In love and war
Quinto livello della Scalata verso il Wolfstar di wolfstar_ita . Il prompt è guerra.
I personaggi sono proprietà di Jo, io non ci guadagno proprio
niente. Cioè, in realtà ci guadagno in soddisfazione
personale, che non è niente male ma ha il difetto di essere
decisamente poco redditizia.
In love and war
La guerra del dormitorio scoppiò una mattina quieta di
metà Dicembre. La colpa era tutta di James Potter, che aveva
architettato l’ennesimo scherzo crudele ai danni Frank Longbottom.
Frank aveva fatto il madornale errore di dimenticare il suo tema di
pozioni su un tavolo della sala comune. Quando un’ora dopo era
corso a recuperarlo l’aveva trovato incantato; non c’era
stato più verso di farlo tornare nella norma, e il compito
imbufalito aveva continuato a sputacchiare inchiostro sul naso dei
malcapitati che avevano tentato di risistemarlo. Cinquanta centimetri
di pergamena andati persi!
<< …Credevo fosse la brutta copia!>> Si era
giustificato James quando Kingsley Shacklebolt l’aveva
interrogato sul fattaccio, ma il ghigno saputo che si era scambiato con
Sirius Black non aveva convinto nessuno: quando Frank Longbottom gli
aveva lanciato un calamaio, James aveva risposto con una fattura.
Allo scoccare del mezzogiorno una lotta senza quartiere imperversava
nella sala comune, tale che nemmeno il pensiero del pranzo imminente
poteva sedarla.
Era una carneficina; le pergamene chiedevano pietà rivolgendo al
cielo i loro angoli malamente arrotolati, i bordi bruciacchiati del
tappeto sfrigolavano.
Diversi cuscini giacevano al suolo sventrati con l’imbottitura
che volava per l’aria come la cenere di qualche granata di piume,
e poltrone e tavolini erano stati rovesciati e adesso venivano usati
come trincee contro le fatture della fazione avversaria.
Il quinto anno battagliava contro il sesto in una lotta in cui i colpi
bassi erano la norma. Come in tutte le guerre ci si batteva anche se la
ragione del contendere era perduta da tempo; del resto le reclute non
mancavano, e se ne arruolavano soprattutto di volontarie: il fatto che
fosse una guerra divertente e tutto sommato piuttosto indolore la
rendeva decisamente più appetibile di una vera battaglia.
Sirius Black, un piede su una sedia, urlava istruzioni a James Potter
brandendo la bacchetta come una spada. Fatture amatoriali e incantesimi
da collaudare gli fischiavano attorno, e un Levicorpus di Frank
Longbottom arrivò talmente vicino a colpirlo che dovette
tuffarsi sotto a un tavolo per evitarlo. Non si sapeva esattamente chi
stesse vincendo: le vittime erano innumerevoli sia da una parte che
dall’altra, e la povera Merantine Park del quarto anno era dovuta
correre in infermeria con i lobi delle orecchie che le strisciavano a
terra.
<< Per l’Inghilterra!>> Urlò James lanciando una maledizione Orcovolante contro Kingsley.
<< Per Hogwarts!>> Ribattè piccato Longbottom, che
si difendeva bene rendendo di gelatina le dita di chiunque si
avvicinasse troppo. Anche Peter fu colpito, e la bacchetta gli cadde
dalle mani divenute della consistenza di un budino, e Sirius rise e
rise mentre lo liberava dalla fattura.
Ignaro della battaglia che infuriava a pochi metri da lui, Remus John
Lupin percorreva guardingo il corridoio che portava alla torre di
Grifondoro. Erano le dodici e mezzo e si apettava di trovare la sala
comune praticamente vuota. A quell’ora erano tutti a pranzo, o
almeno questa era la consuetudine, soprattutto per i Grifondoro e
soprattutto per i suoi amici. Era molto difficile che perdessero
l’appetito, e di questo ringraziava Merlino.
