I.
Still It Has Only Just Begun
Hermione
riavvolse l’ultimo rotolo di pergamena e tirò un sospiro di sollievo:
finalmente il blocco di pozioni era terminato, dopo quella che era parsa
sembrare una sadica tortura senza fine.
Piton quel
giorno doveva essersi svegliato con entrambi i piedi storti: era bastato solo
uno starnuto di Neville per far perdere cinque punti a Grifondoro; e poi,
quando aveva cominciato ad accanirsi contro Harry e Ron, beh, aveva
semplicemente perso il conto.
Lanciò
un’ultima e insoddisfatta occhiata alla pozione che stava preparando,
ripromettendosi di fare nuovi controlli in biblioteca dopo cena; persino il
preparato di quel giorno era stato di una difficoltà tale da metterla in crisi.
Libri
sottobraccio, si alzò dalla sedia e si accinse ad abbandonare l’aula ormai
vuota se non per lei e Malfoy.
Non poté non
trattenere un’espressione di stupore: il Serpeverde era di solito uno di quelli
che, non appena potevano, se la davano a gambe levate. Invece se ne stava lì,
immobile come una statua; aveva già avuto modo di notare che persino durante la
lezione il ragazzo sembrava essere entrato in uno stato catatonico, con lo
sguardo che fissava un punto imprecisato di fronte a sé.
Non che la
cosa le importasse più di tanto, ma Malfoy ultimamente si comportava davvero in
modo strano. Tanto per dirne una, durante tutta la giornata non le aveva
involto un insulto che fosse uno. Meglio così, dopotutto: meno stress per
pensare a qualcosa di acido da rispondergli di rimando.
Con un’alzata
di spalle e altri crucci per la testa, se ne andò.
***
Draco aspettò
che la Mezzosangue si dileguasse, per poi alzarsi a sua volta e incamminarsi
verso il suo dormitorio.
L’aveva
rifatto, di nuovo: era rimasto ad aspettare che la ragazza riordinasse le sue
cose, l’aveva osservata con la coda dell’occhio, aveva impresso nella memoria
ogni suo minimo gesto, ogni infimo dettaglio.
Dalla sottile
ruga che le increspava la fronte, alla mano che cercava in continuazione di
sistemare una ciocca ribelle di capelli dietro l’orecchio; dalla macchia
d’inchiostro che le aveva macchiato la mano mentre riavvitava la boccetta, allo
sbuffo d’impazienza quando la pozione aveva cominciato a sfuggirle di
controllo; aveva notato tutto, aveva catturato quei frammenti preziosi che avrebbe
custodito come un importante tesoro, celato e nascosto.
Si sentiva un
po’ come uno di quei maniaci che spiano in gran segreto le abitudini della
propria vittima e al contempo come Sir Francis Peterarch, il poeta preferito di
sua madre, che riusciva a divinizzare nei suoi versi anche l’aspetto più banale
e insignificante della vita quotidiana della sua musa inspiratrice. Non era mai
stato un gran romantico, ma le emozioni che gli vibravano nel sangue erano
intense esattamente come quelle che provava quando leggeva quei poemi.
Era un calore
che aveva sperimentato solo quando sua madre lo aveva abbracciato con tenerezza
per consolarlo, un semplice gesto che lo aveva sempre fatto sentire protetto e
amato.
Era amore,
sebbene solo materno.
Quanto gli
sarebbe piaciuto che fossero invece proprio le braccia di Hermione a cingerlo
affettuosamente! Magari in una gelida notte d’inverno davanti a un camino, in
una stanza illuminata solo dal bagliore del fuoco, accoccolati su un morbido
divano e avvolti da una soffice coperta di cachemire, mentre al di fuori
imperversava una bufera di neve.
Era talmente
assorto nei suoi pensieri che le gambe lo guidavano da solo lungo i corridoi
scarsamente illuminati del sotterraneo e si accorse della presenza di un
ragazzino del primo anno solo quando ci andò a sbattere contro.
“E levati dai
piedi!” esclamò, in un modo talmente brusco e aggressivo che il ragazzino se la
diede a gambe levate.
Gli ultimi
passi echeggiarono nel corridoio, che sprofondò di nuovo nel silenzio.
Draco si appoggiò
alla parete e si passò con stizza una mano tra i capelli.
Ma cosa gli
stava succedendo? Per Merlino, quante volte si era ripromesso di togliersela
dalla testa? Dieci, cento, mille volte? Si era ripetuto un’infinità di volte
che Hogwarts era piena di ragazze interessanti, molto più belle e con più
qualità di lei.
Prendi per
esempio Daphne Greengrass: alta, anella, carina, lineamenti dolci e sottili,
modi eleganti e raffinati, purosangue e… e poi che cosa? Aveva una voce un po’
stridula e non aveva nessun altro hobby che non fossero i vestiti e lo
spettegolare con le amiche.
La cosa che
più lo urticava era poi il fatto che ogni volta che lo vedeva, si metteva la
mano davanti alla bocca per celare, e peraltro malissimo, un sorrisino,
sbattendo delicatamente le ciglia con fare da cerbiatta, per poi correre dalla
sua cricca e ridacchiare dell’intera situazione.
Invece Lei era
diversa.
Lei era stata
l’unica ad avere il coraggio di assestargli un pugno, quando nemmeno suo padre
era arrivato ad allungargli le mani, nemmeno quelle poche volte che lo aveva
fatto veramente infuriare; quella ragazza aveva una verve non comune, ma era
anche la dimostrazione che non fosse un caso che fosse finita a Grifondoro.
