di noi Harry che
sorride e mi fa l’occhiolino; sento Ron che mi prende la mano e si dirige verso
la poltrona vicino a lui, ci sediamo insieme. Ginny arriva di corsa da noi, è
stata nel dormitorio fino ad ora, non ha visto nulla di quello che è successo,
mi si avvicina per chiedermi qualcosa, ha il fiatone per aver sceso le scale di
corsa.
- Hermione puoi... –
incomincia a chiedermi.
- Oh sì, posso, - la
interrompo io, guardando Ron e sorridendogli.
FINE
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