Il motivo per cui Remus sperava così ardentemente nella quiete
della sala comune stava nel suo pugno chiuso. Vi era ripiegata
accuratamente la lettera rosa e profumata che Mirelle Fairweather gli
aveva lasciato cadere sul banco ad aritmanzia sorridendo imbarazzata, e
che contava di aprire non appena fosse stato da solo.
Non l’aveva letta a lezione soltanto perché era
terrorizzato dall’idea che Vector potesse scoprirlo; al momento
se l’era semplicemente fatta scivolare in tasca con un ghigno
più nervoso che complice alla bella fanciulla. Aveva pensato di
leggerla la sera stessa, ma quella Valentina in anticipo gli aveva
bruciato nella tasca dei pantaloni per tutta la lezione: a quindici
anni una lettera d’amore era una cosa importante, e quella era la
prima che riceveva. Non aveva resistito.
Arrivò al ritratto della Signora Grassa così immerso nei
suoi pensieri che quella dovette tossire più volte perché
lui la degnasse di uno sguardo. Mormorò la parola d’ordine
(celacanto!) con l’aria
di chi si fosse appena svegliato da un lungo sonno, e attraversò
il ritratto per entrare nella sala comune.
Non era affatto preparato a quello che vide.
<< COSA-STA-SUCCEDENDO-QUI?>>
Sirius si bloccò a metà della sua risata selvaggia come
se l’avessero schiantato. Pensò che lasciarsi cadere dieto
le tende tirate davanti alla finestra fosse un modo molto creativo per
sfuggire al prefetto particolarmente severo appena materializzatosi
nella stanza, che casualmente somigliava moltissimo al suo amico Remus.
<< Ti ho visto Sirius, non provarci.>> Continuò
quello, con una flemma che faceva ancora più paura. Sirius
sospirò ed uscì dal suo nascondiglio improvvisato.
La battaglia si era fermata: era come se Remus, entrando, avesse
inflitto a tutti una pastoia total-body. Gracidus Kermitt si era
bloccato con la mano ancora stretta attorno al collo di James, e
persino Alice Longbottom aveva interrotto i suoi tentativi di togliersi
dai capelli lo spesso strato di cera rossa che li ricopriva. A Peter
Minus tremavano così tanto le gambe che si era dovuto accasciare
su una sedia vicina, e James aveva un sorriso inquieto che somigliava a
un tic nervoso.
<< Il motivo di questa anarchia totalmente non-inglese non mi
riguarda. Voglio che sistemiate tutto, voglio che andiate a pranzo:
allora potrò pensare di non riferire alla professoressa
McGonagall dell’increscioso stato in cui vi ho trovati. Avete
dieci secondi.>> Annunciò Remus sorridendo, ma anche lui
sembrava al limite dell’isteria. Cominciò a contare al
contrario provocando un’esplosione di incantesimi di appello,
Finite incantatem e urletti disperati, e tutto finì così
rapidamente com’era iniziato. Dodici secondi dopo un consesso di
adolescenti imbronciati filava in sala grande senza dire una parola.
A chiudere la fila stavano i tre malandrini reduci di guerra, con Peter
Minus che sembrava il più sconsolato di tutti, ma
verosimilmente, beato ragazzo, anche quello con più voglia di
correre a rimpinzarsi. Sirius stava in coda. Stava per passare
attraverso il buco dell’ingresso come tutti, la coda fra le gambe
e il viso contrito, quando notò con la coda dell’occhio
qualcosa di rosa che sporgeva dalla tasca posteriore dei pantaloni di
Remus. L’impresa era così allettante che si diede la pena
di congiurare un appello non-verbale (beninteso, lui detestava gli
incantesimi non-verbali), e non potè non sorridere di pura
soddisfazione quando la lettera gli atterrò fra le mani senza
che Remus si fosse accorto di nulla.