E senza i
denti da castoro non era poi così male. Al Ballo del Ceppo aveva poi saputo
dimostrare che con un po’ di volontà, sapeva anche lei che cosa fosse la
femminilità. Immagini del Ballo gli riaffiorarono alla mente, quando l’aveva
vista con quell’abito blu pervinca ed era rimasto veramente senza parole.
L’unica cosa
sbagliata di tutto questo era che lei fosse una Mezzosangue, maledizione!
Perché si era
innamorato di lei?
“Chi
disprezza, compra”, aveva sentito dire una volta. E a quanto pare era proprio
un detto che faceva al caso suo. Forse era proprio stato quell’episodio del
pugno, a instillare in lui una punta d’interesse nei confronti della
Grifondoro, punta che poi aveva cominciato ad allargarsi a macchia d’olio,
senza quasi che lui ci potesse fare niente.
Il suo cuore
batteva per una donna che non poteva avere e che lo odiava fino al midollo;
figurarsi se avrebbe mai potuto ricambiare i suoi sentimenti.
E anche se
questo fosse stato possibile, avrebbe significato un alto tradimento verso i
suoi genitori. No, gli era inaccettabile pugnalare alle spalle le persone che,
per anni, si erano prese cura di lui e gli donavano ogni giorno così tanto.
Destino
bastardo.
Avvertiva
l’emergenza sempre più forte di liberarsi di quei sentimenti al contempo
masochisticamente dolorosi e piacevoli.
Non poteva
rovinarsi la vita così.
Dimenticala.
Come se fosse
facile.
***
La Sala Grande
era una bolgia di voci concitate e di posate che tintinnavano contro piatti che
venivano svuotati da studenti-locuste.
E, in barba a
Merlino, Draco si ritrovò nuovamente a spiare la Grifondoro, che stava
mangiando in compagnia di Potty e Piattola-Weasley.
Weasel le
sedeva di fronte, e a giudicare dalle mulinate delle braccia e dell’espressione
annoiata di lei, la stava probabilmente stressando con qualche discorso sul
Quiddich.
Vide Hermione
afferrare una pagnotta e spezzarla in due, per poi allungare la metà più grossa
a Weasley, che nel prenderla le sfiorò la mano.
Sentì un
improvviso bruciore di stomaco e la fame era misteriosamente scomparsa.
Invidia.
Ritornò
bruscamente alla realtà, quando sentì qualcosa picchiettare sul suo braccio:
l’indice di Daphne.
“Ehi, Draco,
tutto bene? È da mezzora che stai fissando il tavolo dei pezzenti.”
“Stavo
pensando che è da un po’ di tempo che non complichiamo la vita ai Grifondoro.
Sempre e solo insulti o al massimo spintoni… mi sto annoiando.”
Sperò che la
sua scusa suonasse abbastanza credibile e non raffazzonata alla bell’e meglio.
Ma le reazioni che ricevette, lo rassicurarono: Tiger e Goyle ingurgitarono in
fretta e furia il boccone che avevano in bocca per poi grugnire in segno di
assenso; persino Pansy Parkinson, che era tutta concentrata nella lettura del
“Daily Witch, manuale della strega à la mode”, si fermò per un attimo e
proferire un saggio consiglio.
“Beh, in
quella casa c’è un vasto assembramento di allocchi. Prendi, Paciock, per
esempio. Quello non se lo fila nemmeno la più svampita cretina di Tassorosso.
Perché non scrivergli anonime lettere d’amore, piene di cavolate sdolcinate del
tipo ‘Zuccherino, mi chiedo come non ho fatto a notarti prima’ oppure ‘ ti
sogno giorno e notte, sono pazza di te’. Poi, quando il manzo è cotto, lo
invitiamo ad un appuntamento al buio nei pressi della Foresta Proibita e lo
facciamo incontrare con una deliziosa trollessa in calore. Questa è la stagione
giusta!”
Tutti
scoppiarono a ridere fragorosamente e Draco stesso sembrò dimenticarsi per un
momento del suo mal d’amore e ritrovare il buonumore.
Mentre
riprendeva a mangiare, un tarlo cominciò ad aprirsi un varco sempre più grande
nel suo cervello: l’idea di Pansy, se giustamente corretta, poteva non essere
poi così male.
Se avesse
scritto delle lettere anonime alla Granger, la sua identità sarebbe rimasta
celata, ma almeno ciò che provava avrebbe trovato un veicolo di espressione.
Finché i suoi
sentimenti restavano così protetti, i messaggi di un ammiratore innamorato non
potevano nuocere a nessuno, nemmeno alla sua immagine.
Ma avrebbe
potuto finalmente dar forma al suo cuore, forgiandolo con parole vergate
d’inchiostro.
Doveva
assolutamente correre in biblioteca e reperire tutte le informazioni possibili
su incantesimi mascheranti e devianti, non vedeva l’ora di mettere mano alla
penna di pavone e di scrivere, ancora non sapeva cosa, ma era certo che tutto
sarebbe venuto spontaneamente.
(continua…)
***
Beh, che dire,
dopo anni che non scrivo, mi fa strano tornare con questa storia. Si può dire
che sia una specie continuazione di Insomnia. La cosa più difficile sarà nel
rendere la difficoltà di questo amore, senza mandare Draco in OOC. Spero
ovviamente di riuscirci!
Ringrazio
tantissimo chi ha commentato il mio precedente lavoro, spero di aver fatto
qualche progresso e che la lettura sia piacevole! ^_^
Tutti i titoli
dei capitoli e della storia stessa saranno ispirati alle canzoni dei Mortal
Love, una delle mie band preferite.
Spero di
riuscire ad aggiornare presto, devo studiare per gli ultimi esami!
Un saluto da
Laverne