<< Mirelle Fairweather, Lunastorta, bel colpo!>>
Esclamò a voce abbastanza alta da bloccare sul posto Peter e
James. Remus si guardò intorno come stordito mentre osservava
impotente i suoi amici che tornavano indietro per impicciarsi dei suoi
affari sentimentali. Era paonazzo, e così incredulo che non gli
venne in mente di usare la sua autorità di prefetto per spedirli
tutti a pranzo. << Morgana, Sirius, sono affari miei!>>
Balbettò soltanto, sollevando la bacchetta per eseguire a sua
volta un incantesimo di appello particolarmente malcerto. James fu
più veloce, e la lettera planò nelle sue mani sfuggendo
al suo sempre più affranto legittimo proprietario.
<< Caro Remus->>
Aperta la lettera, Ramoso prese a leggerla con una voce stridula
e zuccherosa che bisogna dire non somigliava affatto a quella di
Mirelle Fairweather. Appallottolò la busta e se la fece cadere
al fianco con noncuranza, procedendo con pathos: << So che ti sembrerà strano, ma ti prego, leggi fino alla fine. Oh, sicuro che leggo fino alla fine! Mi piaci dal terzo anno, quando a erbologia mi hai salvato da quel Tranello del diavolo.
Un’ammiratrice segreta. Però! >> fece un fischio
prolungato rimettendosi a posto gli occhiali, e Sirius
approfittò della sua distrazione per strappargli la lettera di
mano un po’ troppo bruscamente. Mentre la scorreva velocemente
con gli occhi un sorriso maligno andava pian piano allargandoglisi sul
volto. << Appuntamento.>> Sillabò quando doveva essere giunto alla fine, assaporando il gusto amaro di quella parola segreta.
<< Appuntamento! >> Gli fece eco Codaliscia con
un’innocenza invidiabile. << Oh, Lunastorta, che cosa
fighissima. La Fairweather è carina. Magari ci vai anche a
letto. Ramoso, te lo immagini se Remus perde la verginità prima
di Fel->> Ma aveva parlato troppo. Sirius lo zittì con un
pugno molto babbano sulla spalla, provocandogli un’espressione
particolarmente miserevole degli occhi acquosi. Quanto a James,
sembrava confuso. << Che cosa ha detto di male?>>
<< Ma vi siete sentiti? >> Ringhiò Sirius girando
loro intorno, spiegazzando la lettera nella sua stretta convulsa.
<< Da come parlate sembra che ci crediate davvero, che Remus
possa uscire con la Fairweather.>>
<< …E’ carin->> Fece per ribattere Peter, ma
James gli mise una mano sulla spalla scuotendo gravemente la testa.
Sirius continuava a vagare per la stanza, Remus a guardarlo impietrito.
Era meglio stare in silenzio che innescare la lite con una parola
malaccorta.
<< Non dovrei uscire con la Fairweather, Sirius?>>
<< Andiamo, Lunastorta, sei più intelligente di
così. Credi davvero di poterti mettere con lei? E poi cosa
farai? Le dirai quello che sei e lei capirà e vivrete felici e
contenti?>>
<< Decisamente. Non l’ho ancora testato, ma dicono che a
letto i lupi mannari facciano faville. Alle ragazze piace, sai.>>
Replicò Remus sorridendo del sorriso più placido che
aveva. Sperava in cuor suo di non dare a vedere quanto fosse ferito, se
non altro per non regalare a Sirius questa soddisfazione. La voce gli
tremò un poco, ma soltanto all’inizio. Per il momento
aveva retto al colpo.
<< Alle ragazze piace anche non essere fatte a fettine.>>
Precisò però Sirius poco dopo, cupamente, respirando
forte fra i denti stretti.
Era confuso e vulnerabile, e come gli animali in trappola mordeva
più forte del solito, mirando a fare il più male
possibile. Il problema stava nel fatto che malgrado tutto Sirius non
fosse un animale. La smorfia di sofferenza che si accese sul viso di
Remus la vide benissimo perché era davanti a lui, e gli
rimbalzò addosso un po’ terribile un po’ inebriante.
Ammutolì, e dovette essere James a rompere il silenzio.
<< Felpato, adesso stai esagerando! Non se la deve mica sposare,
e comunque non vedo come la cosa possa riguardarti.>>
Peter, riparandosi dietro la figura più alta di James, annuiva con un’aria che voleva essere convincente.
<< Si dà il caso che mi riguardi, James. Non voglio che Remus->>
Ma Sirius non continuò. Si guardò la mano che
scoprì essere improvvisamente vuota, e con una lentezza ben poco
da lui si accorse che Remus aveva riappellato la lettera senza una
parola, e senza una parola puntava al dormitorio, la schiena dritta
dritta come se stesse lottando per non crollare.
Lo colse una rabbia senza precedenti; non aveva mai provato nulla di
simile per nessuno dei suoi amici, ma del resto tutto quello che
provava per Remus era in qualche modo diverso. Emise un verso come un
ruggito, e dimenticò la magia e Peter che stava lì, e
persino James che lo guardava e non sapeva che pesci prendere. Prese la
rincorsa e strattonò Remus prima che potesse guadagnare le
scale. E Remus lo guardò con una tale espressione sconfitta e
delusa che la rabbia gli montò al cervello accecandolo: un
secondo dopo erano rovinati per terra e si contendevano la lettera
menando fendenti a destra e a manca, le bacchette abbandonate da
qualche parte insieme ricordo della loro amicizia. Non si fermarono
neppure quando Sirius vide un taglio profondo sul sopracciglio di
Remus, e men che meno quando sentì il sapore del suo stesso
sangue nella bocca. Dividerli sembrava un’opzione talmente
impossibile che James e Peter neppure ci provarono, limitandosi a
tenersi pronti al primo segno di cedimento. Per il resto era una
questione fra loro due, e chissà da quanto tempo era rimasta in
sospeso, nascosta fra strati e strati di stralci di mature
conversazioni nate morte.
<< Qual è il tuo problema, Black?>> Gli
berciò addosso Remus un istante che era riuscito a sopraffarlo,
immobilizandogli i polsi a terra.
<< Sei tu.>> Ringhiò Sirius, e con una forza che
neppure sapeva di avere ribaltò le posizioni. Remus tentò
di liberarsi, ma lui lo bloccò artigliandogli la nuca. Gli
fermò le mani dietro la schiena con una mano; usò
l’altra per spedire la lettera incriminata nel caminetto, e la
vide bruciare con una soddisfazione crudele, premuto su Remus con tutto
il corpo. Lo sentiva respirare forte, e sentiva la sua schiena che
fremeva di rabbia e i muscoli tesi; non era mai stato così
vicino a Remus. Era un po’ triste pensare che fosse quello,
l’unico modo.
Non lo liberò neppure quando ebbe smesso di dibatterglisi fra le
braccia, e la lettera era ormai ridotta a un mucchietto di cenere che
svolazzava su per la canna del camino.
<< Perché?>> Mormorò il licantropo con la guancia sulla moquette.
<< À la guerre comme à la guerre.>> Sirius
rinsaldò la presa sulla sua nuca mentre si chinava a
rispondergli. I capelli nerissimi solleticarono la guancia arrossata
dell’altro ragazzo che ebbe qualcosa come un fremito, un
inarcarsi delle spalle magre.
<< Sarebbe a dire?>>
<< Sarebbe a dire che in guerra e in amore tutto è
lecito.>> Gli mormorò all’orecchio un istante prima
che James e Peter si decidessero a separarli.
Per Sirius Black guerra e amore erano in fondo la stessa cosa, e nessuno dei due aveva regole.
Era una cosa che Remus si sarebbe ricordato solo molti anni dopo,
quando non c’era più nessuno che potesse ricordarsi della
guerra del dormitorio e l’amore di Sirius non gli sembrava che un
ricordo lontano. Se non bastò a consolarlo almeno gli accese
dentro una santa rabbia, e a quella si aggrappò nei lunghi
freddi anni a venire.
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